venerdì 30 maggio 2014

dipinti di Adolf Hitler



Adolf Hitler fu un pittore e un appassionato d'arte: egli produsse centinaia di opere e per guadagnarsi da vivere vendette i suoi quadri e cartoline tra il 1908 e il 1913, durante i suoi anni viennesi. Tuttavia, a livello accademico, egli non ebbe successo. Un certo numero di suoi dipinti sono stati recuperati dopo la seconda guerra mondiale e venduti all'asta per decine di migliaia di dollari americani; altri sono stati sequestrati dall'esercito degli Stati Uniti e sono ancora detenuti dal governo di Washington.

Ambizioni artistiche

Nel Mein Kampf Hitler scrisse che in gioventù desiderava diventare un pittore professionista, ma le sue aspirazioni furono distrutte dalla bocciatura all'esame di ammissione dell'Accademia delle Belle Arti di Vienna. Il dittatore tedesco venne respinto due volte dall'istituto, una volta nel 1907 e di nuovo nel 1908 in quanto, secondo la commissione esaminatrice, era più portato per l'architettura che non per il disegno.

Uno dei professori, avendo valutato la situazione di Hitler e ritenendo che quest'ultimo avesse un po' di talento, gli suggerì di iscriversi alla Facoltà di Architettura: tuttavia ciò avrebbe comportato per il futuro Führer il ritorno nella scuola che in ben due circostanze lo aveva rifiutato e di conseguenza, per motivi d'orgoglio, non si rese disponibile. Successivamente, quando iniziò a realizzare e vendere cartoline raffiguranti paesaggi viennesi, Hitler cominciò a frequentare i locali e i bar dove si riunivano artisti di Monaco di Baviera nella vana speranza che questi affermati maestri potessero aiutarlo nella sua ambizione di diventare un pittore.

Secondo quanto pubblicato dal Libro Blu pare che nell'agosto del 1939, cioè nei giorni caldi che precedettero lo scoppio del secondo conflitto mondiale, Hitler disse all'ambasciatore britannico Neville Henderson "Io sono un artista e non un politico. Una volta che la questione polacca sarà risolta, voglio finire la mia la vita come un artista".

Periodo viennese e Prima guerra mondiale

Dal 1908 al 1913 Hitler colorò cartoline, affrescò facciate di case per vivere e dipinse il suo primo autoritratto nel 1910, all'età di 21 anni. Questo dipinto, insieme ad altri dodici effettuati da Hitler, venne scoperto dal Sergente Maggiore Willie J. McKenna nel 1945 a Essen, in Germania.

Samuel Morgenstern, un uomo d'affari austriaco e partner commerciale del giovane Hitler nel suo periodo viennese, acquistò molti dei dipinti del tiranno nazista. Secondo Morgenstern, Hitler venne da lui per la prima volta all'inizio degli anni Dieci, sia nel 1911 sia nel 1912: quando Hitler entrò per la prima volta nel negozio di Morgenstern, che all'epoca faceva il vetraio, gli offrì tre delle sue realizzazioni. Il commerciante accettò l'offerta e iniziò a vendere i suoi dipinti, creando anche un archivio degli acquirenti: si poté così constatare che quasi tutti erano ebrei e uno di questi, l'avvocato Josef Feingold, comprò una serie di dipinti di Hitler raffigurante la vecchia Vienna.

Quando Hitler prese parte alla prima guerra mondiale (aveva 25 anni nel 1914) portò con sé le sue opere al fronte e nel tempo libero si dedicò alla pittura: queste sono le sue ultime opere prima di entrare in politica. I temi della sua pittura in tempo di guerra includevano case contadine e spogliatoi e, a differenza delle tele precedenti, furono caratterizzati da "flusso e sentimento".

Analisi critica

Secondo la rivista Life, che analizzò Hitler e i suoi quadri nel 1936 e nel 1939, Hitler dipinse centinaia di opere. La maggioranza degli esperti ritiene che le doti artistiche del Führer fossero scarse e che, ad esempio, egli non eseguisse mai ritratti o rappresentazioni di persone o animali perché non ne fosse capace. I suoi quadri raffiguravano tendenzialmente oggetti architettonici come luoghi deserti, palazzi e case coloniche: durante la seconda guerra mondiale, il dittatore abbe l'abitudine di dipingere acquerelli che avevano come tema edifici distrutti dai bombardamenti. Tuttavia alcuni critici non concordano con questa analisi, ad esempio Frederic Spotts scrisse che egli "aveva un briciolo di talento".

Secondo uno studio dal titolo I colori dell'acqua di Hitler: Opere d'arte recuperate - Omaggio a Rodolfo Siviero preparato dai Fratelli Alinari, gli acquerelli di Hitler dimostrano che egli fosse un pittore "triste".

Valore economico

Una serie di dipinti hitleriani sono stati sequestrati dall'esercito americano alla fine della seconda guerra mondiale ed attualmente essi sono ancora detenuti dal governo statunitense, che ha rifiutato di permettere la loro esposizione; altri dipinti erano invece tenuti da privati e nel 2000 un certo numero di queste opere cominciò a essere venduto all'asta. Nel 2009 la casa d'aste Mullock dello Shropshire ha venduto 15 quadri di Hitler per un totale di $ 120.000 mentre la Ludlow (sempre di Shropshire) cedette 13 opere per oltre € 100.000. Infine, in un'asta tenutasi in Slovacchia nel 2012 una singola tela venne comprata per $ 42.300

giovedì 29 maggio 2014

Alfonsina Storni



Alfonsina Storni Martignoni è stata una poetessa, drammaturga e giornalista argentina, esponente del postmodernismo, morta suicida in mare, davanti alla spiaggia "La Perla".

Figlia di un industriale della birra, Alfonsina nacque nel Canton Ticino, cantone italofono svizzero, dove apprese dai genitori la lingua italiana prima di trasferirsi con la famiglia in Argentina, all'età di quattro anni.

I genitori si stabilirono a Rosario, dove aprirono una trattoria, ma l'andamento incerto degli affari costrinse Alfonsina a lavorare fin da giovanissima come lavapiatti, cameriera, cucitrice e operaia. A proposito del suo nome di battesimo e della sua vita disse anni dopo all'amico Fermín Estrella Gutiérrez: "Mi chiamarono Alfonsina che significa disposta a tutto".

Nel 1907 si aggregò come attrice alla compagnia di teatro diretta da Manuel Cordero che si esibiva in tutto il paese. Prese parte così alla rappresentazione di opere di Henrik Ibsen, Benito Pérez Galdós, Florencio Sánchez. Questa esperienza le fece conoscere le principali opere del teatro classico e contemporaneo.

Dopo il nuovo matrimonio della madre, che si stabilì a Bustinza, Alfonsina si dedicò all'attività di maestra rurale a Coronda, dove conseguì il diploma e ottenne un posto da insegnante; contemporaneamente iniziò la collaborazione con alcune riviste letterarie, Mundo Rosarino, Monos y Monadas e, successivamente, anche con la più nota Mundo argentino, la prestigiosa rivista che pubblicava i versi del messicano Amado Nervo e del nicaraguense Ruben Darío. Proprio su questi periodici Alfonsina Storni pubblicò le sue prime poesie.

Nel 1911, pur tra numerose difficoltà economiche, decise di trasferirsi a Buenos Aires dove l'anno successivo, nel 1912, mise al mondo il figlio Alessandro, senza essere sposata e senza rivelare il nome del padre naturale del bambino. La condizione di ragazza-madre, il desiderio di proteggere l'intimità dei propri affetti, la necessità di affrontare da sola i problemi della vita, determinarono in lei un atteggiamento di aperta sfida e contrapposizione ai pregiudizi sociali e alla morale vigente.

In questo periodo iniziò a collaborare alla rivista letteraria Caras y Caretas (Volti e maschere). La sua prima raccolta di poesie in volume (La inquietud del rosal) apparve nel 1916. Il suo secondo volume, El dulce daño, del 1918, fu presentato pubblicamente dagli amici poeti Roberto Giusti e José Ingenieros. A partire dal 1920 iniziarono le sue visite a Montevideo dove, nel 1922, conobbe il poeta uruguayano Horacio Quiroga con il quale stabilì un'amicizia profonda e duratura che l'accompagnò fino alla morte. Con il volume Languidez, uscito proprio nel 1920, ottenne i primi importanti riconoscimenti a livello nazionale.

Nel 1923 assunse l'incarico di insegnante di letteratura presso la Escuela Normal de Lenguas Vivas. Nello stesso periodo fu parte attiva nella organizzazione delle biblioteche popolari socialiste di Buenos Aires e lavorò come giornalista sotto lo pseudonimo di Tao Lao.

Il successo di pubblico e l'attenzione dei colleghi scrittori come anche della critica internazionale, provocarono in lei un crescente disagio interiore che sfociò in una forma di nevrosi sempre più radicata. Fu così che lasciò l'insegnamento e si dedicò ai viaggi. Negli anni trenta si recò in Europa dove entrò in contatto con numerosi intellettuali. Questa esperienza europea ebbe grande importanza per l'evoluzione del suo stile poetico. Studiò e conobbe Borges, Pirandello, Marinetti e García Lorca.

Come un terribile presagio, nella sua poesia si affiancarono sempre, fino a confondersi tra loro, i temi del mare e della morte: Frente al mar (1919), Un cementerio que mira al mar (1920), Alta mar (1934).

Nel 1935 si manifestarono i sintomi di un tumore che la costrinse a sottoporsi a un difficile intervento chirurgico. Dopo un apparente miglioramento il male si ripresentò in tutta la sua aggressività e la fragile personalità di Alfonsina reagì con la scelta di un suicidio freddamente programmato e messo in atto quasi come in una scena teatrale.

Molti i racconti sulle sue ultime ore di vita: si dice che Alfonsina, giunta in solitudine in un piccolo albergo di Mar del Plata, abbia composto la poesia Voy a Dormir, che effettivamente inviò al giornale La Nacion e il giorno successivo si uccise entrando in mare e dirigendosi verso il largo, fino a quando le onde non la sommersero.

Riportiamo qui le parole scritte da Franca Cleis su Leggere Donna del 2002, parole che ben sintetizzano il senso della vita e dell'opera della Storni:

« Alfonsina è stata una donna del popolo, una maestra ragazza-madre, una socialista, è diventata una star della poesia latino-americana, nota anche in Europa dove ha tenuto conferenze, tradotta in francese e in italiano, una donna pubblica, una femminista che si è battuta per i diritti delle donne, una donna ultramoderna (così amava definirsi lei, che ha scelto di vivere senza balaustra e di morire nel mare). »

Il tragico suicidio della poetessa ispirò la canzone Alfonsina y el mar di Ariel Ramírez e Félix Luna, che fu interpretata da numerosi musicisti e cantanti di lingua spagnola e non, tra i quali Mercedes Sosa, Nana Mouskouri, Avishai Cohen, Miguel Bosé e Cristina Branco. Ne ha inciso una versione in spagnolo anche la cantautrice norvegese Ane Brun. In Italia la canzone è stata interpretata da Franco Simone, da Eugenio Bennato e da Antonella Ruggiero.

Nel 1982 Luis María Serra portò in musica molte poesie di Alfonsina Storni che furono interpretate dalla cantante argentina Marikena Monti.

Scritti

Poesia

La inquietud del rosal (1916)
El dulce daño (1918)
Irremediablemente (1919)
Languidez (1920)
Ocre (1925)
Poemas de amor (1926)
Mundo de siete pozos (1934)
Mascarilla y trébol (1938)
Antología poética (1938)
Poesías completas (1968)

L'opera completa è in corso di pubblicazione:

Alfonsina Storni, Poesía, ensayo, periodismo, teatro, a cura di Delfina Muschietti, Buenos Aires, Losada, 1999;

Edizioni in lingua italiana:

Poemas de amor, a cura di Franca Cleis, Marinella Luraschi e Pepita Vera, traduzione di Augusta López-Bernasocchi, (con una introduzione della studiosa argentina Beatriz Sarlo), Bellinzona, Casagrande, 1988 e nuova edizione del 2002;
Ultratelefono, curato e tradotto da Pina Allegrini, Chieti, Noubs, 1997;
Vivo, vivrò sempre e ho vissuto (antologia), a cura di Franca Cleis e Marinella Luraschi Conforti, Balerna, Edizioni Ulivo, 2008;
Senza rimedio, traduzione di L. Valori, R. Lo Russo, Ed. Le Lettere, 2011
Teatro[modifica | modifica sorgente]
El amo del mundo: comedia en tres actos (1927)
Dos farsas pirotécnicas (1932)

Saggi

Nosotras y la piel: selección de ensayos (1998)

Archivio Alfonsina Storni

Una raccolta di documenti sulla vita e l'attività della poetessa è conservata presso la Biblioteca cantonale di Lugano, in seguito alla donazione di Angelo Zanon Dal Bo, primo traduttore italiano della poetessa.

la figlia di Iorio



 è una tragedia in tre atti del 1903 di Gabriele D'Annunzio.

La prima rappresentazione avvenne al Teatro Lirico di Milano il 2 marzo 1904 con la compagnia teatrale di Virgilio Talli ed ebbe enorme successo: in realtà nell'opera doveva prendere parte Giacinta Pezzana nella parte di Candia della Leonessa, ma fu sostituita da Teresa Franchini che divenne anche la sostituta, nel corso delle tournée, di Irma Gramatica che interpretava Mila. Ruggero Ruggeri era Aligi e gli altri interpreti erano Oreste Calabresi nei panni di Lazaro e Lyda Borelli. Le scene e i costumi erano di Francesco Paolo Michetti.

Il dramma di D'Annunzio fu oggetto della rielaborazione in una parodia teatrale rappresentata il 3 dicembre del 1904 al Teatro Mercadante di Napoli da Eduardo Scarpetta con il titolo Il figlio di Iorio. Scarpetta fu querelato dalla Società Italiana degli Autori ed Editori per plagio e contraffazione per la messa in scena senza autorizzazione scritta.

Origine

L'autore, che proprio l'anno precedente aveva realizzato alcuni dei suoi capolavori lirici come Alcione, si distaccò da Eleonora Duse e piombò in una spirale di lussi e di debiti. Affrontò, dopo il successo della Figlia di Iorio, un breve periodo di difficoltà creativa ed artistica.

Lo stesso d'Annunzio scrisse in una lettera al pittore Michetti, amico e corealizzatore della trama: "Tutto è nuovo in questa tragedia e tutto è semplice. Tutto è violento e tutto è pacato nello stesso tempo. L'uomo primitivo, nella natura immutabile, parla il linguaggio delle passioni elementari...
E qualcosa di omerico si diffonde su certe scene di dolore.
Per rappresentare una tale tragedia son necessari attori vergini, pieni di vita raccolta. Perché qui tutto è canto e mimica...
Bisogna assolutamente rifiutare ogni falsità teatrale."

Trama

La vicenda è ambientata in Abruzzo, nel giorno di San Giovanni, nei pressi della Grotta del Cavallone vicino Lama dei Peligni. La famiglia di Lazaro di Roio del Sangro sta preparando le nozze del figlio Aligi; l'atmosfera è gaia grazie ai canti e ai dialoghi allusivi ed effervescenti delle tre sorelle. Aligi pare comunque turbato da strane sensazioni e da presagi e si esprime in un linguaggio onirico. Mentre la cerimonia nuziale sta procedendo con un frammisto di riti rurali, ancestrali, pagani precristiani, irrompe nella casa Mila per cercarvi rifugio; lei è una donna dalla cattiva fama, ma è costretta a fuggire per evitare le molestie di un gruppo di mietitori ubriachi. Quando Aligi, incitato dalle donne presenti al matrimonio, sta per colpirla, viene fermato dalla visione dell'angelo custode e dai pianti delle sorelle. Aligi riesce persino a convincere i mietitori a rinunciare alla loro preda. Mila e Aligi finiscono per convivere assieme in una caverna pastorale in montagna; la loro unione non è peccaminosa e anzi sperano ardentemente di recarsi a Roma per ottenere la dispensa papale e poi sposarsi felici e contenti.

Ma non è una favola, né tanto meno una storia a lieto fine, anzi la situazione precipita rapidamente: Ornella, una sorella di Aligi, addolora profondamente Mila con il racconto sullo stato di disperazione in cui è caduta la sua famiglia, dopo la partenza di Aligi. Mila decide allora di fuggire, ma viene fermata da Lazaro che cerca di sedurla con la forza; Aligi interviene a difendere la donna e nasce così una colluttazione tra padre e figlio che terminerà con la morte del padre. Aligi evita la condanna solo per l'autoconfessione di Mila, che si addebita ogni colpa, autoproclamandosi strega. Verrà condotta alla catasta per morire sulle fiamme.

Commento e critiche

L'autore stesso, nella lettera a Michetti, descrisse perfettamente le motivazioni e gli intenti dell'opera. Rivivere le sue radici della terra natale, nell'intento di eternizzare le figure pastorali antiche, grazie alla scoperta dell'immutata sostanza della natura umana. L'autore ricerca oggetti come utensili, suppellettili che abbiano l'impronta della vita vera, e nel tempo medesimo vuole diffondere sulla realtà dei quadri un velo di sogno antico.
Perciò è proprio un sogno antico che riconduce il poeta alla sua terra d'origine, che nell'opera viene riportata ad uno stadio primitivo ed innocente, caratterizzato da usi e costumi arcaici. È infatti alla natura aspra della sua gente che il poeta salda la tragedia del destino.
È un'opera variegata pervasa dal filo conduttore della musicalità dannunziana. Ecco perché sembra quasi rientrare nella normalità delle cose, la vicinanza della frase ricercata e colta con la filastrocca invece basata su temi popolari; oppure il tono realistico alternato a quello trasognato, indefinito e misterioso.
Lo stesso poeta definirà il suo verso come: "intero, senza spezzamenti, semplice e diritto, entra nell'anima e vi resta".

Le critiche, sia quelle contemporanee alla realizzazione dell'opera sia quelle successive, sono state, generalmente, positive.
Scrisse il Paratore: «È l'unica opera del poeta, che pur concedendo il debito posto al furore dei sensi, si solleva in un clima in cui i palpiti dell'umana passionalità vibrano di una risonanza universale».
Rileva invece Umberto Artioli: «Nei paesaggi-stati d'animo, negli oggetti-emblemi, nei personaggi che solidarizzano o si contrappongono come frammenti di un'unica inidividualità scissa in se stessa ed affiorante sulla scena in una pletora di sembianti diversi, circola quel che gli espressionisti definiranno Ich-Drama: un'opzione drammaturgica a fondamento allegorico in cui l'eredità romantica, prende quota su un impianto di sapore medievale».

La Figlia di Iorio è stata portata sullo schermo, all'epoca del muto, due volte. Recentemente, in occasione del centenario, il Comune di Pescara e Il Vittoriale hanno sostenuto la produzione della versione cinematografica della tragedia. L'ha diretta e prodotta il regista Mario A. Di Iorio, girandola in digitale. Elena De Ritis è Mila di Codra; Corrado Proia è Aligi.

Jesus Christ Superstar



 è un'opera rock composta da Andrew Lloyd Webber con testi di Tim Rice.

Si ispira alle vicende dell'ultima settimana della vita di Gesù (l'ingresso a Gerusalemme, il processo, la condanna a morte e la crocifissione) narrate dalla prospettiva originale del punto di vista di Giuda Iscariota, rappresentando il conflitto umano e ideologico tra i due personaggi.

Dall'opera venne tratto il film Jesus Christ Superstar del 1973.

Disco

Jesus Christ Superstar nasce come doppio album nel 1970, con interpreti principali Ian Gillan nel ruolo di Gesù, Murray Head nel ruolo di Giuda, Yvonne Elliman nel ruolo di Maria Maddalena, ruolo che sostenne anche nella trasposizione cinematografica del 1973, ad opera del regista Norman Jewison, John Gustafson come Simone il Cananeo e Barry Dennen come Ponzio Pilato.

L'album raggiunge la prima posizione nella Billboard 200 per tre settimane vincendo il disco d'oro, la terza in Norvegia, la quarta in Austria e la decima in Olanda.

Teatro

Il 12 ottobre 1971 Jesus Christ Superstar fu rappresentato per la prima volta a Broadway, dove rimase in scena per 18 mesi. La produzione teatrale nel West End londinese del 1972 ebbe un enorme successo: replicata per otto anni, diventò allora il musical rappresentato continuativamente più a lungo a Londra.

L'opera continuò a essere rappresentata per tutti gli anni settanta fino al 1980. Venne in seguito ripresa nel 1992 con Ted Neeley e Carl Anderson nei ruoli rispettivamente di Gesù e Giuda, gli stessi che avevano interpretato anni prima nella versione cinematografica dell'opera. Sempre nella stessa produzione apparvero Dennis DeYoung e James O'Neil nel ruolo di Ponzio Pilato e Syreeta, Irene Cara e Christine Rea nel ruolo di Maria Maddalena. Lo spettacolo, originariamente pensato per durare qualche mese, si protrasse per cinque anni.

Seguirono altre produzioni di Jesus Christ Superstar in tutto il mondo e l'opera continua a essere messa in scena.

Personaggi Principali

Personaggio Registro vocale     Descrizione

Gesù Tenore Protagonista del musical; maestro dei dodici apostoli, figlio di Dio, Messia, Re dei Giudei

Giuda Iscariota Tenore Uno dei dodici apostoli di Gesù, timoroso della fama del maestro

Maria Maddalena Soprano Seguace di Gesù, innamorata di lui

Ponzio Pilato Baritono Governatore romano in Palestina che condanna Gesù alla crocifissione

Caifa Basso Sommo Sacerdote, nemico di Gesù

Anna Tenore Importante Sacerdote, cognato di Caifa

San Pietro Apostolo Baritono Uno dei dodici apostoli di Gesù

Simone lo Zelota Tenore Uno dei dodici apostoli di Gesù

Erode Antipa Tenore Depravato re dei giudei

Polemiche

Al tempo della sua uscita l'opera destò numerose polemiche, soprattutto per l'impostazione non convenzionale con cui vengono sviluppati i personaggi e la storia. La divinità di Gesù non è data per scontata, ma posta in dubbio dalle parole di Giuda, che nel brano Heaven On Their Minds (Il Paradiso nella mente) canta: «You really do believe this talk of God is true?» («Credi veramente che queste voci su Dio siano vere?»). La figura di Maria Maddalena è rappresentata come palesemente innamorata di Gesù nel brano I don't know how to love him (Non so come amarlo). La rappresentazione della folla che incita alla crocifissione fu criticata come antisemita da alcuni esponenti ebraici. Infine nell'opera manca qualsiasi accenno alla risurrezione di Gesù.

Sorsero proteste da parte di diversi gruppi fondamentalisti cristiani e ebraici, che in alcuni casi costrinsero a sospendere le rappresentazioni, come ad esempio in Sudafrica. L'opera ottenne invece pieno appoggio da parte della Chiesa cattolica.

Al pari di altre opere di Lloyd Webber, Jesus Christ Superstar fu criticata da alcuni compositori, quali ad esempio Louis Andriessen, Bill Drummond e Michael John LaChiusa, che accusarono l'autore di avere, in maniera troppo evidente, attinto ad atmosfere e riferimenti di opere di artisti classici.

disco, contactmusic, gif




LONDON'S BURNING

lunedì 26 maggio 2014

Giovanni e Paolo


GIOVANNI FALCONE: "PER ESSERE CREDIBILI BISOGNA ESSERE AMMAZZATI IN QUESTO PAESE"






di Stefano Cucchetti


Caro Gianni,

innanzitutto rinnovo la mia solidale vicinanza e il mio disgusto verso quanto accaduto. L'élite ha dimostrato ancora una volta che, quando messo alle strette, non sa fare altro se non opprimere, minacciare, terrorizzare, per mantenere il proprio status quo.
Ieri ricorreva l'anniversario dell'omicidio di Giovanni Falcone, della moglie e degli agenti della scorta.

L'enorme quantità di esplosivo usato per far saltare in aria l'autostrada a Capaci, con un'evidente azione paramilitare, è direttamente proporzionale al fango e al sangue che grondano dai più alti scranni del potere istituzionale italiano.
Non c'è bisogno di alcun processo di tempi biblici, né vili leggine ad personam che ordinano la distruzione di intercettazioni telefoniche.
Dentro ogni cittadino italiano con un po' di coscienza e di occhi aperti sulla realtà dei fatti, esiste già la convinzione e la certezza matematica che mafia, istituzioni, politica, banchieri, massoneria, servizi segreti, sguazzano nella stessa melma nera, esoterica, satanica.

Nel gennaio 1992, Giovanni Falcone intervistato da Corrado Augias diceva: "Per essere credibili bisogna finire ammazzati in questo Paese".
Cosa manca allora all'Italia se dopo 22 anni, nulla sembra cambiato, anzi tutto fa pensare di non aver ancora toccato il fondo?

Cosa manca all'italiano perché si decida a partecipare per cambiare le cose e si riprenda in mano la situazione?
Io penso che manchi la fede; la fede in se stessi, negli altri, nel credere di essere un popolo unito e veramente sovrano.

Forse aveva ragione Falcone nella stessa intervista, in cui diceva che la cultura mafiosa è dentro ogni italiano. L'idea che ognuno debba farsi i fatti propri; fare il gioco delle tre scimmie; non vedo, non sento, non parlo.

"Ubi fides, ibi libertas" (dove c'è fede, c'è libertà) diceva Sant'Ambrogio, vescovo e patrono di Milano, parlando della fede cristiana.

Ma se non c'è nemmeno una fede civile, di popolo, di patria, allora è inutile ricordare uomini come Falcone, Borsellino, Livatino, Dalla Chiesa, Tobagi, Bachelet, D'Antona, Biagi, Moro, Peppino Impastato,  Piersanti Mattarella, Mino Pecorelli, don Puglisi, don Peppe Diana,  Pasolini, Matteotti, Mattei, le troppe vittime delle stragi di Stato, i troppi martiri delle foibe e della guerra civile post armistizio del 43-46 e mi scuso per quanti non ho citato.

"Gli uomini verranno giudicati dai fatti e non dalle parole" disse Giovanni Falcone.

Un abbraccio.

fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it

domande


sabato 24 maggio 2014

Martin Eden



 è un romanzo dello scrittore americano Jack London pubblicato in un primo tempo a puntate nella rivista Pacific Monthly dal settembre 1908 al settembre del 1909 e successivamente pubblicato come libro dalla The Macmillan Company nel settembre 1909..

Racconta la difficile vita di un ragazzo del popolo, un marinaio il cui nome dà il titolo al romanzo, che lotta disperatamente per diventare uno scrittore, ispirato e sostenuto in questo dal suo amore per la "Bellezza" e per Ruth, una giovane figlia dell'alta borghesia di San Francisco. La differenza di classe fra i due giovani e le relative difficoltà per Martin di farsi accettare come possibile marito di Ruth dalla famiglia di lei, darà modo a London di esporre molte delle sue teorie da convinto socialista qual era.

La vita del protagonista ha qualche somiglianza con quella dell'autore che all'inizio della sua carriera deve lottare per affermarsi come scrittore. Non pare che ve ne siano altre anche se, sin dai tempi della pubblicazione del libro, molti critici si sono cimentati nel trovarle.

Come ebbe a dire lo stesso London, in una nota ad Upton Sinclair "Una delle ragioni per cui ho scritto questo libro è l'attacco all'individualismo (nella persona dell'Eroe). Devo essere stato piuttosto maldestro dato che nessuno dei miei critici se ne è accorto." Il romanzo contiene una forte critica al capitalismo cinico che imperversava all'epoca e che aveva costretto moltissimi americani ad una vita di miseria ed espedienti.

Trama

Martin Eden vive a Oakland all'inizio del 1900. Nonostante sia un marinaio che ha seguito poche classi delle elementari, Martin Eden fa di tutto per elevarsi al di sopra della sua condizione di illetterato iniziando un difficile e appassionato periodo di studi in autonomia per diventare uno scrittore affermato, cosa che sente come un desiderio irrefrenabile. La ragione dichiarata per questo suo volersi affermare, nonostante la sua condizione sociale, è il suo amore per Ruth Morse sorella minore di Arthur, giovanotto dalla borghesia di San Francisco che Martin aveva salvato da una rissa. Arthur lo invita a cena, un po' per ringraziarlo di quanto ha fatto ma anche per mostrare alla sua famiglia un rappresentante di un mondo violento a loro sconosciuto. Anche Martin entra in contatto con un mondo che aveva soltanto letto sui libri e capisce che la sua unione con Ruth, di cui subito si innamora, sarebbe stata possibile solo quando fosse riuscito a colmare la distanza intellettuale e di censo tra lui e la classe di lei.

Ruth diventerà la fidanzata di Martin che però sarà sempre osteggiato dalla famiglia che tenterà costantemente di dissuadere la ragazza dal suo proposito di sposare Martin. Dopo un periodo di grandi difficoltà materiali e intenso studio e lavoro su poesie, racconti, libri e saggi durato due anni, Martin riuscirà a raggiungere quella fama e il denaro che aveva desiderato più per Ruth che per sé stesso, grazie ad un saggio filosofico "La Vergogna del Sole" che diventerà il caso letterario dell'anno suscitando dispute in Stati Uniti ed Europa.

Ma questo avverrà solo dopo che due episodi gli avranno prosciugato l'anima: il suicidio del suo più caro amico e mecenate Russ Brissenden, scrittore e poeta anch'egli, e l'abbandono da parte della fidanzata, finalmente convinta dai genitori a lasciarlo a causa di un falso articolo scritto su di lui che lo dipingeva come un fanatico socialista. La ragazza gli scrive una lettera di addio nella quale gli rimprovera, per l'ennesima volta, di non essere riuscito a trovarsi un lavoro e a fare qualche cosa di buono nella vita.

Quasi immediatamente dopo questi due terribili eventi, il successo e il conseguente cambiamento nella posizione sociale di Martin Eden, convincerà tutti quanti quelli che lo avevano deriso, sfuggito o odiato in precedenza a cambiare radicalmente opinione e Martin viene invitato a cena dai notabili della città e a tenere conferenze nei circoli più esclusivi di San Francisco. Anche Ruth, spinta segretamente dalla famiglia, tenterà un riavvicinamento per il quale però Martin, completamente disilluso, non dimostrerà il minimo interesse. Anzi, peggio, per la sua visita e il suo amore dichiarato non proverà nessuna emozione.

Martin ha smesso di scrivere e riesce a vendere tutto quanto quello che aveva prodotto nei due anni precedenti, anche le opere meno riuscite, stabilendo lui stesso il prezzo. Aumenta in questo modo la sua ricchezza tanto da poter facilmente fare fronte ai suoi debiti e a mantenere tutte le promesse di rimborso, ritenute farneticanti, che aveva fatto ai pochi amici e parenti che lo avevano, anche se minimamente, aiutato a non morire di fame. In questo periodo, l'unica cosa che riempie le giornate di Martin è l'ossessiva domanda su cosa fosse cambiato in lui e nelle sue opere dato che i lavori che ora gli editori si contendevano e gli compravano a qualunque prezzo, erano gli stessi che pochi mesi prima avevano rifiutato e che le stesse persone che ora gareggiavano per averlo ospite a cena lo avevano lasciato soffrire la fame.

Il romanzo si conclude con il suicidio di Martin che si affoga nel mare che era stata la sua prima casa di marinaio.

Questo finale in seguito contribuì grandemente ad alimentare l'ipotesi mai provata del suicidio dello stesso Jack London definita da Clarice Stasz "un mito biografico" . A proposito della sua morte, infatti, la vera causa non è stata mai accertata. È un fatto che il suo certificato di morte[2] riporta come causa l'uremia a seguito di forti coliche renali. C'è chi sostiene[3] che una overdose di morfina, che London prendeva per calmare i dolori, può aver contribuito alla sua morte ma che possa essere stata comunque involontaria.

Personaggi principali

Martin Eden

Un marinaio di limitata cultura ma grande esperienza di vita che si innamora di una giovane figlia della borghesia e decide di istruirsi e diventare un famoso scrittore per poter aspirare a chiedere la sua mano.

Ruth Morse

La ragazza borghese, studentessa all'università, che si innamora di Eden quando comincia a dargli lezioni di Inglese. Essa è razionalmente disgustata ma emotivamente fortemente attratta dalla natura di Martin selvaggia e aliena per lei. I due si fidanzeranno ma non potranno sposarsi sino a che Martin Eden non abbia uno status sociale sufficientemente elevato. Martin chiede a Ruth due anni di tempo per raggiungere questa meta.

Lizzie Connolly

Una operaia di una fabbrica di barattoli che si innamora di Martin che la respinge, in quanto già innamorato di Ruth. Le ruvide mani da lavoratrice di Lizzie marcano per Eden la distanza tra lei e Ruth definendo l'inferiorità della prima. In seguito invece Lizzie farà comprendere a Martin la differenza tra l'amore legato allo stato sociale e quello disinteressato. Lizzie infatti sarà sempre devota a Eden indipendentemente dal fatto che lui sia povero o ricco e famoso e lo amerà solo per sé stesso.

Joe Dawson

Il capo di Martin nella lavanderia che sarà il primo e unico lavoro accettato sulla terra ferma che non fosse da scrittore. Joe, benché completamente diverso da Eden in quanto incapace di avere alcuna ambizione di migliorare la sua condizione sociale o intellettuale, insegnerà a Martin molto, non solo su un nuovo mestiere ma soprattutto come superare le avversità della vita con un certo ottimismo.

Russ Brissenden

Personaggio enigmatico, incontrato a casa dei Morse, scrittore a sua volta, che diventerà il migliore amico di Eden. Sarà anche un suo sostenitore sia materiale (gli darà una notevole somma di denaro) che intellettuale, mettendo in evidenza le contraddizioni della vita borghese e cercando di convincerlo a riprendere la via del mare fuggendo da una città ed una società che lo avrebbero distrutto. Convinto socialista, non riuscirà a spostare Eden dalle sue convinzioni individualiste di stampo nietzschiano, ma lo farà incontrare, in una serata che Martin definirà "la migliore della sua vita" con un gruppo di filosofi che lui chiama "la vera feccia", poveri in canna ma dotati di un'importante indipendenza di pensiero.

Eden, per dimostrare al suo amico che le sue idee sulle riviste erano errate, invierà di nascosto per la pubblicazione l'ultima opera di Brissenden - Ephemera - che verrà accettata ma pubblicata postuma: Eden saprà della fine del suo amico proprio mentre va a dargli la notizia della avvenuta pubblicazione. Quello che succederà dopo convincerà Martin che, nonostante la grossa somma pagata per la poesia, l'amico aveva ragione a considerare disastroso qualunque contatto con quel mondo.

flickr di Cecilia Ferretti


venerdì 23 maggio 2014

investire in Italia? Sì, quando l'Euro ci avrà rasi al suolo

«Nell’epoca dell’avidità e delle guerre per massimizzare i profitti delle SpA nessun politico calato dall’alto avrà il coraggio di spegnere l’interruttore dell’immoralità», e ovviamente «nessun partito pensa di riformare il processo decisionale della politica – riforma dei partiti, elezioni primarie per legge, democrazia diretta», sostiene Peppe Carpentieri. «Una delle più grandi menzogne spacciate dai media e dai politici nostrani è che l’Eurozona avrebbe promesso un miglioramento del benessere collettivo». I mantra della “religione” liberista? Crescita e competitività, a parole. Nei fatti, invece, il cambio fisso dell’Eurozona, il patto di stabilità e crescita nonché il Fiscal Compact «sono tutti strumenti che hanno sostenuto il processo di recessione avviato prima con lo Sme, poi nel 1981 con la separazione fra Tesoro e Banca d’Italia, e accelerato con la deregolamentazione bancaria e finanziaria, fino ad esplodere nel 2008 con la crisi dei mutui subprime che ha raggiunto l’Eurozona».
Gli Stati che aderiscono all’euro, e quindi abdicano alla sovranità monetaria – cioè rinunciano ad una propria politica monetaria – e decidono di Beppe Carpentierifarsi condizionare dallo spread e dalle “opinioni” dei mercati finanziari, scrive Carpentieri in un post ripreso da “Megachip”. I mercati finanziari hanno anch’essi la loro “religione”, cioè «l’avidità e la crescita del Pil». E così, «accade che i fondi di investimento internazionali guidati da soggetti privati, favoriti dalla deregolamentazione globale, scelgono di investire i capitali seguendo la crescita del Pil, l’andamento demografico e lo sviluppo urbano dei singoli Stati». Non conviene più investire nel nostro paese? Ovvio: «I vantaggi di investire in Italia non ci sono poiché la globalizzazione sposta gli interessi verso i paesi emergenti». Molto meglio puntare su paesi neppure democratici, senza sindacati né diritti umani, ma con «l’opportunità di sfruttare e usurpare risorse materiali», senza contare i «vantaggi fiscali» e le «opportunità per massimizzare i profitti», utilizzando lavoratori-schiavi. I diritti civili e la cultura democratica? «Rappresentano un ostacolo oggettivo, per i fondi di investimento privati».
Consapevoli di questa enorme contraddizione fra avidità e democrazia, il progetto politico dell’Eurozona «rappresenta non solo una minaccia concreta per gli uomini liberi, ma è di fatto un progetto immorale, incostituzionale, che pregiudica la sopravvivenza delle generazioni presenti e future», sottolinea Carpentieri. «Non è tollerabile e tanto meno accettabile che la Repubblica italiana sia cancellata dalla storia per l’apatia dei cittadini stessi, manipolati, ingannati e traditi da dipendenti politici, nella migliore delle ipotesi incapaci e stupidi, nella peggiore traditori della Repubblica». La depressione dell’Eurozona e soprattutto dei paesi periferici dell’Ue ha una radice comune: «Cessione della sovranità monetaria, assenza di una banca pubblica che faccia l’interesse pubblico, sgretolamento dello Stato sociale, un sistema contabile fiscale stupido perché i criteri della crescita impediscono Moisés Naìmdi fare investimenti pubblici, assenza di una politica industriale utile allo sviluppo umano».
Tutto questo, ovviamente, non viene mai ammesso dall’establishment e dal suo mainstream: si continua a «blaterare di crescita e sviluppo», cercando solo di «confondere le idee degli elettori». Nella realtà, i mercati finanziari «ignorano le chiacchiere di questi utili idioti». L’Unione Europea «serve ai paesi “centrali” per drenare risorse (tasse), e serve a produrre disperazione, istigazione al suicidio e povertà crescente nei paesi “periferici”». Sicché, «quando i paesi “periferici” avranno raggiunto i livelli di povertà dei paesi emergenti, può darsi che i famigerati mercati finanziari avranno pietà e interesse nell’investire anche in Italia», ma in quel caso «non ci saranno più gli italiani». A quel punto, di fronte alla catastrofe socio-economica, ridiventerà finalmente “conveniente” investire in Italia, quando cioè ci si metterà in fila per un lavoro qualsiasi, con paga “cinese”. E’ una macchina imponente, che funziona a meraviglia. Da dove vengono tutti quei soldi, impiegati contro di noi? Dai paradisi fiscali, che insieme agli strumenti finanziari «rappresentano il modo più efficace di far perdere le tracce e distribuire soldi per corrompere politici e pagare la politica delle multinazionali SpA: guerre e controllo del debito».
Per Moisés Naìm, economista e direttore di “Foreign Policy”, già dirigente della Banca Mondiale, il numero dei territori che offrono servizi off-shore continua a crescere. Una piaga inarrestabile: «Non si tratta di catturare questa o quella persona, qui si tratta di un problema di sistema, “sistema mondo” intendo, che sta minacciando l’equilibrio globale». L’alta finanza ha creato paradisi bancari come Euroclear e Clearstream, dove vige il segreto assoluto: «Conti su cui è possibile far comparire e scomparire il denaro occultandone la fonte di provenienza». L’organizzazione “taxjustice.net”, continua Carpentieri, ha creato un indice della segretezza finanziaria, una ricchezza monetaria che sfugge alle regole fiscali nazionali: «Si tratta di un sistema globale che consente di non pagare tasse o pagarne poche grazie alle maglie larghe di leggi deboli e inefficaci». Secondo “Tax Justice”, ci sono da 21 a 32 trilioni di dollari depositati nei paradisi fiscali. In cima alla John Christensen, direttore di Tax Justiceclassifica brilla la Svizzera, seguita da Lussemburgo, Hong Kong, le Cayman, Singapore, gli Usa.
Secondo John Christensen, dato che il capitale di privato depositato offshore è pari a 11.500 miliardi di dollari, «se questo capitale generasse un profitto modesto diciamo del 7% e se questo reddito fosse tassato a un’aliquota molto bassa, ad esempio del 30%, i governi del mondo avrebbero ogni anno un surplus di reddito pari a 250 miliardi di dollari, che potrebbero spendere per alleviare la povertà e raggiungere gli obiettivi di sviluppo fissati dalle Nazioni Unite». Sicuramente, aggiunge Carpentieri, in termini di giustizia sociale determinate istituzioni bancarie, grandi imprese e politici dovrebbero «pagare il danno morale, sociale e ambientale che stanno causando a singole comunità, a singoli Stati e all’umanità intera». La soluzione? «Il ripristino della sovranità monetaria per favorire l’interesse della Repubblica e avviare un percorso di transizione, dall’era industriale verso una comunità fondata sul lavoro dell’equilibrio ecologico e non più sul profitto».

fonte: www.libreidee.org

solidarietà

VIETATO INFORMARE: 18 ORE DI OSCURAMENTO






di Gianni Lannes


Il 22 maggio 2014, a mezzogiorno in punto, ignoti hanno oscurato e disattivato il diario internautico SU LA TESTA!


Qualche giorno prima ignoti hanno recapitato nella cassetta di posta della mia abitazione un messaggio anonimo dove c’era scritto: “Lannes se ci tieni alla tua famiglia annulla l’incontro del 2 giugno a Roma sulle bombe nucleari”.

Dal 2009 ad oggi  ho subito alcuni attentati e ho vissuto quasi 2 anni sotto protezione della Polizia di Stato.

In Parlamento giacciono numerose interrogazioni ed interpellanze indirizzate a ben tre governi (Berlusconi, Monti, Letta) che non hanno mai avuto risposta dai vertici dello Stato italiano.

Ho presentato parecchie denunce circostanziate e documentate all’autorità giudiziaria, ma la magistratura brancola ancora nel buio più totale.

Strana coincidenza. A fine mese sarà pubblicato il mio prossimo libro di inchiesta che racconta i segreti e i danni inferti al nostro Paese dal nucleare militare: ITALIA: USA E GETTA. Lo Stivale è stato trasformato all’insaputa della popolazione, in un gigantesco deposito nordamericano di ordigni nucleari, in violazione della Costituzione repubblicana e del Trattato di non proliferazione nucleare. Si sono verificati alcuni gravi incidenti e le autorità non hanno rivelato nulla all'opinione pubblica. Purtroppo, a causa dell'inquinamento bellico e industriale, il bel paese detiene il record europeo di tumori che colpiscono i bambini. E se non bastasse, siamo sull’orlo di una catastrofe atomica.

E così alla fine il reato più grave diventa quello di chi racconta certe cose, anziché di chi le fa. La colpa non è dello specchio, ma di chi ci sta davanti. 

Allora, la censura non è altro che il modo concreto per il sistema di potere di travestire, escludere, eludere o negare quei contenuti che rischierebbero di mettere in pericolo la sua legittimità, le sue certezze, il suo dominio.

Fermare la diffusione del sapere è uno strumento di controllo per il potere, perché conoscere è saper leggere, interpretare, verificare di persona e non fidarsi di quello che ti dicono. La conoscenza ti fa dubitare, soprattutto del potere, di ogni potere. 
L’informazione è il sale della democrazia. Su la testa!

fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it

Rosencrantz e Guildenstern sono morti



Rosencrantz and Guildenstern are dead è una tragicommedia, legata al teatro dell'assurdo e all'esistenzialismo, scritta dal commediografo inglese Tom Stoppard.

Narra la storia di Rosencrantz e Guildenstern, due personaggi minori della tragedia Amleto (Hamlet), di William Shakespeare, che vengono convocati alla corte del re di Danimarca con il compito di aiutare Amleto, in realtà con lo scopo di capire (e riferire) se egli sia diventato pazzo o se stia fingendo. Il titolo deriva da una battuta pronunciata da un ambasciatore inglese nel finale della tragedia shakespeariana.

L'opera nacque come atto unico in versi nel 1964 col titolo Rosencrantz and Guildenstern Meet King Lear. Rielaborata in tre atti, viene messa in scena per la prima volta nel 1966 al Festival di Edimburgo.

Secondo una testimonianza dell'autore, riguardo alle varie rappresentazioni teatrali di questa commedia, effettuate in giro per il mondo, diverse possono essere le cose che cambiano da una rappresentazione all'altra:

« Dubito che ci siano mai stati due allestimenti uguali in due luoghi geografici diversi e ciò mi sembra assolutamente sensato: una battuta o un gioco di parole che risulta comico a Londra può apparire insulso a Milano (o a New Orleans) e non c'è alcun merito a conservarlo a tutti i costi solo perché era nella sceneggiatura originale. »

(Tom Stoppard)

Adattamento cinematografico

Nel 1990 l'opera letteraria venne adattata per il grande schermo e il lungometraggio, che fu presentato durante la 47ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia del medesimo anno, conseguì il Leone d'Oro.

Il film dal titolo omonimo fu diretto dallo stesso Tom Stoppard (nel suo esordio alla regia), con Tim Roth (Guildenstern), Gary Oldman (Rosencrantz), Richard Dreyfuss, Joanna Roth, Iain Glen, Donald Sumpter, Joanna Miles e Ian Richardson.

ragionamento


SCIE CHIMICHE: IL RAGIONAMENTO DI UN UOMO DI STRADA!

Liguria: scie chimiche!






di Franco Giusto

Propongo un ragionamento semplice e non scientifico sulle scie chimiche, quello che mi è stato fatto da persone altrettanto semplici ma osservatrici del cielo. Qui nel mio paese fino a qualche anno fa viveva un contadino, Francesco, arrivato da molto tempo dal sud, analfabeta, ma sapeva zappare e seminare con grande arte, e quindi molto ricercato da chi avesse l'orto. Mi hanno riferito che già alcuni anni fa avesse fatto notare, a chi gli desse lavoro, che qualcosa di non buono stesse accadendo nel cielo, stranamente solcato da strisce e nuvole strane che non aveva mai visto nella sua vita. E lo ripeteva spesso. Quando recentemente l'ho saputo ho provato molta stima per questo uomo semplice che non sapeva quasi esprimersi, se non nel suo dialetto pugliese e che al mattino, fedele alla sua abitudine acquisita nell'infanzia, andava a lavarsi alla fontana nella piazza del paese, nonostante avesse il bagno con l'acqua. Questo per dire che anche senza un microscopio o particolare conoscenza, l'istinto di una persona semplice che aveva sempre vissuto all'aria aperta, era arrivato molto prima di altri a riconoscere quanto da tempo stiamo seguendo. Tornando alle persone semplici che hanno scoperto di recente le scie chiedono: “ma che sostanze rilasciano nel cielo ' Che cosa provocano su di noi? Perché ?“
Beh, provando a fare un ragionamento terra terra e non scientifico possiamo comunque arrivare a una conclusione anche se non in termini scientifici.
1) Se fossero sostanze benefiche quelle rilasciate nelle scie ne saremmo già stati informati in
modo peculiare e ossessivo , con invito a respirazioni profonde onde riceverne il massimo
beneficio, e con massime referenze ed encomi per chi le avesse programmate e per coloro
che le rilasciano.
2) Sono sostanze neutre ? Mi chiedo, nella mia ignoranza scientifica biologica di chirurgo
generale che ha sempre fatto il taglia gole ,taglia pance e tutto altro del nostro corpo che
necessitasse tale approccio terapeutico, esistono sostanze neutre ? Sostanze che non
evochino alcuna azione sul nostro organismo. Nella mia scarsa conoscenza, dubito. O
fanno bene e un po' male o molto male e poco bene con rare eccezioni frammiste o
intermedie.
3) Allora queste sostanze delle scie non fanno bene alla nostra salute fisica; si può dedurre
per esclusione delle due ipotesi sopra formulate.

Questo è il ragionamento semplice dell'uomo di strada, senza voler sminuire nessuno, dell'uomo che dopo averle osservate ed essere arrivato a questa conclusione ha di fronte due possibilità, o informarsi meglio o non guardarle più per timore sopraggiunto.La recente discussione fra Gianni Lannes e Stefano Montanari su come approcciare un corretto studio sulle scie chimiche ha stimolato sicuramente le riflessioni di molti lettori e anche un po' di stupore inaspettato. Preciso che nutro grande stima sia per Gianni Lannes che per Stefano Montanari per quanto ambedue mi abbiano aperto la conoscenza a confini nuovi: Gianni Lannes sul modo di interpretare la vita per perseguire la verità a la giustizia e Stefano Montanari , per la scoperta della nanopatologia e tutto quanto ad essa correlato. Il loro approccio allo studio e denuncia delle scie chimiche persegue due metodiche diverse. Un metodo macroscopico per Gianni Lannes e un metodo rigorosamente microscopico per Stefano Montanari. Secondo Lui, che ha sviluppato una mentalità scientifica abituata a rapportarsi con il peculiare e l'infinitesimale, si potrà esprimere una precisa opinione scientifica solo dopo che le scie chimiche saranno state analizzate e decifrate nella loro composizione . Importante questo concetto ma per ora sembra difficilmente realizzabile. Dato che le scie chimiche non si possono prendere al laccio e tirarle giù, e dato che i responsabili se ne guardano bene di consegnarne una pozione in provetta per la loro definizione, dobbiamo arrivare a delle possibili conclusioni con quanto abbiamo di macroscopico a disposizione. E Gianni Lannes sul suo diario internautico ha finora raccolto in modo scrupoloso e altrettanto rigoroso, e messo a disposizione per la conoscenza di tutti, i documenti che ne attestino l'esistenza. Personalmente ritengo che quanto finora da Lui pubblicato sia più che sufficiente per passare alla fase successiva programmata il 2 giugno. Vorrei azzardare un confronto mio professionale in proposito. In chirurgia il primo approccio al problema diagnostico è sempre macroscopico, poi perfezionato in un secondo tempo da quello microscopico. Abbiamo salvato molte vite operando in urgenza grosse malattie tumorali che occludevano il tubo digerente o invadevano altri organi, allungando la sopravvivenza delle persone interessate a volte fino alla guarigione. 
 
Perché dico questo. Perché lo stesso approccio lo ritengo corretto anche per le scie chimiche che stanno invadendo sempre più i nostri cieli, l'aria che respiriamo, il nostro organismo tutto. E quindi un approccio d'urgenza collettivo, per cercare di fermarle, ritengo sia più che giustificato . Lo scienziato Stefano Montanari è uno scienziato con lo sguardo e la mente molto spesso rivolte a scrutare e indagare l'infinitesimale e quanto stia facendo è importantissimo per la ricerca in vari campi scientifici e allo stesso tempo stupendo e meraviglioso. Ma leggendo il suo libro pubblicato in rete, a proposito della sua avventura con Beppe Grillo e soci, appare molto evidente quanto sia a disagio quando si muova nel mondo macroscopico e le batoste che lui stesso dichiara di aver ricevuto in questa dimensione. Quindi auguro ai due interessanti e intelligenti Personaggi, un futuro dove possa essere possibile una Loro fattiva collaborazione fra macroscopico e microscopico. Dove le loro ricerche possano integrarsi per un unico progetto. Questo penso siamo in molti ad augurarvelo. Senza nessuna finalità di moralismi o presunzione di insegnamento da parte mia in qualità di persona ricca di non conoscenza. Anche perché di fronte alle Vostre eventuali scie polemiche, pur se personali, le scie chimiche rischiano di offuscarsi ai nostri occhi.  

fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it

giovedì 22 maggio 2014

memorie di Adriano



 è un romanzo francese della scrittrice Marguerite Yourcenar pubblicato per la prima volta nel 1951. Il libro è organizzato in 6 parti, tra cui un prologo ed un epilogo: prende forma di lunga epistola indirizzata dall'anziano e malato imperatore al giovane amico Marco Aurelio, allora diciassettenne e che poco dopo diverrà suo nipote adottivo nonché successore al trono.

Il libro descrive la storia di Publio Elio Traiano Adriano, l'imperatore romano del II sec., immedesimandosi nella figura di questo in un modo del tutto nuovo ed originale: infatti immagina di fare scrivere ad Adriano una lunga lettera nella quale parla della sua vita pubblica e privata. L'imperatore si trova così a riflettere sui trionfi militari conseguiti, sul proprio amore nei confronti della poesia, della musica e della filosofia, della sua passione verso il giovanissimo amante Antinoo.

Nel suo post scriptum all'opera l'autrice osserva che ha scelto Adriano quale soggetto per la sua storia in quanto aveva vissuto in quel momento particolarissimo dell'epoca antica in cui non si credeva più agli Dèi, ma in cui il cristianesimo non si era ancora stabilmente insediato nell'animo della gente.

Trama

« Quando gli Dèi non c'erano già più, ma Cristo non era ancora apparso... »

La storia è raccontata in prima persona da Adriano ed il 1º capitolo intitolato "Animula Vagula blandula" rappresenta l'inizio della lettera scritta per esser inviata al nipote Marco Aurelio, suo erede al trono. Gli altri capitoli formano una libera narrazione cronologica della vita dell'imperatore, che spesso interrompe il filo del discorso soffermandosi con varie intuizioni e ricordi.

Animula Vagula blandula

« Comincio a scorgere il profilo della mia morte... »

Giunto a 60 anni di età e trovandosi con una malattia incurabile che gli sta minando irreversibilmente il fisico, sulla soglia tra la vita e la morte l'imperatore ha l'intenzione di raccontare gli eventi più importanti che hanno costellato la sua esistenza. I suoi primi ricordi riguardano gli anni dell'infanzia trascorsi a Italica, antico insediamento romano situato nella penisola iberica.

Parla delle battute di caccia a cui partecipava da ragazzo e di come gli piacesse cavalcar un cavallo lanciato al galoppo, il gusto per il nuoto e l'avidità che provava nei confronti del cibo più appetitoso, ed il gusto delle bevande. Parla anche del suo precoce interesse nei confronti dell'astrologia, oltre alla sua passione per le arti di genere, la cultura e la filosofia greca; temi questi che continuerà a rimuginare lungo l'intero libro. Comincia a riflettere sul digiuno e sull'amore, oltre che sull'insonnia che pare ormai perseguitarlo.

Varius multiplex multiformis

« Ogni nuovo ampliamento territoriale dell'Impero sembrava un'escrescenza ripugnante, uno schifoso tumore od un gonfiore dovuto all'idropisia... »

Adriano comincia col raccontare il rapporto affettivo intercorso col nonno considerato un mago e presenta il padre, Elio Adriano Afer, e la madre. Avendo dimostrato fin dalla più tenera infanzia una notevole predilezione nei confronti della lingua greca ed un gusto particolare per quella cultura, viene mandato ad Atene per completare lì gli studi. Racconta anche dei suoi tentativi di diventar un iniziato al culto dei misteri eleusini e del proprio timore nei confronti della morte, finendo col criticar severamente se stesso per la propria mancanza di coraggio.

Dopo essersi recato per la prima volta a Roma viene ben presto notato da Traiano; unitosi all'esercito imperiale partecipa alla campagna per la conquista e sottomissione della Dacia. Al termine della guerra ha circa 30 anni: descrive quindi i successi avuti durante la vita militare ed il suo rapporto con l'imperatore, il quale inizialmente si dimostra abbastanza freddo nei suoi confronti.

Lentamente però riesce a guadagnarsi i favori di Traiano e mantiene la sua posizione di possibile erede al trono grazie all'aiuto della moglie di questi Plotina, che si dimostra subito abbastanza bendisposta favorevolmente nei suoi confronti, ma anche e soprattutto sposando la nipote stessa dell'imperatore, Vibia Sabina; qui poi non perde occasione per criticar l'animo vano e superficiale caratteristico delle donne.

La successiva guerra contro i Sarmati influenza notevolmente il suo animo, a causa delle terribili atrocità commesse e immani spargimenti di sangue da ambo le parti. Comincia allora a metter tra sé e sé in discussione il valore effettivo della politica militare espansionista di Traiano. Dopo la fallimentare campagna militare contro l'impero dei Parti Traiano nomina velocemente Adriano come proprio successore; sarà, questa, la sua ultima volontà prima della morte.

Tellus stabilita

« Buona parte dei mali del mondo provengono dall'aver uomini o troppo ricchi o disperatamente poveri... »

Suo primo atto imperiale è quello di stipulare la pace coi Parti; subito dopo comincia ad effettuare frequenti viaggi per visitare tutte le province dell'Impero, e nel contempo intraprende anche numerose riforme economiche e militari, promuovendole in un motto che recita "humanitas, libertas, felicitas". Durante una visita in Britannia, descrive la costruzione del Vallo di Adriano.

Per risolvere le continue minacce d'instabilità sociale nomina Attiano come proprio consigliere di fiducia; questi è un uomo saggio che ha sventato una cospirazione di consoli contro il nuovo imperatore: Adriano rifiuta recisamente il titolo di "padre della patria", riduce inoltre il numero di schiavi addetti al palazzo ed aiuta finanziariamente il poeta Svetonio.

Saeculum aureum

« Di tutti i giochi umani, quello d'amore è l'unico che minaccia costantemente di sconvolgere la nostra anima, ed è anche l'unico in cui il giocatore deve abbandonarsi all'estasi del corpo... Inchiodato al corpo amato come uno schiavo alla croce »

Ma il felice governo, momento di pace e felicità considerato una vera e propria "età dell'oro", Adriano l'attribuisce alla passione amorosa ed erotica che porta nei confronti di Antinoo, un grazioso ragazzino di Bitinia incontrato dall'imperatore a Nicomedia: comincia a sentirsi anche per la prima volta nella vita sinceramente amato, a differenza della relazione priva di qualsiasi trasporto emotivo che intrattiene con la moglie.

Il "bambino", come lo chiama Adriano, è un giovinetto tanto bello quanto timido, ma furono soprattutto i suoi ribelli capelli ricci ad incantare e legar a sé il cuore dell'imperatore. La relazione tra i due dura 5 anni: mentre si trova in visita in Egitto però, durante un viaggio in barca lungo il corso del fiume Nilo, si dispera per la morte improvvisa ed alquanto misteriosa del giovane amante ormai diciannovenne. Egli conclude ritenendo che Antinoo si sia sacrificato al fine d'alterar il risultato di certi presagi infausti a cui avevano entrambi assistito precedentemente.

Per esaudir il desiderio espresso in vita, Adriano fa imbalsamare il corpo del ragazzo dai sacerdoti egizi per depositarne infine i resti in una tomba sotterranea del tutto simile a quelle costruite per gli antichi faraoni, facendone riempir le pareti di geroglifici. In suo onore da l'ordine anche di costruire una città col nome dell'amato, Antinopoli.

Disciplina Augusta

Nell'immenso dolore dovuto alla perdita del grande amore della propria esistenza, l'imperatore escogita il culto di Antinoo, in pratica deifica il ragazzo perduto rendendolo così immortale; progetta inoltre per il futuro di dedicare tutta una serie di nuove città all'amato nel tentativo di rendere eterna ed immutabile la memoria dei posteri e del tempo nei suoi confronti. Comincia da questo punto in poi a riflettere sulla vecchiaia e di come, con l'avanzar dell'età anche il carattere e temperamento emotivo venga a subire sempre più dei mutamenti.

Ulteriore preoccupazione gli è data dallo scoppio di una ribellione in Giudea, che lo costringe a prendere nuovamente il comando delle truppe per andar a sedarla; durante l'assedio di Gerusalemme è mortificato dal fatto che i suoi buoni propositi e piani di pace siano andati totalmente a monte. Contemporaneamente la condizione del suo cuore si fa sempre più precaria, cupa e sofferente. La Terza guerra giudaica si conclude così con l'esilio e la dispersione dell'intero popolo ebraico e con la terra dove hanno fino ad ora abitato ribattezzata Palestina.

Dopo la morte prematura del successore designato Lucio Elio Cesare, ha posato gli occhi sul virtuoso Marco Aurelio, un ragazzo riflessivo e di buon cuore: adotta così il giovane ed elegge a succedergli Antonino Pio.

Patientia

« Cerchiamo di entrare nella morte ad occhi aperti »

Riflettendo su una lettera ricevuta da Arriano l'imperatore giunge alla conclusione che tutte le opere compiute con fatica durante la sua esistenza si son rivelate del tutto inutili. Durante i suoi ultimi anni, trascorsi nella sua villa (vedi Villa Adriana) di Tivoli nei pressi della capitale, circondato da statue di marmo a grandezza naturale raffiguranti l'eterno amore Antinoo, cominciandogli a mancar le forze per continuare a vivere, inizia a meditare il suicidio e pensa ai vari mezzi con cui poterlo realizzare.

Oramai, con le sue condizioni di salute che si aggravano sempre più, finalmente si trova ad accettare pienamente il destino o fato che gli è stato assegnato con completa rassegnazione (patientia); ciò mentre conclude con una riflessione sulla religione pagana. Vicino alla morte, contempla ciò che il futuro ha in serbo per Roma, il mondo e la propria anima individuale.

Edizioni

Mémories d'Hadrien suivi de Carnets de notes de Mémories d'Adrien, Librairie Plon, Paris 1951.

Traduzioni in italiano

Memorie di Adriano, traduzione di Lidia Storoni Mazzolani, Torino, Einaudi, 1988.

Memorie di Adriano. Seguite da Taccuini di appunti, traduzione di Lidia Storoni Mazzolani, Torino, Einaudi, 2005.