sabato 25 agosto 2018

il collasso della civiltà umana

di Christian Giordano


Una riflessione sulle “invenzioni” culturali e quanto investiamo su di esse, emotivamente e cognitivamente, spesso senza neppure esserne consapevoli.


La nostra civiltà scomparirà. Come l’impero egiziano, con le sue monumentali piramidi, i suoi faraoni, il suo commercio, la sua cultura, la sua religione millenaria. Come l’impero babilonese con le sue imponenti Ziqqurat, i suoi re, le sue tradizioni, le sue biblioteche e il suo commercio. Come l’impero fenicio, le sue invenzioni, la sua arte raffinata, le sue filosofie.

Insomma, anche la nostra civiltà scomparirà. Anzi sta già scomparendo. Perché le civiltà sono come gli organismi: nascono, si sviluppano, decadono e muoiono. E poi perché le nazioni, le civiltà, le culture sono in realtà delle invenzioni. Invenzioni per cui la gente uccide, sogna, si dispera, combatte, ma pur sempre invenzioni.

E sono irrazionali. Un po’ come il tifo calcistico: non c’è un motivo razionale per tifare Inter, Milan, Roma, Lazio, Juve… Eppure si è disposti a menare, a litigare, a spendere molti soldi, perfino a uccidere! I confini tra Italia e Francia sono invenzioni. I confini tra Belgio e Germania sono invenzioni. I confini tra USA e Canada sono invenzioni. I confini tra qualsiasi Nazione e qualsiasi altra Nazione sono invenzioni. Lo si vede con chiarezza guardando la cartina geografica dell’Africa: linee tirate giù con il righello. Non si presero neppure la briga di seguire il profilo idrogeologico. Oggi chi nasce a Roma è italiano. Fino a qualche decennio fa era cittadino vaticano. Oggi chi nasce in Corsica è francese. Prima era piemontese. Prima ancora era fenicio… I confini sono un’invenzione...



E noi uccidiamo per quell’invenzione. Uccidiamo per la Patria. Uccidiamo per la Religione. Uccidiamo per l’Ideologia. La nostra civiltà – intendo la civiltà a livello mondiale, la civiltà umana – è al collasso. Perché ci sono dei circuiti perversi che accettiamo passivamente, dandoli per scontati, senza rifletterci.

Pensateci: gente che si vende, tradisce, si abbrutisce, uccide per delle entità irreali. I numeri della Borsa – i milioni di miliardi che si muovono nei “mercati” ogni giorno – non corrispondono a niente. Il denaro stesso – che un tempo era il corrispettivo delle riserve auree – non corrisponde più a niente. Ma già l’oro in sé non corrispondeva a niente di veramente prezioso. Cos’è l’oro? Si mangia? Si beve? Ci si ripara? Gli Aztechi e i Maya pensavano che gli spagnoli se ne nutrissero, non capivano tanta avidità per un metallo.

Pensateci: per questa concezione perversa dell’economia, ci ritroviamo con vaste aree del globo terrestre ricchissime di tutto ciò che è prezioso (acqua, terreno, colture, clima, minerali…) che sono in miseria. E ci sono invece posti in mezzo al deserto, dove non cresce nulla e si vive a stento, in cui si costruiscono piste da sci tra la sabbia, in cui fontane d’acqua dolce zampillano in ogni angolo e in cui la gente muore per il colesterolo alto. Vi sembra normale, questo?

Pensateci: intere classi sociali, anche in Italia, si fanno la guerra per i pochi beni a disposizione. “Non c’è lavoro per tutti” si dice. “Non ci sono risorse per tutti” si dice. “È una guerra tra poveri” si dice. Ogni giorno i bar, le pasticcerie, i supermercati, le pizzerie, i ristoranti buttano via tonnellate di cibo. Ogni giorno. Tonnellate di cibo ogni giorno. Non ci sono risorse per tutti? Ogni stagione vengono lasciati marcire o schiacciati con i trattori tonnellate di pomodori, arance, zucchine, mele… Ettolitri di latte versato nel terreno. Non ci sono risorse per tutti? È una guerra tra poveri? Ma siamo davvero così poveri?

Pensateci: non c’è lavoro per tutti. No. Siamo nel 2018. Un tempo per coltivare un campo che rendeva 100, ci volevano 20 persone. Oggi bastano 3 persone e un trattore. E il campo rende 300, grazie alle biotecnologie. Ci sono 19 persone di troppo. Certo, alcuni di quei contadini di troppo andranno a costruire i trattori. Ma sono comunque troppi. Ma il punto non è questo. Il punto è che il salario per il lavoro è un’invenzione.


Se fossimo davvero nel 2018 e se fossimo davvero avanzati come civiltà, non ci sarebbe una cosa come “il salario”. 

Le ore di lavoro non sarebbero per la sopravvivenza – quella dovrebbe essere garantita dal fatto che sei un essere umano e hai diritto di vivere. Le ore di lavoro sarebbero il tuo contributo alla comunità nella quale sei nato. Perché lavorare non è una condanna ma un’opportunità di crescita personale, di identità. È diventato una schiavitù, perché l’attuale lavoro è un ricatto e le condizioni di lavoro sono spesso da schiavitù. Lavoreremmo tutti, 4-5 ore al giorno. E il resto del tempo? Lo vivremmo. Lo passeremmo a coltivare le amicizie, a occuparci degli affetti, a dedicarci all’arte, alla crescita personale, al progresso dell’umanità. Lo scriveva già quasi un secolo fa Bertrand Russell.

Ma questo presupporrebbe, oltre a un radicale cambiamento di prospettiva, un controllo delle nascite. Le società animali lo fanno in modo naturale: dove c’è abbondanza di risorse si moltiplicano, dove c’è scarsità di risorse diminuiscono. Anche gli esseri umani lo fanno in modo naturale: dove le risorse sono distribuite e c’è un buon livello di benessere, le comunità umane hanno meno figli. O meglio, fanno un numero di bambini proporzionato alle risorse. Nei paesi in cui l’aspettativa di vita è scarsa, si fanno molti più figli perché il “gene egoista” cerca di sopravvivere dandosi più chance. Come le tartarughine: sono tantissime ma solo poche raggiungono il mare e sopravvivono. Per questo fanno tante uova.

Il controllo delle nascite (come il controllo della sessualità, dell’alimentazione etc.) negli uomini è regolato non dall’istinto ma dalla cultura. Infatti tutte le religioni controllano sessualità, cibo e desideri. E tutte le “culture” hanno norme su cosa è giusto o sbagliato in campo di sessualità, cibo e desideri.


Il collasso della civiltà quindi non è solo una questione di “corsi e ricorsi storici” ma una questione di cultura. 

Ma secondo voi la nostra cultura ha fatto molti progressi? Sì, non c’è più la schiavitù. E le baraccopoli di braccianti africani in Puglia che raccolgono le tue cicorie bio? Non c’è più la schiavitù. E i capannoni alla periferia di Prato e di Roma in cui donne incinte e bambini cinesi cuciono la maglietta che indossi? Non c’è più la schiavitù. E i contratti precari con cui i lavoratori di oggi vengono tenuti sotto ricatto? Non c’è più la schiavitù. E le migliaia di ragazze deportate sulle nostre strade costrette a farsi violentare ogni giorno per qualche decina di euro “di divertimento”?

Guardando la civiltà ateniese del III sec. a.C, siete proprio sicuri che la nostra cultura ha fatto così tanti progressi? Guardando le comunità di nativi americani, siete proprio sicuri che la nostra cultura ha fatto molti progressi?

Fonte: www.conoscenzealconfine.it

fonte: https://crepanelmuro.blogspot.com/

la famiglia rovesciata che piace tanto alla brigata (facebook)



IN STUDIO

martedì 21 agosto 2018

il libro e il film che previdero la morte di JFK

SETTE GIORNI A MAGGIO (SEVEN DAYS IN MAY).







Era il luglio del 1963, e in Pennsylvania Avenue, di fronte alla Casa Bianca, improvvisamente esplose un corpo a corpo brutale tra gruppi di picchetti rivali che manifestavano a favore e a sfavore di un trattato di divieto del nucleare.  Mentre il giornalista del Washington Post Stephen C. Rogers descriveva la scena, i manifestanti iniziarono a picchiarlo e a calciarlo fino a che dei poliziotti armati di manganelli si misero nella mischia per separarli. Mentre i poliziotti trascinavano via i dimostranti più violenti, un uomo con un berretto da baseball blu brillante si alzò improvvisamente al centro del gruppo: ‘Va bene! Va bene! Va bene!’ urlò e lo scontro si interruppe bruscamente. L'uomo col berretto da baseball era il regista hollywoodiano John Frankenheimer. Era lì per filmare una scena per il suo thriller sulla Guerra Fredda, Sette Giorni a Maggio, incentrato su una cospirazione dei generali del Pentagono per rovesciare un presidente politicamente assediato, che aveva osato provare a ridurre le tensioni con i sovietici. Il film uscì nel 1964, e la storia della sua realizzazione è assai inquietante. Frankenheimer lavorò al film su esortazione personale del presidente John F. Kennedy, che si era scontrato con un generale dell'esercito con posizioni estremiste all'inizio della sua amministrazione, e apparentemente temeva che una vicenda simile a quella raccontata nel film fosse davvero possibile. Purtroppo, JFK non è vissuto per vedere il film che ha contribuito a portare sullo schermo. La vicenda iniziò nell'estate del 1962, quando l'editorialista Fletcher Knebel inviò al Presidente una copia di un romanzo, Seven Days in May, del quale era stato co-autore assieme al collega giornalista Charles W. Bailey. Pare che l’ispirazione per scrivere il libro Jr. Knebel l’avesse avuta a seguito di una intervista con il generale dell’Air Force Curtis LeMay, in cui l'ufficiale militare aveva affermato che era necessario castigare il ‘codardo’ JFK per la gestione della crisi della Baia dei Porci. Da quell’intervista Knebel e Bailey avrebbero poi tratto lo spunto per la storia di un colpo di stato militare di destra negli Stati Uniti. Nel 1961 il Segretario alla Difesa, Robert McNamara, era stato costretto a licenziare il generale dell'esercito Edwin Walker dal suo comando in Europa dopo che fu scoperto che Walker stava indottrinando le sue truppe con il materiale della John Birch Society che considerava entrambi i fratelli Kennedy e Dwight D. Eisenhower come agenti comunisti nascosti. J.F. Kennedy era fin troppo consapevole che una frangia dell’apparato militare condivideva punti di vista simili. Come Robert Kennedy aveva detto a Ted Sorenson, suo stretto collaboratore, Walker stava "facendo muovere tutti contro di loro”. JFK lesse velocemente il libro e poi lo passò a suo fratello, e ai membri della loro cerchia ristretta. JFK volle assicurarsi personalmente che dal libro fosse realizzato un film. JFK aveva già molti collegamenti con il mondo del cinema. Suo padre, Joseph Kennedy, era stato produttore cinematografico e capo dello studio RKO negli anni 1920 e 1930.  Secondo un articolo di Variety del 2013, lo stesso Presidente comunicò al giornalista che aveva scritto il libro, che voleva Warren Beatty nel ruolo di presidente nel film. Inoltre, secondo il libro dei fratelli Talbot: The Hidden History of the Kennedy Years, il presidente contattò il regista John Frankenheimer, che aveva realizzato un altro film basato su uno dei thriller preferiti dal presidente, il romanzo del 1959 The Manchurian Candidate di Richard Condon . JFK avrebbe fornito anche un aiuto dietro le quinte a quel film. Quando la United Artist aveva vacillato nel suo sostegno al progetto, JFK aveva fatto un favore all'amico Frank Sinatra che ne era il protagonista, e aveva comunicato allo studio che approvava il progetto. Nell'agosto del 1962, organizzò persino una proiezione privata alla Casa Bianca. Per Sei giorni a Maggio JFK disse addirittura a Frankenheimer che se voleva girare la scena della dimostrazione fuori dalla Casa Bianca, sarebbe andato alla casa per le vacanze della famiglia Kennedy a Hyannisport per il fine settimana, in modo da eliminare qualsiasi ostacolo alla sicurezza. Il sigillo di approvazione di JFK al film contribuì ad attirare una lista di liberali di Hollywood a sostegno del progetto. La compagnia di produzione di Kirk Douglas acquistò i diritti del libro e l'attore accettò di recitare nel film insieme a Burt Lancaster e Frederic March. Ma Frankenheimer ebbe ugualmente problemi con il Dipartimento della Difesa, perché rifiutò di presentare la sceneggiatura di Rod Serling ai funzionari governativi in anticipo per le "considerazioni", come era chiamato il processo di censura. Senza il permesso di filmare al Pentagono, girò le scene negli studi della Paramount quasi di nascosto: "Avevamo la fotocamera sul retro di una station wagon con sopra un panno nero", ha spiegato il regista in un libro dello storico del cinema Gerald Pratley. Douglas, con indosso l'uniforme da colonnello dei Marine, guidò e parcheggiò la sua auto, per poi entrare nel Pentagono. Mentre lo faceva, tre ufficiali lo salutarono, pensando che fosse un vero superiore. Prima che l'inganno fosse scoperto, Douglas si voltò e uscì, e andò via. Nell'autunno del 1963 le riprese furono completate. Alla fine di ottobre il generale Walker - l'ufficiale che era stato allontanato dal suo comando per le sue opinioni estremiste - fece un discorso anti-Kennedy e poi istigò una folla di rivoltosi a contestare la visita a Dallas dall'ambasciatore delle Nazioni Unite Adlai Stevenson. Come hanno raccontato i giornalisti Bill Minutaglio e Steven L. Davis nel loro libro Dallas 1963, i manifestanti irruppero nei corridoi tenendo le bandiere americane a testa in giù, mentre un uomo cantava ad alta voce, "Kennedy otterrà la sua ricompensa all'inferno, Stevenson sta per morire." L'ambasciatore fu aggredito da un manifestante che lo colpì sulla testa con un cartello. Una rissa stranamente simile a quella del film. Circa un mese dopo, il 22 novembre, la Paramount Pictures decise di far uscire la pubblicità programmata per il film: lo stesso giorno in cui il Presidente fu ucciso a Dallas.


Fonte: https://blogs.weta.org/boundarystones/2014/05/13/movie-jfk-wanted-made-didnt-live-see

fonte: http://larapavanetto.blogspot.com/

martedì 14 agosto 2018

i bambini stregone del Congo


Repubblica Democratica del Congo. Africa centrale. Conosciuta anche come  Repubblica Popolare del Congo, oppure come Congo-Brazzaville. Nel 2010 l’UNICEF porta alla luce un fenomeno dilagante in questo stato e in altri dell’Africa Sub-Sahariana, come Angola, Benin, Camerun, Repubblica Centrafricana.
L’opinione pubblica mondiale scopre l’esistenza dei bambini stregone, enfants sorciers. Ma chi sono? Che cosa fanno?
Sono bambini fra gli 8 e i 14 anni, prevalentemente orfani, con disabilità fisiche o mentali, albini, con caratteri aggressivi, solitari, bambini prematuri, gemelli, particolarmente dotati. Sono bambini abbandonati a vivere in strada, allontanati dalla famiglia. Fare una stima corretta del numero dei bambini stregoni non è facile. Secondo un recente studio, il fenomeno coinvolgerebbe il 60/70% dei minori che vivono in strada, prevalentemente nei sobborghi delle grandi città, come Kinshasa e Lubumbashi. In particolare a Kinshasa ne sono stati censiti circa 23.000, un numero davvero considerevole.
Il fenomeno dei bambini stregone ha inizio in Congo negli anni ’90, quando il proliferare delle sette religiose crebbe di pari passo all’esodo dalle campagne, causato sia dalle difficoltà economiche crescenti che dagli effetti della guerra civile scoppiata nel 1996 e terminata nel 2003. Prima di allora nessuna traccia nel paese dei bambini stregone.
Il fenomeno della stregoneria è ancora molto diffuso in Africa. Legato a quest’ultimo vi è anche la “mattanza degli albini”, mutilati, stuprati, uccisi e venduti come merce preziosa, molto preziosa, per fare dei loro resti amuleti utilizzati durante riti magici o per scacciare la sventura.



Si ritiene che la stregoneria possa dare immenso potere a chi la pratica. Tutti i capi villaggio sono iniziati alle pratiche magiche, per accrescere il loro ascendente sulla popolazione. A loro ci si rivolge per guarire, per curarsi, ma non sempre è questa la loro funzione.
Si ricorre ai cosiddetti stregoni, sia per il “bene”, come una guarigione, sia per il “male”, cioè per influenzare in modo negativo la vita di chi viene ritenuto responsabile della sventura che colpisce una famiglia o la comunità. Lo stregone è considerato un essere soprannaturale, dotato di poteri smisurati che può distruggere una vita, fare sortilegi, evocare uno spirito maligno, provocare malattie misteriose, tormentare la mente delle persone con voci o immagini, causare la morte e la distruzione.
A causa del loro immenso potere, gli stregoni che praticano malefici sono considerati ai margini della società, quasi come dei fuorilegge: la paura delle loro azioni spinge le persone alla diffidenza e spesso, se lo stregone si è rivelato “dannoso per il bene comune”, ad isolarlo per limitare le conseguenze delle sue azioni. Coloro che sono accusati di stregoneria sono sottoposti ad un rituale di purificazione, con il quale si tenta di recuperare la persona e di reinserirla nella società: prima si procede con l’esorcismo, poi con la confessione pubblica degli atti malefici, con il pentimento ed infine con la promessa di non praticare mai più il male e di rifuggirlo, a pena dell’esilio dal villaggio. Un copione già visto.
Chi rifiuta l’esorcismo e il rituale di espiazione viene escluso dalla comunità ed emarginato dalla vita del villaggio. Gli altri membri della collettività hanno l’obbligo di astenersi dall’avere rapporti con il condannato, dal mostrare amicizia o comprensione, compassione o affetto, anche se fosse un componente della famiglia. Questo se si parla di stregoni adulti.
E se si tratta di bambini? Se sono loro ad essere incolpati di essere stregoni malvagi? Su che basi si fondano queste infamanti accuse?
Come si individuano gli enfants sorciers?



I comportamenti che sfuggono alla comprensione degli adulti sono il punto di partenza per individuare un bambino stregone. Ciò che non è ritenuto socialmente accettabile è condannato e stigmatizzato. Ad esempio l’enuresi notturna, l’albinismo, il sonnambulismo, le deformazioni fisiche o il ritardo mentale, lo stomaco gonfio, il carattere ingestibile, la difficoltà ad adattarsi alle regole. Anche l’anemia è indizio di stregoneria: si ritiene che il sangue sia malato, si consumi, perché usato per compiere voli notturni, al fine di diffondere il male, che indeboliscono chi li compie.
Base di tutte queste credenze popolari, prive di fondamento, è la povertà a volte estrema, in cui vivono le persone in queste zone, accompagnata dall’ignoranza e dalla superstizione fortemente radicata.
La mancanza di una soluzione ad una condizione sociale gravissima, unità all’incapacità di cambiare le proprie sorti e alle difficoltà quotidiane oggettive, spingono spesso le persone a cercare di individuare la causa o le cause della loro sventura: si parte alla caccia di un colpevole su cui concentrare rabbia e odio. Follia collettiva.
E se la ragione di tanta sventura fosse causata da un componete della famiglia stessa? Da un figlio magari un po’ “diverso”, i cui comportamenti sono difficili da comprendere, le cui stranezze, spesso frutto dell’età, non sono spiegabili agli occhi dei genitori o dei parenti? E così si comincia a dar credito ai miti, alle storie raccontate davanti al fuoco, si guarda con sospetto un parente, un vicino antipatico, che in un attimo si trasforma in un portato
re di sventura, in colui che può fare il male e causare sofferenza, in uno STREGONE. 



Nei bambini è facile trovare un sintomo di stregoneria: quale bambino non ha mai fatto pipì a letto? O non ha parlato nel sonno? E se fosse particolarmente vivace o ingestibile? Se fosse nato con una patologia non individuabile a causa delle condizioni di vita precaria in cui vive? È più facile dire che i bambini sono portatoti di sventura.
Negli ultimi anni le persecuzioni nei loro confronti sono notevolmente aumentate, sostenute dal terrore e dalle insensate idee diffuse da sette religiose, di ispirazione cristiana, proliferate senza controllo.
Ad alimentare queste convinzioni popolari sono i pastori delle sette, che vedono la possibilità di arricchirsi grazie al prosperare del business degli esorcismi, a cui le famiglie, disperate e schiacciate dalla povertà e dalle malattie, ricorrono per migliorare la propria vita.
I predicatori “individuano nei bambini la causa di ogni male”, li additano come demoni, come messaggeri del demonio, come strumento di diffusione del male. La loro predicazione è diffusa facilmente tramite i mezzi radio televisivi a loro disposizione, presenti nel paese in numero davvero considerevole: basti pensare che circa 40 canali televisivi e oltre 200 stazioni radio appartengono a chiese evangeliche. Il loro pensiero si diffonde e prolifera tra la gente, che ha bisogno di incolpare qualcuno della propria indigenza.
È così che molti bambini accusati di essere stregoni finiscono a vivere per strada, abbandonati dai genitori, dall’intero nucleo familiare, dal villaggio, da tutti coloro che conoscono. Cacciati, ripudiati, allontanati come appestati. Sono accusati di portare sfortuna, di essere malvagi, di avere poteri negativi, di esser capaci di fare ammalare le persone, anche i familiari, di causare morte e miseria. Li chiamano serpenti.



Nel loro vivere per strada, improvvisamente, sono costretti a spostarsi, con ogni mezzo: a piedi, in camion nascosti nei cassoni o fra le casse di merce, in treno, sui battelli come clandestini, per sfuggire al loro destino fatto di abusi, alla violenza che li aspetta. Molti trovano la morte a causa di incidenti, oppure per le violenze subite. Alcuni sono mutilati o violentati, oppure venduti ai trafficanti di minori.
Per sopportare la solitudine, l’abbandono, fumano hashish, prendono pastiglie, sniffano solventi. Si riuniscono in gruppi, per cercare di creare una “famiglia”, un nucleo che li protegga. Cercano rifugio per la notte dove possono, anche se dormire è un lusso, perché si rischia di essere derubati o uccisi.
I più fortunati sopravvivono facendo piccoli lavori, chiedendo l’elemosina, diventano adulti che vivono, per la maggior parte del tempo, ai margini della società, oppure vengono salvati da qualche ONG e messi in appositi centri, dove trovano riparo e una nuova sistemazione.
Chi non trova aiuto o compassione, chi viene individuato come maligno dalla famiglia o da un conoscente, è sottoposto al rito di “purificazione”, che può essere pacifico, come la preghiera di gruppo, oppure violento, mediante tortura che spesso si conclude con la morte. Nel peggiore dei casi, per purificare gli accusati si ricorre al fuoco: i bambini vengono arsi vivi dopo esser stati cosparsi di liquido infiammabile, sotto gli occhi della famiglia, non sempre consenziente, ma impotente a qualsiasi difesa.
I pastori delle chiese non fanno altro che alimentare questo fenomeno, cercando di individuare ad ogni costo la fonte del male, con lo scopo di acquisire maggiore prestigio agli occhi della comunità e di arricchirsi. Fanno leva sulle famiglie, perché cerchino di recuperare l’anima dei loro figli, ovviamente tramite offerte in denaro, spesso cospicue e la di sopra delle possibilità.
Sostengono di vedere nell’anima dei piccoli, di sapere tutto ciò che pensano, di scorgere il male guardando il colore della loro biancheria intima. Gli estorcono con la tortura la confessione, sottoponendoli a lunghi periodi di digiuno, a percosse, a riti pseudo religiosi, a bruciature con la cera bollente. Poi si procede con l’esorcismo: il corpo del bambino è cosparso di benzina e sale grosso di marca San Michele, che costa 1500 franchi congolesi, una cifra enorme, inciso con tagli simbolici tramite un machete. Dolore. Follia.
Corpi straziati, pieni di cicatrici e poi la strada, perché il recupero non è possibile. Come si può curare qualcuno da qualcosa che non esiste?
La truffa si conclude con l’aspirazione del maligno dal ventre dei piccoli, mentre il predicatore sputa pezzi di carne cruda precedentemente nascosti in bocca. Protetti dalle autorità locali, condannati da quelle internazionali, i predicatori sono uomini malvagi e perversi che abusano i minori di cui si dovrebbero occupare perché abbandonati.
Si stima che ogni mese circa 650 bambini finiscano per strada per i più disparati motivi.
La creazione di centri di accoglienza sta contribuendo, insieme ad una campagna mirata a sensibilizzare l’opinione pubblica sul fenomeno, a contenere il problema, anche se siamo ben lontani dal risolverlo.
Ci sono periodi in cui la persecuzione dei bimbi stregone diventa caccia collettiva, talmente spietata che in un caso la popolazione locale è arrivata a massacrare e bruciare vivi i bambini radunati da una ONG, senza che nessuno dello staff potesse fare qualcosa per fermare la follia collettiva. La superstizione, alimentata dall’alacre predicazione dei pastori della chiesa, crea una situazione davvero pesante da gestire. È difficile in molti casi trovare anche operatori volontari disposti a lavorare con questi bambini, perché infondo temono per la loro vita, perché il tarlo del sospetto è già attecchito anche dentro di loro.
Per porre un freno a questo fenomeno si è cercato di dar vita a campagne di sensibilizzazione e comunicazione da parte delle istituzioni di numerosi paesi, con l’intento di coinvolgere non solo le famiglie, ma anche le chiese, responsabili allo stesso modo di questo folle massacro, diffondendo il messaggio che i bambini vanno protetti e i loro diritti salvaguardati. Per fare un ulteriore passo avanti sarebbe necessario intervenire all’origine delle cause della caccia dei bambini stregone, combattendo povertà e malnutrizione, credenze popolari e superstizione. Ma la situazione generale di questo paese non è facile. Conflitti armati, violenze e migrazioni di massa rendono il paese fortemente instabile. Il 43% circa dei bambini in Congo, secondo i dati UNICEF del 2014, risulta essere malnutrito. Molti di questi, per sfuggire alla povertà e alla vita di strada, vengono arruolati nei gruppi armati, segnando per sempre la loro vita.
Le cifre di questa mattanza sono impressionanti.
L’accusa di stregoneria nella Repubblica Dominicana del Congo è ritenuta oggi illegale.
A Kinshasa è stata istituita una commissione per far rispettare la Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, che purtroppo fino ad ora è rimasta inattiva. 

Non restiamo indifferenti a ciò che accade, non guardiamo altrove perché lontano da noi. Cerchiamo di capire cosa accade, di porre rimedio a questa situazione, restituiamo ai bambini stregone la loro infanzia negata, perché sono solo bambini, magari vivaci, magari complicati, ma restano comunque sempre e solo BAMBINI.

Rosella Reali

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/


ROSELLA REALI
Sono nata nel marzo del 1971 a Domodossola, attualmente provincia del VCO. Mi piace viaggiare, adoro la natura e gli animali. L'Ossola è il solo posto che posso chiamare casa. Mi piace cucinare e leggere gialli. Solo solare, sorrido sempre e guardo il mondo con gli occhi curiosi tipici dei bambini. Adoro i vecchi film anni '50 e la bicicletta è parte di me, non me ne separo mai. Da grande aprirò un agriturismo dove coltiverò l'orto e alleverò animali. 
Chi mi aiuterà? Ovviamente gli altri viaggiatori.
Questa avventura con i viaggiatori ignoranti? Un viaggio che spero non finisca mai..

sabato 4 agosto 2018

l'universo verde

mostra davvero inaspettata
Alik Cavaliere
chi è?
uno scultore italiano del secondo 900
"Nessun artista, nella scultura del Novecento, ha scolpito il mondo della vegetazione e, per essere più precisi, l’universo verde delle foglie, dei frutti, dei cespugli, degli arbusti, degli alberi, come Alik Cavaliere.” 
opere radiose, rigogliose, a volte invece intime e segrete
germogli e fiori, sterpaglie e gabbie, l'infinito generarsi delle cose
sala delle Cariatidi, sempre maestosa, le esalta
tante suggestioni, Lucrezio De rerum Natura, la poesia di Campanella, la mela di Magritte, le figure di Giacometti

le sorprese, la scoperta di ciò che non sapevo, ovvero il gusto che rende possibile il mio stare in vita





























"Una natura in cui il tempo muta la natura delle cose, dove ogni cosa è il limite e la libertà di un'altra, è il personaggio dominante del mio recente lavoro".

fonte: http://nuovateoria.blogspot.com/