sabato 30 settembre 2017

"la storia umana è tutta una menzogna e ne abbiamo le prove inconfutabili!"

“La storia dell’umanità su questo pianeta è la più grande menzogna mai raccontata e scritta. Non vedo l’ora che la verità venga esposta e che i falsi libri di storia vengano bruciati! I mass-media sono complici di un insabbiamento di proporzioni epiche”.
L’antropologo, Dott. Semir Osmanagich, fondatore del Parco Archeologico Bosniaco, il sito archeologico più attivo del mondo, dichiara che le prove scientifiche, ‘inconfutabili’, venute alla luce, sull’esistenza di antiche civiltà con tecnologia avanzata, non ci lasciano altra scelta se non quella di riscrivere la nostra storia, la storia dell’Umanità Terrestre. Un attento esame, su l’età di alcune strutture, rivela definitivamente che sono state costruite da civiltà avanzate di oltre 29.000 anni fa.
“Riconoscere che siamo testimoni di prove fondamentali dell’esistenza di antiche civiltà avanzate risalenti a oltre 29 mila anni fa, e facendo un attento esame delle loro strutture sociali, costringe il mondo a riconsiderare totalmente la sua comprensione sullo sviluppo della civiltà attuale e della sua storia”, spiega il Dott. Semir Osmanagich. “I dati conclusivi del 2008 riguardanti il sito della Piramide Bosniaca, e confermati quest’anno da diversi laboratori indipendenti che hanno condotto test al carbonio radiofonico, hanno rilevato che il sito risale a più o meno 29.400 anni fa, minimo”.
La datazione delle prove al radiocarbonio è stata fatta dal RadioCarbon Lab di Kiev, in Ucraina, su materiale organico presente nel sito bosniaco della Piramide. Il fisico Dr. Anna Pazdur dell’Università polacca di Slesia, ha annunciato la notizia in una conferenza stampa a Sarajevo nell’agosto del 2008. Il professore di Archeologia Classica presso l’Università di Alessandria, Dott. Mona Haggag, ha descritto questa scoperta come “scrivere nuove pagine della storia europea e mondiale”. La data di 29.000 anni del Parco Archeologico Bosniaco, è stata ottenuta da un pezzo di materiale organico recuperato da uno strato di argilla che si trovava all’interno dell’involucro esterno alla piramide. Ne consegue una data campione ottenuta, durante la stagione 2012, dai test fatti su materiale che si trova sopra il calcestruzzo, di 24,8 mila anni, il che significa che questa struttura ha un profilo di costruzione che risale a quasi 30 mila anni.
“I popoli antichi che hanno costruito queste piramidi conoscevano i segreti della frequenza e dell’energia. Hanno usato queste risorse naturali per sviluppare tecnologie, e per intraprendere la costruzione di scale che non abbiamo visto in nessun altro posto della terra”, ha detto il dottor Osmanagich. “Le prove dimostrano chiaramente che le piramidi furono costruite allineandole con la griglia energetica della Terra, ed erano come macchine che fornivano energia al potere della guarigione”.
Studiosi di storia antica negli Stati Uniti, hanno notizie altrettanto sorprendenti su qualcosa trovato negli angoli più lontani del globo. Per esempio la scoperta di Rockwall al di fuori di Dallas, Texas, è solo un esempio di come stiamo riesaminando antichi misteri che rivelano molto sul nostro passato. Il sito Texano è un complesso e poderoso muro di dieci miglia di diametro costruito oltre 20.000 anni fa e coperto dal suolo sette piani sotto terra. La domanda è: da chi è stata costruita questa struttura e per quale scopo e, soprattutto, la conoscenza data da queste civiltà del passato, in che modo può aiutarci a comprendere il nostro futuro?
Nuove tracce rivelate o antiche civiltà ri-scoperte hanno acceso una innata curiosità per le origini umane, come risulta dalla recente copertura nei media mainstream.
Il numero di novembre 2013 di National Geographic: I 100 più grandi misteri rivelati delle Civiltà Antiche dice,
“A volte le culture si lasciano dietro misteri che confondono coloro che vengono dopo di loro, dai menhir ai manoscritti codificati, ci indicano che gli antichi hanno avuto uno scopo profondo”.
Scienziati lungimiranti continuano a perseguire la conoscenza del nostro passato che è utile per determinare un futuro migliore. Il rinomato autore Michal Cremo, nel suo libro Forbidden Archeology, teorizza che la conoscenza dell’avanzato Homo-sapiens è stata soppressa o ignorata dalla comunità scientifica perché contraddice le attuali opinioni sulle origini umane che non vanno d’accordo con il paradigma dominante.
I risultati indicano chiaramente che simili civiltà avanzate di esseri umani erano presenti in tutto il mondo in quel momento storico. Ad esempio, il Gobekli Tepe che si trova nella Turchia orientale, è un vasto complesso di enormi cerchi di pietre megalitiche, con un raggio tra i 10 e i 20 metri, molto più grandi di quelle del noto sito di Stonehenge in Gran Bretagna. Agli scavi di Gobekli Tepe che hanno avuto inizio nel 1995, sono stati fatti dei test al carbonio radiofonico i quali hanno rivelato che la struttura risale almeno a 11600 anni fa. L’archeologo tedesco Klaus Schmidt dell’Istituto Archeologico Tedesco di Berlino in Germania, con il supporto dell’ArchaeoNova Institute di Heidelberg, sempre in Germania, ha condotto lo scavo di questi preistorici circoli megalitici scoperti in Turchia.
“Gobekli Tepe è uno dei più affascinanti luoghi neolitici del mondo”, ha sostenuto il Dott. Klaus Schmidt. Ma, come spiega in un recente rapporto, per capire le nuove scoperte, gli archeologi hanno bisogno di lavorare a stretto contatto con gli specialisti di religioni comparate, con i teorici dell’architettura e dell’arte, con i teorici della psicologia evolutiva, con i sociologi che utilizzano la teoria delle reti sociali, e altri ancora.
“E’ la complessa storia delle prime, grandi comunità insediate, la loro vasta rete, e la loro comprensione comune del loro mondo, forse anche delle prime religioni organizzate e delle loro rappresentazioni simboliche del cosmo”, come riportato da Klaus Schmidt .
Oltre alle strutture megalitiche, sono state scoperte figure e sculture, raffiguranti animali di pre natura storica, come i dinosauri e altri animali selvatici. Dal momento che gli scavi iniziarono nel 1995, quattro dei circoli sono stati parzialmente ripuliti, ma si pensa che ci siano ancora fino a 50 ambienti nascosti sottoterra. Questi enormi monoliti svettanti, di sette metri di altezza e 25 tonnellate di massa a Gobekli Tepe, sono situati proprio nel cuore di ciò che percepiamo come l’origine della civiltà. Questo offre ai ricercatori, delle nuove linee guida per la vera storia della terra e delle nostre antiche civiltà.
“L’obiettivo della ricerca archeologica non è quello di scoprire semplicemente tutti i circoli megalitici, ma sopratutto cercare di capire il loro scopo”, ha aggiunto Schmidt.
Piramide Bosniaca: Prova di civiltà avanzate di oltre 30.000 anni fa
Ormai è l’ottavo anno di scavo nel sito della Piramide Bosniaca, che si estende sui sei chilometri quadrati del bacino del fiume Visoko, 40 km a nord ovest di Sarajevo. Composto da quattro antiche piramidi quasi tre volte più grande di Giza, e da un vasto complesso di tunnel sotterranei situati sotto la piramide. La colossale piramide centrale del Sole è alta ben 420 metri e ha una massa di milioni di tonnellate rendendo le piramidi bosniache le più grandi e antiche piramidi conosciute sul pianeta (quella di cheope è alta ‘solo’ 146 metri). Il Dr. Osmanagich ha stupito l’intera comunità scientifica e archeologica con la raccolta e formazione di un team di ingegneri interdisciplinari, fisici e ricercatori da tutto il mondo per condurre un’indagine aperta e trasparente del sito e per cercare di scoprire la vera natura e il vero scopo di questo complesso piramidale.
“Questa è una cultura sconosciuta che ci presenta arti e scienze altamente avanzate, in grado di formare strutture veramente enormi e noi crediamo in questo processo dimostrando una capacità di sfruttare le risorse energetiche pure”, commenta Tim Moon, che ha recentemente aderito al team di Osmanagich.
Il progetto archeologico ci ha consegnato un altro importante rinvenimento trovato questo anno nel complesso dei tunnel sotterranei, conosciuto come Ravine. Mentre esploravano un tunnel che conduce verso la Piramide del Sole, la squadra ha portato alla luce diverse pietre megalitiche. Nel mese di agosto un enorme pietra stimata in 25.000 kg è stato scoperta a circa 400 metri di profondità. “Qui abbiamo una pietra massiccia sepolta sotto centinaia di migliaia di tonnellate di materiale. Inoltre abbiamo individuato dei muri di fondazione lungo tutto il suo perimetro formati da blocchi di pietra tagliata”, ha aggiunto Tim Moon.
Grandi quantità di reperti sono state recuperate dalle gallerie associate che portano al sito, tra effigi, dipinti su pietra, oggetti d’arte e una serie di geroglifici e testi antichi scavati nelle pareti dei tunnel.
Il Dr. Osmangich sottolinea che è giunto il momento di condividere liberamente la conoscenza, in modo che si possa capire e imparare dal nostro passato.
“E’ tempo per noi di aprire le nostre menti alla vera natura della nostra origine. La nostra missione è quella di riallineare la scienza con la spiritualità, al fine di progredire come specie, e questo richiede un chiaro percorso di conoscenza condivisa”.
Fonte tratta dal sito .

fonte: http://wwwblogdicristian.blogspot.it/

domenica 24 settembre 2017

la Bibbia del Diavolo, misteri e leggende del libro più grande del mondo


Agli inizi del XIII secolo in un piccolo monastero benedettino di Podlazice, in Boemia, un uomo decise di ritirarsi all'interno di una piccola cella per realizzare un'opera che potesse glorificare il monastero e l'ordine al quale apparteneva.

Per un lungo periodo di tempo il nome del monaco che decise di completare questa mastodontica opera coprì di mistero le pagine del manoscritto. L'autore del libro è noto come Herman inclusus, ossia Herman il recluso. Sino a qualche decina d'anni addietro si presumeva che il termine inclusus significasse essere murato vivo, ma recenti studi hanno modificato questa visione avvalorando l'ipotesi che il termine potesse riferirsi ad una scelta personale del monaco, e la traduzione potrebbe essere attinente ad una scelta di reclusione e non all'obbligo di vivere murato vivo tra le pareti della piccola cella di un monastero sperduto nella terra di Boemia. Molteplici possono essere i motivi alla base della scelta della persona, tra cui la preponderante attiene all'espiazione dei peccati commessi in vita. Occorre ricordare che nel XIII secolo trascrivere i testi sacri era una forma di redenzione. Perché l'interessamento per quest'opera? Il Codex Gigas, in italiano il Libro Gigante, è il più grande manoscritto giunto sino a noi. Il Codex Gigas è contenuto in una copertina di pelle con alcuni ornamenti in metallo. Le dimensioni hanno dell'incredibile: oltre 90 centimetri di lunghezza per 50 di larghezza e 22 di spessore. Le misure conducono al peso di 75 chilogrammi.



La storia del libro è altrettanto interessante quanto le misure. Il manoscritto fu completato nel 1229, stando a quanto appare all'interno del libro stesso. Una domanda subito pervade la nostra mente: quanto tempo impiegò Herman il recluso a portare a termine l'opera? Secondo alcuni studi effettivamente l'opera potrebbe essere stata scritta da una sola persona, che lavorò ininterrottamente per quasi 20 anni. Se fossero serviti 20 anni per completare l'opera, Herman il recluso avrebbe iniziato a scrivere intorno al 1209. Alcuni dati contenuti nel manoscritto ci permettono di comprendere che lo stesso fu iniziato dopo il 1204, poiché all'interno del Codex Gigas è riportata la canonizzazione di San Procopio di Sazava, patrono dell'attuale repubblica Ceca, avvenuta nel 1204. Per quanto concerne la conclusione dei lavori di scrittura esiste una finestra temporale che va dal 1223 al 1230: queste date sono estrapolate sempre da fatti riportati all'interno del libro e concernono la morte del vescovo Andrea di Praga, avvenuta nel 1223 e riportata nel libro, e la morte del Re Boemo Ottokar, avvenuta nel 1230 e non menzionata nel Codex Gigas. Possiamo ritenere che la data di completamento riportata all'interno dell'opera, 1229, sia realmente quella in cui l'autore donò il manoscritto completato al proprio monastero. Coperta di nebbie appare la storia degli anni immediatamente successivi alla vergatura dell'ultima pagina del manoscritto: il Codex Gigas apparve nel monastero cistercense di Sedlec per essere acquistato da quello benedettino di Brevnov. 


La certezza ritorna nel periodo a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento poiché tra il 1477 ed il 1593 il libro fu custodito all'interno della biblioteca del monastero di Broumov. Nel 1594 fu trasferito a Praga per entrare nella collezione privata di Rodolfo II d'Asburgo. La storia incede veloce, come le vicende relative al Codex Gigas. Alla fine della Guerra dei Trent'Anni, esattamente nel 1648, tutta la collezione di Rodolfo II fu presa dall'esercito svedese. Dal 1649 il manoscritto si trova all'interno della Biblioteca Reale di Svezia, a Stoccolma. Il 7 maggio del 1697 un terribile incendio divampò nelle reali sale del Castello della capitale svedese: il Codex Gigas, a causa delle dimensioni e del conseguente enorme peso, fu lanciato dalla finestra della biblioteca per essere salvato dalle fiamme divoratrici. Purtroppo alcune pagine andarono perdute per sempre.
Passiamo ora ad analizzare il contenuto del manoscritto.
Il Codex Gigas include una trascrizione completa della Bibbia tratta quasi interamente dalla Vulgata, ossia la traduzione in latino dell'antica versione greca ed ebraica realizzata alla fine del IV secolo da Sofronio Eusebio Girolamo: il nome è dovuto alla dicitura latina, vulgata editio, cioè edizione per il popolo, che richiama l'ampia diffusione che ottene e lo stile non raffinato più alla portata del popolo, o volgo.



Il libro non comprende gli Atti degli Apostoli e l'Apocalisse di Giovanni. Il manoscritto include la Etymologiae di Isidoro di Siviglia, due lavori di natura storica di Giuseppe Flavio, una storia della Boemia, alcuni trattati di storia ed etimologia, un calendario con la lista dei santi, l'elenco dei monaci dei monasteri benedettini, formule magiche ed altri documenti attinenti gli alfabeti cirillico, ebraico e greco. L'intero libro è scritto in latino. Il manoscritto include miniature in rosso, blu, giallo, verde ed oro. Le maiuscole iniziali sono minuziosamente miniate e frequentemente occupano l'intera pagina. L'aspetto del manoscritto resta fondamentalmente invariato dall'inizio alla fine, così come la calligrafia dello scrivano che non mostra segni di anni di malattia o di cambiamenti di umore. Questo fatto ha alimentato la credenza che il manoscritto sia stato scritto in un periodo di tempo incredibilmente breve. In realtà alcuni studiosi hanno stimato che l'opera potrebbe essere il lavoro di un solo uomo che ha lavorato per oltre 20 anni.



L'ultimo aspetto che dobbiamo analizzare è quello concernente il nome con il quale è conosciuto in alternativa a Codex Gigas: la Bibbia del diavolo.
All'interno delle pagine del manoscritto vi è un'illustrazione a tutta pagina del diavolo. Il demonio è alto quasi 50 centimetri, ha il volto verde in ricordo del peccato mortale dell'invidia, lingua biforcuta, corna ed artigli rossi. La bestia ha 4 dita sia nelle mani che nei piedi. Un particolare degno di nota è l'assenza della coda.
Il nome Bibbia del Diavolo è associato anche ad una leggenda che riguarda il fatto che l'autore, Herman Inclusus, abbia richiesto l'aiuto del demonio. Secondo queste supposizioni fantasiose il monaco s'impegnò, isolandosi all'interno della propria cella, a produrre il libro in una sola notte di lavoro, chiaramente vendendo l'anima al diavolo per riuscire in questo straordinario intento. Come spesso accade la realtà supera la fantasia popolare. Nel caso del Codex Gigas il pensare al monaco chiuso all'interno di uno spazio minuscolo realizzare un'opera grandiosa travalica ogni leggenda, donandoci la visione di un uomo che riesce a superare i propri limiti senza l'ausilio di un ipotetico e fantasioso aiuto demoniaco.

Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/

Bibliografia
Richard Dubell, La Bibbia del diavolo, Piemme 2009


Richard Dubell, Il testamento di Satana, Piemme 2011

Focus Storia, Che cos'è la Bibbia del diavolo?, giugno 2016

Kamil Boldan, Michal Dragoun, Duan Foltýn, Jindřich Marek, Zdeněk Uhlíř, The Devil’s Bible - Codex Gigas. The Secrets of the World’s Largest Book, NKP, 2007,


FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale, che si avvia a diventare un vero e proprio modello di diffusione della tradizione popolare, dell’arte meno conosciuta, dei misteri e delle leggende conosciuti o meno, in un felice connubio con le moderne tecnologie. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.

venerdì 15 settembre 2017

se il popolo di Vasco marciasse contro il governo zootecnico

Accorrono in 220.000 al concerto oceanico di Vasco, ma nessuno che muova un dito contro il “governo zootecnico mondiale”, ovvero «la riduzione del cittadino a pollame». Maurizio Blondet commenta così l’ultimo lavoro editoriale dell’avvocato Marco Della Luna, “Oltre l’agonia”, ovvero “Come fallirà il dominio tecnocratico dei poteri finanziari” (Arianna Editrice). I giovani ipnotizzati dal Blasco? «Dico: pensate se fossero capaci di farlo per uno scopo politico. Se arrivassero in 220.000 a Roma, una volta, per protestare contro la sottrazione di diritti come cittadini, lavoratori, elettori. Che so, contro le vaccinazioni come inaudita “pretesa dello Stato, giuridicamente obbligatoria, di metterci dentro sostanze di cui non sappiamo la composizione”, manco fossimo animali», oppure «contro l’immigrazione senza limiti al costo di 4,5 miliardi l’anno, mentre “in Italia gli indigenti sono passati in 5 anni da 1,5 e 4 milioni”». Si potrebbe protestare, «per un insieme di scelte politico-economiche “assurde”, ostinatamente imposte dalle oligarchie nonostante i “risultati rovinosi”, il che “non può essere accidentale ma il prodotto di un sistema progettato, implementato e difeso”».
Bisognerebbe «gridare che le mitiche speranze dell’europeismo sono state tradite», e che «nel mondo reale, il liberismo di mercato non ha gli effetti promessi dal modello ideale, ossia che il mercato non è “libero” ma gestito da cartelli: non tende a Vasco Rossievitare o assorbire le crisi, ma le genera e amplifica», onde «non a distribuire le risorse, ma concentrarle in mano a pochi monopolisti». E’ un sistema che «dissolve la società invece di renderla più efficiente», anzi «dissolve l’idea stessa dell’uomo», scrive Della Luna. «Se i giovani per una volta dormissero all’addiaccio, pagassero i trasporti verso Roma, si comportassero per qualche giorno da soldati politici – dice Blondet nel suo blog – farebbero paura al governo che ci è stato imposto dalla Banca Centrale e da Bruxelles, ai parlamentari che dipendono dalle lobbies e comitati d’affari, e che hanno svenduto l’Italia, le sue industrie e la sua sovranità agli interessi stranieri». Della Luna, annota Blondet, è stato «il primo in Italia ad avvertirci che il capitalismo terminale globale fa soldi non più producendo merci ma bolle finanziarie per poi farle scoppiare: non ha più bisogno di lavoratori, produttori, operai, eserciti di massa – né quindi di mantenere sani, efficienti, istruiti, men che meno prosperi e soddisfatti i popoli». Non servono più, i popoli, e neppure i consumatori (risale infatti al 2010 il suo saggio “Oligarchie per popoli superflui”).
In questo nuovo saggio, Della Luna ci avverte che il sistema è entrato in una fase ulteriore e più letale, anti-umana. Ormai persino il profitto finanziario «ha perso importanza, sia come scopo che come mezzo». Basta ricordare «le migliaia di miliardi che le banche centrali (appartenenti alla finanza privata) creano dal nulla per  mantenere a galla il sistema, mettendoli a disposizione di chi comanda in misura illimitata». E il denaro creato dal nulla «genera un flusso di cassa positivo, ossia un reddito, che la banca incassa, ma su cui non paga le tasse», perché a pagare sono i contribuenti. Della Luna giunge a preconizzare perfino «il tramonto della finanza», inteso come «sistema di dominio della società». Un tramonto che però non coinciderà con la nostra liberazione: è già in arrivo «il dominio diretto e materiale sulla società», attraverso la «gestione Il libro di Della Lunacoercitiva del demos, potente e unilaterale, e insieme non responsabile delle scelte verso i suoi amministrati». Questo nuovo potere, «non diversamente dalla zootecnia», non è responsabile verso gli animali che “alleva”, cioè noi. Governo zootecnico: «L’allevamento-condizionamento di masse umane per l’utilità degli allevatori». Già lo fanno per via mediatica, «restringendo e omogeneizzando le rappresentazioni che gli umani hanno della realtà».
Di fatto, continua Della Luna, stanno già «tabuizzando e psichiatrizzando il dissenso e la contro-informazione», fino a renderla penalmente perseguibile. Lo fanno con “la Buona Scuola”, l’attuale sistema educativo congegnato in modo da non sviluppare facoltà cognitive, né l’attenzione sostenuta, né la capacità di auto-dominio: è il metodo perfetto per «produrre persone deboli, dipendenti, condizionabili, incapaci di opporsi». Non si tratta di risultati fallimentari e ideologie erronee. Al contrario, dice Della Luna: sono effetti perseguiti deliberatamente per «semplificare» l’uomo, standardizzandolo in vista dell’allevamento zootecnico. «Impressionante – aggiunge Blondet – è l’esempio che fa della scomparsa della borghesia produttiva, culturalmente vivace e reattiva, rovinata dalle crisi deflattive continue e dal fisco rapacissimo». Non è un caso malaugurato. E’ che «la piramide sociale va interrotta lasciandoMarco Della Lunauno spazio vuoto sotto il suo apice», il famigerato 1% che concentra l’80% delle ricchezze, «così che l’apice sia al sicuro dalle scalate (mobilità verticale) e dagli attacchi delle classi intermedie erudite».
L’obiettivo del vertice è «realizzare tra l’oligarchia e i popoli la medesima distanza e differenziazione qualitativa che c’è tra l’allevatore e gli animali allevati», secondo il modello zootecnico. «Nella chiave del governo zootecnico – scrive Blondet – diventano perfettamente spiegabili la plurivaccinazione obbligatoria dei cuccioli», cioè bambini. Se fossimo cittadini, e non polli d’allevamento, dovremmo rifiutare «la potestà giuridica di immettere nel corpo della gente sostanze attive», fra cui quelle basate su nanotecnologie e biotecnologie, «e molte di esse coperte da segreto militare o commerciale», rileva Della Luna. Sempre nella prospettiva dell’allevamento zootecnico acquista senso anche «il dogma dell’accoglienza e della mescolanza dei popoli», imposto come «evidente, dimostrato», presentando chi li contraddice come «irragionevole, malintenzionato, pericoloso, immorale». La verità è che, oltre ad essere in Italia un business, il «circuito dell’affarismo parassitario» che succhia denaro pubblico, il “dogma” pro-migranti «ha perfettamente senso dal punto di vista dell’allevatore: la trasformazione dall’alto del popolo, il popolo-bestiame, imponendo l’immigrazione sostitutiva delle popolazioni nazionali» nello stesso modo in cui l’allevatore inserisce nella stalla nuovi tori e nuove fattrici, per “migliorare la razza”.
L’immigrazione caotica è anti-economica, diminuisce l’efficienza della società e costa moltissimo? Infatti, conferma l’autore: ciò dimostra che «la comprensione economicistica del divenire attuale è palesemente scavalcata». Quando la casta politica-amministrativa «lascia senza tetto e senza cibo i cittadini italiani mentre alloggia gli immigrati in alberghi a tre e quattro stelle», scrive Della Luna, quel che attua è «l’annullamento programmatico del concetto di cittadino come titolare di diritti specifici verso la sua polis», cioè «l’annullamento del “demos”, ossia del “popolo” come entità politica, padrona collettivamente delle proprie scelte». Un modello che «non implica affatto pace, sicurezza, efficienza per le popolazioni, esattamente come non le implica il modello zootecnico». Per gli allevatori, gli animali allevati «sono solo fonte di utilità; non Maurizio Blondethanno diritti né dignità riconosciuta». Dalla robotizzazione dell’industria all’elemosina elettorale degli 80 euro di Renzi: «La mancanza di redditi e servizi sicuri, la dipendenza da interventi anno per anno, rende queste masse sempre più passive, remissive», dunque «politicamente inattive». Ecco lo scopo.
Se infatti il “capitalismo finanziario terminale” tende a «togliere alla gente tutto il reddito e tutti i risparmi disponibili», facendo passare a tutti la voglia di pagare le tasse, “lorsignori” sanno come scongiurare la possibile rivolta: «Contrariamente a quel che fa credere la narrativa hollywoodiana – scrive Blondet – le rivoluzioni non le fanno gli affamati», in coda alle mense della Caritas, ma «le classi emergenti nella prosperità», pronte a reclamare diritti politici. «Quelli con la pancia vuota sono passivi e remissivi, aspettano il bonus da 80 euro; i giovani passano da un precariato all’altro e non avranno mai una pensione sufficiente a farli sopravvivere: dunque pietiranno dallo Stato interventi, che saranno anno per anno,  incerti, caritativi». Siamo ormai al “precariato ontologico”, lo stato nel quale puntano a ridurci come condizione naturale. La precarietà «assunta a paradigma normativo» ormai è la condizione standard dei giovani: uno “stipendio” da 450 euro al mese o, in alternativa, l’emigrazione in Nord Europa. «Siete già precari ontologici?», conclude Blondet, rivolgendosi ai giovani. «Per Vasco l’avete fatta, la marcia su Modena. Ne rifarete un’altra per rifiutare il governo zootecnico?».
(Il libro: Marco Della Luna, “Oltre l’agonia. Come fallirà il dominio tecnocratico dei poteri finanziari”, Arianna Editrice, 160 pagine, euro 9,80).

fonte: http://www.libreidee.org/

domenica 10 settembre 2017

sorella, eclissi lunare, Locomotive e profilo


anche la Spagna nel copione “Isis”, con il solito passaporto

«I Mossos, i poliziotti catalani, entrano nel furgone abbandonato sulle Ramblas dopo aver controllato che non avesse esplosivi all’interno e trovano un passaporto spagnolo di un uomo di origine marocchina residente a Melilla, l’enclave iberica in Marocco», scrive la “Stampa”, all’indomani dell’ennesima strage, Barcellona, 17 agosto 2017. Il solito passaporto? Come quello ritrovato sul cruscotto dell’auto del commando di Charlie Hebdo, quello abbandonato sul posto dallo stragista di Berlino poi ucciso in Italia. E’ normale, andare a fare un attentato portando con sé il documento d’identità? E’ normale “dimenticarlo” a bordo del mezzo utilizzato per compiere una strage? Il massacro che inaugurò la modalità dell’investimento di pedoni – Nizza, 14 luglio 2016 – fu preceduto anch’esso da una storia di passaporti: due anni prima, ricorda “Today”, sui social media arabi comparve «un annuncio di “smarrimento” di documenti, intestati a Mohamed Lahouaiej Bouhlel, poi identificato come il franco-tunisino alla guida del camion scagliato contro la folla nell’attacco che ha ucciso almeno 84 persone», nel capoluogo della Costa Azzurra. Se è per questo, ricorda Massimo Mazzucco, passaporti di “kamikaze” furono prodigiosamente ritrovati persino nell’inferno fumante di Ground Zero, l’11 Settembre. E un altro famoso passaporto, quello di Lee Harvey Oswald, fu prontamente ritrovato a Dallas, a pochi minuti dall’uccisione del presidente Kennedy.
Quella del camion lanciato a bomba contro la folla, sottolinea Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, è una modalità tristemente “pratica”, a basso rischio organizzativo: un furgone non desta sospetti, l’azione Kennedy a Dallascriminale può essere rapida, solitaria e micidiale. Il destino dell’attentatore? Sempre lo stesso: viene abbattuto subito, sul posto, come i 5 kamikaze che avrebbero colpito Cambrils, appena dopo Barcellona, o viene comunque ucciso nel giro di poche ore, al massimo qualche giorno, come Anis Amri, caduto a Milano in un conflitto a fuoco con la polizia italiana dopo aver provocato la “strage di Natale” a Berlino. Per l’atroce massacro di Barcellona la polizia ha arrestato dei sospetti, ma – precisa il “Corriere della Sera” – tra questi «non c’è l’autore materiale dell’attentato», che si sarebbe dileguato. Una volta identificato, l’uomo potrebbe avere le contate: «Se trovano il passaporto, poi lo uccidono», ha sostenuto Maurizio Blondet, in relazione agli altri attentati-fotocopia di Nizza, Berlino e Londra, anche se stavolta il passaporto ritrovato è quello del complice che avrebbe noleggiato il mezzo, quindi non il kamikaze. Un tragico copione? Ebbene sì, sostiene Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni”: «Dati gli strumenti a disposizione dell’intelligence, è matematicamente impossibile, oggi, che si possano compiere stragi senza disporre di connivenze e coperture, negli apparati di sicurezza, da parte di funzionari infedeli, complici dei veri mandanti dei terroristi».
Per la prima volta, la sigla “Isis” – qualunque cosa significhi – colpisce la Spagna, dopo aver mietuto vittime in Francia, Belgio, Germania e Gran Bretagna. Una minaccia indiretta rivolta all’Italia, paese fortunamente non ancora finito nel mirino, forse anche per il suo ruolo strategico di “autostrada mediterranea” dei migranti? In realtà, sostiene Carpeoro, «gli addetti ai lavori sanno bene che il dispositivo antiterrorismo del nostro paese è il migliore del mondo». Dispositivo particolarmente vigile, aggiunge Magaldi, che fornisce una spiegazione ancora una volta di stampo massonico: «Oggi, i servizi segreti italiani collaborano strettamente con settori dei servizi Usa riconducibili alla super-massoneria internazionale progressista, ostile all’egemonia anche stragistica delle Ur-Lodges neo-conservatrici». Affermazioni estremamente impegnative, che Magaldi – già affiliato alla superloggia “Thomas Paine” – probabilmente circostanzierà nel “sequel” del libro “Massoni”, in uscita entro fine anno, scritto forse anche con il contributo di un eminente supermassone molto controverso come il finanziere George Il criminologo Francesco BrunoSoros, promotore delle Ong che fanno capo a “Open Society”, struttura sospettata di aver ispirato e supportato golpe, “regime change”, primavere arabe e rivoluzioni colorate, fino all’attuale esodo dei migranti africani e mediorientali verso l’Europa, via Italia.
In ogni crimine, la svolta nelle indagini scatta sempre in un momento preciso: quando gli investigatori individuano il movente. Quello del cosiddetto Mostro di Firenze (16 vittime) non è ancora stato accertato: non a caso, in carcere erano finite soltanto tre persone, i “compagni di merende”, e la sentenza indicava la necessità di sviluppare altre indagini, dato che Pacciani – il cui patrimonio si era misteriosamente gonfiato – non poteva aver fatto tutto da solo, con il semplice “aiuto” di Vanni e Lotti. Anche per questo, forse – la mancanza di un movente credibile – le autorità giudiziarie hanno riaperto l’inchiesta. Ipotesi, formulata dall’avvocato di una delle vittime: quegli oscuri delitti accompagnarono in modo cronometrico le tappe di sangue del terrorismo che, all’epoca, devastò l’Italia. Delitti efferati, per distrarre l’opinione pubblica? Gli indagatori della “pista esoterica”, come l’avvocato Paolo Franceschetti, propendono per un’altra ipotesi: delitti rituali, atrocemente compiuti secondo modalità “magico-cerimoniali”. Lo sostenne il criminologo Francesco Bruno, ingaggiato dall’allora capo del Sisde, Vincenzo Parisi: fu il primo a parlare di connotazioni “religiose”. Nel romanzo “Nel nome di Ishmael”, lo scrittore Giuseppe Genna – con il quale si complimentò Cossiga, per l’acume dimostrato – l’oscura setta che, nel libro, uccide bambini, lo fa nella convinzione Tony Blair con George W. Bushdi “propiziare” attentati politici che seguono, di poche ore, il ritrovamento dei piccoli cadaveri. Attentati e omicidi di rilievo internazionale, da Aldo Moro a Olof Palme, fra retroscena popolati da personaggi del calibro di Kissinger.
Per Magaldi, l’ex plenipotenziario della Casa Bianca, nonché fondatore della Trilaterale con David Rockefeller e i Rothschild, è stato anche al vertice della Ur-Lodge “Three Eyes”, che nel libro “Massoni” è indicata come la vera “mente” della Loggia P2 di Licio Gelli e della strategia della tensione in Italia negli anni ‘70. Un’altra superloggia, la “Hathor Pentalpha”, secondo Magaldi fondata da Bush padre all’inizio degli anni ‘80, sarebbe invece l’ispiratrice del neo-terrorismo internazionale, da Al-Qaeda all’Isis: ne avrebbero fatto parte Osama Bin Laden e il “califfo” Abu Bakr Al-Baghdadi, oltre all’entourage Bush e a politici europei come Tony Blair (inventore delle “armi di distruzione di massa” di Saddam) e Nicolas Sarkozy (fautore dell’abbattimento di Gheddafi), nonché il turco Erdogan (organizzatore, in Turchia, delle “retrovie” dell’Isis nell’attacco alla Siria). Una “Spectre del terrore”, che disporrebbe di propri uomini in alcune strutture di intelligence, a loro volta capaci di “coltivare” manovalanza islamista per gli attentati. «La cosiddetta Isis sta aumentando l’intensità delle stragi», ha sostenuto Carpeoro, «perché una parte di quella élite sta “disertando”, si sta sfilando dalla “filiera del terrore”». Carpeoro azzarda un pronostico: «Nel giro di due anni al massimo, magari attraverso Wikileaks, avremo le prove del fatto che Al-Qaeda e Isis sono un’emanazione dei Bush».

fonte: http://www.libreidee.org/

domenica 3 settembre 2017

Summa Symbolica: noi e la memoria ancestrale dell’universo

C’è un non-luogo, chiamato “memoria ancestrale”, in cui è depositata ogni traccia di vita: l’impronta invisibile di pensieri e azioni, eventi materiali e immateriali. Una banca dati sconfinata, una sorta di “preistoria del tempo”. L’ipotesi è profondamente suggestiva: ogni nostra cellula conterrebbe in sé una parte di quella “memoria universale”: la condivide, le corrisponde – per vie analogiche e misteriose, attraverso processi istantanei che non possiamo controllare, e di cui non abbiamo neppure consapevolezza. Tutto quello che riusciamo a verificare è soltanto a valle del “prima”, è qualcosa che avviene dopo. E’ la nostra imperfetta traduzione di quel “grande prima”. E può esprimersi in due modi: sotto forma di miti, cioè narrazioni, oppure di simboli, ovvero rappresentazioni. Ma gli eventi, raccontati o rappresentati, sono i medesimi: si chiamano archetipi, e popolano (da sempre) un non-tempo che ci riguarda da vicinissimo. Una dimensione che “frequentiamo” soltanto in sogno. Per tentare di risalire all’origine, scoprendone il senso segreto, uno strumento efficace è quello che Gianfranco Carpeoro chiama “scienza simbolica”. Materia vastissima, spesso sfiorata da svariati campi del sapere (dalla filosofia alla psicologia, fino alla semiotica) ma mai affrontata separatamente e in modo analitico, sistematico – scientifico, appunto.
Proprio l’approccio razionale al mondo sfuggente dei simboli è l’ambizioso l’obiettivo di “Summa Symbolica”, primo volume – introduttivo, metodologico – del vasto lavoro di Carpeoro, simbologo di formazione massonica e rosicruciana, con alle spalle Stelle cadentitrent’anni di studi sul mondo dei segni tradotti in simboli – segni visivi ma anche sonori, musicali, e persino olfattivi, tattili e gustativi. E’ una dimensione, quella simbolica, nella quale siamo costantemente immersi: meno ce ne rendiamo conto, e più rischiamo di subirla. Esempio: «Verso mezzogiorno, nei supermercati, viene spesso diffuso il profumo del pane caldo, appena sfornato: è un odore che diventa simbolo, innesca la memoria di ciascuno e serve a incrementare la motivazione d’acquisto, da parte degli ignari consumatori». Un simbolo può essere acustico: è il caso del segnale di pericolo emesso dalla gazzella quando, nella savana, avvista la leonessa in caccia. E’ un richiamo straziante, drammatico: l’imitazione perfetta dell’ultimo rantolo esalato, chissà quando, da una gazzella catturata e sbranata. Lo hanno scoperto gli etologi: le gazzelle superstiti assistettero alla predazione e udirono quel grido. Che da allora, una volta riprodotto, avverte le consimili, in modo inequivocabile, dell’imminente pericolo di morte.
Ricostruendo l’origine del simbolo, a partire dal “simbolo Universo” e dal “simbolo prima del segno”, Carpeoro si sofferma a lungo sull’analisi del mondo originario da cui il simbolo discende, cioè la dimensione degli archetipi che affollano la “memoria ancestrale”. L’autore esamina le diverse interpretazioni del mondo archetipico sviluppate dal pensiero contemporaneo a partire da Jung, per poi passare attraverso studiosi come Mircea Eliade, Elémire Zolla, il simbologo René Guénon, pensatori meno noti come Réné Alleau e autori controversi come Julius Evola. «A nostro avviso – scrive Carpeoro – i nostri primi grandi archetipi, che noi denominiamo “protoarchetipi” o “specula” sono quelli fondati appunto sulla specularità: buio-luce, silenzio-suono, dolore-piacere, vita-morte». Che cosa sono? «Sono le nostre prime cognizioni o percezioni», cioè «gli eventi primari, Carmelo Bene in Amletofisici o metafisici», tutti derivanti dall’evento base, primigenio, espresso da Amleto: “Essere o non essere”». La cronologia esatta va invertita, e cioè: “non-essere, essere”. Prima il nulla, poi la creazione. Quel motto di Amleto caratterizza anche «il dubbio esistenziale, psicoanalitico e letterario, relativo ai sogni e alla distinzione dei medesimi rispetto alla vita reale, sintetizzato dalla massima “La vita è un sogno e la morte è il risveglio”, del grande scrittore spagnolo Pedro Calderón de la Barca”».
«L’evento base “non essere, essere”, o anche “tutto e il contrario di tutto”, realizza il Primo Archetipo», che Carpeoro chiama “Speculum”, specchio. Da quello, e dagli altri “protoarchetipi”, «derivano tutti gli schemi simbolici che ci circondano e ci spiegano la storia e il cosmo, se e quando ci troviamo nella condizione di interpretarli». Fiabe, leggende e allegorie ripropogono sistemi simbolici anche complessi, poi tradotti nella stessa interpretazione dei sogni, a cui tanta importanza ha attribuito la psicanalisi. Sono tutte porte aperte sul misterioso mondo del “prima”, dove la nostra cognizione della vita comincia a nascere, in modo inafferrabile, a partire dallo “speculum” iniziale, l’opposizione tra “non essere” e “essere”, in realtà destinata poi a ricomporsi in modo complementare, nella comprensione del tutto. In altre parole, il linguaggio dei simboli – in cui si specchiano gli archetipi – può dirci qualcosa di importante sul vero luogo in cui nasce, da sempre, la nostra possibilità di pensiero. Il simbolo, poi, fa a meno dell’ordinario codice alfabetico: può viaggiare per secoli e Summa Symbolicamillenni, conservando intatto il suo messaggio primigenio, a prescindere dale epoche e dalle civiltà attraversate. E’ un messaggero del “grande prima”: ci parla del nostro passato più in ombra, quello che non finisce sui libri di storia: è la meta-storia, quella del pensiero (anche invisibile) da cui poi sgorga la storia vera e propria.
Nell’agile narrazione del primo volume di “Summa Symbolica”, arricchita da rapide escursioni nel mondo dell’arte, fino al cinema contemporaneo, si coglie lo sforzo di collocare la “scienza simbolica” in un preciso contesto di ricerca, a metà strada tra filosofia e neuroscienze, nell’intento di restituire piena dignità a una materia sempre e solo affrontata in modo tangenziale, periferico e accessorio. Fondamentale, nel lavoro di Carpeoro, la precisione con cui l’autore descrive la meccanica del simbolo, il suo funzionamento, che risponde a regole precise (l’autore le chiama “leggi”). La prima è quella che definisce il simbolo come rappresentazione di un archetipo. Fondamentale la Prima Legge di Guénon: nel simbolo, il piccolo può rappresentare il grande, l’inferiore il superiore, la parte il tutto – mai viceversa. Esistono leggi statiche, che espandono il simbolo in orizzontale, e leggi di corripondenza, secondo cui il simbolo deve contenere le esatte corripondenze della realtà rappresentata (nella frase “come in cielo, così in terra” rivive il motto esoterico “quod superius, sicut inferius” degli antichi alchimisti: al microcosmo corrisponde sempre il macrocosmo).
Il simbolo, riassume Carpeoro, obbedisce anche a leggi dinamiche: può essere trasmesso in modo consapevole, mediante iniziazione, o in maniera inconsapevole, per semplice ripetizione (tradizione). Il simbolo ha inoltre precise funzioni: sintetica ed evocativa. «Se per la funzione sintetica è sufficiente un unico simbolo, per la funzione evocativa è necessaria una pluralità Carpeorodi simboli organizzata in linguaggio». A cascata, i sistemi simbolici che costituiscono il cuore delle fiabe vivono in un habitat narrativo fatto di emotività (pathos), mentre è l’epos a “ingigantire” la narrazione delle leggende, e una terza chiave – l’ethos – governa l’allegoria, imponendovi un preciso ordine. Nel sogno, infine, si articola il lògos (parola, racconto), che deriva la greco léghein (legare, collegare) da cui derivano vocaboli come “intelligenza”. Proprio nel sogno, scrive Carpeoro, il cerchio si chiude: in quella esclusiva dimensione, gli archetipi rivivono in purezza. Durante il sonno, la “memoria ancestrale” ci parla direttamente, senza mediazioni. Non disponendo di un linguaggio per tradurla, siamo costretti a ricorrere a espedienti ingegnosi: i simboli, appunto. Per questo è importante imparare il loro linguaggio: potremmo scoprire qualcosa di fondamentale della nostra storia, del nostro pensiero, della nostra vita. Fino a “riconoscere” che molte cose che sappiamo, o crediamo di sapere, hanno un’origine remotissima: “abitano”, da sempre, nella “memoria ancestrale” dell’universo.
(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Summa Symbolica. Istituzioni di studi simbolici e tradizionali”, parte prima, “Origine e dinamica dei simboli”, edizioni L’Età dell’Acquario, 221 pagine, 24 euro).

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