martedì 27 novembre 2018

la battaglia di Zappolino o della secchia rapita


Alessandro Tassoni nacque a Modena nel 1565. La sua figura d’autore s’impose nella letteratura italiana per la composizione de La secchia rapita del 1621. L’opera è un poema eroicomico con il quale Tassoni tentò di portare in Italia un nuovo genere, un misto di comicità e serietà. La secchia rapita è un poema in ottave e prende le mosse da un fatto storicamente avvenuto, la battaglia di Zappolino del 1325. Il Tassoni narrò che i modenesi, inseguendo i bolognesi sin dentro la porta di San Felice, portarono via come trofeo una secchia. Alessandro Tassoni non si attenne alla storia ed alla cronologia dei fatti ma trasformò gli avvenimenti in un guazzabuglio, inserendo nell’opera personaggi e fatti a lui contemporanei. L’argomento dell’opera, come possiamo comprendere, è la guerra tra i bolognesi ed i modenesi in seguito al rifiuto di questi di restituire la famosa secchia rubata. Alla guerra parteciparono anche gli dei dell’Olimpo dall’una e dall’altra parte. 


Alessandro Tassoni poté scrivere della battaglia di Zappolino grazie ad Antonio Beccari, poeta girovago vissuto alla corte degli Oleggio (città attualmente in provincia di Novara). Perché fu così importante questo sconosciuto poeta girovago? La guerra, nonostante le dimensioni dello scontro, fu quasi totalmente dimenticata, forse per non aver sortito effetti storici e politici rilevanti. Fu il solo Beccari a mantenere vivo lo scontro di Zappolino nelle sue rime, dove cantava la crudeltà e la perfidia dell’animo umano.

Addentriamoci nella cronologia della battaglia di Zappolino, uno dei più grandi scontri campali avvenuti nel medioevo poiché vi presero parte circa 35000 fanti ed oltre 5000 cavalieri. Più di tremila soldati persero la vita sul campo di battaglia. 


Lo scontro avvenne in seguito alle rivalità storiche esistenti tra modenesi, ghibellini, e bolognesi, guelfi. Guelfi e ghibellini erano le fazioni contrapposte della politica italiana del Basso medioevo. Le origini dei nomi risalgono alla lotta per la corona imperiale dopo la morte d’Enrico V, avvenuta nel 1125, fra le casate bavaresi – sassoni dei Welfen, i guelfi, e quella sveva degli Hohenstaufen, signori del castello di Waiblingen, i ghibellini. Per comprendere le cause che condussero allo scontro dobbiamo spiccare un piccolo salto nel tempo. Nel 1296 i bolognesi avevano invaso le terre di Savignano sottraendole ai modenesi, grazie anche all’appoggio di Papa Bonifacio VIII, che nel 1298 emanò un lodo [negozio giuridico assimilabile ad una sentenza] con cui riconosceva il possesso da parte guelfa della località. Dato che i guelfi bolognesi vedevano nei ghibellini di Modena, alleati con l’imperatore, Bonifacio VIII tentò di sfruttare la situazione per rafforzare il suo potere sul partito guelfo. Nei mesi precedenti la battaglia, l’attività militare sui confini tra Modena e Bologna s’intensificò. Nel mese di luglio del 1325 i bolognesi entrarono nel modenese mettendo a sacco la campagna. Nel mese di settembre, fu la volta del mantovano. Alla fine del mese i ghibellini riuscirono, grazie ad un tradimento, a conquistare il castello di Monteveglio, importante baluardo di difesa di Bologna. A questo punto il castello di Zappolino divenne l’ultimo importante baluardo di difesa della città di Bologna. 


Lo scontro tra le truppe bolognesi e quelle modenesi avvenne sul far della sera del 15 novembre 1325. Bologna schierò 30.000 fanti e circa 2.500 cavalieri. Modena rispose con 5.000 fanti e circa 2.800 cavalieri, molti dei quali di provenienza germanica. I guelfi si schierano tenendo alle loro spalle il castello. I modenesi attaccarono i cavalieri delle prime linee bolognesi, mentre la cavalleria attaccò sul fianco.


La battaglia fu molto breve, circa un paio d’ore, e si concluse con la terribile disfatta dell’esercito bolognese, nonostante la netta superiorità numerica. I bolognesi, sorpresi dall’attacco laterale, si diedero alla fuga: molti ripararono all’interno del castello di Zappolino, altri in quello di Olivero ed altri ancora raggiunsero Bologna, vanamente inseguiti dai modenesi. 
I morti furono oltre 2.000 tra cui il capo dei guelfi-modenesi, alleati dei bolognesi. 


I modenesi non tentarono l’assedio della città ma si limitarono a schernire gli sconfitti per diversi giorni, nei quali organizzarono giostre cavalleresche fuori dalle mura di Bologna. I ghibellini tornarono a Modena portando in trofeo una secchia rubata in un pozzo. Grazie al rapimento del contenitore, narrato da Alessandro Tassoni, quest’evento è noto come La battaglia della secchia rapita.

Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/

Bibliografia

F. G. Battaglini. Memorie storiche di Rimini e dei suoi signori. Lelio della Volpe, Rimini, 1789.

Pompeo Litta, Famiglie celebri d'Italia. D'Este, Torino, 1835.


http://www.zappolino.it/battaglia.htm


FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.

venerdì 23 novembre 2018

la nascita della civiltà egizia


Luca Andrea La Brocca.

Non ho intenzione di puntare il dito contro gli storici ortodossi e le loro inamovibili teorie. I grandi egittologi del passato hanno dato un contributo fondamentale alla comprensione della civiltà egizia nel suo insieme ed io non me la sento di buttare in mare tutta questa mole di lavoro. Questa pagina non vuole neppure cavalcare gli entusiasmi della cultura "new-age", non vuole vedere extraterrestre da tutte le parti, non vuole dar credito a teorie astruse, apparse come funghi negli ultimi tempi.

Non sono il primo a dirlo, ma lo studio di una civiltà complessa come quella egizia va affrontato diversamente da come hanno fatto gli egittologi fino ad oggi. 

C'è bisogno del filologo, dell'archeologo, dello studioso delle religioni, ma c'è bisogno anche di tecnici specializzati, astronomi, architetti, agrimensori, chimici, fisici, nonché studiosi non proprio ortodossi, come esperti in alchimia, in astrologia, e in storia delle società segrete.

Sono convinto che bisogna allargare il campo delle indagini, se si vuole una volta per tutte diradare le nebbie che avvolgono la storia dell'Egitto; se si vuole finalmente avere in mano qualcosa di più di semplici ipotesi che lasciano il tempo che trovano. I professori accademici ne trarranno chiari benefici, in quanto non dovranno più difendere teorie strambe, come quelle che riguardano il complesso di Giza, il periodo di Amarna, la stessa nascita della civiltà egizia, da visionari che vogliono assegnare tutto ciò che di grandioso si è fatto sulla terra ad una civiltà aliena.

In particolare, in questa pagina vorrei esporre alcuni argomenti, che sono poi quelli che riassumo nel titolo. Argomenti che, secondo il mio modesto punto di vista, non sono stati affrontati dagli studiosi in modo approfondito, cosa che ha incoraggiato il proliferare di teorie bizzarre che confondono, piche chiarire, le idee di chi si avvicina all'Egitto. Sicuro che sarete in tanti a sfogliare queste mie pagine, spero che possiate trovarle quanto meno interessanti, magari stimolanti. Spero possano stuzzicare la vostra sete di sapere, e possano spingervi a cercare più in là, ma non troppo, la risposta agli inquietanti interrogativi circa il nostro passato...


Nonostante l'enorme contributo dell'archeologia nell'acquisizione di informazioni che riguardano le origini della civiltà egiziana, "gran parte della storia di questo paese è avvolta nelle nebbie dell'incertezza".

Le tante domande che ancora aspettano una risposta sono state oggetto di speculazioni, cosa che ostacola la ricerca della verità. La mancanza di documenti scritti contribuisce a non rendere chiaro il quadro della situazione nella Valle del Nilo. Sicuramente fu abitata, anche nelle zone oggi aride che un tempo erano occupate da una verdeggiante savana. 

Chiaramente gli uomini erano dediti alla caccia, alla pesca e alla raccolta, almeno fino al 5500 a. C., quando dalla Palestina giunse l'agricoltura.

Questo è in parte vero, anche se gli storici sorvolano su quello che fu il primo caso di "rivoluzione agricola precoce" attestato al mondo, avvenimento che ha per protagonista proprio una cultura indigena della Valle del Nilo. E' un evento per alcuni aspetti misterioso, non ultimo il fatto che si colloca oltre i limiti temporali fissati dalla storiografia ortodossa.

Probabilmente per questi motivi, non ne fanno menzione alcuni dei testi di storia dell'Antico Egitto più famosi. Alcuni studiosi ne parlano comunque nelle loro opere, come Hoffmann in "Egypt before the Pharaohs" e Schild in "Prehistory of the Nile Valley".

Ad un certo punto, tra il 13.000 e il 10.000 a. C. l'Egitto visse per un periodo quello che è stato definito "uno sviluppo agricolo precoce", per mano della cultura Isnan.

In quattro siti sul Nilo superiore, gli archeologi hanno dissotterrato utensili agricoli in pietra, chiaro segno che questo popolo selezionava e coltivava cereali. Non solo, ma sembra che praticasse la domesticazione degli animali e disponesse di un'avanzata tecnologia di lavorazione.

Foto: il raccolto del grano. Da una pittura tombale dell'antico Egitto

Ma sentiamo cosa hanno da dirci gli esperti: - "Poco dopo il 13.000 a. C., mole e lame di falce dai tagli lucidi e brillanti (dovuti all'aderenza di silice degli steli tagliati alla punta affilata della selce) compaiono fra gli arnesi da lavoro del tardo paleolitico... E' chiaro che le mole venivano utilizzate nella preparazione di cibo vegetale..." - "Il declino della pesca come fonte di cibo è legata alla comparsa di una nuova risorsa alimentare rappresentata dai cereali macinati.

Dal pollice associato si evince che con tutta probabilità il cereale in questione era l'orzo e, fatto significativo, questo grande polline di graminacea, ipoteticamente identificato con l'orzo, fa un'apparizione improvvisa nel profilo pollinico nel periodo immediatamente precedente l'epoca in cui i primi insediamenti si stabilirono in questa zona..." - "Altrettanto spettacolare della nascita nel tardo paleolitico della proto agricoltura nella Valle del Nilo fu evidentemente la sua precipitosa fine.

Nessuno sa esattamente perché ma dopo il 10.500 a. C. le antiche lame di falce e la macinatura scompaiono per essere rimpiazzate in tutto l'Egitto da popolazioni paleolitiche di cacciatori, pescatori e raccoglitori che usavano strumenti di pietra."

Così l'agricoltura scomparve dall'Egitto per essere in seguito reintrodotta dalla Palestina intorno al 5000 a. C. Non solo, ma per almeno 1000 anni l'agricoltura non comparve più in nessun altro luogo della terra. 

Gli storici attribuiscono questo cambiamento di stile di vita ai cataclismi e ai mutamenti climatici che annunciarono la fine dell'ultima Era Glaciale. Dalle testimonianze emerge comunque che questa "rivoluzione" non fu un'iniziativa indigena, piuttosto una specie di "trapianto". E' improbabile che gli Isnan appartenessero ad una cultura capace di evolversi più rapidamente di altre culture. E' più facile pensare che acquisirono determinate conoscenze da una cultura più evoluta.


La fine della loro esperienza coincise non con un loro spostamento, o con una loro decisione di abbandonare gli strumenti, ma con il fatto che chi li istruiva abbandonò l'Egitto. Così, incapaci di continuare da soli, ritornarono a forme primitive di caccia, pesca e raccolta.

Purtroppo non abbiamo abbastanza dati a disposizione per poter tentare di seguire una eventuale migrazione, se mai avvenne, di questi primi colonizzatori.
Sembrano sparire nel nulla, motivo per cui gli studiosi negano la loro esistenza. 

Probabilmente i cataclismi che accompagnarono l'ultima de-glaciazione misero in difficoltà questi nostri "antenati", molti dei quali perirono durante quel periodo. Molti di loro, ma non tutti.

Ci sono almeno due validi motivi per affermare che una parte di loro non si spostò mai dall'Egitto: il fatto che la civiltà egizia comparve dal nulla nella sua completezza e il fatto che i primi sovrani egizi appartenevano ad una razza diversa da quella indigena. 

R.A. Schawaller, uno studioso "poco ortodosso" della civiltà nilotica era convinto che l'Antico Egitto si configurava non come uno sviluppo, ma come un'eredità.

Un attento studioso della civiltà egizia non può non rendersi conto che essa è pienamente sviluppata e definita dall'inizio della I Dinastia, circa 5000 anni fa. Ascoltate cosa hanno da dire alcuni famosi studiosi a tal proposito: "All'epoca di Menes" (il leggendario fondatore della I Dinastia), scrive Ignatius Donnelly nel suo Preadamites, "gli egiziani erano già un popolo civile e numeroso. Manetone ci dice che Athotis, il figlio del re, costruì il palazzo di Menfi; che era un medico e che lasciò dei libri di anatomia. Tutte queste affermazioni indicano semplicemente che, già in quell'antico periodo, gli egiziani avevano raggiunto un alto grado di civiltà.

All'epoca di Menes, gli egiziani erano da gran tempo architetti, scultori, pittori, mitologisti e teologi".

"L'Egitto" afferma il professor Richard Owen "appare dai documenti come una comunità civile e organizzata ancora prima del tempo di Menes. 

La comunità pastorale di un gruppo di famiglie nomadi ritratta nel Pentateuco può essere accettata come un primo passo nella civilizzazione. Ma quanto è avanzata rispetto a questo stadio una nazione amministrata da una monarchia, composta di diverse classi e strutturata secondo una divisione del lavoro, dove ai sacerdoti era assegnato il compito di registrare e di ordinare cronologicamente i nomi e le dinastie dei re, insieme alla durata e agli eventi principali dei loro regni!". "

L'Egitto" osserva Ernest Renan "fin dall'inizio, appare maturo, vecchio, senza periodi mitici o eroici, come se il paese non avesse mai conosciuto la giovinezza. La sua civiltà non ha alcuna infanzia, ne la sua arte alcun periodo arcaico. La civiltà dell'Antico Regno non appare nella sua infanzia. Era già matura".


Prendiamo come esempio per avvalorare questa ipotesi la sofisticata scrittura geroglifica. 

Gli egittologi dispongono di poche prove per poter seguire una eventuale linea di sviluppo della scrittura dai primi rozzi ideogrammi ai geroglifici completi di fonogrammi, ossia di segni con valore di suono.
Ma l'assurda teoria dello sviluppo crolla davanti ai famosi "Testi delle Piramidi". 

La particolarità di questi testi è che furono redatti durante un periodo di poco superiore ai cento anni, dalla fine della V Dinastia alla fine della VI, nelle camere funerarie delle piramidi di alcuni famosi faraoni. Il motivo di questa scelta non ci è noto, anche se probabilmente si volle creare un registro geroglifico di letteratura sacra.

Secondo R.O.Faulkner, professore di lingua egizia presso l'University College di Londra, i Testi sono "il corpus piantico di letteratura religiosa e funeraria pervenuto fino a noi" e "sono fra tutte le raccolte simili i meno corrotti". Secondo J.H.Breasted "ci svelano vagamente un mondo scomparso di pensieri e parole, l'ultima delle innumerevoli eternitper le quali passato l'uomo preistorico, prima...di fare il suo ingresso nell'era storica". Wallis Budge, ex sovrintendente alle antichità egizie presso il British Museum, e autore di un dizionario di geroglifici, con questa dichiarazione conferma l'ipotesi di un'eredità culturale: "I Testi delle Piramidi sono pieni di difficoltà di ogni genere.

Foto: alcuni TdP incisi nella camera funeraria della piramide di Unis a Sakkare, risale alla 5a dinastia

Non si conoscono i significati esatti di un gran numero di parole ivi contenute...

Spesso la costruzione della frase impedisce ogni tipo di traduzione, e quando contiene parole assolutamente sconosciute diventa un enigma insolubile. Sarebbe logico supporre che questi Testi venissero frequentemente utilizzati in occasione dei funerali, ma è evidente che furono impiegati in Egitto per un periodo di poco superiore ai cento anni. Perché il loro impiego iniziò repentinamente alla fine della V Dinastia per poi cessare alla fine della VI è un fatto inspiegabile.

Vari passi provano che gli scribi che redassero le copie su cui si basarono gli incisori delle iscrizioni non capivano quel che scrivevano. L'impressione generale è che i sacerdoti che stilarono le copie presero degli stralci da componimenti diversi di epoche diverse e di contenuti diversi..."

E' chiaro che i documenti sorgente o erano scritti in una forma arcaica della lingua egiziana - cosa che fa retrodatare la comparsa della scrittura egizia di parecchi secoli - o, probabilmente, erano scritti in una lingua diversa, che comprendeva terminologie tecniche e riferimenti a manufatti e a concetti per i quali non esistevano termini equivalenti nella lingua egizia. In entrambi i casi c'è la conferma che la scrittura egizia o la sua antenata erano antichissime e che, o si svilupparono in un arco di migliaia piuttosto che di centinaia di anni - cosa piuttosto improbabile - oppure che fu introdotta, completamente sviluppata, da una cultura superiore a noi sconosciuta.

In precedenza ho affermato che i primi sovrani egizi appartenevano ad una razza diversa dalla popolazione locale. Anche se l'affermazione può sembrare assurda, troverete conforto nelle parole del famoso professor W.B.Emery, autore id Archaic Egypt: "...verso la fine del IV millennio a.C., il popolo noto tradizionalmente con il nome di "Seguaci di Horus" ci appare come un'aristocrazia altamente civile o una razza dominante che governa tutto l'Egitto.

La teoria dell'esistenza di questa razza è confortata dalla scoperta, nelle tombe del tardo periodo predinastico nella parte settentrionale dell'Alto Egitto, dei resti anatomici di individui con un cranio e una corporatura di dimensioni maggiori rispetto agli indigeni, con una differenza così marcata da rendere impossibile qualsiasi ipotesi di ceppo comune.

La fusione delle due razze deve essere assai stretta, ma non così rapida che, al tempo dell'Unificazione, si potesse considerarla in qualche modo compiuta, dato che, per tutto il periodo arcaico, la distinzione fra l'aristocrazia civilizzata e la massa di indigeni è assai pronunciata, specialmente per quanto riguarda le usanze funerarie.

Solo alla fine della II Dinastia troviamo prove che dimostrano come le classi inferiori avessero adottato l'architettura funebre e il tipo di sepoltura dei loro governanti. L'origine razziale di questi invasori è ignota e ugualmente oscura rimane la via che seguirono nella penetrazione dell'Egitto". Gli stessi egiziani nel corso della loro storia fanno riferimento a coloro che li precedettero nel governo del paese: gli dei, i semidei, gli spiriti dei morti, e i re mortali, tra i quali i "Venerabili di Menfi", "I Venerabili del Nord" e gli "Shemsu Hor" o "Compagni di Horus", che regnarono sul paese durante un incredibile numero di anni. Per gli egittologi questi sono miti, ma per gli antichi egizi questa era storia, tant'è che tali dati comparivano sempre in liste di re contenenti anche i nomi di quei sovrani cosiddetti "storici", dei quali abbiamo prove certe di un'esistenza.

Sui miti egizi vi rimando ad una prossima trattazione. Vorrei ora soffermarmi su una argomento che reputo interessante: le conoscenze tecnologiche degli egiziani nei primi secoli della loro millenaria storia.

Per strane circostanze, oserei dire misteriose, non giunto fino ai nostri giorni nessuno strumento "tecnologico" egizio.

Di più non conosciamo descrizioni o rappresentazioni dei medesimi su testi o raffigurazioni pittoriche, e quindi non conosciamo nemmeno i termini con cui questi strumenti venivano designati. Lo studio della tecnologia egizia si basa quindi su mere congetture, partendo dalla osservazione del prodotto finito e dei resti della lavorazione. Per questo motivo si sono formulate le conclusioni più azzardate, e spesso l'analisi tecnologica stata influenzata dalle generali conclusioni archeologiche.

Ciò non sarebbe un problema nel caso in cui analisi tecnologica e archeologica giungessero a comuni risultati. Ma nell'ambito dell'egittologia accade il contrario, e così mentre l'analisi archeologica mostra una linea ascendente di evoluzione culturale dalla I Dinastia all'Era Tolemaica, l'analisi tecnologica segnala una leggera involuzione dalla I Dinastia sino alla IV Dinastia, per mostrare poi un processo di evidente declino nei tre millenni successivi, fino all'epoca dei Tolomei.

In effetti, il grado di perfezionamento, tanto rimarchevole quanto improvviso e senza precedenti che lo facciano presagire, nell'arte della costruzione nella III Dinastia e la risaputa incapacità dei costruttori dell'ipostilo di Karnak, che 1500 anni dopo non sapevano che gli edifici richiedevano di fondamenta, un mistero del tutto inspiegabile. Dobbiamo chiederci se l'assoluta inesistenza di riferimenti alla scienza e alla tecnologia egizia puramente casuale.
Gli egittologi attribuiscono effettivamente al caso la mancanza di reperti tecnologici.

Uno strumento molto usato dagli antichi egizi fu il trapano, che funzionava pio meno come il nostro. Abbiamo molti resti di perforazioni, ma nessun reperto dello strumento. Siccome i resti che possediamo di queste perforazioni sono una minima parte dei lavori che poteva produrre un tale strumento, gli egittologi affermano che in questo modo si riducono ancor di pile possibilità di rinvenire lo strumento. Anche se vogliamo condividere questa affermazione, essa non ci può spiegare allora perché nelle iscrizioni, pitture e papiri rimasti, non compaiono mai riferimenti, o almeno allusioni, alle conoscenze tecnologiche di questo popolo. Siamo ancora in presenza del caso?

Lo stesso discorso vale per le minuziose osservazioni astronomiche, comprovate dalla perfezione del calendario e dal preciso orientamento degli edifici, ma delle quali non ci rimasto nessun reperto. D'altronde, prima di noi, furono i classici a sorprendersi nell'osservare vicino alle grandi costruzioni la mancanza di qualsiasi reperto archeologico relativo agli strumenti che servirono alla loro costruzione.

Per concludere, gli egizi delle prime Dinastie costruirono la Grande Piramide, incisero geroglifici su pietre di inaudita durezza come la diorite, lo scisto metamorfico, il basalto e il cristallo di quarzo, con le quali crearono sculture incredibilmente perfette, con le sole mani, perché non conoscevano la ruota, il diamante, il ferro, e nessuno tipo di strumento.
Vi pare una affermazione logica? 

Può darsi, ma andate a guardare i recipienti di pietra, quasi 30.000, trovati sotto la Piramide di Gioser, vasi alti con lunghi colli esili, urne monolitiche con delicati manici ornamentali lasciati attaccati dagli intagliatori, coppe con colli stretti, coppe aperte, addirittura fiale microscopiche ed altri oggetti non meglio identificati, tutti rigorosamente levigati e lucidi, realizzati con pietre che nei secoli successivi gli egiziani non sapranno più usare.

O provate ad osservare la famosa statua del faraone Chefren (foto), in diorite, la più alta espressione dell'arte scultorea egizia. Sono opere che nemmeno i più bravi scalpellini attualmente in circolazione, con le migliore tecnica a disposizione, sarebbero in grado di eguagliare.

La massima espressione architettonica degli egizi il complesso di Giza. Esso comprende tre piramidi attribuite ad altrettanti faraoni della IV Dinastia, con i relativi templi funerari collegati con strade rialzate ai templi a valle, nonché la famosissima Sfinge. La Grande Piramide, l'unica delle sette meraviglie ancora in piedi, la Prima Piramide di Giza, per usare un termine tecnico, in realtà aveva un nome più poetico: "La Piramide che il luogo dell'alba e del tramonto" o anche "L'Orizzonte di Cheope". 

Gli egittologi la attribuiscono appunto a Cheope, il secondo Faraone della IV Dinastia, il cui nome egizio Khufu (hwfw) significa "Che Egli (il dio sole Ra) mi protegga". Non ho intenzione in questa sede di annoiarvi con la sfilza di dati che provano la straordinaria perfezione di questo monumento, ma voglio soffermarmi su particolari sui quali bisogna riflettere. La piramide priva di qualsiasi iscrizione, una caratteristica della necropoli di Giza, rispetto alle altre settanta piramide egizie tappezzate di geroglifici. Purtroppo non possono essere considerati originali i "marchi di cava", geroglifici errati o di epoca successiva, che furono trovati in alcune delle camere di compensazione sopra la Camera del Re dal Vyse, una specie di pseudo-archeologo che probabilmente fu l'autore del falso. 

Il monumento non quindi "firmato", per usare un termine moderno, fatto inusuale nella storia dei re egizi. Pensate, il grande Cheope realizzò l'opera più incredibile che si sia mai vista sulla terra, senza farne un motivo di celebrazioni, senza una parola di auto elogio, priva persino di quei testi funerari che avrebbero dovuto accompagnare il re defunto nel viaggio verso l'aldilà. Purtroppo non ci sono indizi che possano provare che Cheope fu sepolto proprio lì e la storiella che ci raccontano circa una profanazione da scartare per vari motivi, non ultimo il fatto che di tale furto non ci sono rimaste tracce, tipo un brandello di stoffa, un coccio rotto o qualche piccolo oggetto di poco valore. Reperti che collegano Cheope con la Grande Piramide sono stati trovati all'interno e all'esterno delle piramidi satellite che fiancheggiano il monumento, tra cui, ironia della sorte, l'unica statua che conosciamo del più famoso re d'Egitto.

Se scartiamo le notizie che ci giungono dai classici greci, i quali non avevano accesso a determinate informazioni, possiamo soltanto affermare che la Grande Piramide intimamente connessa con il faraone Cheope, ma non abbiamo uno stralcio di prova che dimostri che fu proprio lui a costruirla.


La Seconda Piramide di Giza la piramide attribuita a Chefren, "La Grande Piramide" o "Cheope Grande", come la chiamavano gli egizi. Chefren, il Khafra' o Rakhaef egizio (R'khaef), era il figlio di Cheope, che regnò dopo un suo fratellastro, Gedefra', il quale stranamente costruì la sua piramide lontano da Giza.

Anche questa piramide priva di iscrizioni e, manco a dirlo, fu trovata vuota. Nel Tempio a Valle, sepolte sotto metri di sabbia, furono trovate alcune statue del faraone, tra cui quella di diorite-gneiss di cui vi parlavo in precedenza. La Terza Piramide di Giza la piramide attribuita a Micerino, "La Piramide Divina" o "Micerino Divino". Questo faraone, chiamato dagli egizi Menkaura' (R'mnk3w), "La potenza di Ra stabile", fu dei tre il più ricco: di qui la stranezza della decisione di costruire la sua piccola piramide vicino ai giganti dei suoi predecessori. Avrebbe potuto benissimo scegliere un altro sito, vista comunque la perfezione del suo monumento. Anche questa piramide priva di iscrizioni, ma fu trovata nella Camera del Re una sepoltura intrusiva di un epoca successiva. Probabilmente il sarcofago era di Micerino, ma andò perso in mare. Di lui ci rimangono delle bellissime statue che lo ritraggono in trittici con altre divinità trovate sepolte all'interno del Tempio a Valle.

Avrete sicuramente notato la mia pignoleria quasi ossessiva nell'indicarvi i nomi esatti dei faraoni con il loro significato. In questo cerco di imitare gli stessi egizi, i quali davano molta importanza al nome (rn). Questa parola si scrive con due semplici simboli: il primo chiaramente la bocca, con la quale si pronunciano i nomi; il secondo un rivolo di acqua, un simbolo che in geroglifico significa energia, in quanto nominare qualcosa voleva dire dargli forza.

Chiusa questa parentesi, chiaro che gli egittologi non hanno elementi che possano provare chi furono i costruttori di tali monumenti.

Hancock e Bauval, rivolgendo lo sguardo in cielo sono riusciti in parte a diradare le nebbie del mistero che avvolgono questo sito. Le loro idee sono rivoluzionarie, ma penso che con il tempo verranno accettate dall'ortodossia. Chiarito che molto probabilmente la piramidi di Giza non furono costruite come tombe, lo stesso vale per le altre settanta piramidi sparse sul suolo egiziano. Per esempio Snefru (Snfrw), il padre di Cheope, costruì ben tre piramidi, e a tal proposito viene da chiedersi cosa doveva farci questo faraone con tre tombe. Era forse un megalomane?

Se le piramidi egizie non furono costruite per preservare i corpi mummificati dei faraoni, per quale motivo furono erette?

Adesso introduciamo un argomento "tabù", quello del ringiovanimento che i faraoni riuscivano ad ottenere mediante l'utilizzo delle piramidi, costruite a tale proposito. La cosa più sorprendente è che tutte le piramidi egizie furono costruite con questo obbiettivo. 

Tale recente conquista della scienza archeologica non viene divulgata perché si contrappone all'idea stereotipata secondo cui la finalità delle piramidi era di servire da tombe ai sovrani. Gli egittologi, dichiarando che lo scopo delle piramidi risiedeva nel ringiovanimento dei faraoni, non solo negano una "verità" accettata ormai da tempo, ma affermano un concetto apparentemente assurdo: chi può accettare una teoria secondo cui un faraone poteva ringiovanire solo sistemandosi all'interno della piramide? 

Nonostante possa sembrare sorprendente, questa è la tesi accettata ufficialmente dalla scienza archeologica per spiegare la finalità di questi monumenti. Sentiamo cosa hanno da dirci in merito alcuni affermati egittologi: "In alcune tribù nilotiche" afferma A.Fakhry "ancora oggi un re può prolungare il proprio regno con metodi magici e cerimonie rituali. Agli albori della storia gli egizi probabilmente eseguivano pratiche simili. I faraoni celebravano l'Heb Sed (hb-sd) come mezzo per preservare il proprio vigore giovanile e prorogare nel tempo il loro regno. La pratica dell'Heb Sed continuo fino alla fine della storia egiziana."..."

Nelle pareti dei templi si trovano numerose rappresentazioni di tali cerimonie. Sfortunatamente, anche se conosciamo questi rilievi e possiamo tradurre i testi geroglifici che li accompagnano, dobbiamo ammettere che l'obiettivo fondamentale di queste pratiche ci sfugge ancora." "Tutti i re egizi", dichiara I.E.S. Edward nel suo libro "Le Piramidi d'Egitto","dovevano celebrare l'Heb Sed dopo aver regnato per un certo numero di anni. L'origine di questa festa è molto oscura, ma risale ad epoche lontane, quando il re, dopo un certo periodo, doveva morire ritualmente. 

E' evidente che il significato di questa tradizione consisteva nella convinzione che la felicità del regno potesse venir assicurata solamente da un re che fosse riuscito a mantenere intatto il proprio vigore fisico."..."Uno degli elementi più importanti dell'Heb Sed consisteva nella legalizzazione dell'incoronazione. Durante questa cerimonia una processione guidata da un sacerdote giungeva al tempio dell'atrio dell'Heb Sed, dove si trovavano gli dei delle "monarchie" dell'Alto Egitto. Dopo aver ottenuto da ogni dio il consenso per il prolungamento del regno, il re veniva condotto al trono sud, un complesso di due troni collocati sotto un baldacchino, per essere incoronato con la corona bianca dell'Alto Egitto. Una cerimonia simile si verificava nei templi degli dei delle monarchie del Basso Egitto prima che il re ascendesse al trono nord per ricevere la corona rossa del Basso Egitto." Edward dedica molte pagine del suo libro alla descrizione dell'enorme e complessa architettura costituita da decine di immensi templi, corridoi, gallerie, patii situati a diversi livelli, che costituiscono un complesso monumentale di strutture che erano, come già assicurava Erodoto, ancora più importanti della stessa piramide. Se si considera che la finalità della piramide era l'Heb-Sed , è logico che anche i templi dell'Heb-Sed addossati alla piramide fossero edifici monumentali.

E' possibile ricostruire, in linea generale, la successione delle cerimonie dell'Heb-Sed. Secondo i testi e i disegni egizi, la prima fase costituiva la morte rituale del faraone, il cui corpo veniva collocato in un lussuoso sarcofago all'interno della piramide. Non sappiamo quanto tempo durava la permanenza del faraone nel sarcofago, e non sappiamo nemmeno se ciò avveniva per catalessi, ipnosi, o altro. Tale morte veniva accompagnata dalle cerimonie del dolore, e questo spiega perché parte degli impianti dell'Heb-Sed è puramente funeraria. Trascorso il tempo necessario, il faraone resuscitava.

Pur non avendo testimonianze dirette di questa fase, possiamo immaginare la festosità e l'allegria che accompagnavano la resurrezione del re. Poteva accadere che il sovrano uscisse dal sepolcro con tutti gli acciacchi di prima, per cui erano previste, prima dell'incoronazione, minuziose e prolungate "prove di gioventù”. Le prove di gioventù sono la dimostrazione che il processo di ringiovanimento era preso in seria considerazione. Una rappresentazione molto comune mostra il faraone mentre corre rapidamente con una stanga da trebbiatura in una mano e un piccolo oggetto nell'altra. Sul suolo si nota la traccia di un circuito che corre tra due file di pietre a forma di tronco di cono che il sovrano doveva percorrere quattro volte. Chiaramente solo un re rinvigorito poteva superare una tale prova.

La stanga da trebbiatura evidenzia un'altra prova di forza, perché quando le messi si trebbiavano a mano, solo i giovani vigorosi erano capaci di sgranare i covoni, non di sicuro un faraone anziano. Ignoriamo la natura di una successiva prova collegata al piccolo oggetto che il re porta in una delle mani.
In una delle sale dell'Heb-Sed compare la figura del dio Min, il dio della fertilità spesso rappresentato come un toro bianco con il fallo eretto. 

Ciò a testimoniare una prova associata al vigore sessuale, della quale ci sfugge il senso. Alcuni testi menzionano altre prove di gioventù come violare una fortezza o distruggere una città a dimostrazione che la cerimonia del Giubileo si sviluppava in un tempo molto lungo. 

Appare chiaro dalla complessità della festa e dall'enorme sforzo economico richiesto per la costruzione di templi e edifici, che il contenuto dell'Heb-Sed era in qualche modo reale. Una festa che risaliva all'Egitto predinastico e che non subì variazione nei tremila anni della civiltà egizia.

Fino a poco tempo fa era impossibile spiegare il problema del ringiovanimento del faraone utilizzando le conoscenze della biologia. In nostro aiuto sono giunte due nuove teorie, una del chimico fiorentino Piccardi e l'altra del professore di informatica russo Trincher, entrambe basate sulla scoperta di alcune proprietà dell'acqua un tempo sconosciute. Prima di affrontare questi studi e' bene spendere due parole in favore di questo liquido. L'acqua è un composto chimico totalmente anomalo, tant'è che non si concilia con le usuali regole della fisica e della chimica. Il grande idrologo fiorentino Piccardi era solito affermare che "l'acqua è il liquido più misterioso della creazione".

D'altronde l'intima relazione tra acqua e vita è tale che si può affermare che "la vita è una delle proprietà anomale dell'acqua". 

Se fosse una sostanza come le altre, dovrebbe bollire a 230ー sotto zero, ma per comparazione tra H2O e H2S, l'acqua bolle a 100ー gradi sopra lo zero.

Tutte le sostanze, raffreddate, contraggono il proprio volume, e cosi metalli non fusi rimangono nel fondo, mentre il ghiaccio galleggia sull'acqua. Essa inoltre ha un potere dielettrico di 80, altissimo se confrontato alla media delle altre sostanze, che arriva a 10. Ed è quest'ultima anomalia ad originare tutte le altre. Ciò avviene perché l'acqua presenta "valenze deviate".

L'angolo delle valenze dell'ossigeno nell'acqua è 104ー, per cui l'acqua non H2O, ma e' formata da cinque H2O. A tal proposito il premio Nobel Pauling afferma che "L'acqua è un polimero costituito da cinque molecole di H2O collocate in cinque angoli di una piramide di base quadrata, il cui angolo di 52ー. Anche la Grande Piramide ha la base quadrata con gli angoli di 52ー, per cui si può affermare con certezza che il monumento egizio non è altro che il simbolo dell'acqua.

Piccardi collocò in una provetta una soluzione di cloruro di bismuto, aggiunse acqua e scoprì che la soluzione si intorbidiva producendo un liquido biancastro. In particolare scoprì che il grado di precipitazione variava con le ore del giorno, con i mesi dell'anno e ogni undici anni, seguendo il ciclo del giorno, delle stagioni e delle macchie solari.

Piccardi scoprì anche che il composto precipitava più rapidamente in una provetta collocata sotto un recipiente di metallo, la quale evidentemente non subiva l'influenza delle onde elettromagnetiche che, al contrario, acceleravano il processo di precipitazione nella provetta sistemata all'aperto. La cosa sorprendente è che in una provetta collocata sotto una piramide che abbia le stesse proporzioni della Grande Piramide, la decantazione, nel caso del cloruro di bismuto, avveniva addirittura con quindici minuti di ritardo.

Questa è la prova che esistono radiazioni universali che provocano il ritardo della precipitazione, radiazioni che vengono ottimamente captate dalla piramide. 

l processo di invecchiamento è noto come un aumento di entropia, per cui con la creazione di anti-entropia tale processo viene ritardato. Il biologo russo Trincher riuscì a fare misurazioni dell'anti-entropia dell'acqua interstiziale dei globuli rossi, la quale risiede "in stati cristallini metastabili dell'acqua". 

Da questa scoperta e da quella del Piccardi alcuni ricercatori hanno preso spunto per effettuare esperimenti circa l'influenza che la forma piramidale esercita sul comportamento di enzimi e ormoni.

Questi avvennero nello IEA, l'Istituto di Studi Avanzati dell'Argentina. Sappiamo che gli enzimi hanno la capacità, agendo come catalizzatori, di accelerare diversi processi di trasformazione chimica che avvengono nel nostro organismo. La piramide ha la proprietà di modificare questa capacità. Gli esperimenti all'IEA consisterono nel collocare provette contenenti un enzima e un substrato all'aperto, in un cubo e in una piramide. Si effettuarono esperimenti con tutti gli enzimi riscontrando trasformazioni con alte percentuali di rendimento sotto la piramide: il 150% per l'ureasi, che trasforma l'urea in ammoniaca; il 70% per i lipasi, che sdoppiano i grassi in acidi grassi e glicerina; il 50% per l'invertasi, che trasforma il saccarosio in glucosio; anche una diminuzione del 42% per l'amilasi, che sdoppia l'amido in glucosio. Con gli ormoni si ebbero variazioni qualitative, non quantitative, per cui si affermò il carattere puramente enzimatico dell'azione piramidale.

Purtroppo gli esperimenti, suggeriti dal biochimico Varela, furono arrestati, non essendo stati giudicati interessanti dagli scienziati.

fonte: https://crepanelmuro.blogspot.com/

domenica 18 novembre 2018

la scomparsa e la morte della famiglia Jamison

il diavolo forse o il mistero del  "grado di latitudine 35”.

Famiglia Jamison 



La famiglia Jamison di Eufaula, Oklahoma, Stati Uniti, era composta dal padre Bobby Dale Jamison, dalla madre Sherilyn Leighann, e dalla figlia Madyson Stormy Stella Jamison. Scomparve misteriosamente l'8 ottobre 2009. Insieme erano partiti da casa in mattinata per visionare un terreno di quaranta acri di terra vicino a Red Oak, a circa trenta miglia da Eufaula, che avrebbero voluto comprare.  Otto giorni dopo gli amici e la famiglia, non avendo loro notizie, ne denunciarono la scomparsa. Centinaia di volontari insieme a decine di agenti delle forze dell'ordine perlustrarono la zona di Red Oak. Il camion della famiglia Jamison fu ritrovato abbandonato lungo la strada. All'interno c’era ancora il piccolo cane di famiglia, stremato dalla fame, i portafogli, i telefoni cellulari, un sistema GPS, e 32.000 dollari in contanti. Lo sceriffo diede inizio ad una enorme battuta di ricerca con droni, cani, e centinaia di poliziotti e volontari, alcuni anche a cavallo, ma non si trovò nemmeno un piccolo indizio. Era come se i Jamison fossero svaniti nel nulla. La polizia sospettò addirittura una sorta di scherzo. Quattro anni più tardi, nel novembre del 2013, alcuni cacciatori di cervi trovarono i resti scheletrici di due adulti e un bambino, buttati a faccia in giù in terra tra gli arbusti in un luogo isolato a sole due miglia dal punto in cui era stato trovato, quattro anni prima, il camion abbandonato dei Jamison. I resti furono identificati con sicurezza come quelli della famiglia Jamison, ma erano così decomposti che non fu possibile accertare la causa della morte. Risultò subito molto strano che la grandiosa caccia all'uomo di anni prima non fosse riuscita a scoprire la famiglia così vicino al veicolo. Vista la grande quantità di denaro trovata nel loro camion, si pensò ad un affare di droga andato male. Questo pareva in qualche modo confermato dal fatto che nei giorni precedenti la scomparsa, secondo i vicini, sia Bobby sia Sherilynn si erano comportati in modo strano e sembravano incredibilmente sofferenti ed emaciati. Ciò faceva pensare ad un uso di droga pesante, in particolare il crystal meth, una droga molto usata nella zona montuosa dove la famiglia era scomparsa, dove esistevano molti laboratori clandestini di meta-anfetamine.  Inoltre, il video ripreso dalla telecamera di sicurezza esterna alla casa dei Jamison il giorno della loro partenza, li aveva mostrati in una sorta di stato di trance o di stordimento: stavano senza parlare gli uni con gli altri in silenzio, si muovevano come robot e facevano decine di viaggi avanti e indietro dalla casa al camion caricando qualcosa imballato in scatole.  Tuttavia, nel camion e nella casa non si trovò alcuna prova del consumo di droga, e gli amici e la famiglia insistettero che erano puliti, anche se in cattive acque finanziarie. Si pensò che, anche se la famiglia non era direttamente coinvolta in un affare di droga, sarebbe potuta incappare in uno dei tanti laboratori segreti sparsi per la regione montagnosa, e dunque fatta sparire per non rivelare nulla. Un'altra teoria popolare a quel tempo fu l’omicidio a sangue freddo puro e semplice. Una ragione poteva essere che Bobby Jamison aveva una faida in corso con il padre, Bob Jamison, che la famiglia aveva citato in giudizio per la proprietà di un distributore di benzina.  Il padre di Bobby per ben due volte aveva minacciato di uccidere il figlio e la nuora. Si sparse anche la voce che Bob Jamison avesse legami con la mafia messicana. La madre di Sherilynn, Connie Kokotan, confermò che la figlia e il marito avevano paura di Bob. Tuttavia il padre di Bobby Jamison aveva un alibi:  era malato e ricoverato in ospedale al momento della sparizione.  Secondo altre teorie, la famiglia era stata uccisa da suprematisti bianchi legati a un uomo che nutriva rancore nei confronti di Sherilynn, e l’aveva minacciata una volta con una pistola. L’ uomo che aveva affittato una stanza in casa della famiglia aveva insultato la donna, nativa americana, con epiteti razziali. Sherilynn spaventata aveva preso una pistola e gli aveva ordinato di uscire da casa sua. L’uomo fu interrogato, ma fornì un alibi di ferro e fu rilasciato. Si avanzò poi l’ipotesi dell’omicidio-suicidio all'interno della famiglia. Vi erano certamente indizi che portavano a questo. Entrambi i Jamisons avevano in diversi momenti sofferto di una grave depressione, un problema che si era acuito dopo la tragica morte della sorella di Sherylinn, Martha. Mentre il dolore costante di Bobby pareva fosse causato da un incidente stradale. Un medico legale aveva anche affermato di aver trovato un piccolo foro nella parte posteriore del cranio di Bobby Jamison, suggerendo così che gli avessero sparato con una calibro 22. Era possibile che Sherilyn avesse ucciso il marito e la figlia, e poi se stessa? Ma i corpi di madre e figlia non presentavano fori d’arma da fuoco e un’arma non fu mai trovata.  Ad un certo punto le cose presero una piega veramente bizzarra, virando verso la stregoneria, l’occulto e il paranormale. Il pastore della famiglia Jamison, Gary Brandon, si fece avanti con molte dichiarazioni strane. Sostenne che nei giorni precedenti alla scomparsa, Bobby e Sherilynn gli avevano detto di credere che la loro casa fosse infestata da presenze demoniache, e di essere coinvolti in una sorta di "guerra spirituale". I coniugi sostenevano di avere contatti con gli spiriti dei morti e che la loro figlia, Madyson, parlava regolarmente con un bambino fantasma. Ma pare ci fossero addirittura due fantasmi chiamati Emily e Michael, e uno di loro aveva le ali come un angelo.  Bobby Jamison era così sconvolto dai fantasmi che aveva comprato dei "proiettili speciali" con cui sparare alle entità, e sua moglie Sherilynn aveva cominciato a indagare se la casa fosse stata costruita su un antico cimitero indiano. Pareva avessero anche usato una "Bibbia satanica" al fine di liberare la casa dalle presenze. Infatti, fu ritrovata in casa una "bibbia della strega". Questo sembrò spiegare alcuni messaggi criptici trovati dagli investigatori sulla proprietà della famiglia Jamison. Sul lato di un contenitore di stoccaggio erano state ritrovate delle parole misteriose3 gatti uccisi fino ad oggi comprare le persone in questo settore. . Alle streghe non piace il gatto nero ucciso’. Uscì allo scoperto un’amica di Sherilynn affermando che la donna era una strega e che molti dei gatti della famiglia erano stati avvelenati dai vicini. A quanto pare, la credenza negli spiriti e nelle streghe era dilagante in tutto il nucleo familiare dei Jamison. La migliore amica di Sherilyn Jamison, Niki Shenold, affermò che davvero Sherilyn era interessata alle streghe.  Raccontò che anni prima avevano comprato le bibbie della strega. Secondo lei la casa dei Jamison era infestata. Ogni volta che c’era stata, aveva sentito una presenza terribile. Una volta era in soggiorno e una sorta di nebbia grigia era scesa giù per le scale. Sherilyn le aveva detto in un paio di occasioni, di aver visto il marito Bobby guardarla improvvisamente con due occhi come se fosse stato posseduto. Così lasciava bigliettini intorno alla casa con scritto 'Vattene satana' e cose del genere. La madre di Sherilyn dichiarò di credere che la figlia fosse stata coinvolta in una sorta di culto pagano e satanico.  Allora fu considerato con altri occhi quanto ripreso dalla telecamera di casa giorni prima della scomparsa sostenendo che lo strano comportamento avrebbe potuto anche essere causa di qualche sorta di possesso spirituale o dell’influenza di qualche incantesimo occulto. Era droga o qualcosa di più? La stranezza del caso non si ferma qui. La migliore amica di Sherilyn, Nicki, affermò anche di essere stata contattata da una donna che sosteneva che Sherilyn era stata coinvolta nel culto di una setta chiamata White Knights, i cui membri avevano giurato di ucciderla. Vicino al camion abbandonato della famiglia era stato trovato il relitto abbandonato di una vettura, a lungo utilizzato per la pratica di tiro e per la stesura di vari messaggi satanici scarabocchiati su tutta la carrozzeria. Nicki raccontò di strani avvenimenti verificatisi a seguito di questi messaggi: ‘Sono andata fino a quelle montagne circa un anno dopo la scomparsa, e vicino a dove i corpi sono stati trovati c'era una fila di auto parcheggiate con targhe del Texas. Quando siamo arrivati ​​vicino al luogo effettivo sentimmo un paio di colpi di pistola. Sembravano colpi di avvertimento per me. Non mi spavento facilmente, ma quel luogo veramente era terrificante’ . Un altro dato strano è l’ultima foto di Madyson, la figlia della coppia, trovata sul cellulare di Bobby Jamison, e che sembra essere stata scattata in montagna il giorno della sparizione. Nella foto la ragazzina sembra essere distante dalla fotocamera con uno sguardo infelice sul viso e le braccia incrociate. Che cosa stava succedendo?  Perché quella strana fotografia? Infine, alcune persone hanno notato come il caso della famiglia Jamison, abbia una certa sincronia spettrale con il fenomeno noto come il "grado di latitudine 35”, o come alcuni dicono, "La linea della tragedia". Infatti, lungo il grado di latitudine 35 accaddero tutta una serie di brutali omicidi, compreso il caso sconvolgente di Andrea Pia Yates Kennedy, una donna di Houston che soffriva di depressione post-partum e che il 20 giugno 2001 uccise tutti e cinque dei suoi figli annegandoli in una vasca da bagno. Un altro famoso omicidio verificatosi lungo questa linea è stato l’orribile assassinio di Carol Pastor Daniels, il cui cadavere mutilato fu trovato appoggiato dietro l'altare della chiesa che frequentava, un omicidio che fu collegato al satanismo.  Il grado di latitudine 35 ° riguardava anche il luogo dove Timothy McVeigh condannato per l'attentato di Oklahoma City del 19 aprile 1995 che uccise 168 persone, fra cui 19 bambini, il più sanguinoso atto terroristico perpetrato nel territorio degli Stati Uniti fino agli attentati dell'11 settembre 2001. A che latitudine erano scomparsi i Jamisons ? Avete indovinato, il grado di latitudine 35 °. In aggiunta a questi omicidi, un'altra scomparsa stranamente simile a quello della famiglia Jamison e che si verificò lungo il grado di latitudine 35 °, fu la misteriosa scomparsa di Tommy Raymond Eastep. Dopo aver visitato Eufaula, la stessa città dove aveva abitato la famiglia Jamison, l’uomo scomparve nel nulla, e la polizia ritrovò il suo camion abbandonato in autostrada presso il bivio di Wetumk, latitudine nord 35 ° gradi . È tutto semplice coincidenza, o c'è qualcosa di più sinistro che collega tutti questi fatti?

fonte: http://larapavanetto.blogspot.com/

giovedì 15 novembre 2018

gli insegnamenti segreti di tutte le ere: Atlantide e gli Dei antichi

ATLANTIDE è l’oggetto di un breve ma importante articolo che appare nella relazione annuale del Board of Regents dello Smithsonian Institution per l’anno che termina il 30 giugno, 1915. L’autore, M. Pierre Termier, membro dell’Academy of Sciences e Direttore
del servizio geologico di Francia, nel 1912 ha tenuto una conferenza sull’ipotesi Atlantide all’Institut Océanographique;
“Dopo un lungo periodo di indifferenza sdegnosa”, scrive M. Termier, “osservo come nel negli ultimi anni la scienza sta tornando allo studio di Atlantide. Quanti naturalisti, geologi, zoologi o botanici si stanno chiedendo oggi se Platone non ci abbia trasmesso, una pagina della storia attuale dell’umanità. No l’affermazione è ancora inammissibile; ma sembra sempre più evidente che una vasta regione, continentale o costituita da grandi isole, è crollata a ovest delle Colonne d’Ercole,
altrimenti chiamato lo Stretto di Gibilterra, e che il suo crollo avvenne in un non molto lontano passato. In ogni caso, la questione di Atlantide è riposta di nuovo agli uomini di scienza; e poiché non credo che possa mai essere risolto senza l’aiuto dell’oceanografia, pensavo fosse naturale discuterne qui, in questo tempio della scienza marittima, e chiamarlo un problema, a lungo disprezzato ma ora in fase di ripresa, anche l’attenzione degli oceanografi come l’attenzione di coloro che, sebbene immersi nel tumulto delle città, prestano orecchio al lontano mormorio del mare. ”
Nella sua conferenza M. Termier presenta i dati geologici, geografici e zoologici a supporto della teoria di Atlantide. Prosciugando in senso figurato l’intero letto dell’Oceano Atlantico, considera le disuguaglianze del suo bacino e pensa che si trovi nelle Azzorre in Islanda, dove il dragaggio ha portato la lava in superficie da 3.000 metri di profondità. La natura vulcanica delle isole ora esistenti nell’Oceano Atlantico corrobora l’affermazione di Platone secondo cui il continente di Atlantide fu distrutto da una cataclismica eruzione vulcanica. M. Termier avanza anche le conclusioni di un giovane zoologo francese, M. Louis Germain, che ha ammesso l’esistenza di un continente atlantico collegato con la Penisola Iberica e con la Mauritania (cercate su youtube Atlantide in Mauritania e “l’occhio dell’Africa e` il posto più probabile in cui potrebbe trovarsi Atlantide n.d.r) e prolungato verso sud in modo da includere
alcune regioni del clima desertico. M. Termier conclude la sua lezione con un’immagine grafica del rogo di quel continente.
La descrizione della civiltà atlantidea data da Platone può essere
riassunta come segue. Nei primi tempi gli dei dividevano la terra tra loro, proporzionandolo secondo le rispettive dignità. Ognuno divenne la divinità peculiare della sua propria assegnazione e stabilìva in essa templi, sacerdoti e istituiva un sistema di sacrificio. A Poseidone è stato dato il mare e il continente isola di Atlantide. Nel mezzo dell’isola c’era una montagna che era la dimora di tre esseri umani primitivi nati dalla terra – Evenor; sua moglie, Leucipe; e la loro unica figlia, Cleito. La fanciulla era molto bella, e dopo l’improvvisa morte dei suoi genitori fu corteggiata da Poseidone, che generò cinque coppie di figli maschi. Poseidone riparti` il suo continente tra questi dieci, e Atlas, il maggiore, divenne il signore degli altri nove. Poseidone definì inoltre il paese Atlantide e il mare circostante l’Atlantico in onore
di Atlante. Prima della nascita dei suoi dieci figli, Poseidone ha diviso il continente e il mare in senso orario in zone concentriche di terra e acqua, che erano perfette come se avesse avuto acceso un tornio. Due zone di terra e tre d’acqua circondavano l’isola centrale, che Poseidone fece irrigare con due sorgenti d’acqua: una calda e l’altra
fredda. I discendenti di Atlas continuarono come governanti di Atlantide, e con un governo saggio e industrioso ha elevato il paese a una posizione di superiorità. Le risorse naturali di Atlantide apparentemente erano senza limiti. Furono estratti metalli preziosi, addomesticati animali selvatici e distillati profumi dai suoi fiori. Godendo dell’abbondanza naturale grazie alla loro posizione semitropicale, anche gli Atlantidei si adoperarono nell’erezione di palazzi, templi e banchine. Hanno costruito ponti per unire le varie zone e scavato un canale profondo per collegare l’oceano esterno con l’isola centrale, dove si trovava il palazzi e tempio di Poseidone, che eccellevano in tutte le altre strutture in magnificenza. UN
rete di ponti e canali è stata creata dagli Atlantidei per unire le varie parti del loro regno. Platone quindi descrive le pietre bianche, nere e rosse che hanno estratto da sotto il loro continente e utilizzato nella costruzione di edifici pubblici e banchine. Circoscrivevano ciascuna delle zone terrestri con un muro, il muro esterno coperto di ottone,
quello di mezzo con stagno, e quello interno, che comprendeva la cittadella, con l’oricalco. La cittadella, sull’isola centrale, conteneva i pali, i templi e altri edifici pubblici. Nel suo centro, circondato da un muro d’oro, c’era un santuario dedicato a Cleito e Poseidone. Qui nacquero i primi dieci principi dell’isola e qui ogni anno i loro
discendenti portavano offerte. Il tempio di Poseidone, con il suo esterno interamente coperto d’argento e i suoi pinnacoli d’oro si ergeva all’interno della cittadella. L’interno del tempio era di avorio, oro, argento e oricalco, compresi pilastri e pavimento. Il tempio conteneva una colossale statua di Poseidone in piedi su un carro trainato da sei cavalli alati, e con lui centinaio di Nereidi che cavalcano delfini. Erano disposte all’esterno dell’edificio statue dorate dei primi dieci re e delle loro mogli. Nei boschetti e nei giardini c’erano sorgenti calde e fredde. C’erano numerosi templi a varie divinità, luoghi di esercizio per uomini e per bestie, bagni pubblici. In vari punti panoramici c’erano fortificazioni, e dal grande porto arrivavano navi da ogni nazione marittima. Le zone erano così fittamente popolate che il suono delle voci umane era sempre nell’aria. Quella parte di Atlantide che si affaccia sul mare era descritta come alta e precipitosa, ma intorno alla città centrale era una pianura protetta da montagne rinomate per le loro dimensioni, numero e bellezza. La pianura produceva due raccolti ogni anno, in inverno irrigati dalle piogge e
in estate da immensi canali di irrigazione, che servivano anche per il trasporto. La pianura era divisa in sezioni, e in tempo di guerra ogni sezione forniva la sua quota di combattenti uomini e carri.
I dieci governi differivano l’uno dall’altro nei dettagli riguardanti i requisiti militari. Ognuno dei re di Atlantide aveva il controllo completo sul proprio regno, ma i loro rapporti reciproci erano governati da un codice inciso dai primi dieci re in una colonna ‘di oricalco in piedi nel tempio di Poseidone. A intervalli alterni di cinque e sei anni si teneva un pellegrinaggio a questo tempio, qui, con adeguato sacrificio, ogni re rinnovava il suo giuramento di lealtà sull’iscrizione sacra. Qui i re indossavano vesti azzurre e
sedevano in giudizio. All’alba scrivevano le loro frasi su una tavoletta d’oro: e le depositavano con le loro vesti come memoriali. Le principali leggi dei re di Atlantide erano
LO SCHEMA DELL’UNIVERSO SECONDO I GRECI E I ROMANI.
Da Immagini degli Dei degli Antichi di Cartari.
Salendo successivamente attraverso la sfera infuocata di Ade, le sfere di acqua, terra e aria, e ilil cielo della luna, si raggiunge il piano di Mercurio. Sopra Mercurio ci sono i piani di Venere, il sole,
Marte, Giove e Saturno, quest’ultimo contenente i simboli delle costellazioni zodiacali. Sopra l’arco dei cieli (Saturno) è il luogo di dimora delle diverse potenze che controllano l’universo. Il supremo consiglio degli dei è composto da dodici divinità – sei maschi e sei femmine – che corrispondono al segni positivi e negativi dello zodiaco. I sei dei sono Giove, Vulcano, Apollo, Marte, Nettuno e Mercurio; le sei dee sono Giunone, Cerere, Vesta, Minerva, Venere e Diana. Giove cavalca la sua aquila come
il simbolo della sua sovranità sul mondo, e Giunone è seduta su un pavone, il suo simbolo.
che non avrebbero imbrracciato le armi l’uno contro l’altro e che sarebbero andati ad assistere uno qualsiasi dei loro collegi, se attaccato. In materia di guerra la decisione finale era nelle mani dei diretti discendenti della famiglia di Atlas. Nessun re aveva il potere di vita e di morte sui suoi parenti senza il consenso di una maggioranza del dieci.
Platone conclude la sua descrizione dichiarando che è stato questo grande impero ad attaccare gli stati ellenici. Ciò non avvenne, tuttavia, finché il potere e la gloria non attirarono i re di Atlantide lontano dal sentiero della saggezza e della virtù. Pieni di false ambizioni, i governanti di Atlantide decisero di conquistare il mondo intero. Zeus, percependo la malvagità degli Atlantidei, riunì gli dei nella sua santa dimora e si rivolse a loro. Qui la narrativa di Platone finisce bruscamente, perché le sue Critiche non sono mai state completate. Nel Timiso c’è un’ulteriore descrizione di Atlantide, donata a Solone da un sacerdote egiziano e che conclude come segue:
“Ma in seguito si sono verificati violenti terremoti e inondazioni, e in un solo giorno e in una sola notte di pioggia tutti gli uomini bellicos presenti affondarono nella terra e l’isola di Atlantide nello stesso modo scomparve, e fu affondata sotto il mare. E questo è il motivo per cui il mare da quelle parti è impraticabile e impenetrabile, perché c’è una tale quantità di fango superficiale a causa del cedimento dell’isola”.
Dopo aver investigato le varie ipotesi sulla location di Atlantide, questa a mio parere e` la piu` probabile. La descrizione di Platone coincide completamente (n.d.r.)
Nell’introduzione alla sua traduzione del Timæus, Thomas Taylor cita Storia dell’Etiopia, scritta da Marcello, che contiene il seguente riferimento ad Atlantide: “Riferiscono che nel loro tempo c’erano sette isole nel mare Atlantico, sacre a Proserpina; e oltre a queste, altre tre di immensa grandezza; una delle quali era sacra a Plutone, un altra a Ammone, e un altra, che è il mezzo a queste, ed è grande
mille stadi, a Nettuno. “Crantor, commentando Platone, affermò che i sacerdoti egiziani dichiararono che la storia di Atlantide era scritta su pilastri che erano ancora conservati nel 300 a.C. (Vedi Principi o Scorci di civiltà scomparse.) Ignazio Donnelly, che ha trattato il tema dello studio profondo di Atlantide, credeva che igli atlantidei avessero addomesticato i cavalli per primi, per cui sono sempre stati considerati
particolarmente sacri a Poseidone. (Vedi Atlantide.)
Da un’attenta considerazione della descrizione di Platone di Atlantide è evidente che la storia non dovrebbe essere considerata come interamente storica ma piuttosto come allegorica e storica.
Origene, Porfirio, Proclo, Giamblico e Siriano capirono che la storia celava un profondo mistero filosofico, ma non erano d’accordo sull’interpretazione attuale. L’Atlantide di Platone simboleggia la triplice natura sia dell’universo che del corpo umano. I dieci re di Atlantide sono i tetractys, o numeri, che nascono come cinque coppie di opposti. (Consultare Theon of Smyrna per la dottrina pitagorica degli opposti) i numeri da 1 a 10 governano ogni creatura e i numeri, a loro volta, sono sotto il controllo della Monade, o 1 – il più anziano tra loro. Con lo scettro tridente di Poseidone questi re regnavano sugli abitanti delle sette piccole e tre grandi isole che costituivano Atlantide. Filosoficamente, le dieci isole simboleggiano i poteri trini della Divinità Superiore e i sette reggenti che si inchinano davanti al suo trono eterno. Se Atlantide è considerata come la sfera archetipica, allora la sua immersione significa la discesa della coscienza organizzata razionale nell’illusorio, regno impermanente dell’ignoranza irrazionale e mortale. Sia l’affondamento di Atlantide che la storia biblica della “caduta dell’uomo” indica l’involuzione spirituale – un prerequisito indispensabile per l’Evoluzione della coscienza.
O l’iniziato Platone ha usato l’allegoria di Atlantide per raggiungere due fini molto diversi oppure i resoconti conservati dai sacerdoti egizi furono manomessi per perpetuare la dottrina segreta. Ciò non significa implicare che Atlantide sia puramente mitologica, ma
superare l’ostacolo più serio all’accettazione della teoria di Atlantide, vale a dire i racconti fantastici sulla sua origine, dimensione, aspetto e data di distruzione – 9600 a.C. Nel mezzo dell’isola centrale di Atlantide c’era una montagna alta che gettava un’ombra di cinque
mille stadi in estensione e il cui vertice toccava la sfera di æther. Questo è l’asse del mondo, sacro tra molte razze e simbolo della testa umana, che sorge dai quattro elementi del corpo. Questa sacra montagna, sulla cui sommità sorgeva il tempio degli dei, ha dato origine alle storie di Olimpo, Meru e Asgard. La città dalle porte d’oro – la capitale di Atlantide – è la stessa che ora e` conservata tra
numerose religioni come la Città degli Dei o la Città Santa. Ecco l’archetipo della Nuova Gerusalemme, con le sue strade lastricate d’oro e le sue dodici porte che brillano con pietre preziose.
“La storia di Atlantide”, scrive Ignazio Donnelly, “è la chiave della mitologia greca. Non c’è dubbio che questi dei della Grecia fossero esseri umani. La tendenza ad attribuire attributi divini ai grandi governanti terreni è profondamente radicato nella natura umana “.
(Vedi Atlantide.)
Lo stesso autore sostiene i suoi punti di vista osservando che le divinità del pantheon greco non erano considerati come creatori dell’universo, ma piuttosto come reggenti che si sono sovrapposti
ad antichi costruttori. Il giardino dell’Eden da cui l’umanità e` stata allontanata è forse un’allusione al paradiso terrestre apparentemente situato a ovest delle Colonne d’Ercole e distrutto da cataclismi vulcanici. La leggenda del Diluvio potrebbe essere correlata all’inondazione di Atlantide, durante la quale un “mondo” fu distrutto dall’acqua.,
Fu la conoscenza religiosa, filosofica e scientifica posseduta dai sacerdoti dell’antichità e assicurata da Atlantide, la cui inondazione cancellò ogni traccia un dramma del progresso mondiale? Il culto del sole di Atlantide è stato perpetuato nel ritualismo e nel cerimonialismo sia del cristianesimo che del paganesimo. Sia la croce che i serpenti erano emblemi Atlantidei della saggezza divina. I progenitori divini (Atlantidei) dei Maya e i Quiché dell’America Centrale convissero nella radianza verde e azzurra di Gucumatz, il serpente “piumato”. I sei saggi di origine celeste si manifestarono come centri di luce legati insieme o sintetizzati dal settimo e dal capo del loro ordine,
il serpente “piumato”. (Vedi Popol Vuh.) Il titolo di serpente “alato” o “piumato” era applicato a Quetzalcoatl, o Kukulcan, l’iniziato centroamericano. Il centro della Saggezza Atlantidea – Il centro religioso era presumibilmente un grande tempio piramidale in piedi sul fronte di un altopiano che sorgeva nel bel mezzo della città delle porte dorate. Da qui i Primi sacerdoti della Sacra Piuma partirono portando le chiavi della Saggezza Universale alle parti più estreme della Terra.
Le mitologie di molte nazioni contengono resoconti di dei che “sono usciti dal mare”. Alcuni sciamani tra gli indiani americani raccontano di uomini santi vestiti con piume di uccelli e Wampum che si levarono dalle acque blu e li istruirono nelle arti e nei mestieri.
Tra le leggende dei caldei c’è quella di Oannes, una creatura parzialmente anfibia che uscì dal mare e insegnò ai popoli selvaggi lungo la riva a leggere e scrivere, a coltivare erbe guaritive, studiare le stelle, stabilire forme razionali di governo, e gli istruirono sui sacri Misteri. Tra i Maya, Quetzalcoatl, il Dio-Salvatore (che alcuni studiosi cristiani ritengono essere stato Tommaso), emerse dalle acque e, dopo aver civilizzato la popolazione, cavalcò il mare su una magica zattera di serpenti per sfuggire all’ira del feroce dio dello Specchio ardente, Tezcatlipoca. Potrebbe essere che questi esseri celesti di un’età favolosa che, come gli Esdras, uscirono dal mare erano sacerdoti atlantidei? Tutto quello che l’uomo primitivo ricordava degli Atlantidei era la gloria dei loro ornamenti d’oro, la trascendenza della loro saggezza e la santità dei loro simboli – la croce e il serpente. Il fatto che arrivarono con barche fu presto dimenticato, dalle menti non istruite considerandole come mezzi di trasporto sovrannaturali. Ovunque gli Atlantidei fecero proseliti e costruirono piramidi e templi modellati sul grande santuario nella Città delle porte d’oro. Tale è l’origine delle piramidi di Egitto, Messico e America Centrale. I tumuli in Normandia e in Gran Bretagna, così come quelli americani
Indiani, sono i resti di una cultura simile. Nel bel mezzo del programma di colonizzazione e conversione mondiale di Atlantide, iniziarono i cataclismi che affondarono Atlantide. I sacerdoti della Sacra Piuma che promisero di tornare ai loro insediamenti missionari
non ci ritornarono mai; e dopo il declino dei secoli la tradizione ha conservato solo un fantastico resoconto di dei che provenivano da un posto dove ora c’è il mare.
H. P. Blavatsky riassume così le cause che hanno fatto precipitare il disastro di Atlantide: “Sotto le malvagie insinuazioni del loro demone, Thevetat, la razza di Atlantide divenne una nazionedi maghi malvagi. In conseguenza di ciò, fu dichiarata la guerra, la cui storia sarebbe stata troppo lunga da narrare; la sua sostanza può essere trovata nelle allegorie della razza di Caino, i giganti, e in quella di Noè e della sua famiglia retta. Il conflitto è arrivato al cukmine con l’immersione dell’Atlantide; che trova la sua imitazione nelle storie dell’inondazione di Babilonia: i giganti e i maghi e tutte le carni morirono. Tutti tranne Xisuthrus e Noah, che sono sostanzialmente identici al grande Padre dei Thlinkithiani nel Popol Vuh, o il libro sacro dei Guatemaltechi, che dice anche della sua fuga in una grande barca, come il Noè indù- Vaiswasvata. “(Vedi Iside Svelata.)
Dagli Atlantidei il mondo ha ricevuto non solo il patrimonio di arti e mestieri, filosofie e scienze, etica e religioni, ma anche il retaggio di odio, conflitto e perversione. Gli Atlantidei istigarono la prima guerra; e si disse che tutte le guerre successive furono combattute in uno sforzo infruttuoso per giustificare la prima. Prima che Atlantide affondasse, i suoi Iniziati spiritualmente illuminati, che si resero conto che la loro terra era condannata perché si era allontanata dal Sentiero della Luce, si ritirarono dallo sfortunato continente. Portando con loro la sacra e segreta dottrina.
Questi Atlantidei si stabilirono in Egitto, dove divennero i suoi primi sovrani “divini”. Quasi tutti i grandi miti cosmologici che costituiscono il fondamento dei vari libri sacri del mondo sono basati sui rituali del mistero di Atlantide.
IL MITO DEL DIO MORENTE
Il mito di Tammuz e Ishtar è uno dei primi esempi dell’allegoria del dio morente, probabilmente precedente al 4000 a. C. (Vedi Babilonia e Assiria di Lewis Spence). Lo stato imperfetto delle tavolette su cui sono incise le leggende rende impossibile assicurare più di un racconto frammentario dei riti di Tammuz. Essendo il dio esoterico del sole, Tammuz non occupò una posizione tra le prime divinità
venerate dai Babilonesi, che per mancanza di conoscenza più profonda lo consideravano come un dio dell’agricoltura o spirito della vegetazione. Originariamente era descritto come uno dei
guardiani delle porte degli inferi. Come molti altri Dei-Salvatori, viene chiamato “pastore” . Tammuz occupa la notevole posizione di figlio e marito di Ishtar, la dea madre babilonese e assira. Ishtar – era la divinità più venerata del mondo. Nel Pantheon babilonese e assiro. probabilmente era identica a Ashterorh, Astarte, e Afrodite. La storia della sua discesa negli inferi in cerca presumibilmente dell’elisir sacro che da solo potrebbe riportare in vita Tammuz è la chiave del suo rituale nei Misteri. Tammuz, il cui festival annuale aveva avuto luogo poco prima del solstizio d’estate, morì in piena estate nel mese antico che portava il suo nome, e fu pianto con elaborate cerimonie. E` sconosciuto come sia morto, ma alcune delle accuse fatte contro Ishtar da Izdubar (Nimrod) indicherebbero che lei, almeno indirettamente, aveva contribuito alla sua scomparsa. La resurrezione di Tammuz è stata l’occasione per grandi gioie, in quel momento fu salutato come un “redentore” del suo popolo. Con le ali spiegate, Ishtar, la figlia di Sin (la Luna), spinge verso il basso le porte della morte. La casa delle tenebre – la dimora del dio Irkalla – è descritta come “il luogo del non ritorno”. È senza luce; il nutrimento di coloro che vi dimorano è
la polvere e il loro cibo e` il fango. Oltre i bulloni sulla porta della casa di Irkalla è sparpagliata la polvere, e i custodi della casa sono coperti di piume come uccelli. Ishtar chiede che i custodi aprano i cancelli, dichiarando che se non lo avessero fatto avrebbe frantumato gli stipiti
colpito i cardini e sguinzagliato i divoratori dei vivi. I guardiani delle porte imploralarono che fosse paziente andando dalla regina dell’Ade, dalla quale si assicurarono il permesso di ammettere Ishtar, ma solo nello stesso modo in cui tutti gli altri sono venuti in questo squallore di Casa. Ishtar scende quindi attraverso le sette porte che conducono verso il basso nelle profondità degli inferi. Al primo cancello la grande corona viene rimossa dalla sua testa, alla seconda porta gli orecchini, alla terza porta la collana, alla quarta porta gli ornamenti che portava al petto, alla quinta porta la cintura che portava alla vita, alla sesta porta i braccialetti delle mani e dei piedi, e alla settima porta il
mantello che porta. Ishtar si lamenta ogni volta che le viene tolto un indumento, il guardiano le dice che questa è l’esperienza di tutti coloro che entrano nel mondo oscuro della morte. Infuriata nel vedere Ishtar, la Signora dell’Ade infligge su di lei ogni sorta di malattia e la imprigiona negli inferi. Poiché Ishtar rappresenta lo spirito della fertilità, la sua scomparsa impedisce la maturazione delle colture e
la maturazione di tutta la vita sulla terra. In questo senso la storia è parallela alla leggenda di Persefone. Gli dei, rendendosi conto che la perdita di Ishtar sta disorganizzando tutta la natura, inviano un messaggero agli inferi e chiedendone la liberazione. La Signora dell’Ade è costretta a rispettare e l’acqua della vita è versata
sopra Ishtar. Così curata dalle infermità che le sono state inflitte, si ritira verso l’alto attraverso le sette porte, a ciascuna delle quali viene reinvestita con l’articolo di abbigliamento che i guardiani avevano rimosso. (Vedi The Chaldean Account of Genesis.) Nessun registro
esiste sul fatto che Ishtar abbia ottenuto l’acqua della vita che avrebbe operato la risurrezione di Tammuz.
Il mito di Ishtar simboleggia la discesa dello spirito umano attraverso i sette mondi, o sfere dei pianeti sacri, fino alla fine, privato dei suoi ornamenti spirituali, esso si incarna nel corpo fisico – Ade – dove l’amante di quel corpo ammassa ogni forma di dolore e sofferenza sulla coscienza imprigionata. Le acque della vita: la dottrina segreta: cura le malattie dell’ignoranza; e lo spirito alla sua fonte originale, ritrovando i suoi ornamenti dati da Dio mentre passa attraverso gli anelli dei pianeti. Un altro rituale Misterico tra i Babilonesi e gli Assiri era quello di Merodach e il drago. Merodach, il creatore dell’universo inferiore, uccide un orribile mostro e dal suo corpo forma l’universo. Ecco la probabile fonte della cosiddetta allegoria cristiana di San Giorgio e il Drago. I Misteri di Adone, o Adoni, venivano celebrati ogni anno in molte parti dell’Egitto, Fenicia e Biblos. Il nome Adone, o Adoni, significa “Signore” ed era una designazione applicata al sole e in seguito presa in prestito dagli ebrei come nome exoterico del loro Dio. Smyrna, madre di Adone, fu trasformata in un albero dagli dei e dopo un po ‘la corteccia si spalancò e il piccolo Salvatore uscì. Secondo un resoconto, fu liberato da un cinghiale che divise il legno dell’albero materno con le sue zanne. Adone è nato alla mezzanotte del 24 dicembre, e attraverso la sua infelice morte c’era un rito misterioso che ha garantito la salvezza al suo popolo. Nel mese ebraico di Tammuz (un altro nome per questa divinità) fu ucciso da un cinghiale mandato dal dio (Marte). L’Adoniasmo era la cerimonia di lamento per la morte prematura del dio assassinato.
In Ezechiele 8 14, è scritto che le donne stavano piangendo per Tammuz (Adone) alla porta nord della Casa del Signore a Gerusalemme. Sir James George Frazer cita Jerome così:
“Ci dice che Betlemme, il luogo di nascita tradizionale del Signore, è stata ombreggiata da quel signore siriano ancora più anziano, Adone, e quello in cui il bambino Gesù aveva pianto, l’amante di Venere si è lamentato. “(Vedi The Golden Bough.) L’effige di un cinghiale si dice che sia stata posta sopra una delle porte di Gerusalemme in onore di Adone e i suoi riti erano celebrati nella grotta della Natività a Betlemme. Adonis il dio uomo è una delle chiavi per l’uso del “cinghiale” da parte di Sir Francis Bacon nel suo criptico
simbolismo.
Adonis era originariamente una divinità androgina che rappresentava l’energia solare che conteneva l’inverno il quale fu distrutto dal malvagio principio del freddo: il cinghiale. Dopo tre giorni
(mesi) nella tomba, Adone è salito trionfante il 25 marzo, nel mezzo dell’acclamazione dei suoi sacerdoti e seguaci, “È risorto!” Adone è nato da un albero di mirra. La mirra, il simbolo della morte a causa della sua connessione con il processo di imbalsamazione, era uno dei doni portati dai tre Magi alla mangiatoia di Gesù. Nei Misteri di Adone il neofita passò attraverso la morte simbolica del dio
e, “sollevato” dai sacerdoti, entra nel benedetto stato di redenzione reso possibile dalle sofferenze di Adone. Quasi tutti gli autori ritengono che Adone sia stato originariamente un dio della vegetazione direttamente connesso con la crescita e la maturazione dei fiori e frutti. A sostegno di questo punto di vista descrivono “giardini di Adone”, che erano piccoli cesti di terra in cui i semi venivano piantati e nutriti per un periodo di otto giorni. Quando quelle piante morivano prematuramente per mancanza di terra sufficiente, cio` fu considerato emblematico degli Adoni assassinati che di solito erano gettati in mare con immagini del dio.
IL GRANDE PAN DI DIO.
Da OEdipus Kirgyptiacus di Kircher.
Il grande Pan fu celebrato come autore e direttore delle danze sacre che sarebbero state istituite per simboleggiare le circumambulazioni dei corpi celesti. Pan era una creatura composita, la parte superiore – con l’eccezione delle sue corna – essere umano, e la parte inferiore nella forma di una capra. Pan è il prototipo di energia naturale e, senza dubbio una divinità fallica, non dovrebbe essere confuso con
Priapo. Il flauto di Pan significa l’armonia naturale delle sfere, e il dio stesso è un simbolo di Saturno perché questo pianeta è in trono in Capricorno, il cui emblema è una capra. Gli egiziani furono iniziati
nei Misteri di Pan, che era considerata una fase di Giove, il Demiurgo. Pan rappresentava l’impregnante potere del sole ed era il capo di un’orda di divinità contadine, e satiri. Simboleggiava anche il
controllo dello spirito dei mondi inferiori.
In Frigia esisteva una notevole scuola di filosofia religiosa centrata
intorno alla vita e al destino intempestivo di un altro Salvatore – Dio conosciuto come Atys, o Attis, da molti considerato sinonimo di Adone. Questa divinità è nata a mezzanotte del 24 ° giorno di Dicembre. Della sua morte ci sono due account. In uno fu ucciso come Adone; nell’altro si è castrato sotto un pino e lì è morto. Il suo corpo è stato messo in una grotta dalla Grande Madre (Cibele), dove rimase attraverso i secoli senza decomporre. Ai riti di Atys il mondo moderno è debitore per il simbolismo dell’Albero di Natale. Atys impartì la sua immortalità all’albero sotto il quale morì, e
Cibele prese l’albero con sé quando rimosse il corpo. Atys è rimasto tre giorni nella tomba, sorse ad una data corrispondente al mattino di Pasqua, e da questa risurrezione ha vinto la morte per tutti coloro che sono stati iniziati nei suoi Misteri. “Nei Misteri dei Frigi”, dice Giulio Firmico, “che sono chiamati quelli della MADRE DEGLI DEI, ogni anno un pino è abbattuto e all’interno dell’albero viene legata all’immagine di un albero Nei Misteri di Iside il tronco di un ALBERO DI PINO
è tagliato: il centro del tronco è ben scavato; l’idolo di Osiride fatto da quei pezzi venne seppellito. Nei Misteri di Proserpina viene tagliato un albero  modellando una effigie a forma di VERGINE, e quando venne portata dentro la città viene pianta per 40 notti, ma la quarantesima notte viene BRUCIATA! “(Vedi Sod, i misteri di Adoni.)
I Misteri di Atys includevano un pasto sacramentale durante il quale il neofita mangia da un tamburo e beve da un piatto. Dopo essere stato battezzato dal sangue di un toro, il nuovo iniziato viene nutrito interamente con latte per simboleggiare che era ancora un bambino filosoficamente parlando, essendo recentemente uscito dalla sfera della materialità e nato nella spiritualita`. (Vedi Frazer’s The Golden
Bough.) Esiste una possibile connessione tra questa dieta lattea prescritta dal rito e una allusione a San Paolo? Sallusto dà una chiave all’interpretazione esoterica dei riti attici. Cibele, la Grande Madre, significa il potere vivificante dell’universo e Atys quell’aspetto dell’intelletto spirituale che è sospeso tra la sfera divina e quella animale. La madre degli dei, amava Atys, gli diede un cappello stellato, che indicava i poteri celesti, ma Atys (l’umanità), innamorandosi
di una ninfa (simbolica delle propensioni animali inferiori), ha perso la sua divinità e ha perso i suoi poteri creativi. È quindi evidente che Atys rappresenta la coscienza umana e che i suoi Misteri si occupano del recupero del cappello stellato. (Vedi Sallustio su gli dei e il mondo).
I riti di Sabazio erano molto simili a quelli di Bacco e generalmente si crede che le due divinità sono identiche. Bacco nacque a Sabazio, o Sabaoth, e questi nomi sono spesso assegnati a lui. I misteri sabaziani sono stati eseguiti di notte e il rituale includeva il disegno di un serpente vivo attraverso il petto del candidato. Scrive Clemente di Alessandria: “Il segno dei Misteri Sabaziani agli iniziati è “la divinità scivola sul petto”. Un serpente d’oro era il simbolo di Sabazio perché
questa divinità rappresentava il rinnovamento annuale del mondo da parte dell’energia solare. Gli ebrei presero in prestito il nome Sabaoth da questi Misteri e lo adottarono come uno dei nomi del loro Dio supremo. Durante il tempo i Misteri Sabaziani vennero celebrati a Roma, il culto ha conquistato molti devoti e in seguito ha influenzato il simbolismo del Cristianesimo. I Misteri Cabirici di Samotracia erano famosi tra gli antichi, essendo accanto agli Eleusini come importanza. Erodoto dichiara che i Samotraci ricevettero le loro dottrine, specialmente quelle riguardanti Mercurio, dai Pelasgi. Si sa poco
riguardo ai rituali Cabirici, perché erano avvolti nel più profondo segreto. Alcuni considerano i Cabiri come sette e si riferiscono a loro come “ai sette spiriti del fuoco” davanti al trono di Saturno “. Altri credono che i Cabiri siano i sette sacri vagabondi, in seguito chiamati pianeti. Mentre un vasto numero di divinità è associato ai Misteri di Samotracia, il dramma rituale ruota intorno a quattro fratelli. I primi tre – Aschieros, Achiochersus, e Achiochersa – attaccano e uccidono il quarto – Cashmala (o Cadmillus). Dionysidorus, tuttavia, identifica Aschieros con Demetra, Achiochersus con Plutone, Achiochersa con
Persefone e Cashmala con Ermes. Alexander Wilder nota che nel
Rituale samotraciano “Cadmillus nella sua figura include il dio serpente tebano, Cadmo, il Thoth Egiziano, ‘Hermes Greco, e Emeph o Æsculapio di Alessandrini e fenici “Ancora una volta è una ripetizione della storia di Osiride, Bacco, Adone, Balder e Hiram Abiff. Erano coinvolti anche il culto di Atys e Cibele nei misteri di Samotracia. Nei rituali del Cabiri esisteva il culto dell’albero del pino, questo albero, sacro agli Atys, fu dapprima ritagliato nella forma di una croce e poi
abbattuto in onore del dio assassinato il cui corpo fu scoperto sotto l’albero.
“Se desideri ispezionare le orge dei Coribanti”, scrive Clement, “Allora sappi che, avendo ucciso il loro terzo fratello, coprirono la testa del cadavere con una stoffa color porpora, la incoronarono, la portarono sulla punta di una lancia, e la seppellirono sotto le radici ddell’Olimpo. Questi misteri sono, in breve, omicidi e funerali. [Questo prete Ante-Niceno nei suoi sforzi per diffamare i riti pagani sembra ignorare il fatto che, come il martire Cabiriano, Gesù Cristo fu brutalmente tradito, torturato e infine assassinato!] E i sacerdoti di questi riti, che sono chiamati re dei riti sacri conferiscono una ulteriore stranezza al tragico evento, vietando il prezzemolo con le radici al tavolo, perché pensavano che il prezzemolo fosse cresciuto dal Sangue corofanico che scorreva via; proprio come le donne, nel celebrare la Thcsmophoria, astenersi dal mangiare i semi del melograno, che sono caduti a terra, dall’idea che i melograni nascessero dalle gocce del sangue di Dioniso. I coribanti lo chiamavano Cabirico; e la cerimonia stessa annuncia il mistero Cabirico.”
I Misteri dei Cabiri erano divisi in tre gradi, il primo dei quali celebrava
la morte di Cashmala, per mano dei suoi tre fratelli; il secondo, la scoperta del suo corpo mutilato, le cui parti erano state trovate e raccolte dopo molto lavoro; e il terzo – accompagnato da grande gioia e allegria – la sua risurrezione e la conseguente salvezza del mondo. Il tempio del Cabiri a Samotracia conteneva un numero di divinità curiose, molte di loro creature deformi che rappresentavano i poteri elementali della natura, forse i titani bacchici. I bambini furono iniziati al culto cabiriano con la stessa dignità degli adulti, e i criminali che raggiungevano il santuario erano al sicuro da ogni tipo di inseguimento. I riti di Samotracia erano particolarmente interessati alla navigazione, il Dioscuri – Castore e Polluce, o gli dei della navigazione – erano tra quelli propiziati dai membri di quel culto. La spedizione Argonautica, ascoltando il consiglio di Orfeo, si ferma sull’isola di Samotracia allo scopo di far iniziare i suoi membri ai riti cabirici.
Erodoto riferisce che quando Cambise entrò nel tempio dei Cabiri non fu in grado di trattenere la sua allegria nel vedere davanti a sé la figura di un uomo in piedi e di fronte l’uomo, la figura di una donna in piedi sulla sua testa. Se ne fosse accorto Cambise con i principi dell’astronomia divina, si sarebbe reso conto che era allora alla presenza della chiave per l’equilibrio universale. “‘Chiedo’, dice Voltaire, ‘chi erano questi Ierofanti, questi massoni sacri, che celebravano i loro antichi misteri di Samotracia, e da dove venivano loro e i  Cabiri? ‘”(Vedi Encyclopædia della Massoneria di Mackey). Clemente parla dei Misteri dei Cabiri come “il sacro mistero di un fratello ucciso dai suoi fratelli “e” la morte di Cabirico “era uno dei
simboli segreti dell’antichità. Quindi l’allegoria del Sé assassinato dal non-sé è perpetuato attraverso il misticismo religioso di tutti i popoli. La morte filosofica e la risurrezione filosofica sono rispettivamente il Mistero Minore e il Mistero Maggiore.
Un aspetto curioso del mito del dio morente è quello dell’Appeso. Il più importante esempio di questa peculiare concezione si trova nei rituali Odinici in cui Odino si appende per nove notti dai rami dell’Albero del Mondo e nella stessa occasione trafigge anche il suo fianco con la lancia sacra. Come risultato di questo grande sacrificio, Odino, mentre sospeso sopra le profondità di Nifl-Heim, scopre meditando le rune o alfabeti con i quali sono stati conservati gli archivi del suo popolo. A causa di questa esperienza notevole, a volte Odino viene mostrato seduto su un albero usato per le impiccagioni e diventa la divinità protettrice di tutti coloro che sono morti a causa del cappio. Esotericamente, l’Appeso è l’umano spirito che è sospeso dal cielo con un solo filo. La saggezza, non la morte, è la ricompensa per questo sacrificio volontario durante il quale l’anima umana, sospesa sopra il mondo dell’illusione, e meditando sulla sua irrealtà, è ricompensata dal raggiungimento della realizzazione personale.
Da una considerazione di tutti questi rituali antichi e segreti diventa evidente che il mistero del dio morente era universale tra i collegi illuminati e venerato universalmente. Questo mistero è stato perpetuato nel cristianesimo nella crocifissione e morte del Dio-uomo-Gesù il Cristo. Il fatto che questa tragedia mondiale e
il Martire universale siano stati segretamente trasferiti nella religione cristiana dovrà essere riscoperto se il cristianesimo vuole raggiungere le altezze raggiunte dai pagani ai tempi della loro supremazia filosofica. Il mito del dio morente è la chiave per la redenzione e la rigenerazione sia universale che individuale, e coloro che non comprendono la vera natura di questa suprema allegoria non si dovrebbero considerare saggi e neppure religiosi.