domenica 30 agosto 2015

svuota-Italia, ultimo atto: le riforme neofasciste di Renzi

La strategia applicata all’Italia dall’Europa produce scarsità monetaria, perdita di competitività, deindustrializzazione, disoccupazione, indebitamento. Il suo scopo è privare il paese di liquidità e di capacità industriale riempiendolo di debiti e disoccupati, in modo che i capitali stranieri, costituiti da masse di moneta contabile creata dalle banche estere a costo zero, possano arrivare, invocati come salvatori dalla disoccupazione e dalla scarsità monetarie così prodotte, e rilevare tutto sottocosto, cioè le aziende e gli immobili, la ricchezza reale prodotto dal lavoro reale, e possano per tale via impadronirsi del paese. Questo sta già avvenendo: Italcementi è l’ultimo esempio. Per conseguire questo obiettivo è stato adoperato l’euro, moneta forte, perciò adatta ad ostacolare le esportazioni italiane e favorire quelle tedesche. All’euro si aggiungono le cosiddette regole di austerità, nonché la politica di saldi primari attivi di bilancio pubblico – cioè per vent’anni lo Stato ha prelevato con le tasse 100 e restituito con la spesa pubblica 90 (cifre esemplificative), in modo di prosciugare la liquidità del paese.
Molto importante è stata la politica fiscale di Monti, diretta a distruggere il valore degli immobili come garanzia con cui le aziende e le famiglie italiane ottenevano liquidità dalle banche, le quali ora praticamente non accettano quasi più il mattone Renzi e Montiper dare credito ad esse. In questo modo si è arreso il paese, molto più povero e dipendente dal potere bancario straniero. Inoltre, colpire il settore immobiliare è servito per colpire il risparmio degli italiani e l’industria edilizia come volano di occupazione e crescita. Incominciando con il governo Monti, imposto da Berlino attraverso Napolitano, e continuando con Letta e Renzi, che Napolitano ha sostenuto politicamente allargando notevolmente il suo ruolo prescritto dalla Costituzione, l’Italia è stata preparata per l’occupazione finanziaria straniera. Al fine di sviare l’attenzione da questa strategia generale e impalpabile, agli italiani viene anche offerto un nemico tangibile e immediato con cui prendersela, ossia gli immigrati o invasori.
Per completare l’occupazione finanziaria straniera bisognerà spingere il paese a più elevati livelli di sofferenza e paura, per raggiungere i quali basterà, ad esempio, togliere i puntelli del quantitative easing; quindi è urgente creare le strutture giuridiche con cui il governo possa controllare la popolazione e reprimere possibili sollevamenti popolari contro il regime e i suoi piani. Questa è la ragione dell’urgenza di attuare la riforma fascista dello Stato (elezioni, Senato, Rai, bail in…) che il governo Renzi sta realizzando, e che altrimenti non avrebbe ragion d’essere, dato che si tratta di riforme a basso o nullo impatto sull’economia. E che aumentano, anziché diminuire, il potere della partitocrazia parassitaria e inefficiente, anzi, della parte Renzi e Mattarellapeggiore di essa, cioè degli amministratori regionali, che diventano la base per il Senato renziano. Il presidente Mattarella, ovviamente, essendo stato nominato da Renzi, lo lascia andare avanti.
La riforma neofascista del Partito Democratico consiste, essenzialmente, nel concentrare i poteri dello Stato nelle mani del primo ministro, eliminando in pratica gli organi di controllo e di bilanciamento, e creando un Parlamento di nominati, cioè limitando radicalmente la possibilità del popolo di scegliere i propri rappresentanti, che vengono legati alle mani del primo ministro con rapporti di dipendenza e interesse poltronale. Belpaese, brutta fine. Onorevoli e senatori formalmente rappresentano il popolo, ma votano qualsiasi cosa voglia il premier, altrimenti il premier non li ricandida o rinomina e non li lascia mangiare: un perfetto sistema di voto di scambio legalizzato. Belpaese, brutta fine. Questo è il piano per l’Italia, che ha già perduto circa un quarto della sua forza industriale. Il piano per l’Europa, portato avanti da Washington e dai banchieri privati che possiedono la Fed, attraverso il vassallo tedesco appoggiato e coperto moralmente da Parigi, mira Marco Della Lunainvece a impedire che l’Europa si unisca, che diventi una potenza economica e tecnologica effettivamente concorrente rispetto agli Stati Uniti, e che abbia una moneta propria e funzionante, concorrente col dollaro.
Strumento perfetto per questi scopi è risultato l’euro, che sta creando disunione, divergenze, instabilità e recessione nell’ambito europeo. Esso sta creando addirittura i presupposti affinché ancora una volta gli Usa siano legittimati a intervenire, non necessariamente in modo materiale, per salvare i paesi minacciati dalla sopraffazione tedesca, recuperando così la loro oggi vacillante supremazia sull’Occidente. Mentre collabora a questo piano, la Germania riceve evidenti benefici a spese dei paesi deboli, così come i governanti collaborazionisti (italiani e non solo italiani) li ricevono a spese dei loro popoli. E l’euro, finché serve a questo piano, viene mantenuto e dichiarato irreversibile, assieme alle sue regole, nonostante i danni che l’uno e le altre causano, e i loro evidenti difetti strutturali. Tutto quadra e corrisponde ai fatti osservabili.
(Marco Della Luna, “Renzicratura: partito democratico, riforme neofasciste”, dal blog di Della Luna del 6 agosto 2015).

fonte: www.libreidee.org

giovedì 27 agosto 2015

il cavaliere e la morte


INCISIONE DI ALBRECHT DURER CHE DA TITOLO ALL'OPERA

è un romanzo breve di Leonardo Sciascia, scritto nel 1988. Si tratta del suo penultimo lavoro (prima di Una storia semplice), uscito pochi mesi prima della sua morte presso l'editore Adelphi.

Il titolo

Il titolo è preso da un'incisione del 1514 di Albrecht Dürer: Il cavaliere, la morte e il diavolo. Secondo quanto pensa il protagonista stesso, il diavolo è divenuto superfluo perché gli uomini sanno praticare il male e procurare la morte a se stessi e agli altri senza bisogno di tentazioni o mediazioni.

Nel sottotitolo, il romanzo è definito sotie. Si tratta di un genere letterario le cui origini si collocano fra tramonto del medioevo e sorgere del rinascimento: è una satira allegorica in forma di dialogo, ambientata in un mondo pieno di stupidità e follia che parafrasa la stupidità e la follia del mondo dei potenti. Sciascia, assieme a Kundera e Gide, è uno dei suoi massimi esponenti novecenteschi.

« L’aveva sempre un po’ inquietato l’aspetto stanco della morte, quasi volesse dire che stancamente, lentamente, arrivava quando ormai della vita si era stanchi. Stanca la morte, stanco il suo cavallo: altro che il cavallo del Trionfo della morte e di Guernica. E la morte, nonostante i minacciosi orpelli delle serpi e della clessidra, era espressiva più di mendicità che di trionfo. «La morte si sconta vivendo». Mendicante, la si mendica. In quanto al diavolo, stanco anche lui, era troppo orribilmente diavolo per essere credibile. […] Ma il Diavolo era talmente stanco da lasciar tutto agli uomini, che sapevano fare meglio di lui. E il Cavaliere […], dentro la sua corazza forse altro Durer non aveva messo che la vera morte, il vero diavolo: ed era la vita che si credeva in sé sicura: per quell’armatura, per quelle armi. »

(da Il cavaliere e la morte, Leonardo Sciascia)

La trama

La vicenda è, come al solito, apparentemente semplice, in realtà complessa e ricca di molte suggestioni.

La storia è ambientata in un imprecisato paese dell'Italia settentrionale e narra di un commissario di polizia, dai modi isolati e appartati, il cui solo nome qui è Vice. Vice deve indagare sulla morte di un noto avvocato, tale Sandoz. Arriva subito ad individuare il colpevole: è il potente industriale Aurispa, regista ben noto di diverse trame criminose che coinvolgono l’Italia. Naturalmente il Vice non ha prove concrete, è aiutato solo dalle confidenze con alcuni personaggi (la signora De Matis, di cui quasi si innamora, la logorroica signora Zorni e il dottor Rieti, ex-agente dei servizi segreti che pagherà con la vita). Non può avere alcun aiuto dal commissario capo che indaga solo sulla falsa pista di un'organizzazione terroristica rivoluzionaria chiamata “i figli dell’ottantanove”. Così il Vice combatte la sua battaglia contro la grave malattia che lo affligge e contro degli avversari più forti di lui che, capendo che potrebbero essere sconfitti, finiranno per eliminarlo con un colpo di pistola.

Le tematiche

Il tema più ricorrente è quello della malattia, un cancro che affligge il protagonista ma anche la società corrotta in cui vive. Vi è l'introduzione di elementi cupi e crepuscolari, insoliti in Sciascia e di un barocchismo che mancava nelle opere precedenti, tanto che la sua mancanza gli veniva rimproverata da Italo Calvino. Vi è poi una riflessione sulla creazione di capri espiatori pubblici, sulle dietrologie e la manipolazione dell’informazione.

All'interno del libro si trovano numerose citazioni letterarie, tra cui Tolstoj, Pirandello, Proust, Ungaretti, Gadda, Alfieri e molti altri.

fonte: Wikipedia

casotto



è un film del 1977, diretto dal regista Sergio Citti con Ugo Tognazzi, Gigi Proietti, Franco Citti e una giovanissima Jodie Foster.

Girato - in gran parte - all'interno d'una cabina collettiva di servizio alla spiaggia, Casotto è una commedia di costume animata da una nutrita galleria di personaggi e da una variegata casistica che rappresentano con chiarezza lo stridente contrasto venutosi a creare tra i rigidi costumi morali italiani e l'ormai dilagante rivoluzione sessuale alla fine degli anni settanta. Da ciò l'associazione lessicale del titolo, ora struttura prefabbricata ora luogo di confusione quanto di libertà, sottolineata anche da alcune scene di nudo.

In questa sua prova, Sergio Citti racconta la realtà con una vena di feroce allegria, mutuando lo stile tipico della commedia all'italiana ed aiutato da un cast di elevata caratura artistica.

Non meno importante, per la riuscita del film, è lo staff tecnico, che ha potuto contare sulla sceneggiatura di Vincenzo Cerami, anche autore del soggetto, sulla fotografia di Tonino Delli Colli e sulla scenografia di Dante Ferretti.

Da ricordare la partecipazione della giovanissima Jodie Foster, reduce dal successo di Taxi Driver, doppiata in romanesco.

Trama

Durante una calda domenica d'agosto, una spaziosa cabina collettiva sulla spiaggia libera di Ostia è occupata a turno da:

un giovane voyeur (Ninetto Davoli) a fare da intermezzo tra i gruppi di personaggi.

una squadra femminile di pallacanestro guidata da un severissimo allenatore (Gianni Rizzo);

un solitario sacerdote inglese (McKenzie Bailey) cui la natura ha giocato un brutto scherzo;

due coppie (Gigi Proietti e Franco Citti) che cercano di "lavorarsi" due ragazze (Clara Algranti e Julie Sebestyen) appena conosciute;

due sorelle (Mariangela e Anna Melato) che tentano di sedurre un austero funzionario delle assicurazioni (Ugo Tognazzi);

una coppia di amanti (Carlo Croccolo e Cathy Marchand) che ha scelto quel luogo per poter consumare il primo rapporto d'amore;

due giovani soldati culturisti (Gino Barzacchi e Massimo Bonetti) accompagnati da un cagnolino alquanto odioso;

due nonni (Paolo Stoppa e Flora Carabella) con il nipotino (Marco Marsili) e la nipote, incinta, Teresina (Jodie Foster) che tentano di affibbiare ad un suo ingenuo cugino abruzzese (Michele Placido);

Circondati da varia umanità di cui tutti sono parte integrante e cosciente, i protagonisti cercano di risolvere i propri problemi o di raggiungere i propri scopi, illudendosi di piegare la realtà alla propria personale visione delle cose.

Lontano dalla vita di tutti i giorni, in quella parentesi festiva c'è il tempo di studiare e mettere in atto mosse e contromosse fantasiose, che non potranno cambiare gli esiti prevedibili nonostante qualche sviluppo simpatico.

Detta la fine dei giochi un violento ed improvviso acquazzone che costringe tutti ad un frettoloso ritorno in città.

fonte: Wikipedia

GLI ATTORI RACCONTANO

martedì 25 agosto 2015

emorragie terrestri

Quando si parla di consumi idrici siamo istintivamente portati a pensare a quanta acqua utilizziamo per i fabbisogni personali e viene in mente quanto abbiamo appreso dagli studi fatti o attraverso la lettura di specifici articoli e cioè che ogni essere umano ha bisogno di pochi litri di acqua al giorno per compensare le perdite dovute ai normali processi fisiologici.

Dopo queste prime riflessioni siamo portati a considerare la nostra vita domestica e tutta l’acqua che dilapidiamo per cucinare, per la pulizia personale, della casa e degli indumenti. Molti di noi successivamente riflettono sui potenziali consumi generati dall’industria e dal settore agricolo (attività agronomiche e zootecniche) e solo qualcuno riesce ad ipotizzare i consumi idrici dovuti al terziario (scuole, ospedali, uffici vari, caserme, attività commerciali, ecc.) di cui tutti usufruiamo. Ma quasi nessuno arriva a capire che la maggior parte dei consumi idrici sono dovuti alla nostra alimentazione. Può sembrare strano e quasi impossibile eppure è proprio così. 


Secondo i dati ISTAT il consumo giornaliero medio reale di acqua nei Comuni si aggira intorno ai 160-180 litri procapite. Questo valore può sembrare esorbitante, ma in realtà rappresenta solo un “piccolo numero” nell’oceano della cosiddetta “Impronta idrica italiana” (volume di acqua dolce impiegato per produrre beni e servizi) che in Italia è pari a oltre 130 miliardi cubi l’anno cioè a un consumo di circa 6 mila litri di acqua al giorno per persona!

Per limitare questa “emorragia di acqua” sono state avviate, e tuttora sono in essere, parecchie campagne informative, ma quasi tutte erano e sono basate su una comunicazione poco esatta infatti in questa si sono lanciati imput quasi esclusivamente sui consumi domestici facendo credere alla popolazione che i consumi globali dell’acqua sono generati soprattutto da un mal uso che si fa di questa nell’ambito delle mura delle proprie case. Insomma ci hanno fatto credere che chiudendo il rubinetto mentre ci laviamo i denti o laviamo le stoviglie, che facendo docce meno durature o facendo un minor numero di lavaggi con lavatrici e lavastoviglie avremo dato un forte contributo ai consumi idrici. 


Niente di più falso 

In quanto nessuno ci ha mai detto che i consumi domestici di acqua incidono su circa il 4% del nostro bilancio complessivo quindi anche a seguito di una forte contrazione di questi consumi si potrebbe agire su piccoli valori, lo dimostra il fatto che a seguito di questa incessante comunicazione sul consumo idrico si è passati da 206/litri/abitante/giorno del 2002 agli attuali 160-180 litri (cioè si è registrata una riduzione di circa il 15% sulla quota dell’impronta idrica domestica che come detto risulta essere pari al 4% del totale)!

Con ciò non si vuole affermare che i messaggi di questo tipo rivolti alla popolazione siano completamente sbagliati e forvianti bensì che bisognerebbe indirizzare la comunicazione verso altri fronti! Ma quali? Sull’industria o sull’agricoltura?

Bé, senza alcun dubbio, appare evidente che riducendo il galoppante consumismo (tutti comperiamo beni di cui non abbiamo un reale bisogno se non quello indotto dalle mode e/o dalla pubblicità) ed effettuando un razionale uso agronomico dell’acqua si inciderebbe più proficuamente sui consumi idrici. Il Rapporto UE del 2007 e poi quello del 2012 sulle “Potenzialità di risparmio idrico in agricoltura” hanno permesso di evidenziare che il prelievo totale annuo di acqua dell’UE è di circa 247.000 milioni di metri cubi di cui il 44% viene impiegato nel comparto energetico, il 24% in attività agronomiche e zootecniche, il 17% per il rifornimento idrico pubblico di acqua potabile e 15% per le attività industriali.

Appare chiaro che in Europa la principale fonte di consumo idrico è rappresentata dalla produzione di energia e successivamente dall’agricoltura; quindi, ritornando alla comunicazione al cittadino, sarebbe sicuramente più proficuo dare messaggi tipo “riduci i consumi energetici in ambito domestico” attraverso un uso più razionale della corrente elettrica (lavaggi in lavatrice e in lavastoviglie a temperature più basse, spegnere le luci quando non necessarie, ecc.).

Per quanto concerne l’agricoltura si può agire su due fronti: sulla produzione e sui consumi (diretti e soprattutto su quelli indiretti).

Va subito specificato che non bisogna assolutamente agire riducendo i consumi procapite dei prodotti orto-frutticoli, anzi questi andrebbero privilegiati in virtù degli apporti indispensabili di sostanze nutritive per l’organismo umano (vitamine, sali minerali, antiossidanti, ecc.) bensì si dovrebbe agire sulla quota di proteine e grassi di origine animale che ogni giorno consumate.

Può sembrare bizzarro, ma per avere una gestione sostenibile dell’acqua, limitando la pressione che le attività agricole e zootecniche hanno sui corpi idrici (acque superficiali e sotterranee), bisogna ridurre, se non eliminare, i consumi di carne e dei suoi derivati.

Quasi nessuno ci dice che le vostre abitudini alimentari incidono drasticamente sull’Impronta Idrica soprattutto attraverso i cresciuti consumi di carne avvenuti negli ultimi decenni. Per produrre una bistecca di carne di circa 300-400 grammi (ottenuta attraverso allevamenti intensivi, attualmente i più frequenti) ci vogliono approssimativamente 1.000 litri di acqua! 


Appare chiaro che il consumo di cibi, e quindi le differenti abitudini alimentari dell’italiano medio (dieta molto ricca di carne bovina e suina), implicano un impatto idrico molto forte e spesso trascurato dalla popolazione che spinta dall’informazione fondata soprattutto sul risparmio idrico in ambito domestico non considera la propria alimentazione come fattore importantissimo per tutelare le risorse idriche. Sarebbe quindi auspicabile che le future campagne informative sul risparmio idrico siano più protese a quest’aspetto piuttosto che considerare e soffermarsi su “quanto tempo rimane aperto un rubinetto mentre ci laviamo i denti”! 

Senza entrare nel merito degli utili vantaggi salutari che si avrebbero, rimane importante il fatto che la nostra Dieta Mediterranea non solo risulta essere sana e utile al mantenimento della salute, ma incide veramente poco sull’impronta idrica.
Sentiamo continuamente il mantra: "bisogna produrre più cibo per sfamare una popolazione che nel 2050 sarà tra i 9 e i 10 miliardi". È un mito. 

Già ora produciamo abbastanza cibo per sfamare 14 miliardi di persone. Eppure oltre 800 milioni soffrono ancora la fame. Non c’è una crisi di produzione, ma di qualità, in declino a causa dell’agricoltura industriale, e di accessibilità al cibo. L’agricoltura industriale basata sull’uso di fertilizzanti e pesticidi chimici, tecniche che danneggiano il suolo, crudeltà sugli animali, e sprechi mette a rischio la nostra capacità futura di sfamare il mondo.

In Brasile i terreni a pascolo sono stati convertiti in campi per coltivare soia destinata agli allevamenti industriali europei, e gli allevatori di bestiame brasiliani sono costretti a spingersi sempre più all’interno della foresta, devastandola per far posto al bestiame. È un effetto domino. Eppure un quarto della terra utilizzabile del pianeta è costituita da pascoli, che sono ovunque. Perché sprecare preziosa terra arabile coltivando mangimi per animali al confino. Meglio riportarli fuori nei pascoli, che sono anche un mezzo per sequestrare anidride carbonica. La natura non ama le monoculture, l’agricoltura industriale sì, perché costano meno e non hanno bisogno di lavoratori.

A questo punto la disamina sulle implicazioni che l’alimentazione ha sull’acqua sembrerebbe terminata, ma in realtà se così fosse l’indagine appena fatta sarebbe “monca” poiché non è stata trattata la problematica definita “inquinamento”. Infatti con un’alimentazione di tipo occidentale si intensificano le produzioni agricole per produrre i foraggi destinati agli animali d’allevamento e ciò spesso porta ad un maggior uso agronomico di pesticidi e di fertilizzanti chimici che possono incidere sull’inquinamento idrico (per approfondire vedi La Cospirazione delle Mucche).

Un esempio di quanto scritto sono la presenza di nitrati (NO3–) e nitriti (NO2–), composti adoperati per intensificare la qualità e quantità dei prodotti agricoli, nelle acque superficiali e soprattutto di falda. Queste sostanze possono determinare seri problemi alla salute umana sui quali non ci soffermeremo.

Per quanto concerne l’analisi dei pesticidi presenti nei corpi idrici risulta molto utile il “Rapporto nazionale pesticidi nella acque – dati 2011-2012”, edizione 2014, redatto dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) in collaborazione con le Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) e delle Agenzie Provinciali per la Protezione dell’Ambiente (APPA) che hanno effettuato indagini e analisi sul territorio.

La normativa considera sia i “prodotti fitosanitari” (sostanze utilizzate per la protezione delle piante e per la conservazione dei prodotti vegetali – Reg. CE 1107/2009) che i “biocidi” (sostanze impiegate in diverse attività quali disinfezione, preservazione, uso non agricolo, ecc. – Reg. UE 528/2012) come pesticidi. Attualmente vengono adoperate in agricoltura circa 400 sostanze e nel 2012  sono state vendute 134.242 tonnellate di prodotti fitosanitari.

Nel rapporto è emerso che delle sostanze cercate (attraverso quasi 28 mila campioni per un totale di 1.208.671 determinazioni analitiche) su tutto il territorio nazionale (anche se alcune regioni quali il Molise e la Calabria non hanno fornito dati) nelle acque superficiali sono stati trovati pesticidi nel quasi 57% dei punti controllati mentre nelle acque sotterranee (anche nelle falde profonde e quindi spesso considerate protette) sono risultati contaminati il 31% dei punti. Anche se le concentrazioni rilevate spesso sono basse, i dati rendono evidente la diffusione dell’inquinamento. Delle 175 sostanze rilevate predominano gli erbicidi (spesso utilizzati nei periodi di maggiori precipitazioni meteoriche che ne determinano la lisciviazione e trasporto nei corpi idrici sotterranei e soprattutto in quelli superficiali) e risultano più presenti gli insetticidi e i fungicidi.

L’area più contaminata da pesticidi è la pianura Padano-Veneta sia a seguito delle caratteristiche idrogeologiche dell’area che per l’intensa attività agricola.

Nelle acque sotterranee il 6,3% dei punti di monitoraggio esaminati (152 punti) hanno evidenziato concentrazioni superiori ai limiti di legge (soprattutto di bentazone, terbutilazina, metalaxil, atrazina come coda di una contaminazione di vecchia data in quanto non più utilizzabile, atrazina-desetil, oxadiaxil, imidacloprid, bromacile, 2,6-diclorobenzammide e metolaclor) mentre nelle acque superficiali si sono riscontrati valori oltre i limite di legge del 17,2% (253) dei punti esaminati (principalmente di glisofate e il suo metabolita AMPA, metolaclor, triciclazolo, oxadiazon, terbutilazina e il suo principale metablita).

Le vendite dei prodotti fitosanitari hanno registrato una forte diminuzione e soprattutto dei “molto tossici e tossici”, considerati i più pericolosi; però si ha un incremento di vendite di quelli “nocivi”. Questi valori principalmente sono dovuti alle recenti norme UE che indirizzano verso una difesa fitosanitaria a ridotto impatto. Dal rapporto emerge la crescente presenza nelle acque di più sostanze contemporaneamente (una sorta di “pericoloso cocktail”) di cui non si conoscono i reali rischi per l’ambiente e per la salute umana.


Bisogna però considerare che le norme UE potrebbero venire aggirate se verrà firmato il famoso trattato TTIP tra Usa ed Europa.  

Gli organismi geneticamente modificati sono a pieno titolo sul tavolo negoziale dell’accordo di libero scambio con gli USA, come dimostrano alcune email ottenute tramite il Freedom Information Act Corporate Europe Observatory. I messaggi raccontano di un incontro fra lobby dell’industria e delegati europei a Washington, mostrando la strategia delle multinazionali del biotech: esse stanno spingendo per ottenere che i prodotti transgenici cosiddetti di “prossima generazione” sfuggano alla legislazione europea in materia e vengano perciò autorizzati senza alcuna etichettatura.

In parole povere, non solo c’è il pericolo che alimenti geneticamente modificati si riversino nei nostri confini con l’approvazione del TTIP, ma addirittura si rischia di non poterli riconoscere perché potrebbero non essere segnalati. A questo punto, anche il consumatore più attento potrebbe acquistare OGM senza saperlo.


L’industria sostiene che la semplificazione delle procedure promossa dal TTIP per snellire i commerci non costringerebbe l’Unione Europea a cambiare le proprie leggi più cautelative. Ma questa non è una garanzia: i regolamenti possono essere lasciati intatti e bellamente aggirati, tramite il meccanismo di mutuo riconoscimento proposto dalle lobby. Questa formula implicherebbe l’accettazione di prodotti fabbricati negli Stati Uniti anche secondo prescrizioni diverse da quelle comunitarie.

Attualmente l’Unione Europea tollera soltanto OGM per alimenti e mangimi elencati nel registro europeo e la loro presenza deve essere obbligatoriamente dichiarata in etichetta se superiore allo 0.9%. Molti rappresentanti politici eletti dagli Stati membri, Italia compresa, affermano che l’agricoltura di qualità non verrà intaccata dal TTIP e che gli OGM non sono oggetto di trattativa. Queste affermazioni, al momento non sono suffragate da prove. Anzi, semmai sono da esse smentite.

Le colture OGM, più che una tecnologia agricola, sono uno strumento corporativo di controllo dell'agricoltura. Mai nella storia dell'agricoltura e dell'alimentazione c'è stata una maggiore concentrazione dei semi, la chiave di tutta la catena alimentare, nelle mani di così poche corporazioni. I sei più grandi produttori di prodotti agrochimici controllano a livello mondiale il 76% del mercato globale dei pesticidi. Gli stessi sei sono tra le più grandi corporazioni di semi a livello mondiale, controllando il 60% di questo mercato. E queste sei controllano il 100% del mercato globale delle sementi transgeniche.


Non vi è dubbio che coloro che traggono i maggiori vantaggi dalle colture OGM sono le 6 società che controllano il 100% delle sementi transgeniche a livello globale: Monsanto, Syngenta, DuPont, Dow AgroSciences, Bayer, BASF.

Mai prima nella storia dell'alimentazione si era verificato un tale grado di concentrazione delle imprese in un settore essenziale per la sopravvivenza. Questa configurazione spiega anche che gli OGM comportano un enorme aumento dell'uso di pesticidi, in quanto è ciò che dà loro maggiori profitti: il mercato della vendita di pesticidi è molto superiore a quella delle vendite di sementi.

L'industria biotech sostiene che gli OGM sono le coltivazioni "più analizzate" della storia. E' falso perché i paesi in cui sono stati autorizzati, si sono basati sugli studi e le conclusioni delle stesse imprese. In Europa, dove sono necessari ulteriori studi, praticamente non si coltivano transgenici e molti paesi europei hanno scelto di vietarne anche la semina.

La realtà è che le colture OGM sono piene di incertezze e di rischi per la salute e per l'ambiente e non forniscono alcun vantaggio rispetto alle colture già esistenti. L'unica ragione per cui sono sul mercato è che le imprese guadagnano profitti più elevati, anche se è un prodotto peggiore degli ibridi già esistenti, e per la diversità di terreno e delle variazioni climatiche e geografiche dove operano la stragrande maggioranza dei piccoli agricoltori nel mondo, non funziona nemmeno.


In tutto il mondo, le indagini confermano che la stragrande maggioranza dei consumatori non vuole mangiare OGM. Le aziende lo sanno, e per questo si oppongono all'etichettatura dei loro prodotti, spendendo decine di milioni di dollari per impedirlo. Se gli OGM non dovessero comportare un danno, come essi sostengono, non dovrebbero avere alcun problema alla loro etichettatura!
La stragrande maggioranza di contadini e contadine si oppongono agli OGM, perché rappresentano una minaccia alla loro precaria situazione economica, trasferendo i mercati, contaminando i loro semi, la terra e l'acqua. I piccoli fornitori di cibo (contadini, orti urbani, ecc) sono quelli che nutrono oltre il 70% della popolazione mondiale. L'industria degli OGM li espelle e minaccia i loro semi e metodi di produzione attraverso molti canali, e quindi aumenta la fame e la malnutrizione più di quanto qualsiasi seme tecnologico "miracoloso" potrebbe diminuirla.

La realtà è che gli OGM servono in larga parte per nutrire animali non persone. E quelli resistenti ai pesticidi finiscono per dar vita a un circolo vizioso che alla fine porterà a un maggiore uso di pesticidi.

Bisogna riconoscere che viviamo in una grande illusione. Il sistema economico si fonda sull’idea di una crescita infinita, in un mondo dalle risorse limitate che stiamo velocemente depauperando. Ci servono 2 pianeti per sostenere il nostro stile di vita, che diventeranno 4 se non cambiamo rotta. Il cibo lo paghiamo tre volte: la prima alla cassa del supermercato, la seconda attraverso le tasse che in Europa finiscono nei sussidi all’agricoltura, la terza per i costi di pulizia dell’ambiente inquinato dall’agricoltura industriale e per curare la nostra salute, minata da un’alimentazione di scarsa qualità.

È importante pensare a soluzioni olistiche ai problemi complessi che abbiamo di fronte. In verità non è neppure un problema complesso. In fondo è davvero semplice: l’agricoltura industriale più che produrre cibo lo spreca. E lo fa in modo dannoso. Quindi la soluzione è abbandonare l’agricoltura industriale, e chiedere ai governi occidentale di smetterla di promuovere un sistema agricolo fallito anche nei paesi in via di sviluppo. Non ha funzionato per noi, perché dovrebbe funzionare per loro?


Ci sono molte alternative di sistemi agricolivari e più in sintonia con la natura, che non creano dipendenza dalle multinazionali, che rafforzano la sovranità, la biodiversità, e le varie forme di sviluppo locale, che favoriscono i "poveri" in campagna e in città, aumentando le opportunità di lavoro, i mercati e le agroindustrie locali, senza rischi per la salute e per l'ambiente, e sono molto più economiche. All'occorrenza c'è sempre la dieta pranica...

Riferimenti:


fonte: freeondarevolution.blogspot.it

tracce autunnali



TRACY CHAPMAN COVER

lunedì 24 agosto 2015

al paradiso delle signore



Au bonheur des dames è l'undicesimo romanzo dello scrittore francese Émile Zola appartenente al ciclo dei Rougon-Macquart pubblicato nel 1883.

Trama

La protagonista del romanzo è una giovinetta di nome Denise che dopo l'improvvisa morte dei genitori, negozianti, ha dovuto abbandonare Valognes, sua città natale, e trasferirsi a Parigi con i fratelli più piccoli, Jean e Joseph, fidandosi dello zio Baudu, un mercante che sostiene di aver trovato nella capitale francese la fortuna.

Presto però si accorge che lo zio è sull'orlo della rovina come tanti altri mercanti del quartiere che sono stati spiazzati dalla concorrenza fatta dallo spregiudicato Octave Mouret che ha aperto un grande e moderno magazzino.

Octave Mouret, che è un grande conquistatore e anche conoscitore dell'animo femminile, riesce a sfruttare due sue amanti per ottenere azioni e alleati anche se poi, con grande cinismo, le abbandona quando costoro non servono più.

Denise, con grande dispiacere dello zio, pur di lavorare è costretta a farsi assumere come commessa al magazzino "Al paradiso delle signore" dove, grazie alla sua grazia e fierezza, conquista l'ammirazione degli uomini e l'odio delle donne ma continua a combattere con coraggio per sé e per i suoi fratelli.

Il pericolo maggiore per Denise è però la natura dei suoi sentimenti. Infatti ella si sente attratta fin dall'inizio da Mouret che, a sua volta, è rimasto attirato dalla grazia scontrosa ma determinata della ragazza. Ma quando Mouret le si rivolge avanzando proposte, Denise trova la forza per allontanarlo perché non sopporterebbe di essere per lui solamente un'avventura.

Octave, che soffre per questo rifiuto, cambia il suo abituale atteggiamento e appare più ingentilito. Denise intanto riesce ad affermarsi sempre di più nell'azienda fino a raggiungere un posto rilevante. Octave, che l'ama e l'ammira, si dichiara ancora una volta e dopo una tormentosa lotta i due si sposano felicemente.

Adattamenti cinematografici

Questo romanzo è stato adattato per alcune versioni cinematografiche:

Il tempio delle tentazioni di Julien Duvivier nel 1930, film muto;

Au Bonheur des Dames di André Cayatte nel 1943;

The Paradise (2012) BBC.

Al Paradiso delle Signore (2015) RAI, con Giusy Buscemi, Giuseppe Zeno, Alice Torriani e Christiane Filangieri. Regia: Monica Vullo.

La versione di Julien Duvivier è stata selezionata per il Seattle International Film Festival 2006, patrocinato dal Consolato Generale di Francia a San Francisco e TV5 Monde. Una partitura musicale è stata creata per l'occasione con Joanna Seaton in Vocal Performance, Donald Sosin alle tastiere, Nick Sosin agli strumenti di percussione.

Edizioni italiane

trad. di Ferdinando Martini, Perino, Roma 1883; Salani, Firenze, 1932; Newton Compton, Roma 1994 (con introduzione di Mario Lunetta)

trad. di Giuseppe Piemontese, Minerva, Milano 1934

trad.di Ferdinando Martini e Guido Mazzoni, Mondadori, 1936

trad. di Curzio Siniscalchi, Lucchi, Milano 1954

trad. di Liliana Caruso, Peruzzo, Milano 1986

trad. di Alfredo Jeri, introduzione di Colette Becker, BUR, Milano 1959 ISBN 8817167134

InfoDirekt, Vienna: gli Usa finanziano il traffico di migranti

Sarebbero gli Stati Uniti a finanziare il traffico di migranti africani dalla Libia verso l’Italia. Lo afferma l’austriaco “InfoDirekt”, che dice di averlo appreso da un rapporto interno dello Österreichischen Abwehramts (i servizi d’intelligence militari di Vienna): ed “InfoDirekt” è un periodico notoriamente vicino alle forze armate. Il titolo dice: “Un Insider: gli Stati Uniti pagano i trafficanti (di immigrati) in Europa”. Il testo non dice molto di più. Dice che i servizi austriaci valutano il costo per ogni persona che arriva in Europa molto più dei 3 mila dollari o euro di cui parlano i media. «I responsabili della tratta chiedono cifre esorbitanti per portare i profughi in Europa». Si va dai 7 ai 14 mila euro, secondo le aree di partenza e le diverse organizzazioni di trafficanti; e i fuggiaschi sono per lo più troppo poveri per poter pagare simili cifre. La polizia austriaca che tratta i richiedenti asilo sa questi dati da tempo; ma nessuno è disposto a parlare e fare dichiarazioni su questo tema, nemmeno sotto anonimato.
Da parte dei servizi, «si è intuito che organizzazioni provenienti dagli Stati Uniti hanno creato un modello di co-finanziamento e contribuiscono a gran parte dei costi dei trafficanti». Sarebbero «le stesse organizzazioni che, con il loroMigranti africani sbarcati in Italialavoro incendiario, hanno gettato nel caos l’Ucraina un anno fa». Chiara allusione alle “organizzazioni non governative” americane, cosiddette “umanitarie” e per i “diritti civili”, bracci del Dipartimento di Stato o di Georges Soros. L’articolo termina con un appello «a giornalisti, funzionari di polizia e di intelligence» perché «partecipino attivamente nella ricerca di dati a sostegno delle accuse qui espresse. L’attuale situazione è estremamente pericolosa e il lavoro informativo può prevenire l’intensificarsi della crisi». In un successivo articolo, il giornale austriaco rivela che «anche in Austria c’è il “business dei profughi”». Una “azienda per i richiedenti asilo” ha ottenuto dallo Stato 21 milioni per assissterli nelle pratiche e nutrirli.
E’ una vera e propria azienda a scopo di lucro, con sede in Svizzera, la Ors Service Ag, ed è posseduta da una finanziaria, la British Equistone Partners Europa (Pee), che fa capo a Barclays Bank: ossia alla potentissima multinazionale finanziaria nota anche come “la corazzata Rotschild”, che ha come principali azionisti la banca privata Nm Rotschild e la loro finanziaria satelletite Lazard Brothers. «Presidente di Barclays è stato per anni il figlio Marcus Agius Rothschild. Questi ha sposato la figlia di Edmund de Rothschild: Katherine Juliette. Di conseguenza, ha il controllo anche della British Broadcasting Corporation (Bbc), ed uno dei tre amministratori del comitato direttivo del gruppo Bilderberg». I Rotschild non disdegnano Marcus Agius Rothschildnessun affare: e quello degli immigrati da “accogliere” e curare con denaro pubblico è certo l’industria di cui hanno previsto (sanno) che crescerà in modo esponenziale.
Thierry Meyssan (“Reseau Voltaire”) rilancia l’informazione perché vi trova confermato un suo lungo e complesso articolo da lui postato quattro mesi fa, in cui fra l’altro sosteneva che l’ondata di rifugiati in Europa non è l’effetto collaterale accidentale dei conflitti in Medio Oriente, ma un obiettivo strategico degli Stati Uniti. Meyssan chiamava la strategia Usa “la teoria del Caos”, e la faceva risalire a Leo Strauss (1899-1973), il filosofo padre e guru dei neocon annidati nel potere istituzionale Usa. «Il principio di questa dottrina strategica può essere così riassunto: il modo più semplice per saccheggiare le risorse naturali di un paese sul lungo periodo non è occuparlo, ma distruggere lo Stato. Senza Stato, niente esercito. Senza esercito nemico, nessun rischio di sconfitta. Da quel momento, l’obiettivo strategico delle forze armate Usa e Thierry Meyssandell’alleanza che esse guidano, la Nato, consiste esclusivamente nel distruggere Stati. Ciò che accade alle popolazioni coinvolte non è un problema di Washington».
«Le migrazioni nel Mediterraneo, che per il momento sono soltanto un problema umanitario (200.000 persone nel 2014), continueranno a crescere fino a divenire un grave problema economico. Le recenti decisioni della Ue (…) non serviranno a bloccare le migrazioni, ma a giustificare nuove operazioni militari per mantenere il caos in Libia (e non per risolverlo)». E’ proprio così: la strategia americana sembra effettivamente quella di trascinare gli europei in avventure militari in Libia come in Siria e in Ucraina; una volta impantanati fino al collo in quelle paludi del caos, per cui non abbiamo alcuna preparazione militare, dovremo implorare l’aiuto della sola superpotenza rimasta, a cui ci legheremo più che mai perché “ci difende dal caos”. Una sola ultima considerazione: la sinistra dell’accoglienza, come sempre la sinistra, “fa l’interesse del grande capitale, a volte perfino senza saperlo”: ad essa s’è aggiunta, con Bergoglio, la Chiesa di Galantino.
(Maurizio Blondet, “Negri e scafisti finanziati dagli Usa?”, dal blog di Blondet del 14 agosto 2015).

fonte: www.libreidee.org

mercoledì 19 agosto 2015

l'opera al nero



è un romanzo storico di Marguerite Yourcenar del 1968, le cui vicende ruotano attorno alla figura di Zenone, un filosofo, scienziato e alchimista che l'autrice immagina essere nato in Belgio nel XVI secolo. Dal libro è stato tratto nel 1988 il film L'opera al nero, con Gian Maria Volonté nel ruolo di Zenone.

Trama

Zenone nasce a Bruges agli inizi del Cinquecento in una famiglia nobile, che lo avvia alla carriera ecclesiastica sotto la guida del canonico Bartolomeo Campanus. Il ragazzo, spronato dall'amore del canonico per la letteratura, si dedica con passione ai libri e allo studio, trovando nei classici gli strumenti utili al ragionamento e allo sviluppo del pensiero, ma allontanandosi sempre più dalla dottrina cristiana. Dopo i primi tempi alla scuola di teologia, dove non ha difficoltà a ottenere ottimi risultati, Zenone decide di partire per un viaggio senza fine in giro per il mondo alla ricerca di sé. Per mantenersi fa un po' di tutto, ma la sua vera attività comprende medicina, filosofia, alchimia, ragione per cui si sposta di città in città e di corte in corte, alla ricerca di nuovi saperi. Scrive di scienza e di alchimia, subendo sospetti e condanne a causa delle sue teorie, considerate ateistiche ed eretiche. Vive d'altronde in un'epoca in cui, tra riforma e controriforma, l'Europa è attraversata da forti tensioni religiose e il solo sospetto di eresia può portare al rogo; nel libro c'è un intero capitolo dedicato alla rivolta anabattista di Münster.

All’età di quarant’anni Zenone decide di tornare sui suoi passi e di trascorrere un po’ di tempo a Bruges sotto il falso nome di Sebastiano Theus. Qui incontra l’istruito e lungimirante priore dei Cordiglieri che gli offre un posto come medico presso l’ospizio del suo ordine. Lo stato di immobilità e di monotonia del suo nuovo lavoro non gli fa rimpiangere la vita movimentata fino allora trascorsa, anzi è l’inizio di una nuova stagione della sua vita. Zenone continua la sua fervente attività intellettuale che però non si rivolge più alle grandi tematiche, ma alla riflessione sul rapporto tra il corpo e il mondo. Ne risulta un radicale distacco dalla propria particolarità umana, Zenone si immerge nell'oceano delle forme abbandonando ogni preconcetto filosofico. È in questo momento che Zenone capisce che si sta compiendo in lui l’opus nigrum ((LA) "opera nera"), ovvero la fase alchemica di spoliazione delle forme, della dissociazione degli elementi e di purificazione della materia: egli stesso è la propria opera, e deve attraversare la fase della 'nigredo' per purificare la propria sostanza dalle filosofie e teologie imperfette del suo secolo e accedere così a una diversa cognizione del mondo e di se stesso.

Una nuova svolta nella vicenda di Zenone avviene quando il priore dei Cordiglieri muore dopo una lunga malattia e con essa anche parte della sua copertura. Poco dopo, un grave scandalo trapela dalle mura del convento: alcuni frati si riuniscono nottetempo in stanze sotterranee e insieme a una giovane conversa celebrano riti orgiastici. Uno degli adepti è frate Cipriano, aiutante nell’ospizio di Zenone che al momento di difendersi coinvolge il medico accusandolo di complicità. Il finto dott. Theus si trova allora costretto a rivelare la sua vera identità e con essa vengono ricordate tutte le imputazioni d’eresia che fino ad allora gravavano sul suo nome. A nulla gli valgono le sue tesi difensive e dopo settanta giorni di agiata prigionia, la sua fine è ormai segnata: Zenone dovrà morire sul rogo, da eretico. Ma la sera prima dell’esecuzione, la ferrea disciplina mentale mantenuta durante tutto il periodo del processo si spezza improvvisamente. Zenone allora decide di mettere fine alla sua vita di propria mano prima che gli diventi impossibile una fine razionale. La sua morte deliberata si tingerà, negli ultimi istanti dell'agonia, dei colori alchemici dell' 'albedo' (bianco) e della 'rubedo' (rosso), adombrando la conclusione della sua opera umana e il passaggio ad una sostanza superiore.

Temi

Nel personaggio di Zenone si racchiude la sintesi dell’uomo rinascimentale e in particolare quell’esemplare di passaggio fra Medio Evo ed età moderna. Le teorie alchimistiche e quelle ermetiche sono un'eredità medievale che si intreccia alla modernità delle ricerche scientifiche, dello studio oggettivo dei classici e della posizione centrale dell’uomo. Per costruire questo complesso personaggio l’autrice si è ispirata alle storie reali di persone vissute in quei secoli come il chimico Paracelso, Michele Serveto, Leonardo da Vinci, Erasmo da Rotterdam e il filosofo Tommaso Campanella. Come tutte queste grandi personalità, anche Zenone ha dovuto patire il fatto di anticipare il pensiero del tempo. La sua figura di martire si spiega durante il suo processo quando si accorge, discutendo con i teologi,

« che non esiste accomodamento durevole tra coloro che cercano, pensano, analizzano e si onorano di essere capaci di pensare domani diversamente da oggi, e coloro che credono o affermano di credere, e obbligano con la pena di morte i loro simili a fare altrettanto »

Il libro offre anche una visione ampia della società del tempo, la varietà dei personaggi spazia dalle famiglie nobili a quelle di mercanti, da figure religiose ad altre politiche e si incontrano anche personaggi di basso rango: protestanti, artigiani, mendicanti, prostitute. Il tutto crea un affresco complesso e dettagliato di cui solo Zenone è capace di avere una visione razionale.

fonte: Wikipedia

la Bce ammette: l’euro è stato una catastrofe, per l’Italia

Che l’euro fosse stato la peggiore delle disgrazie occorse al nostro paese dalla fine della II Guerra Mondiale ce ne eravamo accorti un po’ tutti da tanto, ma se ora in una ricerca condotta proprio dalla Bce vengono ammessi nero su bianco gli effetti deleteri della moneta unica sull’economia italiana, l’aspetto si colorisce di grottesco. Proprio in queste ore infatti la Banca Centrale Europea ci fa sapere che dal 1999, anno dell’introduzione della moneta unica con la determinazione dei concambi irrevocabili, il nostro paese è quello che ha subito la peggiore performance tra gli iniziali 12 paesi membri. Se prima dell’introduzione dell’euro l’Italia era fra “l’elite” con il reddito pro capite fra i più elevati, attualmente registra il peggior dato, agganciando Grecia e Portogallo, che all’atto dell’entrata erano già i fanalini di coda dell’Eurozona. Insomma, un vero e proprio fallimento per il nostro paese. Ma la ricerca della Bce va oltre, rivelando candidamente che i famosi criteri di convergenza, tanto cari alle Istituzioni Europee (leggasi Troika), non hanno fatto altro che ampliare le divergenze fra gli euro-paesi e, strano a dirsi, chi ci ha rimesso di più è stata proprio l’Italia!
Le motivazioni addotte dall’istituto centrale europeo si concentrano guarda caso sulla scarsa propensione del nostro paese nel procedere speditamente verso “un marcato aggiustamento dei costi unitari del lavoro”, disvelando inequivocabilmente, se Romano Prodiancora ce ne fosse bisogno, che la sostenibilità dell’area euro si fonda sulla flessibilità del costo del lavoro, essendo logicamente precluso l’aggiustamento dei valori di cambio fra le ormai abbandonate valute nazionali. Inoltre la ricerca della Bce omette volutamente di precisare che tutto questo si è potuto verificare poiché il modello macroeconomico di riferimento su cui si basa l’euro è quello imposto dall’ortodossia tedesca, che prevede la stabilità dei prezzi, cioè il “fobico” contenimento dell’inflazione fino a far precipitare l’intera Eurozona in deflazione (e inoltre letteralmente “appestando” gran parte del mondo) e il rigore dei conti pubblici fino al perseguimento del pareggio di bilancio relegando, per mezzo della fiscalità, le famiglie e le imprese al ruolo di unici prestatori di ultima istanza.
Questo è il vero motivo per il quale l’euro non ha funzionato, non funziona e non potrà mai funzionare! Aver costretto economie continentali così diverse ad uniformare le proprie politiche economiche verso un modello non proprio, evirandole conseguentemente di quelle che autonomamente avrebbero tenuto conto delle rispettive esigenze e caratteristiche, ha determinato lo sfacelo dei paesi non satelliti della Germania. Se i vertici della Bce avessero omesso di scrivere in modo irrituale quella “bella” letterina al governo italiano nell’estate del 2011, che ebbe come effetto pratico di “regalarci” Mario Monti come premier e tutto il peggio possibile dell’austerità “made in Troika”, forse oggi non ci meraviglieremo troppo di apprendere proprio dagli stessi inquilini dell’Eurotower che l’euro si  è rivelato un disastro per l’Italia. Se gli “euroforici” Prodi, Ciampi e Amato invece di sbandierare ai quattro venti di essere bravi e in grado di rispettare i vincoli esterni previsti dai trattati al momento dell’adesione all’euro, avessero preventivamente verificato gli effetti e la compatibilità che tali cambiamenti avrebbero prodotto Antonio Maria Rinaldinel nostro sistema economico, sicuramente non ci troveremo in queste drammatiche condizioni ammesse ora addirittura dalla Bce.
O la stessa Banca Centrale Europea già mettendo le mani avanti sapendo perfettamente che dopo la Grecia i prossimi saremo noi e che non basteranno le aspirine e il chinino per risolvere la situazione? Mentre aspettiamo impazienti le considerazioni del governo italiano su queste affermazioni provenienti dal massimo organo monetario europeo, perché se rimarrà silente vorrà dire che chi ci governa non sta perseguendo gli interessi del paese ma quelli di qualcun altro, ben vengano questi rapporti da parte della Bce: magari nel prossimo futuro potremmo apprendere proprio da loro stessi che l’euro è da considerarsi da sempre reversibile
(Antonio Maria Rinaldi, “L’euro è stato un disastro per l’Italia, parola della Bce”, da “Scenari Economici” del 31 luglio 2015).

fonte: www.libreidee.org

manine



IN GERMANIA

lunedì 17 agosto 2015

il potere che serve se stesso. Che esaurisce se stesso in se stesso

Non simpatizzo con la Destra più di quanto non simpatizzi con la Sinistra. Sebbene rifiuti ogni classificazione politica, mi considero una rivoluzionaria. Perché la Rivoluzione non significa necessariamente la Presa della Bastiglia o del Palais d’Hiver. E certamente per me non significa i capestri, le ghigliottine, i plotoni di esecuzione, il sangue nelle strade. Per me la Rivoluzione significa dire «No». Significa lottare per quel «No». Attraverso quel «No», cambiare le cose.

E di sicuro io dico molti «No». Li ho sempre detti. Di sicuro vi sono molte cose che vorrei cambiare. Cioè non mantenere, non conservare. Una è l’uso e l’abuso della libertà non vista come Libertà ma come licenza, capriccio, vizio. Egoismo, arroganza, irresponsabilità. Un’altra è l’uso e l’abuso della democrazia non vista come il matrimonio giuridico dell’Uguaglianza e della Libertà ma come rozzo e demagogico egualitarismo, insensato diniego del merito, tirannia della maggioranza. (Di nuovo, Alexis de Tocqueville...). Un’altra ancora, la mancanza di autodisciplina, della disciplina senza la quale qualsiasi matrimonio dell’uguaglianza con la libertà si sfascia. Un’altra ancora, il cinico sfruttamento delle parole Fratellanza-Giustizia-Progresso. Un’altra ancora, la nescienza di onore e il tripudio di pusillanimità in cui viviamo ed educhiamo i nostri figli. Tutte miserie che caratterizzano la Destra quanto la Sinistra.

Cari miei: se coi suoi spocchiosi tradimenti e le sue smargiassate alla squadrista e i suoi snobismi alla Muscadin e le sue borie alla Nouvel Riche la Sinistra ha disonorato e disonora le grandi battaglie che combatté nel Passato, con le sue nullità e le sue ambiguità e le sue incapacità la Destra non onora certo il ruolo che si vanta di avere. Ergo, i termini Destra e Sinistra sono per me due viete e antiquate espressioni alle quali ricorro solo per abitudine o convenienza verbale. E, come dico ne La Forza della Ragione, in entrambe vedo solo due squadre di calcio che si distinguono per il colore delle magliette indossate dai loro giocatori ma che in sostanza giocano lo stesso gioco. Il gioco di arraffare la palla del Potere. E non il Potere di cui v’è bisogno per governare: il Potere che serve sé stesso. Che esaurisce sé stesso in sé stesso.

di Oriana Fallaci

http://altrarealta.blogspot.it/

la Rai tedesca: abbiamo razziato la Grecia, nostra colonia

Certe volte la realtà supera la fantasia: addirittura la rete tedesca “Erste Tv”, la più importante rete televisiva statale di Germania, incredibilmente supporta le nostre tesi confermando in uno splendido report dell’equivalente della nostra Rai1 messo in palinsesto negli scorsi giorni che ai fatti sembra esistere un progetto coloniale tedesco atto a trasferire valore, assets, insomma denari dai greci direttamente allo Stato tedesco con il fine di pagare i servizi utilizzati dalla cittadinanza germanica [e quindi indirettamente anche le loro future pensioni]! Della serie, prima li affami con l’austerità e poi li compri per un tozzo di pane! In una parola: moderno colonialismo tedesco attuato in Ue tramite l’induzione della stagflazione in un regime di cambi fissi, colonialismo del III millennio. E’ logico, se ci pensate: i germani erano stati esclusi dal giro negli ultimi 100 anni e oggi vogliono recuperare il tempo perduto, visto che le colonie in via di sviluppo sono ormai inaccessibili non gli resta che creasi le moderne colonie dentro casa, nell’Ue del Sud.
Nell’articolo, l’autore tedesco parla espressamente di “colonia”, riferito al trattamento riservato alla Grecia nell’Ue (“Questo assomiglia più a una colonia che un paese membro dell’Unione Europea”). Ad esempio gli aeroporti greci oggetto di Televisione tedescaprivatizzazione forzata a valle della capitolazione di Tsipras passati dallo Stato greco ad una azienda STATALE TEDESCA, statale tedesca, FraPort (Aeroporti di Francoforte, di proprietà della Regione dell’Assia): ossia un business profittevole – dice la stessa “Erste” –, gli aeroporti greci, viene svenduto e come acquirente ha di fatto lo Stato tedesco [che non paga nemmeno quanto dovuto, in quanto lo scala dal debito di Atene, assets per altro acquistati a prezzi inferiori a quelli di mercato] per volere diretto di Schaeuble – lo dice l’articolo, non io. E viene anche aggiunto, nel pezzo, che così facendo FraPort potrà più facilmente convogliare i propri (anziani) turisti tedeschi in Grecia, scommetto – immaginando cosa verrà dopo, i tedeschi sono molto logici –  che a seguire ci sarà l’incanto delle abitazioni locali magari dietro la costrizione dell’equivalente di Equitalia in Grecia che prima espropria i beni ai propri concittadini per morosità nel pagamento di tasse altissime (vi ricorda qualcosa?) e poi li vende a saldo ai tedeschi avvoltoi nelle aste di Stato [e chi volete che abbia soldi da investire tra i greci se la crisi continuerà ancora per qualche anno?].
La Repubblica Ellenica, quel che resta, è destinata a diventare un popolo di servi, di badanti per gli anziani tedeschi che andranno a svernare in Grecia visto che in patria gli anzianotti della Ruhr non potranno permettersi di vivere con le magre pensioni statali figlie dei mini jobs, in ogni caso le apparentemente povere pensioni tedesche sono e soprattutto saranno ricchissime rispetto a quelle degli anziani ateniesi. E nel mentre la Germania continuerà ad arricchirsi, mantenendo Atene in una situazione di debito ad aeternum detenuto da coloro che impongono l’austerità, ad arte, con lo scopo di impossessarsi dei beni altrui. Insomma, i soliti tedeschi che non cambiano mai… Appunto, tutto questo si chiama neocolonialismo.
(Mitt Dolcino, “Clamoroso: la televisione statale tedesca conferma il progetto coloniale ammettendo che le privatizzazioni greche sono state imposte da Schauble per trasferire ricchezza direttamente a Berlino!”, da “Scenari Economici” del 30 luglio 2015).

fonte: www.libreidee.org