venerdì 12 dicembre 2014

l'elmo di Mambrino

Don Chisciotte non ha paura; si offre all' incertezza del vivere, che gli porta disastri, legnate, porcherie, umiliazioni. Ma egli non ha fede nella vita, che non sa quel che fa, bensì nei libri, che dicono non la vita ma ciò che le dà senso, le sue insegne. Per queste insegne egli si batte e viene quasi sempre ridicolmente battuto, perché quasi sempre il bene perde e il male vince. Ma nemmeno disarcionato egli dubita di quelle insegne. Argamasilla è la patria del baccelliere Sansone Carrasco che l' atterra, ma don Chisciotte atterrato afferma che la sua debolezza non compromette la verità di ciò in cui egli crede.
così scrive Claudio Magris nel suo L'infinito viaggiare ripercorrendo le strade di Spagna, le strade delle Mancia, terra di Don Chisciotte. io posso dire che questo libro, Don chisciotte della Mancia, di Miguel de Cervantes Saavedra, l'ho letto e meno male che l'ho fatto. meno male, dico, meno male, come potrei ora vivere senza? come ho potuto vivere prima? che sia un capolavoro non lo dico certo io, che sia una rivelazione di verità però lo scrivo per me. Don Chisciotte sa, sa tutto, sa che le meraviglie visionarie della grotta di Montesinos potrebbero essere fandonie eppure sono vere, sceglie che siano vere, sceglie la follia come vestito per il giorno, per la sera e per la notte. prende botte, subisce umiliazioni, derisioni, risate alle spalle, eppure sceglie la follia come miglior visione del mondo possibile. sceglie di vedere il mondo secondo il proprio desiderio, una visione incantata che non crolla mai a tutti i disincanti possibili. è una scelta coraggiosa, contro il mondo, a volte veramente crudele, cinico, modesto. la sua scelta è superiore, è una scelta di verità, la sua verità, una scelta di speranza, di amore, di generosità, una scelta di narrazione, una scelta letteraria. La follia di don Chisciotte è sempre, in qualche modo, realista e veggente; certo molto più della miopia di chi vede solo la facciata delle cose e la scambia per l' unica e immutabile realtà. Sono i don Chisciotte ad accorgersi che la realtà si sgretola e può cambiare. Don Chisciotte non ha mai paura, tanto meno dell'imprevedibilità della vita: meglio che i mulini  a vento siano giganti o quel che semplicemente sono? meglio che la sua Dulcinea sia una meravigliosa e fatata creatura degna di eterno amore e devozione o la semplice contadina che forse non ha mai visto in vita sua? meglio che l'elmo di Mambrino luccichi splendente e magico sulla sua testa o sia un catino da barbiere? meglio, molto meglio quel che il suo desiderio vede e crede. è la triste normalità degli altri, quello sguardo che non si discosta mai dalla banalità del reale a fare della splendida follia di don Chisciotte l'unica possibile speranza di redenzione e di poesia, di incantata narrazione della vita.
— Insomma, disse Sancio, che è ciò che ha determinato di fare la signoria vostra in questo deserto? — Non tel dissi? rispose don Chisciotte: voglio imitare Amadigi, facendo quivi il disperato, il pazzo, il furioso; e così batterò anche le tracce del famoso Roldano allorché trovò scolpito presso una fonte che Angelica, la bella, si era avvilita a farsi moglie di Medoro: che diventò pazzo di afflizione, svelse gli alberi, intorbidò le acque delle chiare fonti, ammazzò pastori, manomise mandre di armenti, incendiò capanne, rovinò case, strascinò cavalli, e fece mille altre bestialità degne di eterna fama e scrittura. E poiché io non intendo d'imitare Roldano, od Orlando, o Rotolando (che portava tutti e tre questi nomi) a parte a parte ma alla meglio in quelle che mi sembreranno più essenziali: e potrebbe anche darsi che io volessi contentarmi della sola imitazione di Amadigi, che senza estendere gli effetti della pazzia a danno di alcuno, col solo piangere ed angustiarsi acquistò tanta fama che nulla più.
— Mi pare, disse Sancio, che que' cavalieri fossero provocati, ed abbiano avuto un motivo di fare queste pazzie e queste penitenze; ma quale ragione ha mai la signoria vostra di volere diventar matto? quale signora l'ha fatto andare in collera? quale indizio ebb'ella mai per temere che la signora Dulcinea del Toboso lo abbia posposto a qualche moro o cristiano?
— Qui sta il punto, rispose don Chisciotte e qui sta l'acutezza del mio divisamento! Non v'è né merito né grazia in un cavaliere errante se impazzisce per qualche giusto motivo: il sublime si è impazzare senza un perché al mondo, e far conoscere alla mia signora che io mi conduco a tal passo senza causa e senza motivo;e poi, non ne avrei io un'ampia causa nella mia lunga lontananza dalla sempre mia signora Dulcinea del Toboso? che come già udisti da quei pastori di Ambrogio, chi sta lontano porta seco tutti i mali e timori. No, amico Sancio, non perdere il tempo a sconsigliarmi dall'eseguire sì rara, sì felice, sì inaudita imitazione; io sono pazzo e debbo restar pazzo finché tu ritornerai a me colla risposta di una lettera che penso d'inviare col tuo mezzo alla mia signora Dulcinea: e se tale sarà la risposta quale si conviene alla mia fede avrà fine la mia pazzia e la mia penitenza; e se mi addivenisse il contrario, allora impazzirò davvero, e come tale non sarò più capace di sentire affanni; ed in qualunque maniera ch'essa risponda, io uscirò dal conflitto e dal travaglio in cui mi lascerai godendo del bene, se bene mi apporterai, o non sentendo il male per essere pazzo, se male mi recherai. Ma dimmi Sancio, hai tu tenuto buon conto dell'elmo di Mambrino? Ho veduto che tu lo hai raccolto da poi che quell'ingrato lo fece in pezzi; dal che si conobbe la finezza della sua tempra.»
Sancio rispose: — Viva Dio, signor cavaliere dalla Trista Figura, che non posso tollerare pazientemente, né lasciar correre cosa alcuna di quelle che dice vossignoria: perché da quanto sembrami di poter concludere dalle cose di cavalleria che ho intese fin qui di conquistare regni ed imperi, di regalare isole, di concedere grazie e grandezze, com'è costume dei cavalieri erranti, debbo persuadermi che sieno tutte un vento, e bugie e menzogne, o come voglia chiamarle. Ed in fatti chi sentisse a dire che un bacino da barbiere fosse l'elmo di Mambrino, e che chi lo dice non si avvedesse del proprio errore dopo quattro giorni, non penserebbe che costui debb'essere un uomo che ha perduto il giudizio? Il bacino io lo tengo nel sacco tutto ammaccato, e lo porto per rassettarlo quando sarò a casa mia, e per usarne a farmi la barba, se pur Dio mi darà tanta grazia da poter un dì rivedere mia moglie e i miei figliuoli.
— Bada bene, o Sancio, che io ti giuro per quel medesimo, per cui giurasti tu stesso, che tu hai il più corto intendimento di ogni altro scudiere del mondo. è possibile che in tanto tempo che meco vai girando non ti sii persuaso che tutte le cose dei cavalieri erranti che sembrono chimere, cose fantastiche e pazzie o cose fatte a rovescio, non sono poi tali in realtà, e soltanto lo appaiono perché le vicende che passano fra di noi sono regolate da una caterva d'incantatori che cambiano e sfigurano tutto quello che ci appartiene; e lo trasformano a loro capriccio, e secondo che li move la intenzione di favorirci o di annientarci? Questa è la ragione per cui quello che a te sembra il bacino di un barbiere a me pare l'elmo di Mambrino, e altrui apparirà altra cosa, e fu esimio provvedimento del Savio, che favorisce la mia persona, il fare che sembri bacino a tutti ciò ch'è veramente e realmente elmo di Mambrino; perché essendo cosa di gran pregio, tutto il mondo si armerebbe contro di me per tôrla dalle mie mani; ma giudicandolo un bacino di barbiere non se ne curano. E ne fa prova colui che lo ammaccò tutto, lasciandolo in terra senza portarlo seco, come certamente avrebbe fatto se avesse conosciuta la importanza sua. Custodiscilo, amico, che non mi è duopo valermene per adesso, perché mi debbo prima spogliare di tutte queste armi e restare nudo come son nato, per attenermi al genere di penitenza usato da Orlando, o a quello d'Amadigi.

Scrive ancora Claudio Magris: L' interiorità solitaria perde facilmente la nozione del bene e del male, come nei sogni, in cui si può commettere qualsiasi cosa senza ritenersi colpevoli. L' interiorità va rovesciata come un guanto e riversata sul mondo, come gli ideali cavallereschi di don Chisciotte si mescolano, divenendo perciò ancora più alti, alla promiscuità del reale. Solo perché don Chisciotte crede di vederlo in una prosaica bacinella da barbiere il mitico elmo di Mambrino acquista la sua incantata poesia. 

fonte: nuovateoria.blogspot.it

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