giovedì 25 luglio 2013

Medea




« Tutto è santo e l'intera Natura appare innaturale ai nostri occhi. Quando tutto ti sembrerà normale della natura, tutto allora sarà finito! »

(Frase di Chirone pronunciata al piccolo Giasone)

Medea è un film italiano del 1969 diretto da Pier Paolo Pasolini, basato sull’omonima tragedia di Euripide e interpretato da Maria Callas. Il film, i cui esterni vennero girati in Turchia, in Siria e a Grado ebbe una positiva accoglienza da parte della critica anche se, sotto il profilo commerciale, non riscosse il successo sperato.


Trama

In Grecia a Corinto il re Esone è stato spodestato dal fratellastro Pelia, il quale governa con crudeltà e spietatezza, cercando in tutti i modi di uccidere l'erede al trono Giasone, ora mandato dal suo protettore Chirone. In Scizia è stata raccolta una potente reliquia chiamata Vello d'oro, tempo prima merce di Frisso. La pelle d'oro apparteneva al caprone sacro inviato dagli dei per salvare il fanciullo e la sorella Elle da morte certa ed aveva attraversato in volo tutto l'Ellesponto, mare che prenderà questo nome dalla sorella Elle che ci cadrà purtroppo, venendo inghiottita.
Giunto nella terra Colchide, Frisso verrà ucciso e la capra sarà scuoiata e la pelle data in dono ad Ares.
Dopo questo prologo in cui il centauro Chirone spiega ad un fanciullo (il giovane Giasone) in maniera filosofica anche l'armonia e l'equilibrio della natura, viene presentata la superba figura di Medea, sovrana della Colchide, una terra brutale e piena di usanze grottesche che ospita la reliquia del Vello d'oro.
Dall'altra parte del mondo in Grecia, Giasone, divenuto grande, viene spedito dal suo crudele zio a recuperare la preziosa pelliccia di capra, cosicché possa riavere il regno di Corinto.
Un giorno mentre Medea sta pregando la reliquia nel tempio vede per la prima volta l'eroe greco, giunto nel frattempo a bordo di una zattera con una manciata di uomini, e se ne innamora perdutamente, così tanto da chiedere aiuto al fratello per rubare il Vello d'oro e partire con Giasone per la Grecia. Il re lo viene a sapere e si getta all'inseguimento della figlia la quale però, per rallentarlo, uccide il fratello e lo taglia in tanti pezzi per costringere l'uomo a fermarsi più volte. Dopo aver raccolto tutti i pezzi del corpo di suo figlio, il sovrano torna nel suo villaggio a restituirli alla madre piangente affinché abbiano una degna sepoltura. La combriccola intanto approda nelle spiagge greche ma Medea ha alcune difficoltà ad ambientarsi perché si trova dinanzi ad una terra completamente nuova.
Consegnato il Vello allo zio, Giasone se ne va via non pensando al trono e consuma la prima notte d'amore con la sua amata, congedandosi dai compagni di viaggio ed il giorno dopo ha una particolare conversazione con Chirone, il centauro che lo ha allevato da piccolo e un suo sosia che, parlando per l'altro, lo mette in guardia riguardo al carattere e alle crisi epilettiche di Medea, ma Giasone non comprende e se ne va confuso. Passano dieci anni e un giorno Medea decide di recarsi a Corinto e quando giunge trova Giasone che balla come un forsennato insieme a ragazzi e ragazze tra cui Glauce, la figlia del re Creonte. Medea corre via meditando la vendetta ai danni della ragazza. Decide di farla sposare in tutta tranquillità con Giasone donandole due volte abiti e vesti colorate facendogliele portare dai propri figli con la promessa di non venir cacciata da Corinto, inducendo così in Glauce un fortissimo senso di colpa per averle rubato il marito, ed ella si uccide buttandosi dalle mura della città. L'atto era già stato perpetrato da Medea nei suoi pensieri, infatti la scena nel film appare due volte. Creonte, pazzo dalla disperazione, si suicida anche lui. Medea torna a casa e dopo aver fatto fare un bagno a suo figlio, lo sgozza; a notte fonda uccide anche l'altro che dorme e dà fuoco alla casa, per poi gettare una terribile invettiva contro Giasone.

Il mito originale

Stando alle fonti di Apollonio Rodio nelle sue Argonautiche e alla tragedia di Euripide, la storia di Medea presenta alcune differenze dal film di Pasolini. Infatti nella pellicola si fa poco riferimento al sovrano crudele Pelia, re di Corinto, il quale manda Giasone, suo nipote ed erede legittimo al trono, verso la pericolosa Colchide con la speranza che muoia durante il viaggio. Infatti Giasone corre numerosi pericoli nel tragitto, incappando anche nell'isola delle donne guerriere di Lemno e in altri posti governati da assassini e mostri, ma l'aiuto della dea Atena lo conduce sano e salvo con la sua barca e con gli argonauti nella terra di Medea. Questa è la figlia di Eete, il re della zona, e possiede doti magiche tanto che, quando accoglie Giasone nella sua reggia se ne innamora subito e usa le sue arti ingannatrici per aiutarlo nel conquistare il Vello d'oro, reliquia divina voluta da Pelia.
Medea inizialmente ordina a Giasone di uccidere dei giganti che spunteranno dalla terra infesta gettando un sasso da una parte. Gli energumeri come d'incanto si fracasseranno tra loro, e poi la maga cosparge l'argonauta di una sostanza infiammabile per uccidere il drago sputafuoco che sorveglia il vello. Partiti verso la Grecia con la reliquia e dopo che Medea, per salvare se stessa e gli argonauti dal padre, uccide il fratellino, viene incaricata dall'amante di uccidere il re Pelia tramite le mani delle figlie con un incantesimo, i due potranno finalmente starsene in pace. Nel film l'episodio della morte di Pelia, gettato a pezzi in un calderone dalle figlie affinché, con l'inganno, diventasse più giovane non è citato, ma è caratterizzante la parte in cui Medea prova rabbia e disperazione per il tradimento di Giasone con Glauce, figlia del re Creonte. Infatti nel mito originale, anziché nel rifacimento cinematografico, Glauce e il padre muoiono a causa di una veste avvelenata consegnata alla principessa da Medea stessa come regalo di nozze. Sia lei che il padre moriranno bruciati per colpa dell'abito che prende fuoco non appena entra in contatto con la pelle di Glauce. Quando infine Medea uccide i suoi due figli bambini avuti con Giasone per vendetta, la maga si libra in aria, dopo che il marito tenta di ucciderla con la spada, e si rifà una nuova vita in terra straniera.

Commento

Medea, interpretata da Maria Callas, è uno dei personaggi più emotivi, intriganti e più riusciti dell'intero lavoro cinematografico di Pasolini. La sua psiche è sapientemente analizzata ed è suddivisa in due alter-ego: quello brutale e violento di una donna dispotica, e l'altro debole e vinto dalle pulsioni emotive di una donna condannata dal fato. Basandosi alla tragedia di Euripide e alla realtà del periodo, Pasolini con questo film traccia un forte collegamento tra la leggenda mitica e brutale della Colchide con l'attuale realtà, alquanto fredda e turbolenta del 1969. Infatti in quel periodo in Italia abbondava molto la povertà e l'immigrazione e con ciò Pasolini voleva comunicare agli spettatori il rimorso e il dolore che provava un personaggio, re sicuro della sua terra, ora affranto, sperduto e confuso in terra straniera, come accade per Medea quando giunge con Giasone in Grecia. Particolarmente caratterizzante è la scena in cui Medea tenta invano di risollevarsi pregando gli dei della sue terra, senza ottenere risposta, tranne per quando dovrà compiere la sua vendetta contro lo sposo.
Sconvolgenti sono, oltre alla macabra scena di sacrificio di un ladro per furto, i momenti di tensione per le nozze di Giasone con Glauce e l'assassinio dei figli di Medea. Nella prima sequenza, al contrario del mito e del testo di Euripide, Pasolini induce Glauce a vergognarsi profondamente, umiliata dal senso di colpa che prova nell'aver rubato ad una donna, già affranta e in difficoltà per il distacco dalla sua terra, e per questo ella si uccide gettandosi da una scogliera.
Nella scena finale del film l'atmosfera raggiunge il massimo della suspense e dell'irreale, dato che Medea, anziché indugiare come nella tragedia, è perfettamente cosciente di dover compiere il sacrificio dei due figli per vendetta contro Giasone, tanto che, prima di celebrare il rituale, li lava e prega il dio Sole affinché le dia la forza. Sgozzati i due infanti, Giasone entra in scena, assistendo ad uno spettacolo di distruzione e fiamme, dove predomina solo la figura corrucciata di Medea, che lo maledice.

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