domenica 29 dicembre 2013

Margherita Sarfatti



nata Margherita Grassini, è stata una scrittrice italiana.

Ultima di quattro figli, nacque da una ricca e nota famiglia israelita. Il padre, Amedeo Grassini, era una personalità di grandissimo spicco: avvocato e consigliere comunale, amico del patriarca Giuseppe Sarto (il futuro papa Pio X), condusse, con Giuseppe Musatti, una fiorente carriera imprenditoriale: fondatore della prima società di vaporetti di Venezia, costituì anche un gruppo finanziario per avviare la trasformazione del Lido in località turistica. Il prestigio dei Grassini crebbe ulteriormente quando lasciarono il Ghetto per trasferirsi nello storico palazzo Bembo, sul canal Grande (1894).
Margherita, già di sua natura assai dotata, ebbe un'ottima istruzione. Fu educata in casa e poté usufruire di insegnanti quali Antonio Fradeletto, Pietro Orsi e Pompeo Gherardo Molmenti. Grazie alla posizione del padre, ebbe inoltre modo di conoscere personalmente numerosi letterati quali Israel Zangwill, Gabriele D'Annunzio e i Fogazzaro.
Per quanto riguarda le sue origini, la Grassini visse un rapporto ambiguo con l'ebraismo: orgogliosa delle proprie origini da un lato, distaccata dal punto di vista religioso. Questa tormentata situazione personale fu comune a tutti i fratelli Grassini e giunse all'esasperazione con la sorella Lina, suicida nel 1909.
Nel 1899 sposò l'avvocato Cesare Sarfatti, militante socialista, e ne assunse il cognome, con cui firmò tutte le sue opere.
Nel 1902 si trasferisce a Milano, scrive sull'Avanti della Domenica e dal 1909 è direttrice della rubrica dedicata all'arte sull’Avanti!, organo di stampa del Partito socialista italiano. Nel 1912 Anna Kuliscioff fonda e dirige la rivista La difesa delle lavoratrici alla quale sono chiamate a collaborare le donne socialiste italiane; anche la Sarfatti si rende disponibile a fornire il suo contributo sia con articoli, sia con sovvenzioni personali in denaro.
Nello stesso anno incontra Benito Mussolini, allora dirigente del PSI ed in procinto di divenire direttore dell'Avanti!, e nasce tra i due una simpatia che si trasformerà in un sentimento più profondo. Tale sentimento porterà la Sarfatti sempre più vicina alle posizioni di Mussolini in qualsiasi modo queste si evolvano fino a divenire, nel 1918, redattrice de Il Popolo d'Italia, quotidiano fondato e diretto dal futuro dittatore.

Il 28 gennaio 1918 suo figlio Roberto, volontario nella prima guerra mondiale, caporale nel VI Reggimento Alpini, venne ucciso, non ancora diciottenne, nel corso di un assalto sul Col d'Ecchele, sull'Altopiano di Asiago, durante la prima Battaglia dei Tre Monti. A ricordo dell'episodio, per il quale al giovane fu conferita una medaglia d'oro al valor militare, Margherita fece erigere sul luogo dove Roberto era morto un monumento funebre, opera dell'architetto Terragni.
Il suo salotto milanese intorno agli anni venti era frequentato da molti intellettuali ed artisti. Nello stesso periodo divenne direttrice editoriale di Gerarchia, la rivista di teoria politica fondata da Benito Mussolini.
Nel 1922 fondò con il gallerista Lino Pesaro e gli artisti Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Pietro Marussig, Ubaldo Oppi e Mario Sironi il cosiddetto Gruppo del Novecento, le cui opere furono esposte per la prima volta nel 1923 alla galleria Pesaro di Milano. A causa della sua adesione al fascismo - sancita nel 1925 dalla sottoscrizione al Manifesto degli intellettuali fascisti - alcuni artisti si allontanarono non condividendo il progetto della Sarfatti di contribuire alla nascita di una cosiddetta arte fascista. Tuttavia, malgrado le polemiche, alla successiva mostra che si tenne nel 1926 aderirono tutti i maggiori artisti italiani.
Divenuta vedova nel 1924 si dedicò alla stesura di una biografia di Mussolini pubblicata inizialmente nel 1925 in Inghilterra col titolo The life of Benito Mussolini e l'anno successivo in Italia col titolo Dux. Per la notorietà del personaggio e per la familiarità dell'autrice con il dittatore, il libro ebbe un incredibile successo di vendite (17 edizioni) e fu tradotto in 18 lingue, compreso il turco e il giapponese.
Dopo la svolta intransigente della politica fascista e soprattutto all'avvicinarsi delle leggi razziali, la Sarfatti si allontanò dall'Italia evitando, in tal modo, di essere travolta dal crollo del regime. Si trasferì in Argentina ed Uruguay ove lavorò come giornalista a Montevideo.
Rientrerà solo nel 1947, a guerra finita e con il ripristino delle libertà democratiche. Vivrà appartata nella sua villa di Cavallasca, presso Como, sino alla morte, avvenuta all'età di ottantuno anni, nel 1961.

Curiosità

A Margherita Sarfatti Ada Negri dedica la sua prima raccolta di prose, Le solitarie.

Opere

La milizia femminile in Francia, Milano, Rava & C., 1915.
La fiaccola accesa. Polemiche d'arte, Milano, Istituto editoriale italiano, 1919.
L’esposizione post-impressionista e futurista del pittore Emilio Notte, in “Cronache d’attualità”, Roma, 5 giugno 1919.
Cronache del mese, “Ardita”, Milano, I, 15 giugno 1919, p. 254
I vivi e l'ombra. Liriche, Milano, Facchi, 1921; Milano, A. Mondadori, 1934.
Tunisiaca, Milano-Roma, Mondadori, 1923.
Achille Funi, Milano, Hoepli, 1925.
The Life of Benito Mussolini, London, Thornton Butterworth, 1925.
Segni, colori e Luci. Note d'arte, Bologna, N. Zanichelli, 1925.
Dux, Milano, Mondadori, 1926.
Mostra personale del pittore Lorenzo Viani. Dal 18 al 31 gennaio 1929 (esame critico), Milano, Galleria, 1929.
Il palazzone. Romanzo, Milano, Mondadori, 1929.
Storia della pittura moderna, Roma, Cremonese, 1930.
Segni del meridiano, Napoli, Mazzoni, 1931.
Diciottesima Esposizione Biennale Internazionale d'Arte. 1932. Catalogo [con saggi di M. Sarfatti et al.], Venezia, Carlo Ferrari, 1932.
Daniele Ranzoni, Roma, Reale Accademia d'Italia, 1935.
L'America, ricerca della felicità, Milano-Verona, A. Mondadori, 1937.
Casanova contro Don Giovanni, Milano, A. Mondadori, 1950.
Acqua passata, Bologna, Cappelli, 1955.
L'Amore svalutato, Roma, E.R.S., 1958.

Fiorentino Sullo



 è stato un politico italiano.

Fiorentino Sullo era nato a Paternopoli da genitori di Castelvetere sul Calore. Laureato in giurisprudenza e in lettere, fu eletto all'Assemblea Costituente nel 1946 per la Democrazia Cristiana. Da allora fu rieletto ininterrottamente per sei legislature, fino alle elezioni politiche del 1976 in cui decise di non ripresentarsi.
Dopo una clamorosa rottura con il suo partito nel 1975, aderì al gruppo parlamentare del Psdi, con il quale si ricandidò nel 1979 rientrando così a Montecitorio. Nel corso di quella legislatura prese le distanze dal Psdi e quindi rientrò nel partito di provenienza. Ripresentatosi alle elezioni politiche del 1983 come candidato della Dc, fu rieletto alla Camera per la nona volta. Dopo lo scioglimento anticipato delle Camere del 1987 decise di non ripresentarsi e si ritirò dalla vita politica.
Fu nominato consigliere di Stato dal IV Governo Andreotti nel 1978. Negli ultimi anni si stabilì a Salerno, malato di diabete.

La militanza nella Sinistra DC e incarichi di governo

Sullo fu uno dei padri della Democrazia Cristiana non solo in Irpinia, ma anche sul piano nazionale. Contribuì all'affermazione del partito in anni assai difficili. Nell'immediato Dopoguerra, il peso delle destre riusciva spesso a frenare le aperture alla società civile di cui Sullo si rendeva promotore.
Considerato uno dei capi storici della sinistra democristiana, fu sottosegretario alla Difesa nel governo Scelba (1954 - 1955) e all'Industria nel I governo Segni (1955 - 1957) e nel governo Zoli (1957 - 1958). Sottosegretario alle Partecipazioni Statali nel II governo Fanfani (1958 - 1959) e nel II governo Segni (1959 - 1960).
Nell'arco di questo lungo impegno parlamentare ottenne diversi ulteriori incarichi di Governo: Il 25 marzo 1960 fu nominato ministro dei Trasporti nel governo Tambroni, ma l'11 aprile decise di dimettersi insieme ad altri due ministri (i colleghi Pastore e Bo), dal momento che il governo aveva ottenuto la fiducia solo grazie all'apporto determinante dei voti del Movimento Sociale Italiano.
Guidò il Ministro del Lavoro nel III governo Fanfani (1960 - 1962) e il Lavori Pubblici nel IV governo Fanfani (1962 - 1963) e nel I Governo Leone (1963).
L'impegno che gli diede maggiore visibilità fu proprio la titolarità del dicastero dei Lavori pubblici. Fu infatti promotore di una proposta di riforma urbanistica molto avanzata. Quella proposta fu però sconfessata, nel 1963, dalla Segreteria nazionale della Dc e fu travolta dalla crisi di governo del giugno di quell'anno (caratterizzata dal piano Solo). In realtà, il pretesto per insabbiare il disegno di legge fu trovato nell'iniziativa di una sua presentazione al Cnel per la richiesta di un parere.
Il copione si ripeté nel '68, quando il suo partito non ne sostenne l'azione da ministro della Pubblica istruzione. Ancora una volta Sullo rassegnò le dimissioni, e prese il via anche il rapporto conflittuale con il suo "delfino" Ciriaco De Mita che, figlio della sua segretaria, fu sospettato di aver sottratto la base di consenso in Irpinia.

L'approccio riformatore in urbanistica ed istruzione

Nel giugno 1962, in carica come ministro dei Lavori Pubblici, con un apposito decreto-legge consentì l'adozione del piano regolatore di Roma che il commissario straordinario Francesco Diana del Comune si era rifiutato di firmare. Fin dal suo insediamento al ministero di Porta Pia, Sullo aveva seguito in prima persona i lavori del nuovo strumento urbanistico della Capitale, nominando un comitato di cinque consulenti esterni (Mario Fiorentino, Piero Maria Lugli, Vincenzo Passarelli, Luigi Piccinato e Michele Valori) incaricato di collaborare con gli uffici comunali nella predisposizione del piano regolatore che sarà adottato dal consiglio comunale il 18 dicembre 1962 e approvato dal governo il 16 dicembre 1965.
Durante la gestione Sullo del ministero dei Lavori pubblici fu approvata la legge n. 167 del 18 aprile 1962 sull'edilizia economico-popolare. Ma a Sullo non riuscì di condurre in porto la riforma urbanistica, soprattutto per l'opposizione del suo stesso partito: su Il Popolo di qualche giorno prima era apparsa una nota della segreteria DC che prendeva le distanze dal suo progetto di riforma. Contro di lui sarà scatenata una campagna diffamatoria di inusitata violenza, alimentata da elementi legati alla grossa proprietà fondiaria.
Sebbene fosse un risoluto sostenitore della necessità di una "svolta a sinistra", non fu chiamato a far parte dei governi di centrosinistra che dal 1963 videro la partecipazione di ministri socialisti. I successivi governi non riuscirono a portare avanti il suo tentativo di una riforma urbanistica complessiva, tuttavia i ministri socialisti Giacomo Mancini nel 1967, Salvatore Lauricella nel 1971 e il repubblicano Pietro Bucalossi nel 1977 riuscirono a varare dei provvedimenti legati all'emergenza nei quali sono contenuti alcuni principi portanti dell'urbanistica moderna.
Tornò al governo nel 1968, come ministro della Pubblica Istruzione nel III Governo Rumor, ma si dimise dopo pochi mesi. Non disponendo di tempi tecnici per poter portare a compimento una riforma dell'istruzione secondaria e di quella universitaria, riuscì ad adottare alcuni provvedimenti settoriali (nuovo esame di maturità, moltiplicazione delle sessioni di esame, possibilità di adottare dei piani di studio individuali, diritto di assemblea studentesca nelle scuole superiori, eccetera), in parte rimasti tuttora in vigore.
Fu infine ministro della Ricerca scientifica nel I Governo Andreotti (1972) e per l'attuazione delle Regioni nel II governo Andreotti (1972 - 1973).
Le opere che ha lasciato hanno restituito all'Irpinia una dimensione adeguata sul piano dello sviluppo: il Consorzio Idrico Alto Calore è una sua creatura (in realtà il consorzio idrico interprovinciale nasce molti anni prima ad opera del prefetto Tamburini e dell'avv. Vincenzo Bruni, all'epoca podestà del comune di Montella, e all'atto della fine del secondo conflitto mondiale (1943) la rete idrica serviva da tempo i comuni consorziati) così come l'Autostrada A16, che volle fortemente ed ottenne dopo un lungo braccio di ferro.

L'abbandono della DC ed il rientro finale

Pur distinguendosi come politico di razza, non fu in grado di comprendere fino in fondo l'ascesa della nuova generazione, quella dei De Mita, Mancino, Bianco, Gargani, De Vito. Quando capì che il partito gli stava sfuggendo di mano, provò a far rinviare il congresso provinciale che avrebbe potuto sancire la sua sconfitta. Ma Piccoli, all'epoca segretario nazionale, gli impose di celebrare l'assise, e De Mita ebbe definitivamente il sopravvento.
Non condivise neanche la posizione della DC in occasione del referendum sul divorzio (1974), quando abbandonò la Democrazia Cristiana a seguito di contrasti con il segretario Amintore Fanfani. La corrente che lo aveva espresso non lo difese dalla campagna diffamatoria che si era scatenata contro di lui nel suo collegio elettorale e che prendeva di mira la sua vita privata. In realtà, il vecchio pettegolezzo sulla omosessualità di Sullo era stato amplificato fin dal 1960 a opera del settimanale di destra Il Borghese e nella stessa DC fu alimentato da elementi vicini a Fernando Tambroni.
Si iscrisse al gruppo del PSDI fino alla fine della VI legislatura. Non partecipò alle elezioni politiche del 1976, e alle elezioni politiche del 1979 si presentò con il Psdi, venendo eletto deputato. Fino al 1981 fu presidente della commissione permanente Lavori Pubblici di Montecitorio.
A seguito di una riappacificazione con il suo ex pupillo Ciriaco De Mita, rientrò nella DC nel 1981. Rieletto deputato nel 1983, nel 1987 preferì abbandonare la vita politica.

Vita privata

Fu anche protagonista della vita sportiva di Avellino, diventando presidente della locale squadra di calcio dal 1950 al 1952.

canotta parte seconda (2 Wright photography)


canotta (2 Wright photography- TKO)


venerdì 27 dicembre 2013

lavori di Stefania


Sull'onda del suo amore per il teatro e del successo televisivo di Altri tempiAdriano Olivetti e Una grande famiglia 2Stefania Rocca sale sul palco con un testo importante, quel Ricorda con rabbia di John Osborne del 1956 dalla lunga tradizione scenica, ma anche dalle varie versioni per il grande e piccolo schermo (Tony RichardsonMario MissiroliJudi Dench, per citarne alcuni).
Quali novità e quale continuità nell'allestimento di Luciano Melchionna e nel tuo ruolo di Alison?

Nel testo di Osborne i giovani arrabbiati, i contestatori, i disoccupati erano i ventenni di allora. Oggi i problemi si sono spostati e noi rappresentiamo la generazione dai trent'anni in avanti, che ha più problematiche di frustrazione: dall'università ai concorsi fatti e annullati, e soprattutto due lauree, tanta fatica per conseguirle e poi disoccupazione, tutte situazioni tipiche dell'ultimo periodo che non lasciano prospettive di futuro. L'àmbito è lo stesso di Osborne, ma è spostata la fascia di età. Inoltre, nel testo originale, tutto avveniva in una soffitta, un po' perché la soffitta rappresentava l'Inghilterra e un po' perché al suo interno c'era una maggiore intimità. Nel nostro allestimento, ci siamo trasferiti nel retrobottega di un negozio di elettrodomestici, una sorta di garage, perché la soffitta ormai è diventata un attico che nessun disoccupato si può permettere. Meglio un garage arrangiato da questi ragazzi che cercano di vivere insieme, barcamenandosi come possono.
Altre analogie?

La non comunicabilità in un momento di frustrazione: tutti i personaggi sono frustrati e portano con sé una rabbia che ognuno vive in modo diverso, con una specie di giudizio reciproco che impedisce loro di parlare e comunicare. Questo esiste anche oggi: a proposito di ogni problematica, continuiamo a pensare se sia giusta o sbagliata, senza focalizzare mai. Così, la problematica, che comunque esiste, va avanti e noi restiamo indietro senza comunicare. Così fanno i personaggi di Ricorda con rabbia. Per quanto riguarda il mio ruolo, ci sono tutte le sfaccettature di una donna con le domande che una donna oggi si può porre: 'come faccio a fare stare bene il mio uomo se siamo comunque su due piani totalmente diversi?', 'come posso pensare di mettere su famiglia se non abbiamo un soldo?', 'come faccio a pensare di far nascere un bambino in questa società che non dà prospettive a me, figuriamoci a mio figlio?', 'come faccio a farlo crescere e a dargli un'educazione in un momento in cui educazione e cultura sembrano tutto sommato le cose meno importanti?'.
Il titolo, sia nella versione originale che in quella italiana, mette in relazione il ricordo e la memoria con la rabbia. Tu che cosa ricordi con rabbia?

Io non sono una rabbiosa e soprattutto non porto rancore, quindi non ho ricordi che mi diano rabbia. Forse è più l'oggi a darmene! Anch'io vorrei cambiare tante cose ma poi effettivamente, come molti, non so da dove iniziare, così cerco di fare queste piccole cose che siano in parallelo con la vita. È il mio modo di mettermi in discussione e di riflettere. Il che mi crea rabbia perché a volte mi contorco senza trovare la soluzione.
Forse ci sono oggi cose che ricorderemo con rabbia in futuro.

Probabilmente sì, ma speriamo di no! Bisogna anche cercare una forma di leggerezza ed essere positivi. Noi italiani tendiamo a buttarci più giù di quanto dovremmo e questo non ci permette neanche di arrabbiarci. Siamo frustrati, ma non ci arrabbiamo, invece dovremmo essere meno frustrati e più arrabbiati!
Prossimi impegni?

Finiamo questa tournée, poi in realtà ancora non ho fatto grandi progetti. Quest'anno ho fatto cose che mi sono piaciute tanto, quindi sono contenta e vorrei vivermi il momento. Ho girato Altri tempi, film sulle case chiuse, Adriano OlivettiUna grande famiglia, ora Ricorda con rabbia. Insomma, ho lavorato molto e adesso vorrei riposarmi.
Un sogno nel cassetto?

Che l'Italia si riprenda.
fonte: www.iltrillodeldiavolo.it

Laura


giovedì 26 dicembre 2013

kleitoris di Kamala



Kleitoris

La o il, indifferentemente chiamato, clitoride, dal greco kleitoris ( Kleis , kleidòs  "piccola chiave")
è  centro e fonte del piacere nella donna. E ben lo sapevano i greci che lo indicavano come chiave per raggiungere il cuore e l’anima di una donna.
Ogni femmina ha un clitoride diverso dall’altra, così come del resto per i maschi i cazzi. E proprio un piccolissimo cazzo si può definire il nostro più prezioso organo sessuale. Ogni piacere, ogni emozione, ogni capriccio parte da lì e lì esplode in scintille di godimento.
Io per esempio ho un clitoride pronunciato che quando eccitato diventa gonfio e duro; se preso tra due dita offre alla vista la sua piccola cappella.
Spesso l’uomo si dimentica di stimolare il clitoride perché non comprende istintivamente quanto è importante farlo. Uomini, immaginate di fare sesso senza che vi venga mai stimolato il pene. Non sarebbe certo un granché! Allo stesso modo, se si vuole procurare alla donna un forte appagamento sessuale che culmini con l’orgasmo è necessario stimolare il clitoride.
Ma come farlo?
Ci sono donne che richiedono una stimolazione leggera e dolce….uhm.....
Ritengo che suddette femmine preferiscano così perché un tocco più deciso e forte le farebbe mentalmente sentire violentate, usate, e mai potrebbero goderne.
Su di me invece richiedo una sollecitazione determinata, tenace e non c’è cosa peggiore che sentire nel partner tentennamenti o imbranazione o indecisioni di qual si voglia sorta.
Mi par inutile dire che la fermezza del maschio che sa quello che deve fare e come, aumenta nella femmina il desiderio e l’eccitazione.
Massaggiare tra le dita….succhiare….leccare….per poi fermarsi e concentrarsi su qualcos’altro…per poi ricominciare energicamente…poi dolcemente e saper seguire ogni stato emotivo della donna il tutto sempre a cazzo duro perché è fondamentale che lei sappia che la sua eccitazione è anche la vostra….
Insomma oggi piccola lezione di piacere femminile. Non ce n’è bisogno? Ne dubito….

Kamala

cento anni fa

Siamo nella stessa situazione che scatenò una Guerra Mondiale

Un secolo fa, nell’attendere l’arrivo del nuovo anno, la maggior parte delle persone in Occidente guardava al 1914 con ottimismo. I cento anni trascorsi dalla battaglia di Waterloo non erano stati del tutto privi di catastrofi - c'era stata una guerra civile terribile in America, la guerra franco-prussiana e stragi coloniali occasionali, ma la pace continentale aveva prevalso. La globalizzazione e le nuove tecnologie - il telefono, il piroscafo, il treno - avevano "lavorato a maglia" il mondo rendendolo unito, scrive l’Economist. Eppure, a distanza di un anno, il pianeta era stato coinvolto in una guerra ben più terribile, costata al mondo 9 milioni di vite, che ha lasciato sulla sua scia varie tragedie geopolitiche: dalla creazione della Russia sovietica, al nuovo disegno troppo casuale dei confini del Medio Oriente e, dulcis infundo, all’ascesa di Hitler. 

Così il mondo, dall'essere un amico della libertà e delle tecnologie, era diventato brutale e pronto a macellare e a schiavizzare la gente in maniera orribile. 

La forza trainante della catastrofe che aveva colpito il mondo di un secolo fa era la Germania, che al tempo era alla ricerca di una scusa per mettere in atto una guerra che le consentisse di dominare l'Europa. Il compiacimento dunque era anche una colpa. Infatti, troppe persone, a Londra, Parigi e altrove, credendo che la Gran Bretagna e la Germania fossero reciprocamente le maggiori partner commerciali, dopo l'America, e che pertanto non ci fosse una logica economica dietro al conflitto, ritenevano che la guerra non sarebbe mai scoppiata. Ma si sbagliavano.


Tuttavia, l'umanità può imparare dai propri errori, come dimostra la risposta alla crisi economica, plasmata da una determinazione ad evitare di ripetere gli errori che avevano portato alla depressione. La memoria degli orrori scatenata il secolo scorso, fa in modo che i leader, oggi, incappino con meno facilità in una guerra simile. 

Ai giorni odierni, infatti, la minaccia di un olocausto nucleare costituisce un potente freno a quelle azioni sconsiderate che hanno inviato una generazione di giovani uomini in trincea.
 
Nonostante ciò, però, i paralleli rimangono preoccupanti. Gli Stati Uniti sono come la Gran Bretagna di 100 anni fa: la superpotenza in declino, incapace di garantire la sicurezza globale. Il suo principale partner commerciale, la Cina, interpreta invece la parte della Germania d’allora, una nuova potenza economica ricolma d’indignazione nazionalista e pronta a costruire le sue forze armate rapidamente. 

Il Giappone moderno, poi, è come la Francia, una potenza regionale in declino, alleata della potenza egemone in ritirata. I paralleli tuttavia non sono proprio esatti. La Cina, infatti, non ha le ambizioni territoriali del Kaiser e il budget della difesa degli Stati Uniti è ben più imponente di quello dell’impero Britannco - ma sono comunque abbastanza simili da mettere il mondo in guardia.
 
La somiglianza più preoccupante tra il 1914 ed i giorni nostri è l’autocompiacimento. Gli imprenditori di oggi sono come quelli di ieri: talmente occupati a fare soldi da non riuscire a notare i "serpenti tremolanti" alla base dei loro schermi commerciali. I politici invece stanno giocando con il nazionalismo così come hanno fatto 100 anni fa. I leader cinesi improvvisano una fobia verso il Giappone, utilizzandola come copertura per le riforme economiche, mentre Shinzo Abe agita il nazionalismo giapponese per ragioni analoghe. 

L’India a maggio del prossimo anno potrebbe eleggere Narendra Modi, un nazionalista indù che si rifiuta di espiare un pogrom contro i musulmani nello Stato che gestisce e che avrebbe pronto il dito sul tasto di un potenziale conflitto nucleare con i suoi vicini musulmani in Pakistan. E l'Unione europea, costituitasi in reazione al massacro del 20 ° secolo, sembra più litigiosa e lacerata da un nazionalismo nascente, che in qualsiasi altro momento fin dalla sua formazione.
 
Ci sarebbero delle precauzioni che potrebbero aiutare a prevenire questi focolai pronti a scatenare un incendio. Una di queste misure preventive, che renderebbe il mondo più sicuro, sarebbe una politica estera americana più attiva. Infatti, nonostante abbia forgiato un accordo interinale nucleare con l'Iran, Barack Obama ha fatto comunque poco per portare i nuovi giganti emergenti - India, Indonesia, Brasile e, soprattutto, Cina - nel sistema globale. Questo denota sia una mancanza di ambizione che un'ignoranza della storia. 

Grazie al suo potere militare, economico e di persuasione, l'America è ancora indispensabile, soprattutto nell'affrontare minacce come il cambiamento climatico e il terrorismo. Ma se l'America non si comporterà come un leader e come garante dell'ordine mondiale, inviterà indirettamente le potenze regionali a testare la propria forza e a compiere atti di "bullismo" nei confronti dei Paesi vicini.
 
Ad ogni modo nessuno di questi pericoli del mondo potrà mai portare a qualcosa di vagamente simile agli orrori del 1914. La follia, spesso legata a questioni di razza, religione o tribù, sembra dare spazio ad interessi personali razionali. Ma se dovesse trionfare, condurrebbe alla carneficina, al punto da far credere che la ragione stia prevalendo portando tutti ad essere colpevolmente compiacenti e, dalla lezione di un secolo fa, è importante capire che il troppo compiacimento non ha portato a nulla di buono.


Fonte: WallStreetItalia

fonte: www.vocidallastrada.com

lunedì 23 dicembre 2013

Emilio Salgari



Emilio Carlo Giuseppe Maria Salgari è stato uno scrittore italiano di romanzi d'avventura molto popolari. Autore straordinariamente prolifico, è ricordato soprattutto per essere il "padre" di Sandokan, del ciclo dei pirati della Malesia e quello dei corsari delle Antille. Scrisse anche romanzi storici, come Cartagine in fiamme, e diverse storie fantastiche, come Le meraviglie del Duemila in cui prefigura la società attuale a distanza di un secolo, ed è considerato uno dei precursori della fantascienza in Italia e in particolare membro del filone del romanzo scientifico. Molte sue opere hanno avuto trasposizioni cinematografiche e televisive.

I primi anni

Nacque a Verona nel 1862 da madre veneziana, Luigia Gradara, e padre veronese, Luigi Salgari, commerciante di tessuti presso Porta Borsari a Verona e fu battezzato il 7 settembre nella chiesa di S. Eufemia. Crebbe poi in Valpolicella, nel comune di Negrar, in frazione Tomenighe di Sotto, poi abbandonata per trasferirsi nell'attuale "Ca' Salgàri".
A partire dal 1878 studiò poi al Regio Istituto Tecnico e Nautico "Paolo Sarpi" di Venezia, ma non arrivò mai ad essere capitano di marina come avrebbe voluto. Abbandonati gli studi al secondo corso del 1881 tornò a Verona per intraprendere l'attività giornalistica.

Esordi

Il suo primo lavoro scritto fu un racconto in quattro puntate, I selvaggi della Papuasia, scritto all'età di vent'anni e pubblicato sul settimanale milanese La Valigia. A partire dal 1883, riscosse un notevole successo con il romanzo Le tigri di Mompracem, pubblicato a puntate sul giornale veronese La nuova Arena, ma non ne ebbe alcun ritorno economico significativo. Tuttavia, nel medesimo anno, divenne redattore del giornale stesso. Svolse un'intensa attività con gli pseudonimi Ammiragliador ed Emilius, pubblicando popolari romanzi d'appendice, tra cui Le tigri della Malesia. Due anni dopo diventò redattore de L'Arena. Il 25 settembre 1885 arrivò anche a sfidare a duello un collega del quotidiano rivale L'Adige.
Nel 1883, tra il 15 settembre e il 12 ottobre, pubblicò a puntate Tay-See (riedito poi in volume col titolo La Rosa del Dong-Giang nel 1897). L'anno seguente pubblicò invece il suo "primo" romanzo, La favorita del Mahdi, scritto otto anni prima.
Nel 1887 morì la madre, mentre il 27 novembre 1889 vi fu il suicidio del padre: credendosi malato di una malattia incurabile, Luigi Salgari si gettò dalla finestra della casa di alcuni parenti. Qualche anno dopo, il 30 gennaio 1892, Emilio sposò Ida Peruzzi, un'attrice di teatro. Dopo la nascita della figlia primogenita Fatima, i Salgari decisero di trasferirsi in Piemonte, dove Emilio aveva trovato un contratto con l'editore Speirani. Stabilitisi inizialmente a Ivrea nel 1894, vissero poi nella quiete canavesana delle case di Piazza Pinelli a Cuorgnè e della vicina Alpette.
Dal 1898 la famiglia si trasferì definitivamente in Corso Casale, 205 a Torino. Da qui Salgari poteva facilmente raggiungere in tram la Biblioteca Civica Centrale, dove trovava mappe e racconti di viaggi esotici che costituivano la base e lo spunto per le sue storie. Tra il 1892 e il 1898 pubblicò circa una trentina di opere. Nel solo triennio 1894-1896, sempre con Speirani, pubblicò ben 5 titoli: Il tesoro del Presidente del Paraguay, Le novelle marinaresche di Mastro Catrame, Il re della montagna, Attraverso l'Atlantico in pallone e I naufragatori dell'Oregon. Il motivo di tutto questo lavoro erano i debiti che Salgari continuava ad accumulare, ed infatti nel 1896 lo scrittore firmò un altro contratto con l'editore genovese Donath e nel 1906 anche con il torinese Bemporad.
Il 3 aprile 1897, su proposta della regina d'Italia Margherita di Savoia, Salgari venne insignito dalla Real Casa del titolo di "Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia". Ciononostante la sua situazione economica non migliorò, ed anzi a partire dal 1903, quando la moglie iniziò a dare segni di follia, si moltiplicarono i debiti che fu costretto a contrarre per poter pagare le cure. Nel 1910 la salute mentale della donna peggiorò ulteriormente e nel 1911 dovette entrare in manicomio.

Il declino

« A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle, mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria od anche di più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna. »

(Emilio Salgàri)

I contratti obbligarono Salgàri a scrivere tre libri l'anno e per mantenere quei ritmi fu costretto a scrivere tre pagine al giorno. Scriveva fumando un centinaio di sigarette al giorno e bevendo vino marsala.[senza fonte] Inoltre, dirigeva contemporaneamente un periodico di viaggi. Più che un problema di sottocompensi in proporzione alla mole di lavoro il suo esaurimento nervoso fu dovuto soprattutto alla fatica e alla stanchezza. Non solo non guadagnava, ma non era nemmeno considerato dai circoli letterari dell'epoca, ultimo smacco alla sua dignità. All'amico pittore Gamba scriveva nel 1909:

« La professione dello scrittore dovrebbe essere piena di soddisfazioni morali e materiali. Io invece sono inchiodato al mio tavolo per molte ore al giorno ed alcune delle notte, e quando riposo sono in biblioteca per documentarmi. Debbo scrivere a tutto vapore cartelle su cartelle, e subito spedire agli editori, senza aver avuto il tempo di rileggere e correggere. »

Finché i suoi nervi non cedettero. A ciò si aggiunse la nostalgia della moglie, ricoverata da mesi in manicomio. Stressato e umiliato, rimase da solo e con i figli da accudire. Sempre più depresso, nel 1909 tentò per la prima volta il suicidio, gettandosi sopra una spada, ma venne salvato in tempo. Poi, l'ultima intervista, quella di un giornalista, tal Antonio Casulli, inviato de Il Mattino di Napoli, che incontrò Salgari nel dicembre 1910, e che anni più tardi dichiarerà di aver respirato nella loro casa un'atmosfera come minimo triste e malinconica.
Infine, la tragedia: la mattina di martedì 25 aprile del 1911 Salgàri lasciò sul tavolo tre lettere e uscì dalla sua casa prendendo il suo solito tram con in tasca un rasoio. Le lettere erano indirizzate ai figli, ai direttori di giornali, ai suoi editori.
Ai figli Omar, Nadir, Romero e Fatima scrisse:

« Sono un vinto: non vi lascio che 150 lire, più un credito di altre 600 che incasserete dalla signora... »

Li avvertiva poi dove avrebbero potuto trovare il suo cadavere, in uno dei "burroncelli" del bosco di Val San Martino, sopra la chiesetta della Madonna del Pilone, la zona collinare che sovrasta il corso Casale di Torino dove con la famiglia andava solitamente a fare i pic-nic; la zona esatta è quella del parco di Villa Rey, dove attualmente si trova l'omonimo campeggio. Ma a trovarlo, per caso, fu invece una lavandaia ventiseienne, andata nel bosco per fare legna, tal Luigia Quirico. Il corpo di Salgàri aveva la gola e il ventre squarciati in modo atroce. In mano stringeva ancora il rasoio. Si uccise come avrebbe potuto uccidersi uno dei suoi personaggi, facendo harakiri, con gli occhi rivolti al sole che si leva. I suoi funerali avvennero al Parco del Valentino, ma passarono inosservati perché in quei giorni Torino era impegnata con l'imminente festa del 50° Anniversario dell'Unità d'Italia. La sua tomba, con dedica, fu traslata nel famedio del Cimitero Monumentale di Verona.
Altre tragedie colpirono successivamente anche la moglie e i figli dello scrittore: nel 1914 Fatima, giovanissima, rimase vittima della tubercolosi, mentre nel 1922 la moglie Ida si spense in manicomio.
Nel 1931 fu di nuovo il suicidio la causa della morte dell'altro figlio, Romero; nel 1936, per le ferite di un tragico incidente in moto, perse poi la vita Nadir, tenente di complemento del Regio Esercito. Un'intervista, conservata nelle teche di Rai Storia del 1957, ritrae l'ultimogenito figlio vivo Omar, che racconta alle telecamere della vita di suo padre. Tuttavia, anche Omar, in seguito, si suicidò, gettandosi dal secondo piano del suo alloggio nel 1963.

Produzione romanzesca

Salgari deve la sua popolarità ad un'impressionante produzione romanzesca, con ottanta opere (più di 200 considerando anche i racconti) distinte in vari cicli avventurosi, con l'invenzione di personaggi di grande successo come Sandokan, Yanez de Gomera e il Corsaro Nero. Tali personaggi risultano inseriti in un accurato contesto storico; la ricostruzione delle informazioni riguardanti le vicende istituzionali dei paesi da lui descritti non si limita, ad esempio, alla figura di James Brooke, il raja bianco di Sarawak.
Seri studi condotti dalla storica olandese Bianca Maria Gerlich (i cui lavori sono stati pubblicati da autorevoli riviste scientifiche quali Archipel nei Paesi Bassi e, in Italia, Oriente Moderno) hanno infatti permesso di ricostruire le fonti storiche e geografiche lette e utilizzate nelle biblioteche di Verona dal grande scrittore di romanzi d'avventura.
La popolarità degli eroi salgariani è provata anche dalla grande diffusione di apocrifi: più di un centinaio, che editori privi di scrupoli gli attribuivano; i più famosi furono i cinque romanzi a firma congiunta Luigi Motta-Emilio Salgari e quelli commissionati dagli eredi Nadir e Omar ad alcuni ghostwriter come Giovanni Bertinetti e Americo Greco.
Egli stesso pubblicò con vari pseudonimi numerose opere, spinto da motivazioni diverse, la più nota delle quali fu l'urgenza di aggirare la clausola contrattuale di esclusiva che lo teneva legato all'editore Donath. Tuttavia per lo stesso Donath pubblicò, sotto lo pseudonimo di Enrico Bertolini, tre romanzi nonché diversi racconti e testi di vario genere; in questo caso si sarebbe trattato di una precauzione utilizzata quando, incalzato da contratti e scadenze, lo scrittore usava più del dovuto elementi tratti da opere altrui (come nel caso di Le caverne dei diamanti, una libera versione del romanzo Le miniere di re Salomone di Henry Rider Haggard).

Opere

Cronologia delle opere, suddivise per cicli narrativi.

Ciclo dei pirati della Malesia

Le tigri di Mompracem (pubblicato a puntate nel 1883-1884 come La tigre della Malesia, raccolto in volume nel 1900)
I misteri della jungla nera (pubblicato a puntate nel 1887 come Gli strangolatori del Gange, raccolto in volume nel 1895)
I pirati della Malesia (1896)
Le due tigri (1904)
Il Re del Mare (1906)
Alla conquista di un impero (1907)
Sandokan alla riscossa (1907)
La riconquista di Mompracem (1908)
Il bramino dell'Assam (1911)
La caduta di un impero (1911)
La rivincita di Yanez (1913)

Ciclo dei corsari delle Antille

Il Corsaro Nero (1898)
La regina dei Caraibi (1901)
Jolanda, la figlia del Corsaro Nero (1905)
Il figlio del Corsaro Rosso (1908)
Gli ultimi filibustieri (1908)

Ciclo dei corsari delle Bermude

I corsari delle Bermude (1909)
La crociera della Tuonante (1910)
Straordinarie avventure di Testa di Pietra (1915)

Ciclo del Far West

Sulle frontiere del Far-West (1908)
La scotennatrice (1909)
Le selve ardenti (1910)

Cicli minori

I due marinai

Il tesoro del presidente del Paraguay (1894)
Il continente misterioso (1894)

Il Fiore delle Perle

Le stragi delle Filippine (1897)
Il Fiore delle Perle (1901)

I figli dell'aria

I figli dell'aria (1904)
Il re dell'aria (1907)

Capitan Tempesta

Capitan Tempesta (1905)
Il leone di Damasco (1910)

Avventure in India

Il capitano della Djumna (1897)
La montagna di luce (1902)
La Perla Sanguinosa (1905)

Avventure africane

La favorita del Mahdi (1887)
La Costa d'Avorio (1898)
I predoni del Sahara (1903)
Le pantere di Algeri (1903)
Sull'Atlante (1907)
I briganti del Riff (1911)

Avventure in Russia

Gli orrori della Siberia (1900)
Le Aquile della steppa (1907)

Altri romanzi e racconti

Duemila leghe sotto l'America (1888) (noto anche come: Il tesoro misterioso)
La scimitarra di Budda (1892)
I pescatori di balene (1894)
Le novelle marinaresche di Mastro Catrame (1894) (noto anche come: Il vascello maledetto) (volume di racconti)
Un dramma nell'Oceano Pacifico (1895)
Il re della montagna (1895)
I naufraghi del Poplador (1895)
Al Polo Australe in velocipede (1895)
Nel paese dei ghiacci (1896) (Comprende due racconti: "I naufraghi dello Spitzberg" e "I cacciatori di foche della Baia di Baffin")
I drammi della schiavitù (1896)
Il re della Prateria (1896)
Attraverso l'Atlantico in pallone (1896)
I naufragatori dell'Oregon (1896)
I Robinson italiani (1896)
I pescatori di Trepang (1896)
La rosa del Dong-Giang (1897) (noto anche come: Tay-See)
La città dell'oro (1898)
Al Polo Nord (1898)
La capitana del Yucatan (1899)
Le caverne dei diamanti (1899) (libera riduzione del romanzo "Le miniere di re Salomone" di Henry R. Haggard)
Le avventure di un marinaio in Africa (1899) (titolo esatto: "Avventure straordinarie di un marinaio in Africa")
Il figlio del cacciatore d'orsi (1899)
I minatori dell'Alaska (1900)
Gli scorridori del mare (1900)
Avventure fra le pelli rosse (1900)
La Stella Polare e il suo viaggio avventuroso (1901) (anche come Verso l'Artide con la Stella Polare)
Le stragi della China (1901) (noto anche come: Il sotterraneo della morte)
La montagna d'oro (1901) (noto anche come: Il treno volante)
I naviganti della Meloria (1902)
La giraffa bianca (1902)
Sul mare delle perle (1903)
L'uomo di fuoco (1904)
I solitari dell'Oceano (1904)
La città del re lebbroso (1904)
La gemma del fiume rosso (1904)
L'eroina di Port Arthur (1904) (noto anche come: La Naufragatrice)
Le grandi pesche nei mari australi (1904)
La sovrana del campo d'oro (1905)
Le figlie dei Faraoni (1895, 1905)
La Stella dell'Araucania (1906)
Le meraviglie del Duemila (1907)
Il tesoro della montagna azzurra (1907)
Cartagine in fiamme (1908)
Una sfida al Polo (1909)
La Bohème italiana (1909)
Storie rosse (1910) (Il volume, una sorta di antologia, contiene 15 capitoli tratti da altrettanti romanzi di Salgàri, pubblicati dall'editore Bemporad di Firenze)
I predoni del gran deserto (1911)

Carlo Collodi




« Com'ero buffo, quand'ero un burattino! e come ora son contento di essere diventato un ragazzino per bene! »

(Le Avventure di Pinocchio. Storia di un burattino.)

 all'anagrafe Carlo Lorenzini, è stato uno scrittore e giornalista italiano. È divenuto celebre come autore del romanzo Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, più noto come Pinocchio.

Vita

Collodi nasce nel 1826 a Firenze in via Taddea (sulla casa oggi c'è una lapide). Il padre Domenico Lorenzini era cuoco e la madre, Angiolina Orzali, domestica, entrambi a servizio dei marchesi Ginori. Quest'ultima era originaria di Collodi (frazione di Pescia) il cui nome ispirò lo pseudonimo che rese lo scrittore famoso in tutto il mondo. Poté studiare grazie all'aiuto della famiglia Ginori. Il giovane Lorenzini fu infatti ospitato nel palazzo Ginori di via de' Rondinelli, sulla facciata del quale una targa ne ricorda la permanenza. Dal 1837 fino al 1842 entrò in seminario a Colle di Val d'Elsa, per diventare prete e contemporaneamente ricevere un'istruzione. Fra il 1842 e il 1844, seguì lezioni di retorica e filosofia a Firenze, presso un'altra scuola religiosa degli Scolopi.
Interrompe gli studi superiori nel 1844 e incomincia a lavorare come commesso nella libreria Piatti a Firenze. Entrò così nel mondo dei libri e in seguito diventò redattore e cominciò a scrivere. Nel 1845 ottenne una dispensa ecclesiastica che gli permise di leggere l'Indice dei libri proibiti. Nel 1847 iniziò a scrivere recensioni ed articoli per la Rivista di Firenze.
Nel 1848, allo scoppio della Prima guerra d'indipendenza si arruolò volontario combattendo con altri studenti toscani a Curtatone e Montanara. Tornato a Firenze fondò una rivista satirica, Il Lampione (censurata da lì a breve). Nel 1849 diventò segretario ministeriale.
Nel 1850 diventò amministratore della libreria Piatti, che, come spesso accadeva all'epoca, svolgeva anche attività di editoria. Collodi collabora con i giornali: L'Opinione, il Nazionale, la Gazzetta d'Italia e l'Arte. Nel 1853 abbandona l'Arte per dirigere la Scaramuccia che poi acquista con il contributo dello zio paterno. Si occupa di tutto: musica, teatro, letteratura. Nel 1856 collabora con la rivista umoristica la Lente dove firma per la prima volta con lo pseudonimo di Collodi. Dello stesso anno sono le sue prime opere importanti: Gli amici di casa e Un romanzo in vapore. Da Firenze a Livorno. Guida storico-umoristica.Nel 1857 è corrispondente a Bologna de L'Italia musicale di Milano.
Nel 1859 partecipò alla Seconda guerra d'indipendenza come soldato regolare piemontese nel Reggimento Cavalleggeri di Novara. Finita la campagna militare ritornò a Firenze. Nel 1860 diventò censore teatrale. Nel 1868, su invito del Ministero della Pubblica Istruzione, entrò a far parte della redazione di un dizionario di lingua parlata, il Novo vocabolario della lingua italiana secondo l'uso di Firenze.
Nel 1875 ricevette dall'editore Felice Paggi l'incarico di tradurre le fiabe francesi più famose. Collodi tradusse Charles Perrault, Marie-Catherine d'Aulnoy, Jeanne-Marie Leprince de Beaumont. Effettuò anche l'adattamento dei testi integrandovi una morale; il tutto uscì l'anno successivo sotto il titolo de I racconti delle fate.
Nel 1877 apparve Giannettino, e nel 1878 fu la volta di Minuzzolo. Il 7 luglio 1881, sul primo numero del periodico per l'infanzia Giornale per i bambini (pioniere dei periodici italiani per ragazzi diretto da Fernandino Martini), uscì la prima puntata de Le avventure di Pinocchio, con il titolo Storia di un burattino. Vi pubblicò poi altri racconti (raccolti in Storie allegre, 1887).
Nel 1883 pubblicò Le avventure di Pinocchio raccolte in volume. Nello stesso anno diventò direttore del Giornale per i bambini.
Morì a Firenze nel 1890; è sepolto nel cimitero delle Porte Sante.
Nel 1962 è stata costituita la Fondazione Nazionale Carlo Collodi che ha, tra i suoi scopi, quello di diffondere e far conoscere nel mondo le opere del Collodi, in particolare Le avventure di Pinocchio. La città di Firenze gli ha dedicato una strada.

Opere

Gli amici di casa. Dramma in due atti, Firenze, Riva, 1856; Firenze, Romei, 1862.
Un romanzo in vapore. Da Firenze a Livorno. Guida storico-umoristica, Firenze, Mariani, 1856.
I misteri di Firenze. Scene sociali, Firenze, Fioretti, 1857.
Il sig. Albèri ha ragione! (Dialogo apologetico), Firenze, Cellini, 1859.
La manifattura delle porcellane di Doccia. Cenni illustrativi, Firenze, Grazzini, Giannini e C., 1861.
Gli estremi si toccano, in "Il Lampione", 1861.
La coscienza e l'impiego, 1867 (?).
Antonietta Buontalenti, 1867-1871 (?).
L'onore del marito, 1870.
I racconti delle fate. Voltati in italiano, Firenze, Paggi, 1876.
Giannettino. Libro per i ragazzi, Firenze, Paggi, 1877.
Minuzzolo. Secondo libro di lettura (seguito al Giannettino), Firenze, Paggi, 1878.
Macchiette, Milano, Brignola, 1880.
Occhi e nasi. (ricordi dal vero), Firenze, Paggi 1881.
La grammatica di Giannettino per le scuole elementari, Firenze, Paggi 1883.
Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, Firenze, Paggi 1883; 1886; 1887; 1888; Firenze, Bemporad, 1890.
Il regalo del Capo d'Anno, Torino, Paravia, 1884.
L'abbaco di Giannettino. Per le scuole elementari, Firenze, Paggi, 1884.
Libro di Lezioni per la seconda classe elementare, secondo gli ultimi programmi, Firenze, Paggi, 1885.
Un'antipatia. Poesia e prosa, Roma, Perino, 1885.
La geografia di Giannettino. Adottata nelle scuole comunali di Firenze, Firenze, Paggi, 1886.
Il viaggio per l'Italia di Giannettino, 3 voll., Firenze, Paggi, 1880-1886.
I, L'Italia superiore, Firenze, Paggi, 1880.
II, L'Italia centrale, Firenze, Paggi, 1883.
III, L'Italia meridionale, Firenze, Paggi, 1886.
Storie allegre. Libro per i ragazzi, Firenze, Paggi, 1887.
Libro di Lezioni per la terza classe elementare secondo gli ultimi programmi, Firenze, Paggi, 1889.
La lanterna magica di Giannettino. Libro per i giovanetti, Firenze, Bemporad, 1890.

Altre opere di Carlo Lorenzini, pubblicate postume:

Divagazioni critico-umoristiche, raccolte e ordinate da Giuseppe Rigutini, Firenze, Bemporad, 1892.
Note gaie, raccolte e ordinate da Giuseppe Rigutini, Firenze, Bemporad, 1892.
Bettino Ricasoli, Camillo Cavour, Luigi Carlo Farini, Daniele Manin. Biografie del Risorgimento pubblicate in occasione delle onoranze fiorentine a Carlo Lorenzini, Firenze, Marzocco, 1941.
I ragazzi grandi. Bozzetti e studi dal vero, a cura di Daniela Marcheschi; con una nota di Carlo Alberto Madrignani, Palermo, Sellerio, 1989.
Cronache dall'Ottocento, a cura di Daniela Marcheschi, Pisa, ETS, 1990. [Raccolta di articoli giornalistici, prima mai ristampati, pubblicati da Carlo Collodi (sotto vari pseudonimi) nei giornali umoristici del tempo]
Opere, Milano, A. Mondadori, 1995.
Il viaggio per l'Italia di Giannettino, Ristampa anastatica in 3 voll., Collana "Il Genio Vagante", Bergamo, Leading Edizioni, 2006.

in Uganda, essere omosessuale è reato

Il presidente ugandese Yoweri Museveni (Ansa)Il presidente ugandese Yoweri Museveni (Ansa)
Il Parlamento dell’Uganda ha approvato una legge anti-gay che prevede pene fino all’ergastolo per gli omosessuali. Pene detentive sono previste anche per chi non «denuncia» persone gay alle autorità. Il primo ministro Amama Mbabazi ha cercato di opporsi alla votazione della legge - che è stata condannata dalla comunità internazionale da quando il progetto di legge è emerso già nel 2009 - affermando che non vi era il numero legale di parlamentari in aula.
A RISCHIO GLI AIUTI INTERNAZIONALI AL PAESE -Ora resta da vedere se il presidente Yoweri Museveni firmerà la legge, che il governo di Kampala teme possa far spingere alcuni Paesi a sospendete gli aiuti. «Questa è una vittoria per l’Uganda, sono felice che il Parlamento abbia votato contro il male», ha dichiarato David Bahati, il deputato che ha presentato il progetto di legge che inizialmente prevedeva anche la pena di morte in alcuni casi, per esempio quando un sieropositivo aveva rapporti con un minorenne, misura che poi è stata fatta cadere. «Ora sono ufficialmente un fuorilegge», ha dichiarato l’attivista gay ugandese Frank Mugisha. La legge è stata approvata all’indomani del varo della legge anti-pornografia che, tra l’altro, vieta le minigonne e materiale ritenuto sessualmente esplicito come alcuni video musicali.
fonte: www.corriere.it

giovedì 19 dicembre 2013

Italo Calvino

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« L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio. »

(Italo Calvino, Le città invisibili, 1972)

Italo Giovanni Calvino Mameli, noto come Italo Calvino, è stato uno scrittore e partigiano italiano.
Intellettuale di grande impegno politico, civile e culturale, è stato uno dei narratori italiani più importanti del Novecento. Ha frequentato molte delle principali tendenze letterarie a lui coeve, dal Neorealismo al Postmoderno, ma tenendo sempre una certa distanza da esse e svolgendo un proprio personale e coerente percorso di ricerca. Di qui l'impressione contraddittoria che offrono la sua opera e la sua personalità: da un lato una grande varietà di atteggiamenti che riflette il vario succedersi delle poetiche e degli indirizzi culturali nel quarantennio fra il 1945 e il 1985; dall'altro, invece, una sostanziale unità determinata da un atteggiamento ispirato a un razionalismo più metodologico che ideologico, dal gusto dell'ironia, dall'interesse per le scienze e per i tentativi di spiegazione del mondo, nonché, sul piano stilistico, da una scrittura sempre cristallina e a volte, si direbbe, classica. I numerosi campi d'interesse toccati dal suo percorso letterario, sono meditati e raccontati attraverso capolavori quali la trilogia de I nostri antenati, Marcovaldo, Le cosmicomiche, Se una notte d'inverno un viaggiatore, uniti dal filo conduttore della riflessione sulla storia e la società contemporanea.

« Dati biografici: io sono ancora di quelli che credono, con Croce, che di un autore contano solo le opere. (Quando contano, naturalmente.) Perciò i dati biografici non ne do, o li do falsi, o comunque cerco sempre di cambiarli da una volta all'altra. Mi chieda pure quello che vuol sapere e Glielo dirò. Ma non Le dirò mai la verità, di questo può star sicura. »

(Italo Calvino nella lettera a Germana Pescio Bottino, 9 giugno 1964)

L'infanzia cubana (1923-1926)

Italo Calvino nacque nel 1923 a Cuba. Il padre Giacomo Calvino, detto Mario, fu un agronomo originario di Sanremo, mentre la madre, Eva Mameli, originaria di Sassari laureata sia in matematica che in scienze naturali, lavorò come assistente di botanica all'Università di Pavia prima e poi come docente di botanica all'Università di Cagliari. Dopo che un uragano nel 1925 quasi distrusse la loro casa-bungalow, i coniugi Calvino (dopo una sosta di lavoro a Santiago di Cuba) decisero nel 1926 di ritornare in Italia. Secondo lo stesso autore, tuttavia, il rientro in patria sarebbe avvenuto già nel 1925 su decisione dei genitori, per permettere al padre di assumere l'incarico direttivo di una stazione sperimentale di floricultura a Sanremo.

La fanciullezza sanremese (1926-1938)

A Sanremo, Calvino vive gli anni da fanciullo, che egli ricorda spensierati nel clima amorevole di una famiglia laica di liberi pensatori dedita alle attività scientifiche e alla ricerca. Il periodo fascista non sembra sulle prime segnare in modo particolare la sua personalità né sconvolgere la serenità familiare di quegli anni. Nonostante i genitori siano intimamente e culturalmente contrari al regime fascista, la loro posizione (socialista lei e anarchico lui) sfuma dentro una generale condanna della politica.
Nel 1927 nasce il fratello Floriano futuro geologo di fama internazionale.
Gli anni del fascismo sono vissuti nella famiglia Calvino con un generale sentimento di rifiuto ma senza un particolare coinvolgimento antifascista. Il primo vero contatto con la cultura fascista è vissuto da Calvino negli anni tra il 1929 e il 1933, quando non può sottrarsi all'esperienza di diventare balilla, obbligo scolastico esteso anche agli allievi delle scuole valdesi frequentate dal piccolo Italo.
La famiglia Calvino non ha una fede religiosa, e per quei tempi manifestare un certo atteggiamento agnostico comportava almeno l'appellativo di "anticonformisti". Segno che Calvino ricorderà poi quale elemento di formazione importante, per averlo presto svezzato ai sentimenti della tolleranza e della diversità, con la conseguenza di predisporlo al costante confronto con le ragioni dell'altro, affermando di poter dialogare cordialmente anche con i cattolici, essendo privo del "gusto dell'anticlericalismo tipico di chi è cresciuto in mezzo ai preti".
Sono questi i semi culturali e storici di quella formazione che il giovane Calvino più tardi tradurrà in una scrittura capace di spaziare dalla saggistica politica a quella letteraria e teatrale; dal racconto impegnato, a quello ironico e umoristico; dalla pungente critica sociale, alla sceneggiatura di testi teatrali, finanche alla composizione di poesie.
Ma proprio quando l'età gli darebbe occasione di gustare appieno quella grande ricchezza cosmopolita e culturale che si addensa nel circondario di Sanremo in quegli anni, la guerra mondiale sconvolge la vita di provincia, e destina Calvino a una serie di vicissitudini, dai toni anche drammatici, capaci però di saldarsi con l'apertura di vedute maturata nell'infanzia, forgiando così l'impegno politico che Calvino esprimerà in forma di partecipazione e di scrittura. L'estate in cui Calvino afferma di uscire dall'infanzia definitivamente, per diventare un giovane spensierato, è quella del 1938, preludio allo scoppio della guerra.

La giovinezza nella Resistenza (1938-1945)

« Avevamo vent'anni oltre il ponte / oltre il ponte che è in mano nemica / vedevamo l'altra riva, la vita / tutto il bene del mondo oltre il ponte / tutto il male avevamo di fronte / tutto il bene avevamo nel cuore / a vent'anni la vita è oltre il ponte / oltre il fuoco comincia l'amore »

(Italo Calvino, Oltre il ponte)

Oppositore della guerra, tra il 1941 e il 1942, dopo aver completato gli studi presso il ginnasio-liceo G.D. Cassini, si trasferisce a Torino e si iscrive alla facoltà di Agraria. Mentre prepara e sostiene gli esami dei primi anni, superati poi con successo ma senza convinzione, Calvino coltiva quelli che sempre più marcatamente appaiono come i suoi veri interessi: la letteratura, il cinema, il teatro. Scrive La commedia della gente, un lavoro teatrale per un concorso letterario e Pazzo io o pazzi gli altri che presenterà alla casa editrice Einaudi ma senza successo.
L'ambiente culturale di Torino, che Calvino frequenta assiduamente, ed i fermenti politici di contrapposizione al regime, più che mai vivi nel capoluogo piemontese, fondono in lui letteratura e politica. Grazie all'amicizia ed ai suggerimenti di Eugenio Scalfari (già suo compagno al liceo), focalizza i suoi interessi sugli aspetti etici e sociali che coltiva nelle letture di Montale, Vittorini, Pisacane. Nel 1943 si trasferisce alla facoltà di Agraria e Forestale di Firenze, dove sostiene pochi esami.
Il 9 agosto 1943 ritorna a Sanremo. All'indomani dell'uccisione del giovane medico e comandante partigiano Felice Cascione per mano fascista (gennaio 1944), Calvino aderisce assieme al fratello Floriano alla seconda divisione d'assalto partigiana "Garibaldi" intitolata allo stesso Cascione. Egli si definisce un anarchico, ma in quegli anni di clandestinità impara ad ammirare gli esiti positivi dell'organizzazione partigiana comunista. Il 17 marzo 1945, quando ormai gli alleati sono in Italia, Calvino è protagonista attivo nella battaglia di Baiardo, una delle ultime battaglie partigiane. Ricorderà l'evento nel racconto Ricordo di una battaglia, scritto nel 1974. (Il suo nome da partigiano era "Santiago", dal nome del paesino cubano - Santiago de Las Vegas, vicino all'Avana - dove egli era nato 20 anni prima).
L'esperienza partigiana sarà alla base del suo primo romanzo, Il sentiero dei nidi di ragno e della raccolta di racconti Ultimo viene il corvo. Nonostante lo stile neorealistico di questi romanzi giovanili, profondamente differente da quello del Calvino maturo e successivamente abbandonato, sono tuttavia già presenti, sia pure allo stadio embrionale, alcuni elementi che caratterizzeranno la produzione successiva, in particolare la dimensione fantastica e la visione dal punto di vista del narratore, in questo caso gli occhi di un bambino.

L'impegno nel secondo dopoguerra (1945-1958)

Dopo la Liberazione, mentre la sua inclinazione anarchica e libertaria non affievolisce, in lui va costruendosi un'ampia e complessa visione del mondo che non cede a semplificazioni politiche e sociali. Non esalta l'idea comunista sotto il profilo culturale e filosofico. Matura, ciononostante, l'esigenza di organizzare forme politiche e strutture sociali a difesa dei diritti, della dignità umana e della libertà. Con questo spirito aderisce al Partito Comunista Italiano e ne diviene attivista e quadro, esprimendo la sua partecipazione con interventi di carattere politico e sociale, su quotidiani e periodici culturali, oltre che nelle sedi istituzionali del partito.
Si iscrive alla Facoltà di lettere di Torino, accedendo direttamente al III anno, grazie alla legislazione postbellica in favore dei partigiani ed ex combattenti. Conosce Cesare Pavese che diverrà guida culturale ed umana, oltre che "primo lettore" delle sue opere. Scrive Angoscia in caserma ed inizia una collaborazione con Il Politecnico, periodico diretto da Elio Vittorini. Tra il '46 ed il '47 compone Campo di mine, vincitore di un concorso letterario indetto da "l'Unità", ed una serie di racconti che saranno poi messi assieme ne Ultimo viene il corvo pubblicato nel 1949. Tra l'estate e il 31 dicembre del 1946, per concorrere al Premio Mondadori per un inedito, scrive il primo romanzo Il sentiero dei nidi di ragno. Dopo la laurea nel 1947, che consegue con una tesi su Joseph Conrad, inizia una collaborazione con l'Einaudi, curandone l'ufficio stampa. Il rapporto con la casa editrice sarà centrale nelle attività di Calvino, anche se talvolta intermittente ma ricco di incarichi sempre diversi e via via più importanti. Durerà fino al 1961, momento in cui si trasformerà in consulenza editoriale esterna. Le attività culturali si intensificano assieme alle conoscenze personali. A Roma frequenta l'Osteria Fratelli Menghi, noto punto di ritrovo per pittori, registi, sceneggiatori, scrittori e poeti tra gli anni '40 e '70, e personaggi del calibro di Vittorini, Natalia Ginzburg, Delio Cantimori, Franco Venturi, Norberto Bobbio e Felice Balbo.
Collabora con l'Unità e con Rinascita. Nel 1949 viene pubblicato Ultimo viene il corvo e resta inedito Il bianco Veliero. Scrive interventi politico-sociali e di saggistica letteraria, su diverse riviste culturali, tra cui Officina, Cultura e realtà, Cinema Nuovo, Botteghe Oscure, Paragone, oltre che su Il Politecnico di Vittorini già citato. Sulle riviste pubblica anche brevi racconti, fra cui La formica argentina e le prime novelle di Marcovaldo.
Nel mese di agosto del 1950 Cesare Pavese si uccide e Calvino perde così un amico e un maestro. Ne rimane sconvolto poiché Pavese era da lui vissuto come uomo forte di carattere e di temperamento risoluto. Gli resta il profondo rammarico per non aver intuito il dramma dell'amico.
I suoi viaggi sporadici si infittiscono e fra ottobre (in cui il 25 muore il padre) e novembre 1951 visita l'Unione Sovietica, dandone puntuale resoconto nel Taccuino di viaggio in URSS di Italo Calvino, con cui vince il premio Saint Vincent. Scrive il romanzo I giovani del Po e, quasi di getto, Il visconte dimezzato.
Tra il 1953 ed il 1954 tenta un romanzo di ampio respiro La collana della regina, (pubblicato sotto forma di racconto nella raccolta Prima che tu dica «Pronto»), mentre lavora assiduamente ad un progetto nuovo che lo appassiona particolarmente. Si tratta delle Fiabe italiane, rimaneggiamento e raccolta di antiche fiabe popolari, pubblicate nel novembre del 1956.
Dal 1955 al 1958 ebbe una relazione con l'attrice Elsa De Giorgi, moglie di Sandrino Contini Bonacossi. Dei due amanti esiste un carteggio conservato dal 1994 nel Fondo Manoscritti di Pavia, e in parte pubblicato dalla stessa donna che voleva dimostrare quanto quella relazione incise sul percorso intellettuale e artistico dello scrittore. La storia s'intrise di fosche tinte quando il marito della donna scomparve misteriosamente e non diede notizie di sé finché non venne trovato suicida nei pressi di Washington nel 1975. L'epistolario, tenuto segreto per 25 anni, è stato definito dalla studiosa Maria Corti come il «più bello del Novecento italiano».
Sul versante dell'impegno politico, l'idea di società maturata con gli anni non cancella il suo spirito anarchico e libertario, anzi lo arricchisce e lo caratterizza nella forma di precisi interventi critici in occasione del XX Congresso del PCUS del 1956. Calvino esprime il dissenso per certi aspetti che la politica sovietica va prendendo, soprattutto in ragione della libera espressione e circa l'importanza della forma democratica. Ma non risparmia critiche neppure ad una certa chiusura culturale dei dirigenti del PCI, né a talune pratiche interne all'apparato. L'idea di un nuovo PCI riformato e rifondato, che ispira Calvino, è dichiaratamente di matrice giolittiana. La disillusione è però incolmabile solo pochi mesi dopo il Congresso, quando l'armata rossa invade l'Ungheria. Con i fatti di Poznan e Budapest matura in Calvino la decisione di abbandonare il partito.
Il 1º agosto 1957 formalizzerà con una lettera al Comitato Federale di Torino le proprie dimissioni, seguite a quelle di Antonio Giolitti. Spesso interviene su una rivista di intellettuali dissidenti "Città aperta", a conferma che l'amarezza maturata a seguito di certe scelte del partito non degrada in qualunquismo, ma si fa critica puntuale e propositiva.
Tra il 1957 e il 1958 si viene a creare quell'articolato connubio di poesie e musica che fu il Cantacronache, cui Calvino partecipò scrivendo i testi di alcune delle più famose canzoni (Dove vola l'avvoltoio?, Oltre il ponte, Sul verde fiume Po, Canzone triste).

La maturità artistica (1958-1985)

Continua a scrivere ed a viaggiare e fonda con Vittorini Il Menabò. Tra il '58 ed il '62 pubblica La gallina di reparto, La nuvola di smog e l'antologia I racconti. Nel 1959 pubblica il romanzo Il cavaliere inesistente e parte per un viaggio di sei mesi nelle principali località degli Stati Uniti a novembre (si troverà a New York per quattro mesi) grazie a un finanziamento della Ford Foundation, esperienza che diverrà soggetto del racconto inedito Un ottimista in America. Escono su Il Menabò il saggio La sfida al labirinto ed il racconto La strada di San Giovanni.
La sua fama è ormai affermata. Spesso è chiamato per conferenze e dibattiti in ogni parte d'Europa. Nell'isola di Maiorca riceve il premio internazionale Formentor. Nel 1962, in occasione di un ciclo di incontri letterari, conosce a Parigi la sua futura moglie, la traduttrice argentina Esther Judith Singer, detta Chichita, lavoratrice in organismi internazionali come l'UNESCO e l'IAEA.
Nasce in quegli anni il gruppo '63, corrente letteraria neoavanguardista, che Calvino segue con interesse pur senza condividerne l'impostazione di fondo. Pubblica i racconti La giornata di uno scrutatore e La speculazione edilizia, inclusi in un irrealizzato progetto di trilogia sulla crisi dell'intellettuale negli anni cinquanta. A metà marzo 1963 è a Tripoli per una conferenza su Natura e storia nei romanzi di ieri e di oggi all'Istituto italiano di cultura. Nel '64 vanno in stampa le prime cosmicomiche La distanza della Luna, Sul far del giorno, Un segno nello spazio, Tutto in punto. Poco dopo pubblica il dittico La nuvola di smog - La formica argentina.
Nel febbraio 1964 lo scrittore torna all’Avana per sposarsi con Chichita in un ufficio notarile di Calle Obispo e con brindisi finale nel bar della piscina del loro Hotel Avana Libre. In quella occasione egli fu chiamato a fare parte della giuria del Premio Casa Las Americas, e qui conobbe il comandante Ernesto Che Guevara, al quale poi dedicò due pagine dopo la sua morte in Bolivia, le quali furono pubblicate sul numero speciale dedicato al Che della rivista culturale avanera Casa de Las Americas. Quando a fine 1964 Calvino tornò in Italia, a Torino e a Roma, dove si stabilirà con la moglie ed il figlio di lei, Marcello Weil, dove lavorerà presso la casa editrice Einaudi come addetto stampa, si attivò per co-fondare l'Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba.
Poi nel 1965 nasce a Roma la figlia Giovanna Calvino (che si laureerà poi a New York, dove andrà a vivere con le royalties paterne).
Il 12 febbraio del 1966 muore l'amico Elio Vittorini, al quale dedica il saggio Vittorini: progettazione e letteratura. Calvino traccia nel saggio il pensiero d'un intellettuale aperto e fiducioso, in dissonanza col pessimismo letterario di quegli anni, della decadenza e della crisi. All'indomani della morte di Vittorini, Calvino inaugura un periodo di meditazione, necessario forse ad elaborare il proprio vissuto, distante dal frastuono delle città e della vita pubblica.
Nell'estate del 1967 si trasferisce a Parigi per lavoro, assieme a tutta la famiglia, in una villetta della Square de Châtillon. Qui Calvino progetta di rimanere 5 anni, collaborando con intellettuali e letterati francesi; vi resterà per 13, fino al 1980, anno in cui egli ritorna a Roma con la famiglia. A Parigi segue il dibattito culturale francese ma conduce una vita pressoché in disparte, pur frequentando alcuni intellettuali parigini come Georges Perec, François Le Lionnais, Jacques Roubaud, Paul Fournel, Raymond Queneau. Di quest'ultimo traduce I fiori blu, da cui la letteratura del maturo Calvino trarrà gli aspetti più umoristici ed i riferimenti cosmologici. Approfondisce la sua passione per le materie scientifiche e per il gioco combinatorio. I frutti di questo nuovo arricchimento già si manifestano nella raccolta di racconti Ti con zero, vincitore del Premio Viareggio 1968. Premio che però Calvino rifiuta, ritenendo ormai tali manifestazioni letterarie semplice espressione retorica, anche se, successivamente, accetterà altri premi letterari. Pubblica la prima edizione dell'antologia scolastica La lettura. Assieme a Guido Neri, Gianni Celati ed altri intellettuali, lavora al progetto per la realizzazione di una rivista sociale e letteraria a larga diffusione, destinata al grande pubblico.
Mentre Calvino era a Parigi il suo amico Che Guevara venne ucciso il 9 ottobre 1967 in Bolivia. Il 15 ottobre 1967 (il giorno del suo 44º compleanno) scrisse un articolo a lui dedicato che fu pubblicato in spagnolo nel gennaio 1968 sulla rivista cubana Casa de las Americas, nel citato numero speciale tutto dedicato al rivoluzionario. Il testo originale integrale italiano fu pubblicato in Italia solamente trent'anni dopo, nel 1998, sul primo numero della rivista Che della Fondazione Italiana Ernesto Guevara presieduta dall'editore romano Roberto Massari.
Tra il 1969 ed il 1973 lavora ad alcuni progetti letterari e pubblica racconti e saggi su diverse riviste. Pubblica il racconto Il castello dei destini incrociati nel volume Tarocchi - Il mazzo visconteo di Bergamo e New York ed i saggi Osservare e descrivere e Problema da risolvere, pubblicati nella nuova edizione del testo scolastico La lettura.
Nel 1971 scrive Gli amori difficili per la collana "Centopagine" della Einaudi. Nel 1972 vince il Premio Feltrinelli conferito dalla Accademia nazionale dei Lincei, pubblica Le città invisibili che sarà finalista al XXIII Premio Pozzale 1974 per la letteratura. In quell'anno inizia anche una collaborazione con il Corriere della Sera che durerà fino al 1979, quando inaugura la serie di racconti del signor Palomar. Pubblica due lavori autobiografici, il primo, Ricordo di una battaglia, rievoca la dura ed umanamente ricca esperienza da partigiano. L'altro, Autobiografia di uno spettatore, particolare sguardo di Calvino sul cinema, diventa prefazione a Quattro film di Federico Fellini. In questi anni fa costruire la sua villa a Roccamare, presso Castiglione della Pescaia (GR), dove trascorrerà tutte le successive estati della sua vita.
Nel 1974 scrive due dialoghi per la serie radiofonica Le interviste impossibili (Montezuma e L'uomo di Neanderthal).
Nel 1975 inizia un altro periodo di intensi viaggi. Nella seconda metà di maggio è in Iran dove, per conto della RAI, cura la preparazione di un programma radiofonico, Le città della Persia. L'anno successivo si reca negli USA, in Messico ed in Giappone, per una serie di incontri e di conferenze. Il signor Palomar in Giappone, racconto che pubblica nelle colonne del Corriere della sera, s'ispira a quei viaggi.
A Vienna, l'8 gennaio 1977, viene insignito d'un importante premio letterario europeo, dal Ministero dell'Istruzione austriaco, lo Staatspreis für Europäische Literatur.
Nel 1979 pubblica Se una notte d'inverno un viaggiatore e inizia la sua collaborazione con il giornale La Repubblica. Chiude quasi completamente i suoi interventi di carattere politico e sociale, con l'amaro articolo L'apologo sull'onestà nel paese dei corrotti, pubblicato l'anno successivo sul quotidiano diretto da Eugenio Scalfari.
Nel 1980 Calvino, ritornato a Roma con la famiglia, è alla ricerca del punto di confine tra letteratura e scienze, sempre ispirato all'amico francese Queneau. Ne cura l'opera Segni cifre e lettere e ne traduce la Piccola cosmologia portatile, redigendone anche la guida. S'impegna altresì nella stesura di testi teatrali, dove tenta d'inserire l'arte cosmologica e combinatoria.
Nel 1983 esce Palomar pubblicato da Einaudi. Per la casa editrice torinese cura anche l'introduzione ad America di Franz Kafka. A causa della seria crisi in cui versa l'Einaudi, nel 1984 è costretto a pubblicare presso Garzanti Collezione di sabbia e Cosmicomiche vecchie e nuove. Nello stesso anno si reca in Argentina con la moglie, su invito della Feria Internacional del libro di Buenos Aires, incontrandosi anche con Raúl Alfonsín, da alcuni mesi eletto presidente della repubblica. Nel 1985, durante l'estate, Calvino lavora ad una serie di conferenze (Lezioni americane, pubblicate postume) che avrebbe dovuto tenere presso l'Università Harvard.

La morte (1985)

Dopo una vita piena di soddisfazioni culturali e sociali, il 6 settembre 1985, all'età di quasi 62 anni, Calvino viene colto da un ictus nella sua villa nella pineta toscana di Roccamare, presso Castiglione della Pescaia, dove trascorreva le ultime vacanze prima del citato viaggio americano. Viene ricoverato all'ospedale Santa Maria della Scala, di fronte alla cattedrale di Siena, dove viene operato a lungo al cervello; dopo aver ripreso parzialmente conoscenza per qualche giorno, si aggrava e muore il 19 settembre 1985, a causa di una sopraggiunta emorragia cerebrale. Italo Calvino riposa nel panoramico e grazioso cimitero-giardino di Castiglione della Pescaia, di fronte all'Arcipelago Toscano, in Provincia di Grosseto.
Oltre alle Lezioni americane escono postumi anche i seguenti tre volumi Sotto il sole giaguaro, La strada di San Giovanni, Prima che tu dica pronto, tutti curati dalla vedova e da alcuni collaboratori.

La poetica

Nella prima fase della sua produzione, collocabile all'interno del movimento neorealista, Calvino scrive il romanzo Il sentiero dei nidi di ragno e numerosi racconti raccolti nel volume Ultimo viene il corvo. Con queste opere Calvino mostra una lucida capacità rappresentativa della realtà che coniuga impegno politico e letteratura in modo spontaneo e leggero.
In questi testi lo scrittore ligure, per raccontare le storie della sua esperienza partigiana, adotta un punto di vista oggettivo, tramite il quale i suoi ricordi diventano la misura della comprensione del mondo.
Ne Il sentiero dei nidi di ragno l'intreccio è narrato dal punto di vista di Pin, un bambino, il protagonista del romanzo. Questa ricerca di oggettività, comunque, non scade mai in pura cronaca: è sempre presente la dimensione mitico-fiabesca che permette a Calvino di far intravedere la realtà sotto le spoglie del sogno.
È proprio con quest'opera che Calvino dà l'avvio all'operazione di sdoppiamento dei piani interpretativi che contraddistingue la sua produzione: da una parte il livello puramente narrativo, semplice e comprensibile da tutti i lettori, dall'altra quello visibile solo dai fruitori più smaliziati.
Questa scelta è compiuta, all'inizio, su precise basi ideologiche, in seguito, con la contaminazione di forme colte e popolari, Calvino mantiene la tecnica dello sdoppiamento dei livelli di lettura.

Il periodo fantastico

Calvino da sempre era stato attirato dalla letteratura popolare, con particolare attenzione al mondo delle fiabe.
Con Il visconte dimezzato percorre sempre di più la strada dell'invenzione fantastica: l'impianto è ormai totalmente abbandonato al fiabesco e la narrazione procede secondo due livelli di lettura: quello di immediata funzione e quello allegorico-simbolico, in cui sono presenti numerosi spunti di riflessione (contrasto tra realtà e illusione, tra ideologia ed etica, ecc.). In conclusione il romanzo invita i lettori all'equilibrio, in quanto non è possibile possedere una verità assoluta.
Anche le altre due opere della trilogia I nostri antenati mostrano caratteristiche simili. Il protagonista de Il barone rampante è un alter ego di Calvino che ormai ha abbandonato la concezione della letteratura come messaggio politico. Il cavaliere inesistente invece è velato da un cupo pessimismo, dietro al quale la realtà appare irrazionale e minacciosa.
Accanto alla produzione allegorico-simbolica, Calvino continua comunque un tipo di narrazione che descrive la realtà quotidiana. Riprende ad esaminare il ruolo dell'intellettuale nella società, constatando la sua assoluta impotenza di fronte alle cose del mondo.
Sempre a questa fase appartengono i racconti di Marcovaldo, in due serie: più aderente a strutture fiabesche la prima (1958) mentre le seconda (1963) tratta temi urbani con toni che a volte sfiorano l'assurdo.
Nel 1963 esce anche La giornata di uno scrutatore, in cui Calvino narra le vicende di un militante comunista che, scrutatore all'istituto Cottolengo di Torino, entra in contatto con l'irrazionale ed entra in crisi.
Nella pubblicazione Sfida al labirinto (dell'esistenza) Calvino espone le sue idee riguardo alla funzione degli intellettuali, i quali, secondo lui, devono cercare di comprendere il caos del reale per tentare di dare un senso alla vita.
Si è molto parlato dei rapporti di Calvino con la scrittura fantascientifica in opere come Le cosmicomiche o Ti con zero. Come lui stesso afferma, ha sempre amato leggere “science-fiction”, ma pensa che le sue storie siano costruite in modo diverso: mentre la fantascienza tratta del futuro, egli si rifà ad un passato remoto, una sorta di mito delle origini. Inoltre mentre lo scrittore ligure si serve del dato scientifico per uscire dalle abitudini dell’immaginazione, la fantascienza tende ad avvicinare ciò che è lontano. “Calvino ha voluto metaforicamente esprimere tre diverse esperienze attraverso le quali l’uomo contemporaneo possa recuperare la propria umanità. I tre romanzi descrivono infatti l’uomo moderno diviso e incapace di trovare il giusto equilibrio tra bene e male (“Il visconte dimezzato”), alienato (“Il barone rampante”), e ridotto a pura apparenza (“Il cavaliere inesistente”). “Il cavaliere inesistente” suggerisce una riflessione sulla necessità di essere, di esistere, conquista più importante e che presuppone tutte le altre”.

Il periodo combinatorio

Intorno agli anni sessanta Calvino aderisce ad un nuovo modo di fare letteratura, intesa ora come artificio e come gioco combinatorio. Per lo scrittore ligure è necessario rendere visibile ai lettori la struttura stessa della narrazione, per accrescere il loro grado di consapevolezza.
In questa nuova fase produttiva Calvino si avvicina ad un tipo di scrittura che potrebbe essere definita combinatoria perché il meccanismo stesso che permette di scrivere assume un ruolo centrale all'interno della produzione; Calvino infatti è convinto che ormai l'universo linguistico abbia soppiantato la realtà e concepisce il romanzo come un meccanismo che gioca artificialmente con le possibili combinazioni delle parole: anche se questo aspetto può essere considerato il più vicino alla Neoavanguardia, egli se ne distanzia per uno stile ed un linguaggio estremamente comprensibili.
Questa nuova concezione di Calvino risente di numerosi influssi: lo strutturalismo e la semiologia, le lezioni parigine di Roland Barthes sull'ars combinatoria e la frequentazione del gruppo di Raymond Queneau (l'OuLiPo), la scrittura labirintica di Jorge Luis Borges nonché la rilettura del Tristram Shandy di Sterne, che definirà come il progenitore di tutti i romanzi d’avanguardia del nostro secolo.
Già nel 1967, nella conferenza intitolata Cibernetica e Fantasmi, Calvino affronta la riflessione su un'idea di letteratura come pura combinazione formale, ma il primo prodotto di questa nuova concezione della letteratura è Il Castello dei destini incrociati (1969), al quale in seguito verrà aggiunto La Taverna dei destini incrociati (1973), in cui il percorso narrativo è affidato alla combinazione delle carte di un mazzo di tarocchi. Un gruppo di viandanti si incontra in un castello: ognuno avrebbe un'avventura da raccontare ma non può perché ha perduto la parola. Per comunicare allora i viandanti usano le carte dei tarocchi, ricostruendo grazie ad esse le proprie vicissitudini. Qui Calvino usa il mazzo dei tarocchi come un sistema di segni, come un vero e proprio linguaggio: ogni figura impressa sulla carta ha un senso polivalente così come lo ha una parola, il cui esatto significato dipende dal contesto in cui viene pronunciata. L'intento di Calvino è proprio di smascherare i meccanismi che stanno alla base di tutte le narrazioni, creando così un romanzo che va oltre se stesso, in quanto riflessione sulla propria natura e configurazione.
Questo gioco combinatorio è centrale anche nel successivo romanzo dello scrittore, Le città invisibili (1972), sorta di riscrittura del Milione di Marco Polo in cui è lo stesso mercante veneziano a descrivere a Kublai Khan le città del suo impero. Queste città però non esistono tranne che nell'immaginazione di Marco Polo, vivono solo all'interno delle sue parole. La narrazione quindi per Calvino può creare dei mondi ma non può distruggere l'inferno dei viventi che sta intorno a noi, per combattere il quale, come suggerito nella conclusione del romanzo, non si può far altro se non valorizzare quello che inferno non è.
Ne Le città invisibili l'esibizione dei meccanismi combinatori del racconto diventa ancora più esplicita che nel Castello dei destini incrociati grazie anche alla struttura stessa del romanzo, segmentata in testi brevi che si susseguono dentro una cornice. Le città invisibili infatti è composto da nove capitoli, ognuno all'interno di una cornice in corsivo nella quale avviene il dialogo tra l'imperatore dei Tartari, Kublai Khan, e Marco Polo. All'interno dei capitoli vengono narrate le descrizioni di cinquantacinque città, secondo nuclei tematici. Questa complessa costruzione architettonica è indubbiamente finalizzata alla riflessione da parte del lettore sulle modalità compositive dell'opera: in questo senso Le città invisibili è un romanzo fortemente metatestuale, poiché induce a produrre riflessioni su sé stesso e sul funzionamento della narrativa in generale. L'opera più metanarrativa di Calvino, però, è sicuramente da considerarsi Se una notte d'inverno un viaggiatore (1979). In questo romanzo, più che altrove, Calvino mette a nudo i meccanismi della narrazione, avviando una riflessione sulla pratica della scrittura e sui rapporti tra scrittore e lettore.
I dieci inizi di racconti da cui è composto il libro corrispondono ognuno ad un diverso tipo di narrazione. Mediante questo "esercizio di stile" Calvino esemplifica quali sono i modelli e gli stilemi del romanzo moderno (da quello della neoavanguardia a quello neo-realistico, da quello esistenziale a quello fantastico surreale). Alla base del racconto c'è dichiaratamente lo schema a incastro delle Mille e una notte, all'interno del quale Calvino colloca i suggerimenti e le sollecitazioni provenienti dal romanzo contemporaneo.

Il ricordo

Alla fine del 1985, subito dopo la sua scomparsa, per ricordarlo, alcuni suoi amici, tra cui Natalia Ginzburg, Norberto Bobbio, Lalla Romano, Cesare Segre e Massimo Mila, fondarono il Premio Italo Calvino. Dedicato alle opere prime di narrativa, il Premio si è affermato negli anni come il più importante in Italia per autori italiani inediti. Poi, nel 1995, nel decennale della sua morte, la figlia Giovanna Calvino fu contattata dalle autorità cubane al fine di inaugurare, nel 1996, una grande lapide-ricordo nella casa natale di Italo Calvino, nel Giardino Botanico di Santiago de las Vegas, alla periferia dell'Avana. In tale occasione a Cuba sorse il comitato "Pro-Fondazione-Calvino". Tale istituzione nel 1996 dette vita al Premio Letterario Biennale Cubano Italo Calvino, riservato a giovani talenti cubani, per teatro, poesia, narrativa e saggistica. Entrambi i suddetti Premi (in Italia e a Cuba) sono tuttora esistenti. Nel 2000 (ma anche nel 2003, 80º anniversario della sua nascita) nel Castello del Morro dell'Avana, il governo cubano ha esposto una mostra fotografica bilingue (italo-spagnola) dedicata alla vita di Italo Calvino, e nel 2013 ha dichiarato l'anno 2013 "Anno di Italo Calvino a Cuba", in occasione della sua "Fiesta del 90º compleanno".

Opere

Il sentiero dei nidi di ragno, Torino, Einaudi, 1947.
I figli poltroni (1948)
Ultimo viene il corvo, Torino, Einaudi, 1949.
Taccuini di viaggio in URSS di Italo Calvino (1951)
Il visconte dimezzato, Torino, Einaudi, 1952.
L'entrata in guerra, Torino, Einaudi, 1954.
La panchina. Opera in un atto, Torino, Toso, 1956. Su musica di Sergio Liberovici.
Fiabe italiane, raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti da, Torino, Einaudi, 1956.
Il barone rampante, Torino, Einaudi, 1957.
I giovani del Po (1957; in "Officina")
I racconti, Torino, Einaudi, 1958.
La gran bonaccia delle Antille (1957)
Il cavaliere inesistente, Torino, Einaudi, 1959.
I nostri antenati (Il cavaliere inesistente; Il visconte dimezzato; Il barone rampante), Torino, Einaudi, 1960.
La giornata d'uno scrutatore, Torino, Einaudi, 1963.
La speculazione edilizia, Torino, Einaudi, 1963.
Marcovaldo, ovvero Le stagioni in città, Torino, Einaudi, 1963.
La nuvola di smog e La formica argentina, Torino, Einaudi, 1965.
Le cosmicomiche, Torino, Einaudi, 1965.
Ti con zero, Torino, Einaudi, 1967.
La memoria del mondo e altre storie cosmicomiche, Milano, Club degli Editori, 1968.
Orlando furioso, di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino con una scelta del poema, Torino, Einaudi, 1970.
Gli amori difficili, Torino, Einaudi, 1970.
Le città invisibili, Torino, Einaudi, 1972.
Il castello dei destini incrociati, Torino, Einaudi, 1973.
Se una notte d'inverno un viaggiatore, Torino, Einaudi, 1979.
La vera storia, due atti di, Milano, Edizioni del Teatro alla Scala, 1982. Su musica di Luciano Berio.
Palomar, Torino, Einaudi, 1983.
Un re in ascolto, 1986. Su musica di Luciano Berio.
Cosmicomiche vecchie e nuove, Milano, Garzanti, 1984.

Saggi pubblicati in vita

Appunti sulla narrativa come processo combinatorio (1967)
Vittorini. Progettazione e letteratura, All'insegna del pesce d'oro (1968) [già in "Il Menabò", 10, 1967]
Tarocchi. Il mazzo visconteo di Bergamo e New York, Parma, Ricci, 1969.
La tradizione popolare nelle fiabe, in Storia d'Italia, vol. 5 - tomo 2: I documenti (1973)
Autobiografia di uno spettatore, in Federico Fellini, Quattro film. I vitelloni, La dolce vita, 8 1/2, Giulietta degli spiriti, Torino, Einaudi, 1974.
Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società (1980)
Collezione di sabbia (1984)

Edizioni postume

Sotto il sole giaguaro (1986)
Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio (1988)
Sulla fiaba (1988)
La strada di san Giovanni (1990)
Perché leggere i classici (1991)
Prima che tu dica "pronto" (1993)
Eremita a Parigi (1994)
Mondo scritto e mondo non scritto (2002)
Il libro dei risvolti (2003)