giovedì 24 dicembre 2015

italiani, popolo di teledipendenti


Secondo i dati del rapporto Censis 2015 quasi tutti gli italiani guardano la tv, nonostante gli smartphone e i tablet siano usati, ormai, da due terzi dei giovani. Sempre peggio la carta stampata e i libri.

Nel 2015 la televisione ha una quota di telespettatori vicina alla totalità della popolazione (il 96,7%). Ma aumenta l’abitudine a guardare la tv attraverso i nuovi device: +1,6% di utenza rispetto al 2013 per la web tv, +4,8% per la mobile tv, mentre le tv satellitari si attestano a una utenza complessiva del 42,4% e il 10% degli italiani usa la smart tv che si può connettere alla rete.

Anche per la radio si conferma una larghissima diffusione di massa (l’utenza complessiva corrisponde all’83,9% degli italiani), con l’ascolto per mezzo dei telefoni cellulari(+2%) e via internet (+2%) ancora in ascesa. In effetti, gli utenti di internet continuano ad aumentare (+7,4%), raggiungendo una penetrazione del 70,9% della popolazione italiana. Le connessioni mobili mostrano una grande vitalità, con gli smartphone forti di una crescita a doppia cifra (+12,9%) che li porta oggi a essere impiegati regolarmente da oltre la metà degli italiani (il 52,8%), e i tablet praticamente raddoppiano la loro diffusione e diventano di uso comune per un italiano su quattro (26,6%). 

Aumenta ancora la presenza degli italiani sui social network, che vedono primeggiare Facebook, frequentato dal 50,3% dell’intera popolazione e addirittura dal 77,4% dei giovani under 30, mentre Youtube raggiunge il 42% di utenti (il 72,5% tra i giovani) e il 10,1% degli italiani usa Twitter...


Al tempo stesso, non si inverte il ciclo negativo per la carta stampata, che non riesce ad arginare le perdite di lettori: -1,6% per i quotidiani, -11,4% per la free press, stabili i settimanali e i mensili, mentre sono in crescita i contatti dei quotidiani online (+2,6%) e degli altri portali web di informazione (+4,9%). 

Non è favorevole l’andamento della lettura dei libri (-0,7%): gli italiani che ne hanno letto almeno uno nell’ultimo anno sono solo il 51,4% del totale, e gli e-book contano su una utenza ancora limitata all’8,9% (per quanto in crescita: +3,7%).

Abissali le distanze tra giovani e anziani.

Tra i giovani la quota di utenti della rete arriva al 91,9%, mentre è ferma al 27,8% tra gli anziani. L’85,7% dei primi usa telefoni smartphone, ma lo fa solo il 13,2% dei secondi. Il 77,4% degli under 30 è iscritto a Facebook, contro appena il 14,3% degli over 65. Il 72,5% dei giovani usa Youtube, come fa solo il 6,6% degli ultrasessantacinquenni. I giovani che guardano la web tv (il 40,7%) sono un multiplo significativo degli anziani che fanno altrettanto (il 7,1%). Il 40,3% dei primi ascolta la radio attraverso il telefono cellulare, dieci volte di più dei secondi (4,1%). E mentre un giovane su tre (il 36,6%) ha già un tablet, solo il 6% degli anziani lo usa.

Vola la spesa per i consumi tecnologici: la disintermediazione digitale riscrive le regole dell’economia reale. 

Tra il 2007, l’anno prima dell’inizio della crisi, e il 2014, la voce «telefonia» ha più che raddoppiato il suo peso nelle spese degli italiani (+145,8%), superando i 26,8 miliardi di euro nell’ultimo anno, mentre nello stesso arco di tempo i consumi complessivi flettevano del 7,5%, la spesa per l’acquisto dei libri crollava del 25,3%, le vendite giornaliere di quotidiani passavano da 5,4 a 3,7 milioni di copie (-31%). 
Gli italiani hanno evitato di spendere su tutto, ma non sui media connessi in rete, perché grazie ad essi hanno aumentato il loro potere di disintermediazione, che ha significato un risparmio netto finale nel loro bilancio personale e familiare. Usare internet per informarsi, per prenotare viaggi e vacanze, per acquistare beni e servizi, per guardare film o seguire partite di calcio, per svolgere operazioni bancarie o entrare in contatto con le amministrazioni pubbliche, ha significato spendere meno soldi, o anche solo sprecare meno tempo: in ogni caso, guadagnare qualcosa. Gli utenti di internet si servono sempre di più di piattaforme telematiche e di provider che consentono loro di superare le mediazioni di soggetti tradizionali. 
Si sta così sviluppando una economia della disintermediazione digitale che sposta la creazione di valore da filiere produttive e occupazionali consolidate in nuovi ambiti. La ricerca in rete di informazioni su aziende, prodotti, servizi coinvolge il 56% degli utenti del web. Segue l’home banking (46,2%) e un’attività ludica come l’ascolto della musica (43,9%, percentuale che sale al 69,9% nel caso dei più giovani). Fa acquisti su internet ormai il 43,5% degli utenti del web, ovvero 15 milioni di italiani. Guardare film (25,9%, percentuale che sale al 46% tra i più giovani), cercare lavoro (18,4%), telefonare tramite Skype o altri servizi voip (16,2%) sono altre attività diffuse tra gli utenti di internet.

Da cosa dipende la reputazione dei media? 

Per gli italiani i mezzi di informazione che negli ultimi anni hanno incrementato la loro credibilità sono stati proprio i nuovi media: per il 33,6% è aumentata quella dei social network, per il 31,5% quella delle tv all news, per il 22,2% e per il 22% rispettivamente quella dei giornali online e degli altri siti web di informazione. Su cosa si fonda la credibilità di un mezzo di informazione? Per gli italiani la credibilità si basa prima di tutto sul linguaggio chiaro e comprensibile, apprezzato dal 43,8% della popolazione. Seguono l’indipendenza dal potere (36,1%) e la professionalità della redazione (32,8%). Completano la ricetta della credibilità altri ingredienti fondamentali: l’aderenza oggettiva ai fatti (31,7%) e la rapidità di aggiornamento delle notizie (31,1%).

I ritardi nella transizione digitale della Pubblica Amministrazione. 

In Italia il numero di utenti di internet che interagiscono via web con gli uffici pubblici attraverso la restituzione di moduli compilati online è ancora insoddisfacente (solo il 18%), sia nel confronto con la media dell’Ue (che si attesta al 33%), sia perché è cresciuto di appena un punto percentuale rispetto all’anno precedente. Anche se si considera l’intero ventaglio dei portali internet delle amministrazioni pubbliche, il nostro Paese dimostra comunque un ritardo nel panorama europeo: ha avuto contatti con la Pa il 36% degli internauti italiani, una percentuale inferiore di almeno 20 punti rispetto ai francesi (74%), ai tedeschi (60%) e agli inglesi (56%). Tra le operazioni più frequenti figurano il pagamento delle tasse (26,3%), l’iscrizione a scuole superiori e università (21,4%), l’accesso ai circuiti bibliotecari (16,9%). Un basso tasso di utilizzo si registra, invece, con riferimento alle pratiche degli uffici anagrafici, visto che si va dal 10,2% di cittadini digitali che richiedono documenti personali (come la carta di identità o il passaporto) all’esiguo 1,9% di coloro che dichiarano di aver effettuato online il cambio di residenza, mentre la richiesta di certificati riguarda il 6,5% degli italiani che usano internet.

Il ricorso al canale digitale non è significativo nemmeno per la richiesta di prestazioni di previdenza sociale (sussidio di disoccupazione, pensionamento, assegni per figli a carico, ecc.), attivato solo dall’11,9% degli utenti di internet. Infine, la sanità digitale rimane ancora indietro, se solo il 16,7% degli utenti del web ha prenotato online visite mediche e il 10,6% accertamenti diagnostici. E risulta ancora molto limitato anche l’accesso al fascicolo sanitario elettronico (7,6%).
Ma almeno sorprende positivamente che l’esperienza di fruizione degli sportelli pubblici online non lascia una impressione negativa nell’utenza. Infatti, solo il 9,9% degli utenti di internet che si sono relazionati online con la Pubblica Amministrazione si lamenta per la mancata assistenza, solo il 19,6% segnala disguidi tecnici, solo il 22,9% dichiara di aver trovato informazioni poco chiare o non aggiornate.

La parabola declinante dell’emittenza televisiva locale.

Il settore delle televisioni locali si trova a dover fronteggiare una triplice torsione: grave flessione dei ricavi pubblicitari, consistente riduzione dei contributi pubblici, rilevante calo degli ascolti. I ricavi complessivi, dopo essere cresciuti in modo costante nella precedente fase espansiva, hanno subito un crollo, passando dai 223 milioni di euro del 1996 ai 335 milioni del 2000, fino a salire ai 647 milioni del 2006, per poi cominciare a calare significativamente, fino ai 409 milioni del 2013 (-15% rispetto all’esercizio precedente). Il calo della raccolta pubblicitaria (passata da 390 milioni di euro nel 2011 a 329 milioni nel 2012, poi a 287 milioni nel 2013) ha inciso profondamente sulle perdite totali, rappresentando più del 70% delle risorse totali. I contributi pubblici, lievitati nel corso della prima parte degli anni 2000 fino a raggiungere i 161,8 milioni di euro nel 2008, si sono poi progressivamente ridotti, attestandosi per l’anno 2013 su una cifra pari a 56,9 milioni di euro, con una flessione del 20,4% rispetto all’anno precedente. 

Non mancano preoccupazioni sul fronte dell’occupazione. Il numero dei dipendenti si era mantenuto sostanzialmente stabile nel periodo 2009-2011 (compreso tra 5.000 e 5.200 addetti), ma nel 2013 si è ridotto del 14,3%: 630 unità in meno. Una riflessione sul riposizionamento dell’«informazione di prossimità» offerta dalle tv locali non può più prescindere dal confronto con un sistema di media sempre più variegato e integrato, che nell’ultimo decennio ha conosciuto i decisivi processi di trasformazione innescati dalla digitalizzazione dei contenuti, la miniaturizzazione dei dispositivi hardware, la proliferazione delle connessioni mobili, lo sviluppo della banda larga e ultralarga, fino all’ingresso nel mercato televisivo, e più in generale dei contenuti audiovisivi on demand e multimediali, di nuovi soggetti di offerta e player internazionali.

Papa Francesco, fenomeno mediatico globale.

Il fenomeno mediatico dell’anno si è rivelato Papa Francesco. Interrogati su quali siano i punti di forza del cattolicesimo, i residenti di Roma hanno indicato proprio il carisma di Bergoglio al primo posto (con il 77,9% delle risposte), prima ancora del messaggio d’amore e di speranza della religione. Anche la rilevazione del Pew Research Center è inequivocabile: nel corso del suo primo anno di pontificato, Papa Francesco precede in graduatoria, per numero di citazioni nelle news digitali statunitensi, la candidata alla presidenza Usa Hillary Clinton e leader di fama mondiale del calibro di Putin e Merkel.


fonte: crepanelmuro.blogspot.it

Boo e boh



sabato 12 dicembre 2015

la scuola resetta la mente e ti trasforma in un utile idiota

scuola poliz schiavi POTERE ANARCH
di Tom Hodgkinson

Apriamo questo capitolo con un’idea paradossale: per istruire meglio vostro figlio dovete istruirlo il meno possibile.
Nel mondo c’è troppa istruzione organizzata, formale, un’istruzione che significa lavaggio del cervello, babysitteraggio gratuito, accademie della stupidità, scuole che, nelle parole di Clash, “t’insegnano l’idiozia”…..
Oggi le proteste degli insegnanti sono tendenzialmente di due tipi: in primo luogo, si lamentano a causa della burocrazia, della centralizzazione dell’istruzione e del ferreo controllo imposto dal governo; in secondo luogo, si lamentano perché devono limitarsi a preparare i ragazzi per il mercato del lavoro.
Devono produrre piccole api operaie obbedienti e convincerle che la libertà sia farsi schiavizzare dalle grandi aziende.
Dunque la storia ci offre un quadro confuso, L’istruzione è considerata da alcuni come una strada per la libertà e da altri come un metodo di lavaggio del cervello. L’obiettivo dell’educatore ozioso è che i bambini possiedano cervello e fegato…Ruolo dell’educatore ozioso è anche garantire che i bambini si divertano qui e ora, nel presente…..
Il verbo “investire” mi riempe di orrore: come se i bambini fossero piccole imprese capitalistiche in cui dobbiamo investire adesso per avere una sorta di utile in futuro.
La parola investimento trasforma i bambini in oggetti di cupidigia…..
Ogni bambino dovrebbe essere incoraggiato a seguire la propria strada nella vita. Se consideriamo alcuni dei nostrimigliori pensatori, è impressionante quanti di loro non siano andati a scuola, ma sono stati autodidatti o hanno avuto precettori…
“DOBBIAMO  CREARE NUOVE SCUOLE 
E PRENDERE L’ISTRUZIONE NELLE NOSTRE MANI. 
E NON DOBBIAMO CHIEDERE PERMESSO A NESSUNO: SIAMO LIBERI DI FARE QUELLO CHE VOGLIAMO.”
Tratto da: “Oziando si impara” di Tom Hodgkinson
http://lastella.altervista.org/la-scuola-resetta-la-mente-e-ti-trasforma-in-un-utile-idiota/
fonte: alfredodecclesia.blogspot.it

ragazza del '75


buonanotte ai birilli

Non ci sono stelle.  Si sono perse nel sogno. Già,  il tempo del sogno...
Siete sempre meno. Va bene così.  Scappate dalla merda che seminate. Scappate dai voi stessi perché dietro a quello che fate, all'odio che seminate,  all'amore che distruggete, alla comprensione che demolite ci siete sempre e solo voi. Peccato che da se stessi non si può scappare. Eppure sarebbe tanto semplice, basta cominciare con una carezza ma che sia sincera...

 Buonanotte, fate dei bei sogni.

Ah, mancano pochi posts ai mille. Non ho per il momento di fare un cazzo per farli indicizzare. Per questo scrivo parecchio soprattutro in molri post.
Per quanto riguarda i @@ pieni, ci sono pure una manica di lettori che non hanno un cazzo da dire.
I birilli in genere si trovano al bowling, è strano beccarli su un blog. Oddio, vista la luuunga fila di teste di cazzo a pila che si torvano qua, forse è il caso di cambiare sistema di alimentazione.  Magari a calci nel culo, forse qualcuno/a si sposta.
Mi piace l'idea della privacy violata visto l'andazzo Daesh. Mi piace pensare che tra qualche anno ci sarà un altro tipo  che farà "pio" sulle situazioni più interessanti e scandalose. Sai che bello leggersi e leggervi sulle news? :)
Giornata di merda è? 
Si, ci vuole poco a cambiare. Le cazzate sono il pane quotidiano su cui spesso vi arrampicate per poi non trovare altro che frutti marci ed io devo scrivere.  Ho proprio bisogno di scrivere.
Insomma andate su legami, su gabbia, su Facebook, twitter o dove vi pare.  Il mio profilo di facebook è chiuso. Per lo meno li non venite a rompere il cazzo però venite qua a fare i birilli.
Povero mondo.

fonte: www.mastrodesade.org

domenica 6 dicembre 2015

fine programmata della democrazia

democracy_not_found
Di Alba Kan
1 – Il potere ha già cambiato di mano
I veri padroni del mondo non sono più i governi, ma i dirigenti di gruppi multinazionali finanziari o industriali, e di istituzioni internazionali opache (FMI, Banca mondiale, OCDE, OMC, banche centrali). Purtroppo, questi dirigenti non sono stati eletti, malgrado l’impatto delle loro decisioni sulle popolazioni.
Il potere di queste organizzazioni viene esercitato su una dimensione planetaria, mentre il potere di uno Stato è ridotto ad una dimensione nazionale.
Tra l’altro, il peso delle ditte multinazionali nei flussi finanziari ha da tempo superato quello degli Stati.
Di dimensione internazionale, più ricche degli gli Stati, ma anche principale fonte finanziaria dei partiti politici di ogni tendenza nella maggior parte dei paesi, queste organizzazioni si trovano quindi al di sopra delle leggi e del potere politico, al di sopra della democrazia.
Ecco un elenco del fatturato di alcune multinazionali, paragonati al Prodotto Interno Lordo degli Stati. Un esempio flagrante della potenza planetaria che queste organizzazioni stanno ottenendo.
Una potenza sempre più smisurata dal fatto dell’accelerazione della fusione di queste multinazionali tra di loro.
Fatturato o PIL, in miliardi di dollari
FireShot Screen Capture #043 - 'Fine programmata della democrazia' - syti_net_IT_Topics2_html
In alto, Cifra del 1999, tranne le cjfre in italico che sono del 1992.
Fonti : Banca Mondiale (Worl Developpement Report 1998-99), Forbes, The Nation, Istituo di ricerche delle Nazioni Unite per lo sviluppo sociale (States of Disarray, Ginevra 1995),Courrier International, Le Monde Diplomatique
2 – L’illusione democratica
La democrazia ha già cessato di essere una realtà. I responsabili delle organizzazioni che esercitano il potere non sono eletti, e il pubblico non viene informato sulle loro decisioni. Il margine d’azione degli Stati viene sempre più ridotto da accordi economici internazionali per i quali i cittadini non sono stati ne consultati, ne informati. Tutti questi trattati elaborati negli ultimi 10 anni (GATT, OMC, AMI, NTM, NAFTA) hanno un unico scopo: trasferire il potere degli Stati verso organizzazioni non elette, tramite un processo chiamato “mondializzazione”.
Una sospensione proclamata della democrazia avrebbe senz’altro provocato una rivoluzione. Ecco perché sembra essere stato deciso di mantenere una democrazia di facciata, e di piazzare il potere reale verso nuovi centri. I cittadini continuano a votare, ma il loro voto è privo di senso. Votano per dei responsabili che non hanno più un potere reale. Ed è senz’altro perché non c’è più nulla da decidere, che i programmi politici di “destra” e di “sinistra” si assomigliano sempre di più in tutti i paesi occidentali. Per riassumere, non possiamo scegliere il piatto, ma possiamo scegliere il contorno. Il piatto si chiama “nuova schiavitù”, e il contorno può essere o piccante di destra, o agro-dolce di sinistra.
Media_Propaganda_by_Trosious
3 – Sparizione dell’informazione
Dai primi anni ’90, l’informazione è stata progressivamente tolta dai media destinati al grande pubblico. Come le elezioni, i telegiornali continuano ad esistere, ma sono privi di senso. Un telegiornale ontiene al massimo 2 o 3 minuti di vera informazione. Tutto il resto è costituito da soggetti da rivista, servizi aneddotici, fatti diversi e reality show sulla vita quotidiana. Le analisi di giornalisti specializzati, e le trasmissioni di informazione sono state quasi totalmente eliminate. L’informazione si restringe ormai alla stampa, letta da un numero ridotto di persone. La sparizione dell’informazione è un segno tangibile che il nostro regime politico ha già cambiato natura.
4 – Strategie e obbiettivi per controllare il mondo
I responsabili del potere economico provengono quasi tutti dallo stesso mondo, lo stesso giro sociale. Si conoscono, si incontrano, condividono gli stessi punti di vista e gli stessi interessi. Condividono quindi naturalmente la stessa visione di ciò che dovrebbe essere il futuro mondo ideale.
E’ quindi naturale che si mettano d’accordo e sincronizzino le loro azioni verso degli obbiettivi comuni, inducendo a delle situazioni economiche favorevoli alla realizzazione dei loro obbiettivi, come ad esempio:
Indebolimento degli Stati e del potere politico. Deregolamentazione. Privatizzazione dei servizi pubblici.
Disimpegno totale degli Stati dall’economia, compresi i settori dell’educazione, della ricerca e, tra breve, dell’esercito e della polizia, destinati a diventare dei settori sfruttabili da ditte private.
Indebitamento degli Stati tramite la corruzione, lavori pubblici inutili, sovvenzioni allegate a delle ditte senza contropartita, spese militari. Quando una montagna di debiti viene accumulata, i governi sono costretti alla privatizzazione e allo smantellamento dei servizi pubblici. Più un governo è sotto il controllo dei “Padroni del Mondo”, più fa aumentare i debiti del suo paese.
Precarietà del lavoro e mantenimento di un alto livello di disoccupazione, intrattenuti tramite il decentramento e la mondializzazione del mercato del lavoro. Tutto ciò aumenta la pressione economica sui lavoratori, che sono quindi costretti ad accettare qualsiasi stipendio o condizione di lavoro.
Riduzione dell’aiuto sociale per aumentare le motivazioni del disoccupato ad accettare qualsiasi tipo di lavoro o qualsiasi stipendio. Un aiuto sociale troppo elevato impedisce alla disoccupazione di fare una pressione efficace sul mercato del lavoro.
Impedire l’espansione di rivendicazioni stipendiali nel Terzo Mondo, mantenendoci dei regimi politici totalitari o corrotti. Se i lavoratori del Terzo Mondo venissero pagati meglio, il principio stesso del decentramento e della pressione che esercita sul mercato del lavoro nella società occidentale verrebbe frantumato. Ciò costituisce un lucchetto strategico essenziale che deve essere preservato ad ogni costo. La famosa “crisi asiatica” di 1998 è stata innescata nello scopo di mantenere questo lucchetto.
5 – Gli attributi del potere
Le organizzazioni multinazionali private si stanno progressivamente dotando di tutti gli attributi della potenza degli Stati: reti di comunicazione, satelliti (2), servizi di spionaggio, dati sugli individui (3), istituzioni giudiziarie (stabilite dall’OMC e l’AMI accordo tramite il quale una multinazionale potrà fare causa ad uno Stato davanti ad una corte internazionale speciale).La prossima &endash;ed ultima- tappa per queste organizzazioni sarà di ottenere il potere militare e poliziesco che corrisponda alla loro nuova potenza, creando i loro propri eserciti, dato che gli eserciti e le polizie nazionali attuali non sono adattate alla difesa dei loro interessi nel mondo.
Tra breve, gli eserciti diventeranno delle società private, presteranno servizi sotto contratto con gli Stati, o con qualsiasi altro cliente capace di pagarli. Ma all’ultima tappa del piano, questi eserciti serviranno quasi esclusivamente gli interessi delle multinazionali, e attaccheranno gli Stati che non si piegheranno al nuovo ordine economico. Nel frattempo, questo ruolo viene assunto dall’esercito dei Stati Uniti, il paese meglio controllato dalle multinazionali. N.B:
1 – Eserciti privati
Gli eserciti privati già esistono in U.S.A. Si tratta ad esempio delle società DynCorp, CACI, e MPRI, prototipi dei futuri eserciti privati. La DynCorp è intervenuta in varie regioni dove gli Stati Uniti volevano intervenire militarmente senza assumerne la responsabilità diretta (America del sud, Soudan, Indonesia, Koweït, Kossovo, Irak,…). Alla fine del 2002 la DynCorp è stata acquistata da Computer Sciences Corporation, una delle più importanti ditte americane di servizi informatici. A maggio del 2004 la DynCorp e la MPRI sono state implicate nelle torture di prigionieri irakeni. Gli eserciti privati (chiamati “subappaltatori” dal Pentagono) rappresentano il 10% degli effettivi americani presenti in Irak.
2 – Satelliti
Microsoft ha finalmente rinunciato al progetto Teledesic, una rete di 288 satelliti di comunicazione che doveva costruire una maglia intorno al pianeta. Ma altre compagnie multinazionali si stanno preparando ad impiantare una rete di satelliti di comunicazione simile. Alcuni satelliti privati di osservazione sono già operazionali. Due ditte commercializzano immagini ad alta risoluzione di ogni luogo del pianeta che possa interessare eventuali clienti.
3 – Dati privati
Numerose ditte create negli ultimi anni (principalmente in U.S.A.) sono specializzate nella raccolta di informazioni private, ufficialmente a dei fini commerciali. Ma questi dati privati cominciano a compilare milioni di profili individuali di consumatori sparsi nell’insieme dei paesi occidentali. Le informazioni di questi dati vengono vendute a chiunque desidera acquistarle.
6 – La vera realtà del denaro
Oggi il denaro è essenzialmente virtuale. La sua realtà è una serie di 0 e di 1 nei computer delle banche. La maggior parte del commercio mondiale si opera senza denaro liquido, e solo 10% delle transazioni finanziarie quotidiane corrispondono a degli scambi economici nel “mondo reale”.
Gli stessi mercati finanziari eux-mêmes costituiscono un sistema di creazione di denaro virtuale, di profitto non basato su una creazione di ricchezze reali. Tramite il gioco dei mercati finanziari (che permette di trasformare in benefici l’oscillazione dei corsi), gli investitori avvisati possono diventare più ricchi, per via di una semplice circolazione di elettroni nei computer. Questa creazione di denaro senza creazione di ricchezza economica che gli corrisponde è la definizione della creazione artificiale del denaro. Cio’ che la legge vieta ai falsificatori di denaro, e cio’ che l’ortodossia economica liberale vieta agli Stati, è quindi legale e possibile per un numero ristretto di beneficiari. Se si vuol capire cio’ che realmente è il denaro e a che cosa serve, basta invertire la famosa frase “Il tempo è denaro”. Il denaro è tempo. Il denaro permette di comprare il tempo degli altri, il tempo necessario a produrre i prodotti o i servizi che consumiamo.
Il denaro, il tempo, e gli schiavi
Tecnicamente, il denaro è un’ unità intermedia che permette di scambiare del tempo contro del tempo, senza che il tempo dell’uno o dell’altro possa essere direttamente comparato. Ogni conversione tra il denaro e il tempo si fa in base ad una stima soggettiva variabile a secondo del rapporto di forza economico e informativo tra il compratore e il venditore.
Nella pratica, questo rapporto di forza è sempre a svantaggio del consumatore-stipendiato.
Quando un individuo compra un prodotto, paga il tempo che è stato necessario alla fabbricazione del prodotto ad un prezzo molto più alto che lo stipendio che gli viene dato per una frazione equivalente del suo tempo.
Ad esempio: dai fabbricanti di automobile, una macchina viene costruita in un giorno (ossia 8 ore di lavoro) da 20 stipendiati (compreso i commerciali e il lavoro incluso per fabbricare il materiale di produzione utilizzato). Lo stipendio quotidiano di ogni stipendiato dovrebbe quindi corrispondere a 1/20° del prezzo della macchina, ossia 1000 euro se la macchina vale 20000 euro. Cio’ dovrebbe corrispondere ad uno stipendio mensile di 22000 euro (contando 22 gironi di lavoro al mese). Per la maggior parte dei lavoratori, si è lontani dal conto.
Quando un lavoratore occidentale dà 10 ore del suo tempo, viene pagato solo l’equivalente di 1 ora. Per uno stipendiato del Terzo Mondo, questo rapporto è di 1000 ore contro 1.
Questo sistema è la versione moderna della schiavitù.
I beneficiari del tempo rubato agli stipendiati sono le ditte e i loro dirigenti ( i cui stipendi sono 100 volte più alti di un impiegato normale), ma anche gli Stati, dal momento che gli imposti e le tasse prelevate sui lavoratori non vengono utilizzati per l’interesse generale.
7 – Il punto di un non-ritorno ecologico sta per essere superato
E’ evidente che siamo oggi urtando i limiti ecologici dell’attività economica. Un sistema economico liberale, il quale scopo è il profitto a breve raggio per degli interessi particolari, non puo’ tener conto dei costi a lungo termine come la degradazione dell’ambiente. I modelli economici attuali sono incapaci di stimare al suo giusto valore la “produzione” della natura, indispensabile alla nostra sopravvivenza: produzione d’ossigeno, fissazione dei gas carbonici dalle foreste e gli oceani, regolazione della temperatura, protezione dai raggi del sole, riciclaggio chimico, spartizione delle alluvioni, produzione d’acqua potabile, di alimenti…
Se i nostri modelli economici integrerebbero il costo reale della distruzione della natura, dell’inquinamento, dei cambi climatici, cio’ cambierebbe radicalmente il nostro punto di vista riguardo a quello che è proficuo e quello che non lo è. La produzione della natura è stata valutata a 55000 miliardi di dollari annuali da un gruppo di scienziati dell’Institute for Ecological Economics dell’Università del Maryland nel 1997.
8 – La distruzione della natura è voluta
La scomparsa della natura è inevitabile, poiché voluta dal nuovo potere economico. Perché ? Per 3 ragioni:
1 La scomparsa della natura e l’aumento dell’inquinamento renderanno gli individui ancora più dipendenti del sistema economico per la loro sopravvivenza, e permetteranno di generare nuovi profitti (tra i quali un consumo crescente di medicine e prestazioni medicali,…)
2 Tra l’altro, la natura è una referenza di un altro ordine, quello dell’Universo. La contemplazione della bellezza e della perfezione di quest’ordine è potenzialmente sovversiva: porta l’individuo a respingere la bruttezza degli ambienti urbani, e a mettere in dubbio l’ordine sociale che dovrebbe essere l’unica referenza. L’urbanizzazione dell’ambiente permette di collocare le popolazioni in uno spazio totalmente controllato, sorvegliato e dove l’individuo si trova immerso in una proiezione dell’ordine sociale.
3 Infine, la contemplazione della natura incita al sogno e intensifica la vita interiore degli individui, sviluppando la loro sensibilità e quindi il loro libero giudizio. Smettono insomma di essere affascinati dalle merci, sviano dai programmi televisivi che dovrebbero guardare e che dovrebbero rimbecillirli e controllare il loro spirito. Sprigionati dalle loro catene, potrebbero incominciare a pensare che un’altra società è possibile, fondata su altri valori che non siano il profitto e il denaro.
Tutto quello che può portare un individuo a pensare e a vivere con la propria testa è potenzialmente sovversivo. Il più grande pericolo per l’ordine sociale è la spiritualità che porta l’individuo a rimettere in gioco il proprio sistema di valori e quindi il proprio atteggiamento, andando contro valori ed atteggiamenti inculcati dal condizionamento sociale. Per l’equilibrio del “nuovo ordine sociale”, tutto quello che permette un risveglio della spiritualità deve essere eliminato.
9 – Le alternative dell’ultima speranza
Per non essere definitivamente esclusi dal gioco, le contro-organizzazioni del potere economico (sindacati, associazioni di consumatori, movimenti ecologici) devono rispondere piazzandosi allo stesso livello di organizzazione, quello mondiale e non più nazionale, unificandosi e sincronizzando le loro azioni, alla scala di gruppi di Stati avendo un peso sufficiente nei flussi economici mondiali. Rimane poco tempo per agire, dato che tutti i mezzi di controllo necessari ad una dittatura mondiale sono già innescati.
10 – 2000 anni di storia
Durante i due ultimi millenni, l’umanità ha attraversato quattro ere successive marcate da quattro forme diverse di potere politico:
1 – L’era delle tribù. Potere esercitato a secondo della forza (e più raramente a secondo della saggezza o della conoscenza). Come per vari gruppi animali, il potere spetta al “maschio dominante”.
2 – L’era degli imperi e dei reami. Potere ereditario. Appare la nozione dello stato.
3 – L’era degli stati-nazione. Era lanciata dalla monarchia parlamentare in Gran Bretagna nel 1689, dalla rivoluzione francese nel 1789, e dalla fondazione degli Stati Uniti. In uno stato-nazione, il potere non è più ereditario, ma esercitato da dirigenti che dovrebbero essere i rappresentanti del popolo, e scelti tramite delle elezioni (stato-nazione democratico), o tramite un sistema di voto nel seno di un partito unico (stato-nazione totalitario).
4 – L’era dei conglomerati economici. Era iniziata nel 1954 , messa in funzione negli anni ’70 e ’80, e completamente operazionale dagli anni 90. Il potere non vi è più di tipo rappresentativo o elettivo, e non è più localizzato geograficamente (contrariamente alle tribù, i reami, e i stati-nazione). E’ esercitato direttamente da quelli che controllano il mercato finanziario e la produzione di merci. Gli strumenti di questo potere sono il controllo della tecnologia, dell’energia, del denaro, e dell’informazione. Come ogni nuova forma di potere, si erige sostituendosi al potere precedente destinato a scomparire. Infine questo nuovo potere è globale, planetario. Non ha quindi né alternativa, né scappatoia. Costituisce un nuovo livello di organizzazione della civilizzazione, una specie di super-organismo.
La risoluzione dei grandi problemi economici, sociali ed ecologici necessitano dell’avvenimento di una forma di potere globale. D’altronde l’unificazione del mondo per via dell’economia, e il declino degli stati-nazione sono stati in parte decisi per una nobile causa: rendere impossibile una nuova guerra mondiale che, all’era atomica, significherebbe la fine della civilizzazione.
Ma la questione è di sapere al servizio di quali obiettivi e di quali interessi è volto questo potere globale, da chi deve essere esercitato, e da quale contro-potere deve essere equilibrato e controllato.
Se la globalizzazione continua ad essere organizzata al beneficio di una minorità di persone e se conserva la sua attuale direzione neo-liberale, non tarderà ad instaurare una nuova specie di totalitarismo, il commercio integrale degli esseri viventi, la distruzione della natura, e una forma inedita di schiavitù. E’ questo il Nuovo Ordine Mondiale!
Di Alba Kan
http://antimassoneria.altervista.org/fine-programmata-della-democrazia/
fonte: alfredodecclesia.blogspot.it

a norma di legge

INCREDIBILE!L’avvelenamento dei nostri cieli tramite le scie chimiche è previsto dalla legge

scie chimiche leggefoto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)
INCREDIBILE!l’avvelenamento dei nostri cieli tramite le scie chimiche E’PREVISTO DALLA NOSTRA LEGGE: legge 5 gennaio 1994, N° 36 firmata da Scalfaro!Eccola
Basta scandagliare la legislazione tricolore per imbattersi in amare sorprese. Come ad esempio la legge 5 gennaio 1994, numero 36,che porta la firma di Scalfaro, Ciampi e Conso. Per la cronaca: Ciampi è quel personaggio che ha favorito illegalmente la svendita agli stranieri dell’Italia. E il sistema di potere l’ha premiato piazzandolo infine al quirinale. Infatti, questa normativa statuisce addirittura la liceità degli interventi sui fenomeni atmosferici, in spregio delle convenzioni internazionali che vietano le manipolazioni degli equilibri naturali. E’ una norma di una gravità criminale. Ecco cosa recita l’articolo 2 (Usi delle acque):
«1. L’uso dell’acqua per il consumo umano e’ prioritario rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico superficiale o sotterraneo. Gli altri usi sono ammessi quando la risorsa e’ sufficiente e a condizione che non ledano la qualita’ dell’acqua per il consumo umano.
2. Con decreto emanato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e’ adottato il regolamento per la disciplina delle modificazioni artificiali della fase atmosferica del ciclo naturale dell’acqua» (potete verificarlo voi stessi QUI e cliccate sul numero 2 a sinistra per andare all’articolo interessato) .
OVVIAMENTE DI QUESTO NESSUN ITALIANO NE E’A CONOSCENZA,SONO ANNI CHE FANNO LEGGI A NOSTRA INSAPUTA, PERCHE’ I MEDIA TG E GIORNALI (assoldati dai partiti) FANNO TRAPELARE SOLO CIO’ CHE POSSIAMO SAPERE…
In Italia le prime sperimentazioni sul clima sono state realizzate segretamente dalla Nasa nei primi anni ’60, proprio in Sardegna con il bario.
In altri termini, l’avvelenamento è legalizzato dallo Stato tricolore. Tali disposizioni anticipano l’accordo tra Italia e Stati Uniti d’America risalente al 2002, siglato da  Berlusconi & Bush. E’ un’intesa che, con l’alibi di studiare i cosiddetti cambiamenti climatici, di fatto autorizza operazioni volte ad incidere sui cicli naturali, alterando e degradando l’atmosfera a danno della salute e della vita. Così come aveva teorizzato lo scienziato Teller in Italia nel 1997. 
fonte: alfredodecclesia.blogspot.it

venerdì 4 dicembre 2015

l'inglesina, Tina Kay e Open Mic (The Tempest Inn)



TTIP

TTIP (Transatlantic Trade and Investiment Partnership) rischia di sconvolgere le nostre vite. Non è apocalittico e nemmeno fantasioso.

Non è apocalittico affermare che la possibile sottoscrizione del TTIP (Transatlantic Trade and Investiment Partnership) rischia di sconvolgere le nostre vite. Non è apocalittico e nemmeno fantasioso.
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Esso è un attacco viscerale, profondo e ferale che le multinazionali intendono perpetrare ai diritti dei cittadini, dei lavoratori, dei consumatori delle due sponde dell’atlantico: in europa e in america. Ed è proprio per questo che se ne discute così poco (pubblicamente), è per questo che l’opinione pubblica, che i cittadini ricevono informazioni frammentarie e spesso distorte, mentre gruppi ristretti di plenipotenziari proseguono, ormai da due anni, trattative che sono tenute in maniera, luoghi e termini assai riservati.
Al contrario, i contenuti di questo Trattato riguardano tutti noi, cittadini europei e americani, che rischiamo di essere travolti dalle conseguenze di un trattato che punta formalmente, ad eliminare tutti i lacci e laccioli derivanti dalle barriere esistenti alla “libera circolazione delle merci”; in realtà avrà come conseguenza, quella di essere inondati di prodotti e servizi a basso costo, ma senza alcuna garanzia e tutela di qualità, di provenienza o di precauzione.
Il Trattato in discussione, infatti, punta non solo a superare tutte le barriere doganali e tariffarie esistenti tra europa e america, ma, soprattutto ad eliminare tutte le barriere non tariffarie esistenti o che potrebbero essere adottate da ciascun paese, nazione o comunità.
Il pensiero corre immediatamente ad alcune pratiche che, come ben sappiamo, vengono adottate dalle multinazionali senza alcun rispetto per gli uomini, il territorio, l’ambiente in cui viviamo: gli Ogm in agricoltura, la pratica del fracking nelle estrazioni petrolifere, ma anche i brevetti e le opere di ingegno, come pure la sanità e il campo dei servizi pubblici.
L’obbiettivo è. infatti, quello di rimuovere, senza alcuna condizione, tutti gli impedimenti che possono rendere meno concorrenziale una azienda rispetto ad un’altra; una impresa rispetto ad un’altra; con il fine dichiarato di riaffermare la grande parola d’ordine della supremazia del mercato!
In cosa si trasforma la supremazia del mercato, è cosa purtroppo nota: ricercare il massimo profitto con il minor investimento possibile, ovvero con le pratiche meno costose (che guarda caso, sono anche le più pericolose per l’uomo e le più inquinanti per l’ambiente).
Il pericolo che le frontiere si aprano a prodotti lavorati attraverso pratiche oggi vietate perché pericolose e dannose per l’uomo e l’ambiente, non è una lontana ipotesi, ma una possibilità concreta e drammatica. Gli esempi sono molteplici: dal pollo al cloro, alle carni prodotte con il ricorso agli estrogeni. Tutte pratiche poco costose per i produttori, ma assai pericolose per i consumatori.
Ma il rischio è ancora più grande se pensiamo che le normative che sarebbero abolite, in un solo colpo, sono quelle che oggi determinano una seppur parziale garanzia per il consumatore. Solo per fare un esempio, in europa lo standard per definire il pollame allevato a terra, è di nove galline per metro quadro, negli Usa è di ventitré. Le conseguenze di una abolizione di questo standard, è evidente, nuocerebbe pesantemente sulle capacità dei produttori europei di misurarsi sul “libero mercato”.
La definizione di libero mercato, è quindi, ancora una volta, la foglia di fico dietro cui si nasconde la volontà pervicace della grande industria monopolistica, a danno dei produttori agricoli, della piccola e media impresa che già tante difficoltà vive ed incontra sul mercato.
E’ infatti del tutto evidente, rispetto agli interessi colossali, di natura economica e finanziaria, che ad essere colpiti sarebbero proprio quelle produzioni di qualità, quella viva attenzione alle produzioni locali, quel valore che la biodiversità garantisce.Su questi temi, che impattano fortemente le nostre vite, come consumatori, ma anche come abitanti del pianeta, i nostri governi continuano ad affermare la loro attenzione, ma operano in maniera assolutamente contraria, accettando e subendo le richieste delle multinazionali che sostengono proprio obbiettivi ed interessi del tutto contrari.
Ma i problemi non si fermano all’agricoltura e alla produzione di derrate agro-alimentari; coinvolgono anche la produzione energetica che una pratica sciagurata ed insensibile ai problemi dell’ambiente, vuole ancora legata fortemente alla estrazione di combustibili fossili (carbone, petrolio, ecc.).
Così, mentre i governi indicono una solenne iniziativa contro il riscaldamento climatico (tra poco si terrà a Parigi la Conferenza mondiale su questo tema), e le gravi conseguenze che esso sta già producendo e ancora di più produrrà nei prossimi anni, con la desertificazione di grandi territori, i cambiamenti climatici, la scarsità di acqua, l’impoverimento dei suoli, le grandi compagnie petrolifere vengono autorizzate a fare nuove perforazioni, a realizzare nuovi scavi per estrarre petrolio e gas dal sottosuolo, spesso in mare.
La scelta di garantire una economia ed una autonomia energetica capace di preservare l’ambiente cozza profondamente con le scelte dello SbloccaItalia e con quelle previste dal TTIP, che prevede altresì la possibilità di usare la pratica del fracking, una pericolosa metodologia estrattiva che ha prodotto danni ingenti ed irreversibili al territorio e agli uomini che ci vivono e lavorano.
Esempi drammaticamente simili si potrebbero fare per altri settori come la sanità, i servizi sociali, le opere di ingegno, tutti settori nei quali la pratica della precauzione nel mettere in vendita un qualsiasi prodotto verrebbe automaticamente superata ed annullata dalle norme previste nel Trattato, ovvero dove nessuna amministrazione locale potrebbe stabilire un criterio di garanzia per una ditta o un fornitore di qualità.
Con assoluta malafede vengono sbandierate previsioni relative all’aumento di occupati e al miglioramento dell’economia. Dati ipotetici e falsi, forniti, guarda caso, proprio dalle stesse multinazionali interessate alla stipula del Trattato. La realtà, laddove simili accordi sono stati sottoscritti, evidenzia, con la drammaticità e la gravità dei numeri, conseguenze disastrose per l’economia, il lavoro, l’occupazione, la salute dei popoli interessati.
Infine questo tipo di trattati introduce uno strumento per risolvere le controversie che, saltando le normative giuridiche esistenti nei singoli paesi, esautora Tribunali e Corti di Giustizia dei singoli stati. Introduce uno strumento che “compone le controversie”, i cui componenti (sempre gli stessi) rappresentano e giudicano le diverse parti in conflitto per iniziative prese o anche solo che potrebbero essere assunte.
Laddove questo strumento è stato adottato, si contano a centinaia le cause intraprese da grandi multinazionali (del tabacco, dell’energia, dell’acqua), contro le decisioni democraticamente assunte da stati, comunità e gruppi di cittadini. Ci sono multinazionali che hanno chiesto rimborsi miliardari ad amministrazioni comunali che avevano deciso di stabilire limiti precisi agli scarichi inquinanti di alcune fabbriche; multinazionali che operano nel settore della distribuzione dell’acqua che hanno preteso ingenti rimborsi da comuni che avevano chiesto la pubblicizzazione delle risorse idriche. Una prospettiva davvero sconcertante.
Contro queste ipotesi è necessario lottare con un grande movimento di massa che faccia intendere ai governi e al parlamento europeo, che questa strada trova l’opposizione forte e consapevole dei cittadini, delle amministrazioni locali, degli uomini e delle donne che hanno a cuore il futuro di questo pianeta. Per loro, ma soprattutto per le generazioni future che rischiano di vivere in una condizione di continuo peggioramento dal punto di vista occupazionale, lavorativo, economico, sanitario, ambientale.
E’ indispensabile sviluppare una forte iniziativa che si saldi con i movimenti già in atto in tutti gli altri paesi d’Europa, al fine di garantire un ampio e compatto fronte che eviti la firma del TTIP.
Michele Casalucci
https://michelecasa.wordpress.com/2015/11/14/ttip/
fonte: alfredodecclesia.blogspot.it