sabato 7 settembre 2013

strage di Beslan





è il termine con cui ci si riferisce al massacro avvenuto fra il 1º e il 3 settembre 2004 nella scuola Numero 1 di Beslan, nell'Ossezia del Nord, una repubblica autonoma nella regione del Caucaso nella federazione russa, dove un gruppo di 32 ribelli fondamentalisti islamici e separatisti ceceni occupò l'edificio scolastico sequestrando circa 1200 persone fra adulti e bambini. Tre giorni dopo, quando le forze speciali russe fecero irruzione, fu l'inizio di un massacro che causò la morte di centinaia di persone, fra le quali 186 bambini, ed oltre 700 feriti.

Cronologia degli eventi

Primo giorno

L'attacco iniziale ebbe luogo il 1º settembre 2004, il primo giorno dell'anno scolastico in Russia, chiamato "Primo settembre" o "Giorno della conoscenza". I bambini, accompagnati dai genitori e spesso da altri parenti, presenziano ad una cerimonia di apertura ospitati dalla scuola. Secondo la tradizione, gli studenti del primo anno donano un fiore a quelli che accedono all'anno finale e vengono quindi accompagnati nelle loro classi dai ragazzi più anziani. Si pensa che i terroristi abbiano scelto questo giorno particolare per avere maggiore visibilità.
La scuola Numero Uno (SNO) di Beslan, che sorgeva accanto al distretto di polizia, era una dei 7 istituti scolastici presenti nella cittadina, con 59 insegnanti, diverse persone dello staff e 900 studenti di età compresa fra 6 e 18 anni. La palestra, dove la maggior parte degli stimati 1200 ostaggi passò le 56 ore, era di recente costruzione e misurava 25 metri in lunghezza per 10 in larghezza.
A causa della ricorrenza dell'apertura dell'anno scolastico, il numero di persone nella scuola al momento dell'irruzione era considerevolmente più alto rispetto ad un normale giorno scolastico. Molte famiglie quel giorno portarono i loro bambini alla cerimonia anche a causa della chiusura, a seguito di un problema nella fornitura di gas, del centro ricreativo locale.

Presa degli ostaggi

Alle ore 09:30 locali, un commando di 32 persone armate, con il volto coperto da passamontagna e in alcuni casi dotate di cinture esplosive, giunse all'edificio utilizzando due mezzi di trasporto, un furgone precedentemente rubato alla polizia e un secondo furgone militare, prendendo d'assalto la scuola. Inizialmente, alcuni presenti scambiarono il gruppo di terroristi per un gruppo di forze speciali russe impegnate in una esercitazione militare. I terroristi chiarirono immediatamente ai presenti la loro identità iniziando a sparare in aria e obbligando la gente presente all'esterno dell'istituto scolastico a dirigersi nella palestra. Durante il caos iniziale, 65 persone riuscirono a sfruttare la confusione per fuggire ed allertare così le autorità.
Dopo uno scambio a fuoco con la polizia locale e un civile armato ucciso (in seguito venne riportato che anche un terrorista fosse stato colpito), il commando prese possesso dell'edificio scolastico con circa 1200 persone in ostaggio, le quali vennero ammassate nella palestra. Successivamente ritirarono a chiunque il telefono cellulare. Una delle donne facente parte del gruppo di sequestratori minacciò gli ostaggi avvisandoli che se avesse trovato qualcuno nascondere un telefono, avrebbe ucciso quella persona e altre tre con lui. Il commando di separatisti ceceni urlò quindi delle regole: nessuno doveva parlare se non chiamato a farlo e tutti dovevano parlare in russo. Un padre di famiglia, Ruslan Betrozov, fu incaricato di calmare le persone più agitate e di ripetere le regole nella lingua locale.
Dopo aver radunato gli ostaggi in palestra, il commando separò e uccise da 15 a 22 degli adulti maschi presenti fra gli ostaggi. Uno degli uomini, Aslan Kudzayev, riuscì a sopravvivere saltando dalla finestra. Il commando obbligò alcuni degli ostaggi a gettare alcuni corpi dalla finestra in segno di dimostrazione verso la polizia e scelse alcuni bambini per ripulire il sangue dal pavimento.

Inizio dell'assedio

Un cordone di sicurezza fu immediatamente posizionato intorno alla scuola, costituito da agenti dell'esercito russo, unità Vympel, membri delle forze Omon, i gruppi Alpha. Ben poche ambulanze invece erano presenti sul luogo dell'assedio. Il governo russo inizialmente minimizzò il numero degli ostaggi, affermando ripetutamente che all'interno della scuola fossero presenti soltanto 354 persone. Questo fece infuriare parte del commando, che di conseguenza maltrattò gli ostaggi.
I sequestratori minarono la palestra e il resto dell'edificio con congegni esplosivi improvvisati. Successivamente dimostrazioni atte a scoraggiare qualsiasi tentativo di intervento della polizia videro il commando minacciare di uccidere 50 ostaggi per ogni loro membro ucciso dalla polizia e di uccidere 20 ostaggi per ogni loro compagno ferito. Minacciarono inoltre di far esplodere l'intera struttura scolastica se il governo russo avesse forzato il blitz della polizia.
Karen Mdinaradze, il cameraman della squadra di calcio russa dell'Alania, sopravvisse a una misteriosa esplosione nella quale perse un occhio. Apparentemente, una delle donne del commando fece detonare accidentalmente la cintura esplosiva che indossava, uccidendo altri due membri del commando e diversi ostaggi adulti.
Secondo un'altra versione invece, l'esplosione fu causata dal leader del gruppo, Ruslan Tagirovich Khuchbarov, che gestiva a distanza le cinture esplosive indossate dai suoi complici, in modo da poter uccidere i membri del suo commando che avessero disobbedito o che avessero mostrato di non essere in sintonia con le sue decisioni o, ancora, per intimidire altri possibili dissidenti.
Il governo russo inizialmente affermò che non avrebbe utilizzato la forza per salvare gli ostaggi e le trattative per una pacifica risoluzione della crisi si protrassero infatti per oltre due giorni, dirette da Leonid Roshal, un pediatra che gli assalitori chiesero facesse da mediatore. Leonid Roshal aiutò le trattative per il rilascio dei bambini durante la crisi del teatro Dubrovka a Mosca nell'ottobre del 2002. Secondo alcuni però, le autorità russe lo confusero con Vladimir Rushailo, un ufficiale russo.

Secondo giorno

Il 2 settembre, le trattative fra Roshal e i separatisti si dimostrarono un insuccesso. Gli stessi terroristi rifiutano di consentire agli ostaggi di assumere cibo, acqua e medicine e la loro mancanza iniziò a lasciare i segni più visibili inizialmente sui bambini, molti dei quali obbligati per lunghi periodi a rimanere seduti ammassati in una palestra nella quale la temperatura iniziava a toccare soglie insopportabili. Per far fronte a ciò, occasionalmente alcuni membri del commando versavano acqua sulla testa dei bambini che mostravano segni di perdita di conoscenza, riportandoli poi al loro posto. Alcuni ostaggi furono costretti a bere urina.
A molti di loro fu permesso di togliersi i vestiti per far fronte al caldo insopportabile. Questo fu anche fonte di diverse speculazioni riguardo ad abusi sessuali, poi smentiti da alcuni degli ostaggi che sostennero fosse semplicemente una conseguenza del caldo. Secondo altri, invece, gli abusi sessuali non mancarono; Kazbek Dzarasov, uno dei sopravvissuti, sostenne che alcuni militanti del commando avrebbero preso alcune delle adolescenti più carine presenti nella palestra per portarle in stanze diverse con la scusa di garantire loro dell'acqua, per poi violentarle e tornare diverse ore dopo.
Nel pomeriggio, il commando acconsentì di rilasciare 26 persone (11 donne e relativi figli) a seguito delle trattative avute con il presidente della Repubblica di Inguscezia Ruslan Aushev.
Attorno alle 15:30 due granate esplosero circa 10 minuti dopo che gli ostaggi liberati vennero presi in consegna dalle autorità, facendo incendiare una macchina della polizia. Le forze speciali russe non risposero al fuoco.
Con il passare del giorno e della notte, l'insieme dello stress e della mancanza di sonno, (e, per alcuni, della mancata assunzione di stupefacenti) contribuì a rendere i terroristi imprevedibili e isterici; perfino il pianto dei bambini li irritava e in diverse occasioni quest'ultimi e le loro madri furono minacciati di morte.
Secondo le autorità russe i sequestratori avrebbero ascoltato canzoni del gruppo Industrial metal tedesco Rammstein su uno stereo personale durante l'assedio per mantenersi attivi e carichi.

Terzo giorno

Attorno alle 13:04 del 3 settembre, i terroristi decisero di permettere a quattro medici l'ingresso nell'istituto scolastico per rimuovere i corpi dei deceduti. Non appena i medici si avvicinarono alla scuola, i terroristi aprirono il fuoco e due esplosioni, sulle quali esistono diverse versioni, furono udite nella palestra. Due dei medici rimasero uccisi mentre gli altri riuscirono a ripararsi.
Parte del muro della palestra venne demolito dall'esplosione, permettendo così a un gruppo di 30 ostaggi di fuggire, un buon numero dei quali perse la vita a causa dello scambio di fuoco fra gli agenti russi e i sequestratori.
Yuri Ivanov, un altro investigatore, asserì in seguito che le granate furono lanciate su preciso ordine del presidente Putin.

Versioni degli eventi iniziali

Secondo alcuni la causa della sparatoria fu una esplosione spontanea che abbatté parte del muro della palestra. Secondo uno degli ostaggi fuggiti invece, una delle bombe fissata con del nastro adesivo era caduta causando l'esplosione.
Ruslan Aushev, uno degli uomini chiave delle trattative durante l'assedio asserì ad un giornale locale che un'esplosione iniziale fu scatenata da uno dei sequestratori che accidentalmente calpestò uno dei fili di innesco. Come conseguenza, alcuni civili armati, apparentemente fratelli di alcuni ostaggi, iniziarono a sparare. Questo fece credere ai terroristi che le forze speciali avessero dato il via al blitz, al quale risposero facendo seguire altre esplosioni.
Una terza versione è che le forze speciali colpirono uno dei sequestratori il quale aveva il piede in prossimità di un detonatore. Questo avrebbe causato le esplosioni.
Una quarta versione fornita da un esperto di armi ed esplosivi sostiene che lo scambio di fuoco non iniziò con l'esplosione nella palestra, ma fu causato da due granate lanciate dalle forze speciali russe all'interno dell'edificio e che gli esplosivi artigianali creati dai terroristi non siano mai realmente esplosi.
In una quinta versione, Alexander Torshi, membro di una commissione parlamentare russa sostenne che i terroristi avessero iniziato la battaglia facendo detonare intenzionalmente le bombe fra gli ostaggi.
L'assalto delle forze speciali non era stato pianificato Dopo circa due ore l'edificio è sotto il controllo delle forze speciali, gli scontri continuano all'esterno. Alcuni ribelli, infatti, sono riusciti a scappare sfruttando la confusione dell'assalto e cambiandosi i vestiti con ostaggi o soccorritori. La polizia li insegue con gli elicotteri. Due donne, vestite di nero ed imbottite di esplosivi, hanno cercato di inseguire alcuni bambini in fuga e farsi saltare in aria con loro, senza riuscire nel loro intento.

Conseguenze

Le autorità si trovarono impreparate a fronteggiare il fuoco che divampò nella palestra. Un vecchio furgone dei vigili del fuoco locali arrivò quasi due ore dopo lo scoppio dell'incendio e, secondo alcune testimonianze, senza acqua. Poche erano le ambulanze disponibili sul posto per trasportare le centinaia di feriti. Molti dei sopravvissuti rimasero sotto shock e molti feriti morirono all'ospedale. Almeno una donna sopravvissuta si suicidò una volta fatto ritorno a casa.
Il governo russo fu duramente criticato da molte persone del posto che, alcuni giorni dopo la fine dell'assedio, non sapevano se i loro figli fossero vivi o morti. Resti umani furono ritrovati in zona mesi successivi alla strage, incitando successivo sdegno.
Durante i combattimenti, 11 soldati delle forze speciali furono uccisi, fra cui il comandante del gruppo Alpha, e più di 30 soldati rimasero feriti, più o meno gravemente.
Il presidente russo Vladimir Putin ordinò un periodo di due giorni di lutto nazionale per il 6 e il 7 settembre, cancellando un incontro precedentemente pianificato con l'allora cancelliere tedesco Gerhard Schröder ad Amburgo e nello Stato federale di Schleswig-Holstein.

Vittime

Morti ufficiali

Ostaggi 334
Polizia e civili 8
Soccorritori 2
Forze speciali 11
Sequestratori 31
Totale 386
-
Feriti stimati
Forze speciali 30
Altri 700
Totale 730

Nella scuola sono state prese in ostaggio 1127 persone le quali sono state private di cibo ed acqua. Le vittime fra gli ostaggi furono inizialmente 331, di queste 186 erano bambini. A causa delle ferite riportate durante la prigionia, altri due ex-ostaggi sono morti nel 2005, ed un altro nell'agosto del 2006, portando il computo totale a 334 morti. Inoltre ci furono 11 morti fra la polizia russa e 31 fra i sequestratori. Circa 800 persone sono sopravvissute al sequestro, molti dei quali sono rimasti mutilati ed alcuni bambini orfani.
Il primo dei molti funerali fu celebrato il 4 settembre, il giorno successivo la fine della crisi, e molti altri la domenica successiva. Il lunedì seguente vennero sepolte oltre 120 persone. Il cimitero locale era troppo piccolo per ospitare tutte le persone decedute e fu quindi allargato utilizzando un appezzamento di terra adiacente.
L'esatto numero di persone che ricevette assistenza ambulatoriale immediatamente dopo la strage non è conosciuto, ma è stimato attorno a 700.
Un analista militare moscovita, Pavel Felgenhauer, in una colonna del Moscow Times il 7 settembre 2004 concluse che il 90% delle persone prese in ostaggio rimase in qualche modo ferita. 437 persone, inclusi 221 bambini, subirono dei ricoveri ospedalieri. 197 persone furono ospitate al Children's Republican Clinical Hospital a Vladikavkaz, la capitale dell'Ossezia del Nord, e ad oltre una trentina in condizioni critiche fu effettuato un massaggio cardiaco. Altre 150 persone furono trasferite al Vladikavkaz Emergency Hospital. 62 persone, inclusi 12 bambini, furono curati in due ospedali locali di Beslan. Sei bambini con ferite gravi furono invece trasferiti via aerea a Mosca per ricevere trattamenti specialistici. La maggioranza dei bambini furono curati per ustioni, colpi d'arma da fuoco, ferite da detriti e mutilazioni causate da mine e bombe.
Alcuni dovettero subire amputazioni di arti o occhi. Molti bambini rimasero permanentemente disabili a seguito delle ferite subite. L'enormità di feriti mise a dura prova l'intera macchina sanitaria locale con un'inadeguata disponibilità di bende e medicazioni. Un mese dopo l'attacco, 240 persone (di cui 160 bambini) erano ancora ricoverati negli ospedali di Beslan e Vladikavkaz.
I bambini e i genitori sopravvissuti ricevettero assistenza psicologica al Vladikavkaz Rehabilitation Centre.

Responsabilità

Separatisti ceceni

Inizialmente, l'identità e l'origine dei sequestratori non fu chiara. Fu ampiamente supposto dal secondo giorno che fossero separatisti provenienti dalla vicina Cecenia, ma Aslambek Aslakhanov lo negò:

« Non erano ceceni. Quando ho iniziato a parlargli in ceceno, risposero: "Non capiamo, parla russo". »

Molti degli ostaggi confermarono invece che parte dei sequestratori parlava ceceno fra di loro mentre quando utilizzavano russo lo facevano soltanto con accento pesante.
Il 17 settembre 2004, Shamil Basayev (leader dei separatisti ceceni) pubblicò una rivendicazione in cui s'attribuiva la responsabilità dell'assedio alla scuola di Beslan. affermando che il suo battaglione di martiri Riyadus-Salikhin era responsabile dell'attacco. Diversi articoli giornalistici avevano anche collegato il suo deputato Magomet Yevloyev alla strage essendo la crisi di Beslan molto simile alla crisi dell'ospedale di Budyonnovsk del 1995 e alla crisi del teatro Dubrovka di Mosca del 2002 nelle quali centinaia di civili furono tenute ostaggi da militanti ceceni sempre collegati o operanti per Shamil Basayev.
Il leader separatista Aslan Maskhadov negò immediatamente che le sue forze fossero in alcun modo coinvolte nell'assedio. Condannò l'azione e ogni attacco verso civili attraverso un comunicato ufficiale emesso dal suo diplomatico Akhmed Zakayev a Londra, e diede la colpa a quello che lui definì un gruppo fondamentalista locale.
Invitò i governi occidentali ad avviare un processo di pace fra Russia e Cecenia e aggiunse:

« Respingo categoricamente qualsiasi accusa del governo russo per la quale il presidente Maskhadov possa aver avuto qualsiasi coinvolgimento negli eventi di Beslan.»

Coinvolgimento di al-Qāʿida

Poco dopo il 3 settembre 2004, fonti russe affermarono che i sequestratori erano parte di un gruppo internazionale guidato da Shamil Basayev che includeva un numero di arabi con connessioni ad al-Qāʿida, aggiungendo di aver intercettato telefonate in arabo partire dalla scuola di Beslan dirette in Arabia Saudita e in un altro paese vicino-orientale non svelato.
Almeno due inglesi-algerini erano fra i terroristi identificati come partecipanti attivamente all'attacco: Osman Larussi e Yacine Benalia. Un terzo, cittadino britannico, Kamel Rabat Bouralha, arrestato mentre tentava di lasciare la Russia immediatamente dopo l'attacco, fu sospettato di essere uno degli organizzatori chiave. Tutti erano in qualche modo collegati alla moschea di Finsbury Park nel nord di Londra. Fonti russe accusarono anche un agente di al-Qāʿida, di essere responsabile in quanto finanziatore dell'attacco.

Identità dei sequestratori

Il numero dei sequestratori rimane tuttora un argomento abbastanza controverso. Secondo fonti ufficiali, 32 persone parteciparono direttamente al sequestro; di queste, due erano donne e una di loro fu catturata viva. Invece, secondo diversi ostaggi sopravvissuti e di alcuni testimoni i sequestratori sarebbero stati molti di più. Numeri ufficiosi vanno da 32 ad un massimo di 52 elementi, con 4 donne e 3 catturate vive.
Il 6 settembre 2004, il nome e l'identità di 7 dei sequestratori divenne chiaro grazie ai lavori di medicina forense e agli interrogatori di ostaggi sopravvissuti. Nel novembre del 2004 le autorità russe annunciarono che 27 dei 32 sequestratori erano stati identificati anche se il 12 settembre 2005, il pubblico ministero che sta svolgendo il processo contro l'unico terrorista catturato, Nur-Pashi Kulayev, affermò che soltanto 22 dei 32 corpi erano stati identificati, aggiungendo confusione alla reale stima.
Nel novembre del 2004, il ventottenne Akhmed Merzhoyev e la sedicenne Marina Korigova di Sagopshi furono arrestati dalle autorità russe. Merzhoyev fu accusato di aver rifornito di cibo ed equipaggiamenti i sequestratori, mentre Korigova fu accusata di essere in possesso di un telefono sul quale Tsechoyev avrebbe telefonato diverse volte. Korigova fu poi rilasciata quando il suo difensore dimostrò che il numero gli fu dato da una persona sua conoscente successivamente alla crisi.
L'identità di due donne suicide fu invece rivelata nell'aprile del 2005.
Test di medicina forense stabilirono che 21 dei terroristi assunsero eroina e tre marijuana. Le investigazioni ufficiali citano l'uso di queste droghe come un mezzo per garantire ai militanti l'abilità di continuare nello scontro anche in condizioni di enorme dolore da ferite.

Pianificatori e finanziatori non coinvolti direttamente

Non parteciparono direttamente all'azione di forza, ma pianificarono l'attacco e diedero la disponibilità finanziaria.
Shamil Basayev, prese definitiva responsabilità dell'attacco rivendicando l'organizzazione dell'attentato. È stato nominato vice-premier del governo indipendentista della Cecenia in seguito all'uccisione del moderato Aslan Maskhadov da parte dell'esercito russo. Ha affermato che, grazie a Vladimir Khodov, un agente dei servizi segreti russi infiltrato fra i ribelli ma doppiogiochista, è riuscito a crearsi un corridoio sicuro per arrivare alla scuola. Questa versione è stata smentita dalle autorità russe, che hanno però arrestato due agenti della polizia locale osseta accusati di essere corrotti e di aver lasciato passare il gruppo di terroristi attraverso l'Inguscezia. Basayev è morto nel luglio 2006.
Magomed Magas Yevloyev, cittadino della Repubblica di Inguscezia anche coinvolto nell'attacco di Nazran
Abu Omar al-Saif, nazionalità saudita, ucciso in Dagestan nel 2005
Abu Zaid, nazionalità saudita, ucciso dalle forze speciali russe il 16 febbraio 2005.

Sequestratori

Alcuni dei sequestratori, che raggiungevano almeno le 32 unità e includevano una donna Shahidka (le donne suicide cecene) sono stati identificati come segue:

Leader:

Polkovnik Ruslan Tagirovich Khuchbarov (leader, identità non confermata)
Abdullah Vladimir Khodov, ucraino proveniente da Elkhotovo dove era ricercato per aver fatto esplodere un ordigno in un mercato, possibile doppiogiochista del FSB
* Ali Taziyev - inguscio, ex-poliziotto.

Identificati:

Khizir-Ali Akhmedov
Magomed Aushev
Fantomas, di etnia slava che era stato ritenuto guardia del corpo di Shamil Basayev.
Sultan Kamurzaev
Magomet Khochubarov, che aveva precedenti per possesso illegale di armi da fuoco.
Iznaur Kodzoyev
Nur-Pashi Kulayev, ceceno ventiquattrenne, l'unico sopravvissuto della strage (anche se Shamil Basayev sostenne che un secondo fosse riuscito a fuggire) condannato all'ergastolo
Hanpashi Kulayev, un fratello armato del sopracitato, guardia del corpo di Shamil Basayev, chiamato anche Khan
Adam Kushtov, 17 anni
Abdul-Azim Labazanov, trentunenne ceceno, nato in Kazakhstan, inizialmente un combattente per la federazione russa nella Prima Guerra Cecena
Osman Larussi, inglese-algerino
Arsen Merzhoyev, venticinquenne ceceno nativo dell'Engenoi
Mairbek Shainekkhanov (anche chiamato Mayrbek Shaybekhanov) - arrestato poco dopo l'assedio alla scuola
Issa Torshkhoev, ventiseienne disoccupata Ingush nativa del Malgobek. Cinque dei suoi amici furono uccisi nel marzo 2004 con precedenti per rapina.
Musa Tsechoyev, 35 enne Ingush nativa del Sagopshi, possedeva uno dei mezzi guidati per trasportare i sequestratori alla scuola
Bei-Alla Tsechoyev, trentunenne fratello della sopracitata, anche chiamato Bay o Ala, con precedenti per possesso illegale di armi. Il corpo fu identificato nel novembre 2004
Yacine Benalia, inglese-algerino ricercato per precedenti omicidi.

Non identificati:

maschio di etnia nera
maschio asiatico, secondo quanto detto da Basayev di nazionalità russa-coreana

Donne:

Roza Nagaeva, donna cecena proveniente dal villaggio Kirov-Yurt nel distretto di Vedensky, sorella di Amnat Nagaeva, sospettato di essere un kamikaze colpevoli del disastro dell'agosto 2004.
Mairam Taburova, donna cecena proveniente dal villaggio Mair-Tub nel distretto ceceno di Shalinsky

Motivazioni

Nazionalismo

I negoziatori russi riportarono che i sequestratori non fornirono mai durante le trattative delle richieste ben precise, anche se gli inquirenti trovarono un foglio scritto a mano da uno degli ostaggi in cui spiegavano nei dettagli le loro richieste fra le quali la richiesta di riconoscere l'indipendenza della Cecenia. Il leader nazionalista ceceno Aslan Maskhadov condannò l'assedio della scuola e negò categoricamente il coinvolgimento del suo gruppo in quello che lui definì un atto terroristico.

Islamismo

Shamil Basayev affermò che l'obiettivo dei sequestratori non fosse semplicemente limitato al nazionalismo e all'indipendenza cecena ma che avesse l'obiettivo di stabilire un emirato islamico nel nord del Caucaso. L'unico sequestratore sopravvissuto, Nur-Pashi Kulayev affermò che la scelta di attaccare un edificio scolastico prendendo di mira madri e bambini non fu soltanto una coincidenza. Era deliberatamente progettato per ottenere massima indignazione e con lo scopo di scatenare una guerra nell'intero Caucaso.
Seguendo questa teoria, i sequestratori speravano che i cristiani dell'Ossezia cercassero vendetta attaccando i musulmani dell'Inguscezia e i vicini ceceni fomentando odio etnico e religioso. L'Ossezia del Nord e l'Inguscezia erano state precedentemente coinvolte in un breve ma sanguinoso conflitto nel 1992 a causa di una disputa di territori nel distretto di Prigorodny, lasciando sul terreno circa 600 morti e cinquantamila rifugiati. Ad ogni modo il tentativo di scatenare una guerra fallì. Il patriarca russo Alessio II disse più tardi che i cittadini osseti avevano "salvato il Caucaso" mostrando controllo e moderazione.

Richieste

I sequestratori avanzarono le seguenti richieste:

Il completo ritiro delle truppe russe dalla Cecenia.
La presenza delle seguenti persone nella scuola:
Aleksander Dzasokhov, 68 anni, presidente dell'Ossezia del Nord dal 1998 ed in passato membro della Duma, esponente del Pcus,
Murat Zyazikov, ex presidente dell'Inguscezia,
Ruslan Aushev, 50 anni, precedente presidente dell'Inguscezia dal 1992 al 2002, insignito come eroe militare grazie alle sue gesta nella guerra in Afghanistan,
Leonid Roshal, 71 anni, famoso pediatra. Ha fondato la Brigata internazionale di pronto soccorso con lo scopo di portare aiuto e soccorso medico in tutto il mondo; è intervenuto nelle trattative anche al teatro Dubrovka di Mosca. Insignito come "eroe nazionale" della Russia.
Alternativamente, invece di Roshal e Aushev furono nominati Vladimir Rushailo e Alu Alkhanov, presidente pro-Mosca della Cecenia.

Indagini ufficiali

Interrogatorio e processo di Kulayev

Il sequestratore catturato, il ventiquattrenne Nur-Pashi Kulayev, nato in Cecenia, fu identificato da ostaggi sopravvissuti. Il canale televisivo statale russo Channel One mostrò alcuni frammenti dell'interrogatorio. Kulayev sostenne che il gruppo era capeggiato da un militante nativo della Cecenia soprannominato "Polkovnik" (Colonnello) e da Khodov, ventottenne, uno dei sospettati di aver partecipato al bombardamento ferroviario Mosca-Vladikavkaz del 15 maggio 2004. Secondo Kulayev, Polkovnik uccise un altro militante e fece detonare la cintura esplosiva di altre due donne perché disobbedirono ad alcuni suoi ordini.
Kulayev riconobbe i corpi di alcuni dei suoi compagni durante l'assedio alla scuola, fra i quali quello di un militante soprannominato Polkovnik, che gli investigatori ricollegarono a Ruslan Tagirovich Khochubarov. Le autorità riuscirono a identificare anche un terzo cadavere collegandolo a Magomet Yevloyev, soprannominato Magas, un cittadino dell'Inguscezia proveniente dalla capitale cecena Grozny, il quale, insieme a Basayev, preparò un attacco in Inguscezia il 22 giugno 2004, nel quale persero la vita 98 persone. Kulayev riconobbe anche il corpo di un altro sequestratore vestito con un uniforme nera e soprannominato Fantomas.
Nel maggio 2005 Kulayev fu imputato in una corte russa nella repubblica dell'Ossezia del Nord. Fu accusato di omicidio, terrorismo, sequestro di persona e altri crimini e riconosciuto colpevole di 7 dei capi d'accusa che gli furono mossi. Dieci giorni più tardi, il 26 maggio 2006, fu condannato all'ergastolo. Nessuna richiesta di ricorso fu avanzata dalla difesa o dall'accusa.

La commissione Torshin

Durante una conferenza stampa di fronte a giornalisti stranieri tenutasi il 6 settembre 2004, il presidente russo Vladimir Putin rifiutò l'eventualità di un'inchiesta pubblica, anche se cautamente si disse d'accordo con l'idea di un'inchiesta parlamentare. Avvertì comunque che la cosa avrebbe potuto trasformarsi in uno show politico. Il 27 novembre 2004, l'agenzia di stampa Interfax reported Alexander Torshin, capo della commissione parlamentare affermò che vi era evidenza del coinvolgimento di un'agenzia d'intelligence straniera. Rifiutò di dire quale questa fosse, ma aggiunse: "Quando raccoglieremo abbastanza prove, non lo nasconderemo".
Il 28 agosto 2006, Yuri Savelyev, un membro dell'inchiesta parlamentare, pubblicò la sua relazione nella quale provava che le forze speciali russe presero d'assalto deliberatamente l'istituto scolastico il 4 settembre utilizzando la massima forza. Secondo Savelyev, un esperto di armi ed esplosivi, le forze speciali lanciarono nell'edificio delle granate apparentemente ignorando il prosieguo delle trattative.
Il 22 dicembre 2006, una commissione parlamentare russa terminò le sue indagini concludendo che il gruppo di uomini che presero d'assalto la scuola era di 32 unità e che le misure di sicurezza nell'occasione soffrirono di un grosso deficit. L'inchiesta concluse inoltre che l'attacco fu premeditato dai ribelli ceceni incluso Aslan Maskhadov.
Ella Kesayeva, che guida il gruppo la Voce di Beslan, affermò che la relazione era un chiaro segnale che Putin e la sua cerchia non erano più interessati ad avere informazioni più dettagliate sull'accaduto. "Personalmente non ci aspettavamo niente di diverso da Torshin," disse.
Nel febbraio 2007, due membri della commissione ruppero il silenzio per denunciare le inchieste governative come una copertura e la versione ufficiale degli eventi fornita dal Cremlino come costruita.

Processo ai poliziotti locali

Tre poliziotti locali furono accusati di non essere riusciti a fermare l'invasione della scuola da parte dei sequestratori. Il 30 maggio 2007 il giudice garantì loro l'amnistia.
In risposta, un gruppo formato da una dozzina di donne locali saccheggiò la corte, ruppe le finestre, capovolse la mobilia e abbatté una bandiera russa, contestando l'inchiesta vista come un mascheramento totale per evitare di incolpare i loro superiori.

Accuse contro il governo russo

Accuse di incompetenza

La gestione della crisi da parte dell'amministrazione Putin fu criticata da un vasto numero di opinionisti e osservatori internazionali, fra i quali il Comitato delle madri di Beslan, guidato da Susanna Dudieva, e la Voce di Beslan. Inizialmente anche l'Unione Europea criticò la risposta del governo russo ma più tardi ritrattò affermando di essere stata equivocata.
Critiche, incluse quelle provenienti dai sopravvissuti e dai parenti delle vittime, vedevano accusata la gestione definita brutale della crisi, l'uso di armi pesanti. Secondo molti gli ufficiali non avrebbero provato seriamente a trattare con i sequestratori e fornito versioni incorrette e inconsistenti della situazione ai media. Sotto accusa fu anche la professionalità delle squadre d'intervento speciali russe, le quali secondo molti non sono riuscite a mantenere la scena sicura dall'entrata dei civili e dall'uscita dei terroristi.
In generale, le critiche furono respinte dal governo russo, anche se il presidente russo Vladimir Putin ammisse una certa mancanza di professionalità nel gestire la crisi. Alexander Dzasokhov, il capo dell'Ossezia del Nord, rassegnò le dimissioni il 31 maggio 2005 accettando l'invito del presidente russo che a sua volta aveva ricevuto pressioni dal comitato Madri di Beslan. Anche il Ministro degli Interni dell'Ossezia del Nord Kazbek Dzantiev rassegnò le dimissioni dopo la crisi. Nello stesso periodo, il presidente russo Vladimir Putin decise di rimuovere dalla carica il capo dell'FSB di quella repubblica, Valery Andreyev.
Per cercare di chiarire ogni dubbio, il governo russo avviò un'inchiesta parlamentare guidata da Alexander Torshin, la quale nel dicembre del 2005, risultò in una relazione che adduceva responsabilità nelle autorità locali, colpevoli di errori e insufficienze. Una seconda inchiesta pubblica separata guidata da Stanislav Kesayev il 29 novembre 2005 concluse che gli ufficiali di governo e i leader militari gestirono malamente la situazione.
Nell'agosto 2007 il sito web Verità di Beslan accusò le forze governative di essere a conoscenza del piano ben prima che venisse messo in atto, citando comunicazioni della polizia.
Sembra che non ci fosse coordinamento fra le diverse forze speciali messe in campo ed agenti del FSB (ex-KGB) in posizioni non comunicate. Gli spetsnaz russi usarono granate e colpi di carro armato i quali forse provocarono il crollo del tetto della palestra in cui erano tenuti gli ostaggi. Fecero ricorso anche agli RPO-A Shmel (o bumblebee), speciali lanciafiamme vietati dalle convenzioni internazionali; la maggior parte delle persone sono morte a causa dell'incendio divampato dopo il blitz della polizia.
Rimangono dubbi su come i ribelli riuscirono a far penetrare le armi all'interno della scuola (in ristrutturazione nell'estate del 2004).
Negli stessi giorni la polizia russa ha messo in atto un contro sequestro di civili a Khankala, in Cecenia, le condizioni di questi ostaggi non sono state migliori di quelle a Beslan.
Alcuni accusano anche gli insegnanti e la direttrice della scuola, Lidiya Tsalieva, di aver collaborato con i terroristi, ma non ci sono prove su queste affermazioni.

Accuse di censura

Diverse furono le opere di censura del governo russo a seguito della strage di Beslan. Fra le altre l'arresto di tre giornalisti stranieri con conseguente confisca del loro materiale. Andrey Babitsky, un giornalista russo fu accusato di hooliganismo a seguito di una rissa nell'aeroperto Vnukovo di Mosca e condannato a cinque giorni di arresto. La giornalista della Novaya Gazeta, Anna Politkovskaya, che aveva precedentemente negoziato durante la crisi del teatro Dubrovka di Mosca nel 2002 finì in coma dopo esser stata avvelenata a bordo di un aereo. Poco prima, le autorità le avevano impedito per due volte di salire a bordo di un volo diretto a Beslan.
Secondo un sondaggio effettuato dall'istituto Levada-Center una settimana dopo la crisi di Beslan, l'83% degli intervistati credeva che il governo stesse nascondendo almeno una parte della verità dei fatti accaduti a Beslan.

Denuncia alla Corte Europea

Il 26 giugno 2007, 89 parenti delle vittime presentarono una denuncia comune contro la Russia alla Corte Europea dei diritti umani. I richiedenti sostenevano che i loro diritti fossero stati violati sia durante il sequestro delle persone che durante i processo che seguì.

In seguito

Una volta liberata la scuola furono appese nei muri della palestra le foto dei bambini deceduti.
Il presidente Putin, giunto sul luogo alla fine dell'assedio, incontrò solo le autorità locali, mai i familiari delle vittime; il primo incontro si è avuto nel primo anniversario della strage quando una delegazione del Comitato delle madri di Beslan si è recato al Cremlino. Dopo questi eventi, il presidente Putin fece costruire due nuove scuole in breve tempo, ma la paura che deriva da quei giorni rimarrà per molto tempo nelle menti degli abitanti di Beslan. Il 3 settembre è stato proclamato, in Ossezia, giornata di lutto nazionale. Nel cimitero dove sono sepolti gli ostaggi è stato costruito un memoriale chiamato "Albero del dolore".
In Italia nella notte tra il 4 ed il 5 settembre molte persone hanno lasciato una candela accesa fuori della propria finestra.

Reazioni internazionali

L'attacco a Beslan fu seguito con orrore e condanna universale.

Flag of the United Nations.svg Nazioni Unite

 - Il Consiglio di sicurezza, in una nota presidenziale il 1º settembre 2004 condannò l'attacco nei più forti termini e incoraggiò gli stati a cooperare attivamente con le autorità russe perché i perpetratori fossero assicurati alla giustizia.

Flag of the United Nations.svg Nazioni Unite

 - Il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, il 7 settembre 2004, condannò l'episodio definendolo una "carneficina brutale e senza senso di bambini" e definendolo "puro e semplice terrorismo"
Flag of Europe.svg Unione Europea - Il presidente della commissione europea Romano Prodi il 3 settembre 2004 rispose all'accaduto definendolo un malvagio e spregevole atto barbarico.

Flag of South Africa.svg Sudafrica

 - Nelson Mandela definì l'attacco un inumano e barbarico atto di terrorismo dicendo che in un nessun modo l'uccisione di innocenti bambini può essere giustificato in qualsiasi circostanza, specialmente per ragioni politiche.

Città del Vaticano Vaticano

 - Papa Giovanni Paolo II condannò l'atto definendolo una vile e inumana aggressione su bambini e famiglie indifese.

Flag of the United States.svg Stati Uniti d'America

 - Il presidente americano George W. Bush, in un discorso del settembre 2004 rivolto all'Assemblea generale delle Nazioni Unite disse riferendosi ai terroristi ceceni che essi misurano il loro successo [...] attraverso le morti di innocenti famiglie.

Regno Unito Regno Unito

 - Il primo ministro inglese Tony Blair descrisse l'attacco terroristico come "un atto barbarico".

Amnesty International

- Un gruppo di organizzazioni internazionali per i diritti umani, inclusa Amnesty International condannò quello che definì "un'orrenda azione", "un attacco al più fondamentale dei diritti - il diritto alla vita". "La nostra organizzazione denuncia questo atto incondizionatamente."

Nella musica, nella letteratura e nella società

Il musicista italiano Giovanni Allevi ha composto Foglie di Beslan in ricordo di questo evento.
Nel natale del 2004 il comune di Jesolo, durante lo svolgimento del Sand Nativity (Presepe formato da sculture di sabbia), ha devoluto gran parte degli incassi a sostegno dei sopravvissuti alla strage.
Nel 2011 è uscito per i tipi di Mondadori Il Demone a Beslan di Andrea Tarabbia, in cui si narra la strage dalla prospettiva dell'unico attentatore sopravvissuto al massacro.

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