Se questo fosse un giornale letto per lo più da uomini, l’intervista con Stefania Rocca dovrebbe finire esattamente tra due righe. Giusto il tempo di rispondere, con un sorriso disarmante, alla prima domanda: “Mi chiedi chi mi può conquistare? Nessuno”. Invece io, che ho fiducia nel mondo, vado avanti egualmente e immagino, a ragion veduta, che Amica sia il luogo ideale del sogno senza genere, un sogno di uomini e di donne che amano il bello e l’eleganza. Un sogno in cui anche Stefania Rocca, la perfettissima Stefania Rocca, alla fine sia conquistabile. E allora non c’è motivo di fermarci. Anzi. Vorrei sapere tutto di questa attrice che, superati i quaranta, si presenta in un ristorante garbato nel centro di Milano, all’una e mezzo di un giorno da liquefazione, senza un filo di trucco, in canottiera scollata, con il chiaro intento di dimostrarmi che la seduzione non è roba patinata. Okay, Stefania, mi hai convinto.
La sua bellezza è tagliente, e lo è sempre stata fin dai tempi di “Nirvana” e di “Viol@”, roba del secolo scorso. I suoi sguardi sono armi da X-men, sciolgono gli oggetti su cui si appuntano. Le chiedo se ha occhi verdi, blu, grigi…
“Dipende dalla maglietta che indosso. Oppure dal cielo”.
Noto che non porta gioielli. “Oggi niente. Però quando capita, soltanto anelli d’argento, oppure braccialetti di cuoio”, e ne tira fuori uno dalla borsa, lo gira tre volte intorno al polso trasformandosi immediatamente in una schiava da fashion week. Penso un giorno di imitarla, magari quando sarò in pensione ai Caraibi.
Torinese, scuola cinematografica a Roma, sosta a Parigi, Actor’s Studio a New York, protagonista a inizio carriera di alcune pubblicità – Coca Cola, budini Valsoia, Clear… Tutto fila sul registro della normalità finché un giorno si trova davanti ai tortelli al pesto della Buitoni. “Faccio il casting, mi prendono, vado sul set e incontro il regista dello spot. Si chiamava Gabriele Salvatores”.
Comincia un’avventura che da “Nirvana” la porta, nel giro di quindici anni, a “Tutti pazzi per amore”, pura consacrazione popolare nel ruolo di Laura Del Fiore, passando per Abel Ferrara, Minghella, Branagh e i Taviani.
Dai budini Valsoia ai registi premi Oscar… “Va bene, sono un’attrice, anche se quando lo dico, pronuncio quella parola, attrice, con un certo pudore. Mi sembra incredibile… E poi sono anche una mamma. Anzi, quando porto Leone e Zeno alla materna comunale vicino a casa, sono una mamma tra le mamme. All’inizio devo vincere una naturale diffidenza nei confronti dell’attrice, poi però le altre madri capiscono chi sono veramente”.
E chi sei veramente? “Una piemontese impulsiva e percettiva, terza di tre sorelle, nata sotto il segno del Toro ma molto vicino all’Ariete, con ascendente Cancro oppure Leone”. L’importante è avere certezze. “Una io l’avevo, fino a sei anni fa: non è vero che si debbano per forza fare figli altrimenti non si è donne. E’ una vera stupidaggine. Difendevo la mia condizione di non mamma. Poi sono rimasta incinta…”.
Stefania mangia un’insalata di ricciola e per secondo una pezzogna in umido. La imito. Lei non lascia neanche una molecola di zucchina o di pesce nel piatto. Ho visto mangiare molte attrici. Stefania non rappresenta la categoria. E da ragazzina ti chiamavano pure Sottiletta… “Preferivo l’altro soprannome, Christiana F. Ero una post punk, non convenzionale in ogni mia azione. Sottiletta era banale. Sì, ero magra. Ma ero innanzi tutto contro”.
Il corpo di Stefania è apparso nudo, nella sua perfezione, in alcuni film. E di sottilette non c’era traccia, se non ricordo male. Le forme erano sexy, da modella d’accademia, esattamente eguali a quelle che immagino conservi oggi. “Ho sempre avuto un rapporto sereno con il mio corpo. Per il resto, ho dialogato molto con un analista. Però ho dovuto difendermi, questo sì”. Molestatori? Corteggiatori? Passanti innamorati? “No, solo a Roma (sorride). Mi capitava per strada di sentirmi dire “Ma ndò vai gran pezzo di…?”. All’inizio mi dava fastidio, rispondevo dando del rospo a chi mi chiamava principessa, poi mi sono abituata”.
Molte donne hanno il complesso della loro bellezza, ne hai sofferto anche tu? “Credo di sì. Mi sono difesa, ti dicevo. Ho dovuto credere di non essere bella. Anzi ho sempre puntato tutto sulla non-bellezza” (Qui sorrido io, e se ci fosse un pubblico in questa sala di ristorante, rumoreggerebbe).
Stefania, nessuno oggi ti può conquistare: ho capito. Ma se proprio, nel mondo della fantasia, avessi voluto evadere da questa tua perfezione, quale uomo avrebbe avuto una possibilità? “Peter Sellers”. Trasalisco: la pantera rosa? L’ispettore Clouseau? “Sì, ma anche Chance il giardiniere…”. Okay, non vuoi rispondere. “Faccio uno sforzo: mi piaceva da impazzire Steve McQueen”. Posso capire. Le sue camicie di jeans attillate, il suo sguardo da maschio strasicuro di sé… Un po’ come Carlo, il tuo compagno: traspira carisma. Hai consegnato il tuo cuore a lui, anima e fondatore, insieme al fratello Ennio Capasa, della maison Costume National, bell’uomo pugliese, un vero capo, padre dei vostri due piccoli maschi: va bene. Non si batte facilmente un Capasa. Però in passato il tuo cuoricino l’avevi dato in prestito ad alcuni uomini. Leggendo su Google… “Non c’è bisogno che smanetti. Te li dico io. Avevo ventun anni, ero appena arrivata a Roma. Incontro Alessio Avenali, di dieci anni più grande di me. Colpo di fulmine, storia che dura un po’. Poi mi innamoro di Bernardo Barilli, un aiuto regista cesenate. Una storia lunga, sette anni: vivevamo in una casa bellissima vicino all’Orto botanico. Ma nel 2005 incontro Carlo. Così, per lavoro. Un innamoramento fortissimo, un’intesa per me passionale e fisica. E nascono Leone Ariele, che oggi ha cinque anni, e Zeno che ne ha tre”.
Non chiedo niente sulla scelta di non sposarsi: Stefania l’ha spiegato mille volte. Pura decisione di libertà, atteggiamento non convenzionale appartenuto a una generazione precedente alla sua. Però le chiedo che cosa l’ha conquistata di Carlo. La risposta è limpida: “La sua generosità umana”. Nelle vacanze pugliesi, la torinese Rocca s’è lasciata conquistare anche dalle ricette di casa Capasa. “Ho imparato a fare primi e secondi di pesce. La cucina è una mia passione. Avevo una nonna chef, in Piemonte, che mi ha insegnato a fare gli gnocchi di Castelmagno. Te li farò provare”. Acconsento. “Lo faremo quando avrò finito di girare Altri Tempi, di Marco Turco. E’ un film sui bordelli, ambientato negli anni Trenta. Faccio una prostituta”.  Che pensi delle professioniste del sesso? “Si sviliscono, non condivido”. E il sesso non professionale? “Sono molto fisica”. Ottima risposta. Altre passioni? “Amo l’arte contemporanea: Anselm Kiefer, Marina Abramovich, Mariko Mori…” E la moda?  “Giuro, a me Costume National piaceva molto prima che conoscessi Carlo. Ritenevo i loro vestiti eleganti e portabili senza limiti”. Profumo preferito? “L’ambra, numero 21”. Tempo dedicato solitamente al trucco? “Guardami”. Un paio di minuti? “Sbagliato: uno” (e scoppia a ridere, fregandosene delle meravigliose micro rughe che si formano intorno alla bocca mentre con il cuore restituisce gioia al mondo).
8 luglio 2012
fonte: dipiazza.eu