mercoledì 30 agosto 2017

"il nostro cielo è cambiato!" Lo dicono gli Anziani della tribù Inuit

"Conosciamo i problemi correlati alla geoingegneria e tutti gli effetti negativi di ricaduta sulla terra e la salute pubblica, a questi problemi si aggiungono quelli scoperti dagli anziani Inuit al polo nord determinati dallo spostamento dell'asse terrestre.."

"Il nostro cielo è cambiato!" Anziani Inuit condividono le informazioni con la NASA per quanto riguarda "l'oscillazione" o inclinazione della Terra.

Gary Walton
The Big Wobble

In Occidente siamo tutti ossessionati dal clima e dal meteo insolito che abbiamo dovuto sopportare recentemente, condizioni estreme sono diventate la norma ma per quanto riguarda i nostri fratelli e sorelle che vivono sul circolo polare artico canadese cosa pensano di questi eventi? 

Sembra che gli anziani Inuit siano testimoni dello strano e inspiegabile tempo di lassù al Nord.
Gli anziani parlano di come il loro mondo è cambiato, da come era decenni prima di oggi. E' un quadro preoccupante, una foto dello scioglimento dei ghiacciai e del loro assottigliamento e la scomparsa del ghiaccio marino...


Le foche hanno bruciature sulla loro pelliccia e sono coperte di piaghe e di una pelle più sottile, la pelle è deteriorata e mentre scienziati sostengono dall'uomo inquinamento contribuisce al cambiamento climatico anziani sono convinti qualcosa di molto molto più grande sta succedendo!

Sorprendentemente ciò che gli anziani stanno dicendo è che il riscaldamento globale potrebbe non essere la storia che ci hanno raccontato fino ora! ... 

Gli anziani dicono che il Sole non sorge più come nella normalità del tempo andato, hanno la luce del giorno più a lungo, per cacciare, e il Sole è più alto di quanto non lo sia mai stato prima e riscalda più velocemente l'ambiente.

Gli anziani di tutto il nord che sono stati intervistati hanno raccontato la stessa cosa, il loro cielo è cambiato. Le Stelle il Sole e la Luna tutti sono cambiati e influenzano la temperatura, il modo in cui soffia il vento, e sta diventando sempre più difficile prevedere il tempo, qualcosa che si deve saper fare nell'Artico.

Gli anziani sono tutti d'accordo, e credono che la Terra si sia spostata nel suo asse, ha vacillato e si è inclinata verso il Nord.

Zacharius Kunuk ha letteralmente subissato di e-mail la NASA con le informazioni degli anziani in materia dei cambiamenti visti nel cielo e sulla posizione della Terra e del suo asse ...

Gli anziani stanno cercando di avvertire il mondo sugli effetti dei cambiamenti ambientali e climatici.

Esplorare secoli di conoscenza Inuit, consentendo allo spettatore di conoscere i cambiamenti climatici di prima mano dai residenti artici stessi, il film di Kunuk ritrae gli Inuit in qualità di esperti per quanto riguarda la loro terra e la fauna selvatica e rende chiaro che il cambiamento climatico è una questione di diritti umani che colpisce questa cultura indigena.

Zacharius Kunuk ha girato un film può essere visto qui.

Fonte: sadefenza.blogspot.it


La Terra ruota sul suo asse in modo irregolare, oscillando e sobbalzando: queste variazioni naturali sono accompagnate da quelle generate dai cambiamenti climatici, spiega la NASA ... 
(www.meteoweb.eu)

fonte: https://crepanelmuro.blogspot.it/

giovedì 24 agosto 2017

Georges Gurdjieff - vedute sul mondo reale

- Guerdjieff parla agli allievi -
Riassunto

LE IMPRESSIONI

L'uomo nasce come meccanismo concepito per ricevere impressioni d'ogni genere. La percezione di alcune impressioni ha inizio ancor prima della nascita. In seguito, durante la crescita si formano e si perfezionano altri apparati riceventi, in numero sempre maggiore. La struttura di questi apparati riceventi è la stessa in tutte le parti del meccanismo. E ricorda quella di rulli di cera di un fonografo.

Su tali rulli o bobine, vengono incise tutte le impressioni ricevute fin dal giorno della nascita, e prima ancora. Inoltre, il meccanismo possiede un dispositivo automatico, mediante il quale tutte le nuove impressioni ricevute vengono collegate alle impressioni dello stesso tipo registrata in precedenza. Contemporaneamente, è ritenuta una classificazione cronologica. In questo modo, ogni impressione ricevuta viene trascritta in più posti su più rulli, e su questi rulli si conserva intatta. Ciò che noi chiamiamo memoria è un dispositivo assai imperfetto tramite il quale possiamo disporre solo di una minima parte della nostra riserva di impressioni.

Ma le impressioni, una volta sperimentate, non si cancellano più, e si conservano sui rulli dove sono state trascritte. Mediante l'ipnosi è possibile far girare tutti questi rulli, anche quelli sperduti nei recessi più profondi dell'inconscio. Ma ogni tanto, in seguito a qualche trauma più o meno evidente, succede che i rulli si mettono a girare da soli, e le immagini o volti apparentemente dimenticati da molto tempo risalgono di colpo alla superficie. Tutta la vita psichica dell'uomo non è altro che lo scorrere delle impressioni registrate sui rulli davanti allo sguardo della mente ...

Tutte le particolarità della sua concezione del mondo, tutti gli aspetti caratteristici della sua individualità dipendono dall'ordine in cui sono avvenute quelle registrazioni, e dalla qualità dei rulli che si porta dietro. In psicologia questo si chiama associazione di pensieri e sentimenti; ma le persone non si rendono conto di quanto l'uomo sia impastoiato in queste associazioni, senza potersene mai liberare.

Adesso sarà più chiaro il motivo per cui non è possibile capirsi reciprocamente quando si parla dell'uomo. Per parlare almeno un po' seriamente, bisogna avere qualche nozione di essere umano che non sia troppo vaga e confusa; bisogna conoscere a fondo i principi essenziali del meccanismo umano. Chi non conosce questi principi non farà che imbrogliare se stesso e gli altri. Una conversazione sull'essere umano, che non definisca e non indichi il quale uomo si tratta, non sarà mai una conversazione seria, ma una semplice sfilza di parole, priva di senso. Quindi, per comprendere che cos'è l'uomo, in primo luogo bisogna constatare che ne esistono diverse categorie e poi bisogna capire perché queste categorie si differenziano le una dalle altre.

IO, CHI SONO?

Ognuno di voi non è che un banale esemplare di automa animato. Probabilmente pensate che, per fare ciò che fate e per vivere come vivete, siano necessari un’“anima” e persino uno “spirito”. Ma forse basta una chiavetta per ricaricare la molla del vostro meccanismo. La vostra razione quotidiana di cibo contribuisce a ricaricare questa molla e a rinnovare continuamente l’inutile sarabanda delle vostre associazioni. Da questo sfogo emergono dei pensieri slegati, che voi cercate di connettere insieme presentandoli come preziosi e personali. E, altrettanto, coi sentimenti e le sensazioni passeggere, con gli umori e le esperienze vissute, ci creiamo il miraggio di una vita interiore. Ci vantiamo di essere coscienti, capaci di ragionamento, parliamo di Dio, dell’eternità, della vita eterna, e di argomenti elevati; parliamo di tutto ciò che si può immaginare; discutiamo, definiamo e valutiamo, ma omettiamo di parlare di noi stessi e del nostro reale valore oggettivo.

Tutte le nostre conoscenze non sono altro che semplici informazioni, e possono essere tanto utili quanto inutili. Assorbendolo come spugne, noi possiamo facilmente restituirle parlandone con logica e convinzione, pur senza capirci nulla. E con la stessa facilità possiamo perderle, perchè non sono nostre, ma sono state riversate dentro di noi come un liquido in un recipiente. Briciole di verità sono sparse dappertutto, e per coloro che sanno e comprendono è impressionante constatare come la gente viva a contatto con la verità, e tuttavia sia cieca e incapace di penetrarla.

La Grande Conoscenza viene trasmessa per successione di era in era, di popolo in popolo. Di razza in razza. I grandi centri iniziatici in India, Siria, Egitto, Grecia, rischiararono il mondo di vivida luce.

La verità, fissata per mezzo di scritti simbolici e di leggende, viene trasmessa alle masse per essere conservata sotto forma di costumi e di cerimonie, di tradizioni orali, di monumenti, di arte sacra, tramite il messaggio segreto della danza, della musica, della scultura e dei vari riti.
Ma, dopo un certo tempo, i centri iniziatici si estinguono uno dopo l’altro, e l’antica conoscenza si ritira in fiumi sotterranei, sottraendoli agli dei ricercatori. Anche i portatori di questa conoscenza si nascondono, e pur risultando sconosciuti a coloro che li circondano, non per questo cessano di esistere.

BAGLIORI DI VERITÀ

E ormai da molti secoli, si è perduta la chiave di tutte le arti antiche. Infatti non esiste più l’arte sacra, l’arte che incarnale leggi della Grande Conoscenza ed esercita un’influenza sulla vita delle masse. Oggi non ci sono più dei creatori. I “sacerdoti dell’arte contemporanea” non creano, ma imitano: corrono dietro alla bellezza o alla verosimiglianza, se non addirittura alla cosiddetta “originalità”, senza avere le conoscenze necessarie. Poiché non sanno niente e non sono in grado di fare niente, brancolano nel buio; eppure, la folla li venera e li mette su un piedistallo. Tutte le banalità, sulla scintilla divina, il talento, il genio, la creatività, al sacralità dell’arte, oggi non hanno alcun fondamento,sono solo degli anacronismi. Cosa sono mai questi “talenti”?
Delle due l’una: o si definisce “arte” il mestiere del calzolaio, o si deve considerare artigianato tutta l’arte contemporanea.
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PER UNO STUDIO ESATTO È NECESSARIO UN LINGUAGGIO ESATTO

in realtà l’uomo non è capace della sia pur minima azione indipendente o spontanea. Tutto è soltanto e unicamente il risultato di influenze esteriori.
L’uomo che noi conosciamo è una macchina. In primissimo luogo, ognuno deve comprendere la propria meccanicità. Ma questa comprensione può venire soltanto da una osservazione di sé condotta correttamente.
L’uomo nasce come meccanismo concepito per ricevere impressioni di ogni genere. La percezione di alcune impressioni ha inizio ancor prima della nascita.

L’UOMO È UN ESSERE MULTIPLO

l’uomo è un essere multiplo. Solitamente, parlando di noi stessi, diciamo “io”. Ma è un errore. Questo “io” non esiste o, meglio, in ciascuno di noi ci sono centinaia, migliaia di piccoli “io”. Interiormente siamo divisi, ma soltanto con l’osservazione e lo studio possiamo riconoscere la pluralità del nostro essere. In un certo momento, agisce un “io”, il momento dopo un altro “io”. I nostri “io” sono contraddittori: ecco il motivo del nostro funzionamento disarmonico. Noi siamo delle macchine. Siamo totalmente condizionati dalle circostanze esteriori. Voi non controllate le vostre azioni. Siete una macchina, e le circostanze esterne dirigono le vostre azioni senza tener conto dei vostri desideri.

La macchina, in ogni uomo, è divisa in tre parti fondamentali, in tre centri. La causa principale della nostra debolezza è l’incapacità di applicare la nostra volontà ai tre centri simultaneamente.
Dobbiamo acquisire la “conoscenza di sé”.

Ci sono diversi stati di coscienza:

1 - il sonno, in cui la nostra macchina continua a funzionare, ma funziona a pressione ridotta;

2 - lo stato di veglia, che è quello in cui ci troviamo in questo momento.
Questi sono gli unici due stati conosciuti dall’uomo ordinario.

3 - lo stato chiamato “coscienza di sé”: è il momento in cui l’uomo è presente a se stesso e alla propria macchina. Solitamente, noi conosciamo questo stato soltanto per qualche attimo. Ora, quando siete pienamente e continuamente coscienti dell’“io”, di ciò che esso fa e di quale “io” si tratta, diventate coscienti di voi stessi.
La coscienza di sé è il terzo stato

OGNI ANIMALE LAVORA IN BASE ALLA PROPRIA COSTITUZIONE

Ogni animale lavora in base alla propria costituzione. Un animale lavora di più, un altro di meno, ma ognuno secondo la propria natura. Anche noi lavoriamo. Tra di noi, alcuni sono più adatti al lavoro, altri meno. Chi lavora come un bue è una nullità, e chi non lavora è pure una nullità. Il valore del lavoro non sta nella quantità, ma nella qualità. Purtroppo, per quanto riguarda la qualità, devo dire che, qui, la gente non lavora affatto in modo soddisfacente.

Dunque, la qualità del lavoro dipende dal cervello che vi sovrintende. L’uomo è un animale con tre cervelli. Normalmente, il lavoro dell’uomo richiede la partecipazione del sentimento e del pensiero. Se una di queste funzioni è assente, la qualità del lavoro resterà quella di un animale a due cervelli. Se un uomo vuole lavorare da uomo, deve imparare a lavorare come un uomo. Lavora come un uomo vuol dire che un uomo sente ciò che sta facendo, e contemporaneamente, pensa al motivo per cui lo fa, al modo in cui lo sta facendo, come avrebbe dovuto farlo il giorno prima, come lo deve dare oggi, come dovrà farlo domani, qual’è in generale la maniera migliore di farlo, e se per caso non c’è una maniera ancora migliore.

All’uomo è stata fornita tutta la strumentazione necessaria per fare qualunque cosa. Ogni uomo è in grado di fare tutto ciò che gli altri riescono a fare: se può uno, possono tutti. Genio, talento: tutto ciò non ha senso. Il segreto è semplice: fare le cose da uomo.

Il segreto è molto semplice e molto facile: basta imparare a lavorare come un uomo.

E un uomo lavora così quando, nel fare una cosa, contemporaneamente pensa a ciò che fa, studia attentamente il modo in cui il lavoro deve essere eseguito, e nel farlo si dimentica di tutto: del nonno, della nonna e, Dio ce ne scampi, dell’ora di pranzo.
Ripeto, per un uomo l’essenza del lavoro corretto è il lavoro simultaneo dei tre centri: motore, emozionale e intellettuale. Quando i tre centri lavorano insieme e agiscono simultaneamente, allora si tratta di un lavoro da uomo.

Più vi concentrate, più il tempo vi sembra breve. Un’ora può passare inavvertita se vi concentrate, perché avrete pochissime associazioni, pochissimi pensieri, pochissimi sentimenti.

Il tempo è soggettivo, dipende dalle associazioni. Quando sedete inattivi senza concentrazione, il tempo non passa mai. Esternamente, il tempo non esiste; esiste soltanto al nostro interno.

ESSENZA E PERSONALITÀ

Dovete rendervi conto che in ogni uomo ci sono due parti completamente separate, come se fossero due uomini differenti. Queste due parti sono l’essenza e la personalità. L’essenza è io. La personalità è una cosa accidentale: l’educazione, l’istruzione, le opinioni, tutto ciò che è esteriore. Essa è come gli abiti che portate, è la vostra maschera, il risultato dell’educazione o dell’influenza dell’ambiente. La nostra personalità resta schiava: può essere modificata molto in fretta, anche in mezz’ora.

CITAZIONI VARIE

Se aiutate gli altri, sarete aiutati; forse domani, forse tra cent’anni, ma sarete aiutati. La natura non può fare a meno di pagare i propri debiti. È una legge matematica, e tutta la vita è matematica.

Guardandoci indietro, ricordiamo sempre e soltanto i periodi difficili della nostra vita, e mai quelli tranquilli. Questi ultimi non sono che sonno. I primi sono lotta, e quindi vita.


I QUATTRO CORPI DELL’UOMO

L’uomo ordinario non ha né anima né volontà. Ciò che normalmente si chiama “volontà” non è che la risultante dei desideri. Se un uomo prova un certo desiderio, e contemporaneamente gli spunta un desiderio opposto, più forte del primo, il secondo inghiotte il primo, facendolo sparire. Ecco ciò che si definisce volontà nel linguaggio ordinario. Il bambino non nasce mai con un’anima. L’anima può essere acquisita soltanto nel corso della vita; non solo, ma è un gran lusso, riservato a pochissimi uomini. La maggior parte della gente trascorre tutta la vita senz’anima, senza padrone. Per la vita ordinaria, l’anima non è affatto necessaria. Ma l’anima non può spuntare dal nulla. Ogni cosa è materiale. Anche l’anima è materiale, pur essendo costituita da una sostanza molto sottile. Per acquisire un’anima bisogna innanzitutto avere la sostanza corrispondente.

CI SONO DUE TIPI DI AMORE

Il vero amore è l’amore cristiano, religioso; nessuno nasce con questo amore. Per conoscerlo, bisogna lavorare: c’è chi se ne rende conto fin dall’infanzia, altri lo capiscono solo in età avanzata. Se qualcuno conosce il vero amore, l’ha certamente acquisito nel corso della vita.

Ma è molto difficile imparare ad amare. L’amore può essere di diverse specie. Dovunque c’è vita, a cominciare dalle piante, dagli animali, insomma, dovunque esiste la vita, c’è amore. Ogni vita è una rappresentazione di Dio. Chiunque veda la rappresentazione vedrà Colui che è rappresentato.

Chi desidera imparare ad amare il prossimo deve cominciare cercando di amare le piante e gli animali. Chi non ama la vita non ama Dio.

AFORISMI

☺Ama quello che “non ti piace”.
☺La più grande conquista per un uomo è quella di essere capace di fare.
☺Più sono difficili le condizioni di vita più sono buoni i risultati del lavoro, sempre ammesso che ti ricordi di lavorare.
☺Se già sai che è male, e lo fai ugualmente, commetti un peccato cui è difficile rimediare.
☺Aiuta soltanto chi non è ozioso.
☺Rispetta ogni religione.
☺Io amo chi ama il lavoro.
☺Noi possiamo soltanto sforzarci di diventare capaci di essere cristiani.
☺Non giudicare un uomo dalle parole altrui.
☺Prendi la comprensione dell’Oriente e la scienza dell’Occidente, e poi cerca.
☺Solo la sofferenza cosciente ha significato.
☺È meglio essere temporaneamente egoista che non essere mai giusto.
☺Se vuoi imparare ad amare, comincia con gli animali, perché sono più sensibili.
☺Insegnando agli altri, imparerai tu stesso.
☺Può essere giusto soltanto colui che sa mettersi al posto degli altri.
☺Il riposo non dipende dalla quantità ma dalla qualità del sonno.


Fonte: www.animalibera.net

fonte: https://crepanelmuro.blogspot.it/

Per approfondire:
IO CHI SONO?
Da “Vedute sul Mondo Reale” di G.I. Gurdjieff

Rousseau: noi, schiavi del benessere indotto dalla scienza

«Mentre il governo e le leggi provvedono alla sicurezza e al benessere degli uomini consociati, le scienze, le lettere e le arti, meno dispotiche e forse più potenti, stendono ghirlande di fiori sulle catene di ferro ond’essi son carichi, soffocano il loro sentimento di quella libertà originaria per la quale sembravan nati, fan loro amare la loro schiavitù e ne formano i così detti ‘popoli civili’. Se le nostre scienze son vane nell’oggetto che si propongono, sono ancor più pericolose per gli effetti che producono. Quanti pericoli, quante false vie nella ricerca scientifica! Era antica tradizione, passata d’Egitto in Grecia, che un Dio nemico della quiete degli uomini fosse l’inventore delle scienze. Popoli, sappiate dunque una buona volta che la natura ha voluto preservarvi dalla scienza, come una madre strappa un’arma pericolosa dalle mani del figlio. Le apparenze di tutte le virtù, pur senza il possesso di alcuna… La preferenza degli ingegni piacevoli sugli utili… Hanno messo una gioventù frivola in grado di dare il tono alla vita. Che penseremo mai di quei compilatori di opere, che hanno indiscretamente infranta la porta delle scienze e introdotto nel loro santuario una plebaglia indegna d’accostarvisi… Socrate non aiuterebbe mai ad accrescere questa folla di libri che ci inonda d’ogni parte… I disordini orribili che la stampa ha già prodotto in Europa».
«Da che i sapienti han cominciato ad apparir fra noi, dicevan i loro propri filosofi, le persone dabbene sono scomparse…S enza saper discernere l’errore dalla verità, possederanno l’arte di renderli irriconoscibili agli altri con argomenti speciosi…A sentirli non li si piglierebbe per un branco di ciarlatani, gridanti ognuno dal canto suo sopra una piazza pubblica: ‘Venite da me, io solo non inganno nessuno’?… Il falso è suscettibile d’una infinità di combinazioni; ma la verità non ha che un sol modo di essere. Oggi, che le ricerche più sottili e un gusto più fine hanno ridotto a princìpi l’arte di piacere, regna nei nostri costumi una vile e ingannevole uniformità, e tutti gli spiriti sembrano esser stati fusi in uno stesso stampo: senza posa la civiltà esige, la convenienza ordina; senza posa si seguono gli usi e mai il proprio genio».
«Non si osa più apparire ciò che si è…Che se per caso, fra gli uomini straordinari per il loro ingegno, se ne trovi qualcuno che abbia fermezza nell’anima e che rifiuti di prestarsi al genio del suo secolo e di avvilirsi con produzioni puerili, guai a lui! Morrà Jean-Jacques Rousseunell’indigenza e nell’oblio. Gli antichi politici parlavano senza posa di costumi e di virtù: i nostri non parlano che di commercio e di danaro… un uomo non vale per lo Stato che il consumo che vi fa… i Principi sanno benissimo che tutti i bisogni che il popolo si dà, sono altrettante catene di cui si carica… qual giogo potrebbe imporsi ad uomini che non han bisogno di nulla?… L’anima si proporziona insensibilmente agli oggetti che l’occupano. O Dio onnipotente, tu che tieni nelle tue mani gli spiriti, liberaci dai lumi e dalle funeste arti e rendici l’ignoranza, l’innocenza e la povertà, i soli beni che possan fare la nostra felicità e che sian preziosi al tuo cospetto».
Queste espressioni sono tratte dal “Discorso sulle scienze e sulle arti” di Rousseau del 1750. Rousseau è un illuminista – perché il “contratto sociale” è uno dei fondamenti della democrazia, peraltro intesa come democraziadiretta, in spazi limitati – ma è un illuminista molto, molto particolare. In questo straordinario “Discorso sulle scienze e sulle arti”, non a caso pochissimo richiamato ai giorni nostri, Rousseau anticipa alcune delle conseguenze più devastanti della democrazia. Si oppone alle scienze, “idola” che oggi dominano incontrastate, in quanto asserviscono a sé gli uomini e invece di renderli liberi li fa schiavi («soffocano il loro sentimento di quella libertà originaria per la quale sembravan nati, fan loro amare la loro schiavitù»). Anticipa la società dello spettacolo con le sue futilità, il prevalere dell’apparire sull’essere («Le apparenze di tutte le virtù, pur senza il possesso di alcuna»). Sottolinea come l’eccesso di comunicazione e di divulgazione abbia dato spazio a ogni tipo diMassimo Finiciarlatani. E come la parola possa essere fonte di ogni falsità (del resto lo stesso Cristo ha affermato: «Il tuo dire sia sì, sì, no, no. Tutto il resto è farina del diavolo»).
Quando Rousseau afferma «a sentirli non li si piglierebbe per un branco di ciarlatani, gridanti ognuno dal canto suo sopra una piazza pubblica: ‘Venite da me, io solo non inganno nessuno’», non sembra di sentir parlar Renzi o Berlusconi o qualsiasi altro leader politico, italiano e anche non italiano? E, in aggiunta, c’è anche un accenno alle “fake news” («Il falso è suscettibile d’una infinità di combinazioni; ma la verità non ha che un sol modo di essere»). Si scaglia contro l’omologazione – tema di scottante attualità, portato al suo apice dalla globalizzazione – che cancella il merito e annulla l’ingegno. Nell’ultima parte del “Discorso” c’è la considerazione che, forse, riguarda più da vicino la modernità. Dopo l’affermarsi della Rivoluzione Industriale sono stati introdotti bisogni di cui l’uomo non aveva mai sentito il bisogno. Si è affermata la pazzesca legge di Say, “l’offerta crea la domanda”, su cui si regge tutta la società di oggi. La stragrande maggioranza degli oggetti che oggi ci circondano e che, come osserva Rousseau contribuiscono a formare la nostra mentalità, sono del tutto superflui ma essenziali al meccanismo che ci domina e che ormai è uscito fuori dal nostro controllo: noi non produciamo più per consumare ma produciamo perché il meccanismo possa costantemente autoriprodursi e autorafforzarsi. Questa è la straordinaria modernità di Rousseau, l’antimoderno.
(Massimo Fini, “Rousseau e la lotta al consumismo”, dal “Fatto Quotidiano” del 25 luglio 2017).

fonte: http://www.libreidee.org/

domenica 20 agosto 2017

i massacri delle foibe


Foiba è il termine con cui s’indicano grandi inghiottitoi tipici della regione carsica e dell’Istria. Le foibe non sono particolari tipologie di caverne, come spesso troviamo indicato, ma voragini rocciose a forma d’imbuto rovesciato creato dall'erosione dei corsi d’acqua.
Alcune di loro possono raggiungere i 200 metri di profondità. La voce foiba deriva dal termine dialettale dell’area giuliana, che a sua volta deriva dal latino fovea (fossa).
Il più antico documento dove compare tale termine è una relazione ufficiale del 1770, scritta dal naturalista Alberto Fortis.
Le foibe sono entrate nella memoria collettiva, a fatica e con oltre mezzo secolo di ritardo, per gli eccidi ai danni della popolazione italiana del confine orientale, avvenuti nel periodo compreso tra la seconda guerra mondiale e l’immediato dopoguerra.
Le foibe restano un argomento complesso da narrare, ad oltre settant'anni dallo svolgimento degli eventi.
Nelle foibe furono gettati i corpi di migliaia di cittadini italiani, eliminati per motivi politici dall'esercito di liberazione jugoslavo di Tito.


Quali le possibili motivazioni alla base di questi massacri?
Esistono delle spiegazioni possibili per i massacri, anche perpetrati in tempo di guerra?
Vi possono essere almeno due cause scatenanti, proviamo a leggerle: da una parte l’italianizzazione perseguita durante il periodo fascista nelle aree mistilingue del confine orientale e dall’altra la politica espansionistica di Tito, compresa l’ambizione di annettere alla nuova Jugoslavia comunista Trieste e il goriziano. [1]
Le prime esecuzioni avvennero nel 1943, nelle ore che seguirono la firma dell’armistizio.
Il primo risultato dell’armistizio del giorno 8 di settembre fu l’immediato collasso del Regio Esercito. Dal 9 settembre i tedeschi occuparono Trieste, Pola e Fiume lasciando sguarnito il resto della regione. I partigiani riuscirono ad impadronirsi delle zone non occupate dall’esercito tedesco.
Il 13 settembre fu proclamata, a Pisino, l’annessione dell’Istria alla Croazia da parte del consiglio di Liberazione Popolare per l’Istria. Nel breve volgere di poche ore furono istituiti improvvisati tribunali che rispondevano ai comitati di Liberazione. Questi tribunali emisero centinaia di condanne a morte. I condannati non si trovavano esclusivamente nelle file dei fascisti, ma anche in quelle d’italiani che potevano essere considerati nemici del futuro stato comunista jugoslavo. [2]
Il numero dei morti relativi all’autunno del 1943 potrebbe aggirarsi tra i 400 e i 600.
L’armistizio, con relativa fuga del Re e del maresciallo Badoglio, è lontana nel maggio del 1945 quando in buona parte dell’Italia settentrionale la guerra è finita. Quasi tutte le regioni del settentrione guardano al futuro dopo la resa dei conti avvenuta nel mese di aprile. 
Una parte del nostro paese è ancora avvolta dalle nebbie: a Trieste, Gorizia, Monfalcone e in altri centri dell’est Italia si vivono giornate oscure e dense di morte.
«Folate di paura che corrono per le strade. Le città e i paesi sono serpeggiati da una epidemia mortale che può insinuarsi in ogni casa[3]
In quei frangenti le popolazioni del Venezia Giulia maledicono la lentezza delle operazioni alleate poiché debbono confrontarsi con l’occupazione delle forze partigiane di Tito.
Una nuova tragedia è alle porte, alimentata dal ricordo degli infoibati del 1943.
Trieste occupata scivola nella paura: «Divieto assoluto di circolazione in città per i civili dalle 8 di sera alle 10 del mattino». Il giorno seguente un nuovo avviso: «Domani 4 maggio all’una del mattino tutti gli orologi vengono spostati indietro di un’ora, in modo da uniformare il tempo con quello del resto della Jugoslavia[4]


Gli avvisi sono l’anticamera di perquisizioni, fermi, incarceramenti e sequestri di beni. Per gli esseri umani non possiamo parlare di sequestri ma di scomparse: «Molti triestini scomparivano. Uscivano a comprare il pane e le sigarette, e non tornavano più. »[5]
Scomparvero fascisti di basso profilo – che a differenza dei gerarchi non erano riusciti a fuggire – carabinieri, finanzieri, funzionari di banca, insegnanti, avvocati e commercianti.
Una parola correva per le vie delle città: OZNA.
Questo termine alimentava paura e terrore.
L’OZNA era la polizia politica jugoslava: «Non era più l’arroganza burocratica del fascismo, ma qualcosa di molto diverso, ossia un arbitro misterioso, che somigliava a quello del caso o del destino. Tutti comunque si rendevano conto che le cose erano profondamente cambiate, mutate un’altra volta[6]
Si susseguono arresti e scomparse.
Le scomparse come si concludono?
Spesso con uccisioni efferate: tra i tanti da ricordare i casi dei democristiani Carlo Dell’Antonio e Romano Meneghello o, ancora, del prete Don Francesco Bonifacio, torturato e assassinato.
Il corpo di Don Francesco mai sarà ritrovato.
Dagli scritti dell’ex sindaco di Trieste, Gianni Bartoli, e dai documenti inglesi si rileva che «molte migliaia di persone sono state gettate nelle foibe locali». Queste fonti si riferiscono esclusivamente alla città di Trieste, escludendo il resto della Giulia e dell’Istria.
Le informazioni giunsero al governo presieduto da Alcide De Gasperi, che nello stesso maggio chiese ragione a Tito di 2500 morti e 7500 scomparsi nella regione della Venezia Giulia.
Tito confermò l’esistenza delle foibe come luogo d’occultamento dei cadaveri.
L’atteggiamento del governo italiano?
In data 26 luglio 1945 De Gasperi dava alle ambasciate a Washington e a Londra la seguente direttiva: «Di fronte alle continue notizie di vessazioni, violenze, arbitri compiuti dai partigiani di Tito non c’è possibile assistere più oltre passivamente alla tragedia di decine di migliaia di italiani, che supera in crudeltà, metodi e sistemi quanto gli stessi tedeschi hanno compiuto in questi ultimi anni in Europa».[7] 
La conclusione era la richiesta di una Commissione internazionale di indagine sulla Venezia Giulia. Con lettera 28 agosto 1945 era inviata una prima relazione sulle atrocità commesse dagli jugoslavi nella Venezia Giulia. Il giorno successivo un'altra relazione segnalava i nominativi degli agenti della Croce Rossa Italiana arrestati a Trieste e a Pola dalle autorità jugoslave. Il 15 settembre era inoltrata una protesta presso la Commissione alleata per danni alle banche, il 27 settembre 1945 un secondo rapporto documentava le atrocità commesse dagli slavi. [8]


Quale fu la sorte dei triestini e degli abitanti della Giulia?
La voce ad un sopravvissuto, Giovanni Radetticchio: «Trascorsi giorni di dura prigionia, durante i quali fummo selvaggiamente percossi e patimmo la fame. Una mattina sentì uno dei nostri aguzzini dire agli altri – facciamo presto perché si parte subito – infatti fummo condotti in sei, legati insieme con un unico filo di ferro, oltre al quello che ci teneva avvinte le mani dietro la schiena, in direzione di Arsia.»[9] Il sopravvissuto continua: «ci fermammo ai piedi di una collina dove ci fu appeso alle mani legate un sasso di almeno venti chili. Fummo sospinti verso l’orlo di una foiba. Uno di noi si gettò urlando nel vuoto, di propria iniziativa. Un partigiano allora, in piedi con mitra puntato su una roccia, ci impose di seguirne l’esempio. Poiché non mi muovevo mi sparò contro. Il proiettile spezzò il filo di ferro che teneva legata la pietra, cosicché quando mi gettai nella foiba il sasso era rotolato lontano da me. La cavità aveva una larghezza di 10 metri e una profondità di 15 fino alla superficie dell’acqua. Cadendo non toccai il fondo e tornato a galla potei nascondermi sotto una roccia[10]
L’esecuzione sommaria e l’infoibamento sono il destino di una parte degli arrestati.
Basovizza, Opicina, Prosecco, Cruscevizza e molte altre località, sono i nomi ove tutto ciò si consumò.
Quali i numeri di questo massacro?
Gli infoibati sono difficili da conteggiare poiché in moltissimi casi non è stato possibile recuperare il corpo. Agli infoibati sono da aggiungere i prigionieri deceduti nei campi di prigionia della Slovenia e della Croazia.
La cifra più diffusa oscilla tra 10.000-12.000 deceduti.
Una domanda che si dovrebbe porre è la seguente: perché le foibe non sono entrate nel patrimonio collettivo della nazione?
«Le spiegazioni rinviano ad una sorta di silenzio di stato che è caduto sulle stragi già nell’immediato dopoguerra. Sono state infatti le ragioni della politica internazionale e di quella nazionale a limitare la conoscenza..»[11]
il 30 marzo del 2004 con la legge numero 92 fu istituita la solennità civile nazionale denominata “Il giorno del Ricordo”. Lo scopo è quello di conservare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalla loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. La data prescelta è il giorno in cui, nel 1947, fu firmato il trattato di Pace che assegnava alla Jugoslavia l’Istria e la maggior parte della Venezia-Giulia.
Il Giorno del ricordo è celebrato - dal 2006 - dalle massime autorità politiche italiane con una cerimonia solenne nel palazzo del Quirinale al cospetto del presidente della Repubblica, che conferisce le onorificenze alla memoria ai parenti delle vittime. Il testo della legge numero 92 del 30 marzo 2004 riporta, oltre alla motivazione dell’istituzione della giornata: «Nella giornata sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte d’istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende


Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/


Fabio Casalini - fondatore del blog I Viaggiatori Ignoranti

Bibliografia

Gianni Oliva – Foibe – Mondadori, 2002

Diego De Castro – Il Problema Trieste – Editore Cappelli - 1953

Carlo Sgorlon – La foiba grande – Mondadori, 1992
Galliano Fogar – Trieste in guerra 1940/1945 – Trieste 1999

Fotografie
1- Recupero di resti umani dalla foiba di Vines, località Faraguni, presso Albona d'Istria negli ultimi mesi del 1943
2- Schema di una foiba tratto da una pubblicazione del 1946 del CNL istriano.
3- Territori controllati dagli Alleati(rosa/rosso) e dai tedeschi (bianco) al 1/5/1945.
4- Recupero dei resti umani dalle foibe.




[1] Josip Broz, conosciuto con il nome di battaglia di Tito, comandò l’esercito popolare per la liberazione della Jugoslavia dal 4 luglio del 1941.
[2] Un esempio di questi massacri: nella città di Rovigno, il comitato di Liberazione compilò una lista contenente fascisti ma anche persone estranee al partito. Furono condotti a Pisino. La maggioranza di loro fu gettata ancora viva nelle foibe.
[3] Carlo Sgorlon – La foiba grande – Mondadori, 1992
[4] Galliano Fogar – Trieste in guerra 1940/1945 – Trieste 1999
[5] Carlo Sgorlon – La foiba grande – Mondadori, 1992
[6] Carlo Sgorlon – La foiba grande – Mondadori, 1992
[7] Diego De Castro – Il Problema Trieste – Editore Cappelli - 1953
[8] Il Piccolo di Trieste – De Gasperi e le foibe - 2005
[9] Gianni Oliva – Foibe – Mondadori, 2002
[10] Gianni Oliva – Foibe – Mondadori, 2002
[11] Gianni Oliva – Foibe – Mondadori, 2002

martedì 15 agosto 2017

Usa, arriva il microchip sottopelle: per timbrare il cartellino

Sapevamo che prima o poi sarebbe accaduto, però un conto è guardarlo nei film di fantascienza, e un altro nella tua mano. Stiamo parlando del microchip che dal primo agosto verrà impiantato tra il pollice e l’indice di tutti i dipendenti della compagnia del Wisconsin Three Square Market, per fare acquisti, aprire la porta dell’ufficio, in sostanza “timbrare il cartellino” e accedere al proprio computer. 32M è un’azienda di River Falls che disegna software per i locali all’interno degli uffici dove gli impiegati vanno nei momenti di pausa. Tutte le compagnie americane li hanno, e in genere contengono macchine dove si possono comprare snack. Anche nella sala stampa della Casa Bianca, tanto per fare un esempio, ce n’è una. Il pagamento un tempo si faceva con le monetine, poi con i dollari di carta, e adesso con le carte di credito. Comunque richiedeva di aver con sé i soldi o il portafoglio. Todd Westby, il ceo di Three Square Market, si è imbattuto nella BioHax International, azienda svedese specializzata in sensori biometrici, che nel paese scandinavo sono già stati adottati dalla startup Epicenter. Considerando il settore in cui opera 32M, a Westby non è parso vero di poter diventare il pioniere della nuova tecnologia, dando l’esempio ai clienti. «I microchip – spiega – sono il futuronel campo dei pagamenti, e noi vogliamo essere parte di questo fenomeno».
Perciò l’amministratore delegato di Three Square Market ha fatto un accordo con BioHax, per comprare i suoi microchip. Sono grandi come un chicco di riso, costano 300 dollari l’uno, e usano le tecnologie delle “near-field communications” (Nfc) e della Jowan Osterlund della svedese Biohax“radio frequency identification” (Rfid). Possono essere usati per acquistare i prodotti che vendono le macchine installate da 32M, ma anche per aprire la porta dell’ufficio in sicurezza, accedere al proprio computer, e chissà quali altre funzioni in futuro. Westby ha offerto questi strumenti ai suoi dipendenti su base volontaria, e quasi tutti i circa cinquanta impiegati dell’azienda hanno accettato di adottarli. Così il primo agosto terranno un “chip party”, e se li faranno impiantare nello spazio sopra al palmo della mano che sta fra il pollice e l’indice. Naturalmente la festa prevede l’offerta snack a base di salsa e chip, dove però non si intendono quelli elettronici, ma quelli cucinati con patate o mais da immergere nel guacamole.
Così Three Square Market diventerà la prima compagnia americana ad adottare questa tecnologia, dove l’Europa ha anticipato jmp micro marketgli Usa. Westby ha rassicurato i dipendenti, spiegando che il microchip adoperato è in sostanza una versione aggiornata della chiave dell’ufficio: «Non contiene un Gps, e quindi non ci consente di seguire i movimenti degli impiegati. Le informazioni che contiene sono criptate, perciò la privacy è assicurata». Non è detto, però, che il futuro sia solo questo. Anzi. 32M ha interesse a promuovere la tecnologia dei microchip per i pagamenti, ma come spesso accade, una volta che liberi il genio dalla lampada non puoi prevedere dove andrà a finire. Questi strumenti possono contenere informazioni di qualunque tipo, incluse quelle sanitarie, e anche adattati per pedinare chi li indossa, magari ascoltando le sue conversazioni in diretta. Sono il futuro, come dice Westby, che potrà essere regolato ma non fermato. Unica consolazione: ai pentiti basterà una piccola pressione sulla mano per farli saltare fuori e tornare al passato.
(Paolo Mastrolilli, “Arriva il microchip sottopelle, per timbrare il cartellino e pagare caffè e bibite”, da “La Stampa” del 25 luglio 2017).

fonte: http://www.libreidee.org/

domenica 13 agosto 2017

il Dio Sole invincibile


Nel Rinascimento si formò l'idea che il cristianesimo sia stato pesantemente influenzato dal mitraismo e dal culto del Sol Invictus, o addirittura che trovi in loro la sua radice vera.
Esistono fonti che ci permettano di comprendere l'influenza del culto solare nei confronti del cristianesimo? 
V secolo, Roma.
Papa Leone I scriveva: «È così stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa s’inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto che è ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni apparenza d’ossequio a questo culto degli dei.» [1]


Il Sol Invictus, per esteso Deus Sol Invictus, era un appellativo religioso usato per diverse divinità nel tardo impero romano, tra cui Helios, El-Gabal e Mitra, che finirono per essere assimilate in un monoteismo solare.
Il culto del Sol Invictus ebbe origine in Oriente, dove le celebrazioni del rito della nascita del Sole prevedevano che i celebranti, ritiratisi in appositi santuari, uscissero a mezzanotte annunciando che la Vergine aveva partorito il Sole, raffigurato come un infante. Questi riti si celebravano in Egitto e Siria.
L’usanza sparì con la diffusione della nuova religione?
Cosma da Gerusalemme testimonia che ancora nel VII secolo s’effettuavano tali cerimonie nella notte tra il 24 ed il 25 dicembre.


Possiamo affermare che ancora nel 600 le celebrazioni della vergine che partorisce il Sole si effettuavano in paesi dell’Oriente.
Una domanda sorge spontanea: quando il Dio Sole Invitto entrò nelle celebrazioni dei romani?
Il culto acquisì importanza nella città di Roma grazie all’imperatore Eliogabalo che tentò d’imporre il culto d’Elagabalus Sol Invictus, il Dio Bolide della propria città natale, Emesa in Siria. L’imperatore fece costruire un tempio dedicato al nuovo Dio sul Palatino. La morte violenta dell’imperatore, nel 222, comportò la cessazione delle celebrazioni. Tale avvenimento ricorda gli accadimenti dell’Antico Egitto dove il faraone Akhenaton cercò d’imporre il monoteismo, tramite la sostituzione dei culti precedenti con quello relativo al Dio Aton. Alla morte del faraone, il dio e la rivoluzione religiosa d’Akhenaton furono coperti da damnatio memoriae. Una piccola differenza esiste: le celebrazioni continuarono fuori delle mura di Roma, ma all’interno dei confini dell’impero. 


Nel 272, Aureliano riuscì a sconfiggere la Regina Zenobia del Regno di Palmira grazie all’intervento, provvidenziale, delle truppe della città stato d’Emesa. L’imperatore ammise d’aver avuto la visione del dio Sole d’Emesa che interveniva in aiuto delle truppe. L’imperatore fece ritorno a Roma con le truppe ed i sacerdoti del Dio Sol Invictus, ufficializzando così il culto solare d’Emesa. Edificò un tempio sul Quirnale e creò un nuovo corpo di sacerdoti, i pontifices solis invicti.
Possiamo pensare che Aureliano cercò di unificare, sotto le sembianze del Sol Invictus, varie divinità presenti nell’impero?
Vorrei ricordare che Giove e Apollo erano identificati con il sole.
Tertulliano asserì che molti romani pensavano che i cristiani adorassero il Sole.
Aureliano fece del Dio Sole la principale divinità dell’impero romano. Con molte probabilità risale al periodo dell’imperatore la nascita della festa solstiziale del Dies Natalis Solis Invicti, in altre parole il giorno di nascita del Sole Invitto. 


La data che fu scelta s’innestava con la festa più antica ed importante dell’impero, i Saturnali.
Quale data fu scelta?
Il 25 dicembre come data per la celebrazione del Solo Invitto è riportata solo nel Cronografo del 354.[2]
Nel regno di Licinio la celebrazione del Sol Invictus si svolse il 19 dicembre. [3]
La celebrazione avvenne in date diverse dal 19 o dal 25 dicembre: vi sono esempi che avvenisse dal 19 al 22 d’ottobre.[4]
Le celebrazioni legate al Dio Sole come s’intersecano con la nuova religione?
Legami tra il Sole e la figura del Messia compaiono in una profezia biblica di Malachia: « la mia giustizia sorgerà come un Sole e i suoi raggi porteranno la guarigione...il giorno in cui io manifesterò la mia potenza, voi schiaccerete i malvagi.»[5]
Le associazioni tra il Sole e il Messia appaiono anche nei manoscritti del Mar Morto: « La sua parola è come parola del cielo; il suo insegnamento è secondo la volontà di Dio. Il suo eterno Sole splenderà e il suo fuoco sarà fulgido in tutti i confini della terra; sulla tenebra splenderà. Allora la tenebra sparirà dalla terra, l'oscurità dalla terraferma. »[6]
La prima testimonianza del Natale cristiano, successiva al Cronografo del 354, risale al 380, grazie ai sermoni di Gregorio di Nissa.


La festa del Natale di Cristo non è riportata negli antichi calendari delle feste cristiane: gli adepti della nuova religione prediligevano altre festività quali la Pasqua, l’Epifania e il concepimento. 
Il 380 lo possiamo definire uno spartiacque: la religione del Sol Invictus restò in uso sino all’editto di Tessalonica del 27 febbraio, con cui Teodosio stabiliva che l’unica religione di Stato era il Cristianesimo di Nicea.
Le religioni imposte per legge con gran difficoltà attecchiscono immediatamente.
Il culto del Sole continuò ad attraversare i secoli.
XII secolo, verso la fine.
Un vescovo siriano ammette: «Era costume dei pagani celebrare al 25 dicembre la nascita del Sole, in onore del quale accendevano fuochi come segno di festività. Anche i Cristiani prendevano parte a queste solennità. Quando i dotti della Chiesa notarono che i Cristiani erano fin troppo legati a questa festività, decisero in concilio che la "vera" Natività doveva essere proclamata in quel giorno.»
Jacob bar-Salibi, vescovo siriano, permette di comprendere come alla fine del XII secolo ancora si ricordava la sovrapposizione del culto solare con il cristianesimo delle origini.

Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/









[1]Sermone tenuto da Papa Leone I nel Natale del 460
[2] Il Cronografo è un calendario illustrato per l'anno 354, accompagnato da altri testi e illustrazioni, opera del calligrafo Furio Dionisio Filocalo, il cui nome è riportato nella dedica sulla prima pagina del codice, offerto ad un aristocratico romano di fede cristiana di nome Valentino. Secondo gli studiosi il Cronografo contiene documenti risalenti almeno al 336
[3] L’ordine ufficiale dato all’esercito di Licinio di celebrare la festa il 19 dicembre, è contenuta in un’iscrizione citata in “Official Policy towards Oriental Cults in the Roman army” di Allan Hoey, 1939
[4] Secondo il Cronografo del 354 in quelle date si svolgevano i Giochi del Sole
[5] Libro di Malachia, 3, 20-21
[6] Giovanni Ibba - Qumran. Correnti del pensiero giudaico – Carocci, Roma, 2007

Immagini
1- Sol Invictus presso il Museo Nazionale Romano
2- Moneta coniata nel 216. A sinistra testa laureata. A destra il Sole tiene in mano il globo.
3- Rappresentazione di Mitra e del Sol Invictus presso i Musei Vaticani.
4- Moneta coniata nel 274. Aureliano con la corono radiata.
5- Moneta del tempo di Costantino con rappresentazione del Sol Invictus.
6- Mosaico del III secolo rinvenuto presso la necropoli cristiana sotto la Basilica di San Pietro. Tra le ipotesi la visione di Cristo rappresentano come il Dio Sole-Apollo.