martedì 5 aprile 2016

l'arma della Repubblica è il terrore

Per parlare aspettavamo solo il grido di sdegno che risuona da ogni parte. I nostri occhi erano aperti, vedevamo il nemico prepararsi e insorgere, ma non abbiamo suonato l’allarme; abbiamo lasciato che il popolo vegliasse su se stesso, e lui non ha dormito, ha fatto ricorso alle armi. Abbiamo lasciato che il nemico venisse fuori dal suo nascondiglio, lo abbiamo lasciato avanzare; adesso è libero, alla luce del giorno, e allo scoperto, ogni colpo andrà a segno, non appena lo vedrete sarà morto. Ve l’ho già detto una volta: i nemici interni della Repubblica sono divisi in due reparti, come a dire due squadracce. Sotto vessilli di colore diverso e sulle strade piú diverse si affrettano tutti verso il medesimo scopo. Una di queste fazioni non esiste più . Nella sua studiata follia ha tentato di eliminare i patrioti più fidati come se fossero dei deboli ormai inservibili, per depredare la Repubblica delle sue braccia più vigorose. Ha dichiarato guerra alla divinità e alla proprietà puntando a una diversione a favore dei re. Ha parodiato il sublime dramma della rivoluzione per comprometterla con studiati eccessi. Il trionfo di Hébert avrebbe trasformato la Repubblica in un caos, cosa che il dispotismo trovava soddisfacente. La spada della legge ha colpito il traditore. Ma che importa questo agli stranieri, visto che per raggiungere lo stesso scopo possono contare su criminali di altra specie? Non abbiamo fatto nessun passo avanti, se resta da annientare ancora una fazione. Essa è il contrario dell’altra. Essa ci spinge alla debolezza, il suo grido di guerra è: pietà! Vuole strappare al popolo le sue armi, e la forza che guida le armi, per consegnarlo nudo e spossato ai re. L’arma della Repubblica è il terrore, la forza della Repubblica è la virtù – la virtù, perché senza di essa il terrore è guasto, il terrore, perché senza di esso la virtù è impotente. Il terrore è una secrezione della virtù, non è nient’altro che giustizia rapida, severa e inflessibile. Dicono che il terrore sia l’arma di un governo dispotico, che dunque il nostro governo equivale al dispotismo. Certo! ma così come la spada nelle mani di un eroe della libertà equivale alla sciabola di cui è armata la guardia del tiranno. Se il despota governa i suoi sudditi simili a bestie mediante il terrore, ha ragione in quanto despota; ma se distruggete mediante il terrore i nemici della libertà, in quanto fondatori della Repubblica non avete meno ragione. Il governo della rivoluzione è il dispotismo della libertà contro la tirannia. Pietà per i realisti! esclamano alcuni. Pietà per i malvagi? No! Pietà per l’innocenza, pietà per la debolezza, pietà per gli infelici, pietà per l’umanità! Solo al cittadino pacifico spetta la protezione da parte della società. In una Repubblica soltanto i repubblicani sono cittadini, i realisti e gli stranieri sono nemici. Punire gli oppressori dell’umanità, è clemenza; perdonarli, è barbarie. Tutte le espressioni di una falsa emotività mi sembrano sospiri che mettono le ali verso l’Inghilterra o l’Austria. Ma non soddisfatti di disarmare il braccio del popolo, si cerca anche di avvelenare le più sacre sorgenti della sua forza con il vizio. Questo è l’attacco più sottile, più pericoloso e più ripugnante alla libertà. Il vizio è il segno di Caino dei regimi aristocratici. In una Repubblica non è solo un crimine morale, ma anche politico; l’uomo dedito al vizio è il nemico politico della libertà, per la quale è tanto più pericoloso quanto più grandi sono i servizi che all’apparenza le ha reso. Il cittadino più pericoloso è colui che trova più agevole consumare una dozzina di berretti rossi che compiere una buona azione. Mi capirete facilmente se pensate a gente che in genere viveva nelle soffitte e adesso viaggia in carrozze e fa sconcezze con ex marchese e baronesse. Forse dobbiamo chiederci: è stato depredato il popolo, oppure hanno stretto le mani colme d’oro dei re, quando vediamo i legislatori del popolo far sfoggio di tutti i vizi e di tutto il lusso degli ex cortigiani, quando vediamo questi marchesi e conti della rivoluzione sposare donne ricche, dare sontuosi banchetti, giocare, tenere dei servitori e indossare vesti preziose? Forse dobbiamo meravigliarci quando li sentiamo enunciare pensate, atteggiarsi a begli spiriti e sfoggiare toni beneducati. Recentemente è stata fatta la parodia di Tacito in modo spudorato 21 , io potrei rispondere con Sallustio ed evocare un Catilina; ma non credo di aver bisogno di altri interventi, i ritratti sono ultimati. Nessun patto, nessun armistizio con coloro che miravano solo a saccheggiare il popolo, che speravano di compiere questo saccheggio impunemente, e che consideravano la Repubblica una speculazione e la rivoluzione un mestiere! Trascinati nel terrore dal fiume impetuoso degli esempi, cercano sommessamente di raffreddare la giustizia. Verrebbe quasi da immaginarseli mentre dicono a se stessi: «Non siamo virtuosi abbastanza per incutere tanto terrore. Oh legislatori filosofici, abbiate pietà della nostra debolezza! Non oso dirvi che sono vizioso; preferisco dirvi: non siate crudeli!» Tranquillizzati, popolo virtuoso, tranquillizzatevi, patrioti! Dite ai vostri fratelli di Lione: la spada della legge non arrugginisce nelle mani alle quali la avete affidata! – Daremo un grande esempio alla Repubblica. 

chi è?
Robespierre, nella versione di Georg Büchner, Morte di Danton.
radicalismo.
tempo di terrore.
poco è cambiato.
ora è tempo di islamizzazione del radicalismo.
se non che Robespierre, l'incorruttibile, paranoico e sanguinario, era uomo capace quanto meno di una teorizzazione del terrore, sapeva farne una questione filosofica e politica. il che non lo riabilita in quanto atroce assassino.
credo che ora ci troviamo solo davanti a una schiera di nichilisti, di gente che invece di morire di overdose in un angolo marcio delle periferie di Bruxelles preferisce andare incontro al proprio godimento di morte facendosi saltare in aria. gente comune, delinquenti da strada, gente che qualche mese prima di radicalizzarsi ballava in discoteca con le bionde che poi ha ammazzato al Bataclan e nei locali di Parigi. la Cnn ha pubblicato alcune immagini esclusive che mostrano Salah Abdeslam, l'attentatore di Parigi, che balla in una discoteca a Bruxelles a pochi mesi dagli attentati nella capitale francese e a circa un anno dalla sua cattura. le immagini mostrano il terrorista con indosso una maglia arancione che si diverte in un locale insieme al fratello Brahim, morto kamikaze il 13 Novembre, che fuma una sigaretta e flirta con una donna bionda. i due ballano sulle note del loro rapper preferito Lacrim.
era l'8 febbraio del 2015.
Parigi: 13 Novembre 2015.
ora è tempo di islamizzazione del radicalismo.
oggi un attentatore dell'ultima ora ha dirottato un volo EgyptAir. "non è un terrorista, ma un idiota". così un funzionario del ministero degli Esteri egiziano, citato dal Guardian, ha apostrofato il dirottatore dell'aereo EgyptAir fatto atterrare a Larnaca, a Cipro. e questa espressione dell'avvedutissimo egiziano -che, diciamolo, ci stanno veramente facendo la figura degli idioti di questi tempi- mi colpisce, come se un terrorista fosse invece intelligente e accorto e non si meritasse l'appellativo di idiota.
ora è tempo di islamizzazione del radicalismo.
e mi sembra che idioti, più idioti di così non potrebbero essere, persone che non hanno, ovviamente, nessuna passione religiosa, nessuna frequentazione della religione e delle moschee, nessuna tensione di giustizia, semplicemente senza pensiero, senza credo, senza null'altro da poter portare addosso, si vestono da islamisti, giusto per dare forma a un corpo che altrimenti non ne ha.
senza forma senza mente. un giorno prima fumano bevono scopano il giorno dopo si travestono. è lo stesso identico vuoto di senso. idioti.
ora è tempo di islamizzazione del radicalismo.
sono spesso fratelli, paranoicizzati nella differenza tra un noi e un loro, una rovinosa forma di proselitismo familiare, un'alleanza che costa poco, che affonda rapidamente in una radice comune, la radice della radicalizzazione.
sono presenti in Europa, a Parigi e Bruxelles, e il clamore mediatico è universale, sono presenti in Pakistan, 70 morti a Lahore nel giorno di Pasqua, un numero di vittime impressionante per lo più giovanissimi e bambini, ma meritano due righe sbiadite e frettolose.
la paura ci fa fare cose tremende, differenziamo i morti in base all'occidentalizzazione dei problemi, sembriamo idioti tutti, tutti quanti.
una bella intervista sul corriere a Olivier Roy, orientalista francese docente all’Istituto universitario europeo di Fiesole, offre un’analisi importante, e secondo me inequivocabile, del fenomeno jihadista in Europa.
Qual è il movente? 
«Alla base c’è un nichilismo, una repulsione per la società, che si ritrova anche a Columbine e nelle altre stragi di massa negli Stati Uniti, o in Norvegia con il massacro di Anders Breivik che fece 77 morti a Oslo e Utoya. C’è una descrizione degli assassini del Bataclan che ricorda Breivik in modo impressionante: uccidevano con sguardo freddo, con calma e metodo, senza neanche manifestare odio. Il nichilismo, la rivolta radicale e totale, è comune a tutti questi episodi, e in Europa prende la forma del jihadismo tra alcuni musulmani di origine o convertiti». 
Qual è il peso di questi convertiti?
«Fondamentale, anche per spiegare la natura del jihadismo europeo. Nell’attacco di Parigi un ruolo importante nella logistica lo hanno giocato, dalla Siria, i fratelli Jean-Michel e Fabien Clain. Il fenomeno dei convertiti non è spiegabile se aderiamo alla diffusa analisi post coloniale della radicalizzazione. Alcuni miei amici progressisti, di sinistra o piuttosto estrema sinistra, mi dicono «questi giovani sono vittime di razzismo, di discriminazioni, è per questo che si ribellano». Non è vero. Nessuno ha discriminato i ragazzi francesi anche di buona famiglia che si convertono. Eppure vanno in Siria pensando di tornare per fare stragi».
Oltre al nichilismo, l’altro elemento è il conflitto generazionale?
«Sì, le famiglie sono spaccate. I genitori musulmani non se ne fanno una ragione, talvolta vanno in Turchia per tentare di riprendersi i loro ragazzi. Non abbiamo avuto alcun problema con gli immigrati musulmani arrivati nei decenni scorsi dal Maghreb. Ce l’abbiamo con alcuni dei loro figli, la seconda generazione, nati qui, che parlano il francese meglio dei padri e a un certo punto si sono secolarizzati. Le testimonianze coincidono: i futuri terroristi a un certo punto lasciano l’Islam dei padri e vivono all’occidentale, si dedicano al rap, bevono alcol, fumano spinelli, e poi all’improvviso cambiano, si lasciano crescere la barba, diventano islamisti, integralisti. Sempre in contrapposizione ai padri. Sono tanti i fratelli terroristi, dai Kouachi ai Clain agli Abdeslam entrati in azione a Parigi: la dimensione generazionale è evidente». 
Paradossalmente la secolarizzazione non aiuta?  
«È così. La secolarizzazione, la mancata trasmissione dell’Islam dei padri, favorisce l’islamismo. Islam dei padri che peraltro i convertiti non hanno mai conosciuto. Quindi, non si tratta di radicalizzazione dell’Islam. Ma di islamizzazione del radicalismo». 

fonte: nuovateoria.blogspot.it

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