E bravo “Giuseppi”: non lo sa che gli Stati Generali portano male a
chi li convoca, specie se non è esattamente in buona fede? Nel 1789, in
Francia, condussero velocemente alla Presa della Bastiglia: oggi il
piccolo capo di questo Governo della Paura vuol proprio fare, il
prossimo settembre, la stessa fine di Luigi XVI? «Anche noi lo
aspetteremo al varco: ma anziché il 14 luglio, anniversario dell’inizio
della Rivoluzione Francese, gli daremo tempo per meditare sull’ultimatum
che riceverà entro una decina di giorni. Gliene chiederemo conto il 20
settembre, ricorrenza della Breccia di Porta Pia. E se non saremo stati
ascoltati, scenderemo in piazza il 5 ottobre: data che ricorda la Marcia
delle Donne, quando anche le cittadine francesi nel fatidico 1789
fecero rotta sulla reggia di Versailles per reclamare i loro diritti».
Gioca con le date, Gioele Magaldi: ma il titolo del gioco è inequivocabile, si chiama rivoluzione. «Grandi cose accadranno, in questi mesi, dietro le quinte del potere:
ci saranno botte da orbi, grazie alle manovre intraprese dalla
massoneria progressista». Ma la notizia è un’altra: «Nessuna rivoluzione
ha mai avuto successo, senza il determinante contributo del popolo».
«E’ vero, le élite le progettano: ma poi le rivoluzioni le fa la
gente, se capisce che deve scendere in strada al momento giusto. Che nel
nostro caso si sta rapidamente avvicinando», assicura Magaldi. «Parlo
di un riscatto nazionale, civile ed economico: in palio
c’è l’Italia, esattamente come nel Risorgimento, di cui il 20 settembre
1870 rappresenta l’epilogo, con la conquista di Roma». Premessa: il
presidente del Movimento Roosevelt, entità metapartitica nata nel 2015
per tentare di rimettere insieme i cocci della politica
italiana, di massoneria se ne intende. «Il mondo in cui viviamo è stato
interamente progettato da massoni: lo Stato diritto, le istituzioni
laiche, il suffragio universale. La democrazia
non ce l’ha portata la cicogna: è stata un’idea dei massoni che nel
‘700 rovesciarono l’Ancien Régime, in Francia e in America, dando inizio
alla modernità politica».
Queste cose, Magaldi le ha ricordate nel saggio “Massoni”, edito nel
2014 da Chiarelettere. Un bestseller italiano, trasformatosi in
long-seller e – dice l’autore – costato il trono a Giorgio Napolitano,
nientemeno, indicato come appartenente alla superloggia “Three Eyes”.
Grande regista, Napolitano, dell’imbarazzante operazione (interamente
massonica) che portò il “fratello” Mario Monti a Palazzo Chigi con
l’incarico di inguaiare il paese, tagliando la spesa sociale e quindi
determinando deliberatamente una crisi
terribile, tale da far crollare il gettito fiscale fino a far esplodere
il debito pubblico. Obiettivo: rendere l’Italia sempre più debole,
facile preda dei suoi avidi “becchini”. Francia e Germania? «Non
esattamente: si tratta di gruppi apolidi, supermassonici, che usano in
modo cinico le istituzioni – Ue, singoli paesi – per i loro scopi
inconfessabili, speculativi e privatistici. E’ un’élite sovranazionale,
economicamente neoliberista e politicamente reazionaria,
post-democratica». Di fronte a questo, avverte Magaldi, le antiche
distinzioni ideali (destra-sinistra) non contano più niente, da quando –
archiviate le ideologie – i politici della sinistra si sono rassegnati,
proprio come quelli della destra, ad eseguire ordini impartiti
dall’alto: dalla stessa élite senza patria che, dagli anni Settanta in poi, ha cominciato a “smontare” la democrazia
sociale dei diritti in tutto l’Occidente, attraverso entità
paramassoniche come la Trilaterale, fino ad arrivare, oggi, a guardare
alla Cina come modello.
Una società autoritaria, quella cinese, basata sulla sorveglianza
orwelliana del cittadino-suddito. «Non a caso – fa osservare Magaldi –
il disastro Covid è esploso a Wuhan all’indomani della cocente
umiliazione inflitta a Xi Jinping dall’unico politico capace di opporsi
al dilagare dell’egemonia di Pechino: Donald Trump, oggi infatti
assediato dai manifestanti antirazzisti alla vigilia delle elezioni, e
alle prese con la drammatica crisi economica indotta dal lockdown, che ha cancellato gli ottimi risultati ottenuti dalla Casa Bianca nel far volare l’economia
americana». Beninteso: «Trump farebbe meglio ad ascoltare i
manifestanti genuinamente indignati per lo scandalo del razzismo che
serpeggia tra i poliziotti statunitensi: una piaga rispetto alla quale,
peraltro, lo stesso Barack Obama, primo presidente “nero”, in otto anni
non ha fatto assolutamente niente». Ma attenzione: «I manifestanti
violenti sono manipolati: imputano assurdamente a Trump la morte di
George Floyd».
Ecco perché, aggiunge Magaldi, sarebbe da ciechi non scorgere i
manovratori: a loro, del razzismo non importa nulla. «Vogliono solo
impedire che Trump venga rieletto, perché ha osato sfidare la loro
“creatura”, la Cina, e anche l’opaca Oms foraggiata da Pechino, braccio
operativo del “terrorismo sanitario” che ha usato il Covid come
un’arma», con obiettivi plurimi: mettere ko l’economia
per indebolire i politici, e confiscare – in modo inaudito, in
Occidente – le libertà democratiche nelle quali siamo cresciuti. E’ una
specie di inferno, quello che si sta spalancando: qualcuno sta cercando
di far apparire “normale” il coprifuoco, il distanziamento, la chiusura
irreparabile di aziende e negozi. Scenario che in Italia si sta
traducendo nella morte civile di interi settori strategici, come il
turismo. «E se domani qualcuno si inventa un altro virus, fabbricandolo
in laboratorio?
Che facciamo: richiudiamo tutto?». Il primo a sentire puzza di bruciato
è stato Bob Dylan: con la canzone “Murder Most Foul”, il grande
cantautore (Premio Nobel per la Letteratura) a fine marzo ha messo in
relazione la pandemia – e i “falsi profeti” del vaccino universale – con
la cupola di potere che nel 1963 assassinò John Kennedy a Dallas. Addirittura?
Ebbene sì. «Un’unica filiera – dice Magaldi – collega la fine dei Kennedy al manifesto “La crisi della democrazia”,
promosso dalla Trilaterale di Kissinger: il primo a sdoganare il regime
cinese con l’idea di farne un’alternativa, mostruosa, per un Occidente
non più libero, e oggi infatti ricattato dalla paura grazie a un virus
“cinese” che, in questo, è ancora più efficace del terrorismo
“islamico”, anch’esso coltivato da menti massoniche». Magaldi sa di cosa
parla: già “venerabile” della prestigiosa loggia romana Monte Sion del
Grande Oriente d’Italia, oggi è il “gran maestro” del Grande Oriente
Democratico, circuito massonico progressista collegato con le superlogge
sovranazionali più avanzate, sul piano dell’impegno sociale
democratico, come la “Thomas Paine”. Altra notizia: a quel circuito
appartiene lo stresso Dylan, «massone ultra-progressista, oggi sceso in
campo in prima persona perché il pericolo che stiamo correndo è
veramente grande: il mondo rischia di non essere più lo stesso, se gli
oligarchi avranno mano libera nel gestire l’emergenza Covid a modo
loro».
La sensazione è che l’attacco sferrato – l’imposizione del lockdown
“cinese”, l’avvento della nuova polizia sanitaria – sia un riflesso di
autodifesa, da parte di un’élite che teme di perdere il potere.
Parlano da sole le clamorose diserzioni in atto, ai piani alti, tutte
annunciate con largo anticipo proprio da Magaldi: Mario Draghi e
Christine Lagarde hanno abbandonato il fronte reazionario (dominio
finanziario, privatizzazioni) e oggi parlano un’altra lingua, insieme
alla stessa dirigenza del Fmi, fino a ieri schierata dalla parte del
rigore. «Fine dell’austerity», raccomandò Draghi, a marzo, sul
“Financial Times”: se non si inonda l’economia
di miliardi a costo zero, che non si trasformino in debito, il nostro
sistema produttivo crollerà. «Oggi, gli unici soldi veri che l’Italia
sta ricevendo sono quelli della Bce assicurati dalla “sorella” Lagarde»,
sfidando i falchi tedeschi. E’ così l’importante, l’Italia? Eccome: «Ci
crediate o meno, è il luogo in cui si combattono e si combatteranno
alcune battaglie decisive per la democrazia e la libertà, per il futuro della globalizzazione», assicura Magaldi.
Spiegazione: fuggita la Gran Bretagna, in Ue – a parte il Belpaese –
restano solo due grandi player, Germania e Francia: ma i rigidi assetti
politici di Berlino e Parigi non consentono margini di manovra. Che
l’Italia fosse l’unico laboratorio possibile, per riformare la
governance continentale, lo si era già visto nel 2018, col Parlamento
nel caos dopo il voto: il boom dell’incognita 5 Stelle, il Pd umiliato
tra le macerie del renzismo (riformatore solo a chiacchiere) e
l’impennata della Lega, ad archiviare l’obsoleto centrodestra. Come
sarebbe andata a finire lo si capì da subito: «Saranno i mercati a
insegnare agli italiani come votare», proclamò l’eurocommissario tedesco
Günther Oettinger, «massone reazionario», mentre lo spread saliva
prontamente. Poteri forti: «Fu Bankitalia – dice Magaldi – a convincere
Mattarella a negare il ministero dell’economia
a Paolo Savona, che era lì apposta per provare a cambiare le regole che
ci penalizzano da decenni». Il resto è cronaca: lo stesso Salvini la
buttò in caciara enfatizzando il problema-migranti, per nascondere il
fallimento gialloverde. «Lui e Di Maio dovettero ingoiare il rospo: a
loro, Bruxelles non concesse neppure un irrisorio incremento del
deficit».
Unico accenno di riforma, l’alleggerimento fiscale vagheggiato dal
leghista Armando Siri, messo però fuori gioco da un semplice avviso di
garanzia. «Salvini si arrese, staccando la spina». Elezioni? Macché: i 5
Stelle – pur di non perdere la poltrona – si aggrapparono al «partito
di Bibbiano», abbracciando uno Zingaretti che, fino a tre giorni prima,
giurava: «Mai, con quei populisti». Cambiarono i suonatori, ma non lo
spartito: ancora e sempre rigore, vigilato dall’emissario di turno dei
soliti poteri (Roberto Gualtieri, Pd, forgiato dall’eterna tecnocrazia
di Bruxelles). Obiettivo: tirare a campare, in un’Italia sempre più
precaria e impoverita, senza nessuna speranza nell’unica svolta
politico-economica ormai drammaticamente indispensabile: la rottamazione
della grande bugia neoliberista, del debito pubblico come colpa
nazionale. «Il “fratello” Draghi si è ricordato delle sue origini,
citando il New Deal di Roosevelt: senza un massiccio intervento statale,
l’economia frana nella spirale della crisi».
E’ la lezione di Keynes, oggi rispolverata dal fronte massonico
progressista che si oppone alle restrizioni catastrofiche imposte con
l’alibi del Covid, tra le mille opacità della gestione italiana della
pandemia più strana e più sospetta della storia. Un disastro, per gli
italiani. Ma per “Giuseppi”, una grande occasione.
Il piccolo, oscuro “avvocato del popolo” – mai sentito nominare da
nessuno, prima del 2018 – si è trasformato di colpo in mini-dittatore,
miracolato dal coronavirus proprio quando il suo governicchio incolore
stava per cadere. «Conte ha sbagliato tutto quello che poteva: ha agito
in ritardo nel creare zone rosse e ha permesso la grande “fuga” dalla
Lombardia contaminata, poi ha chiuso gli italiani in casa facendo
crollare l’economia
e in più li ha lasciati senza aiuti: c’è ancora chi aspetta la cassa
integrazione». Su che pianeta vive, il Conte che l’11 giugno si è
stupito di essere accolto in piazza al grido di “buffone”? Ci tiene
proprio, a replicare le gesta delle varie Maria Antonietta della storia?
Non si era accorto, che l’esasperazione popolare stesse per esplodere?
Cattive notizie, per “Giuseppi”: un sondaggio di inizio giugno svela che
è Mario Draghi l’italiano che oggi riscuote più fiducia. «Credo che a
volte la storia sia sarcastica, ironica, beffarda», commenta Magaldi.
«Il Conte che convoca gli Stati Generali, richiamando la Francia del
‘700, non sa che quell’assemblea portò direttamente alla rivoluzione
contro chi l’aveva convocata?».
«La storia dell’appello agli Stati Generali non andrà a finire bene nemmeno stavolta», dice Magaldi in web-streaming su YouTube.
Una pessima suggestione storica: «Chi li aveva convocati nel 1789
credeva di poter manipolare il popolo, fingendo di concedere una
consultazione vasta per il bene collettivo: in realtà si volevano
propinare le solite ricette, che non concedevano significative riforme –
economiche, politiche e sociali». La storia si ripete? «A un sempre più
stralunato Giuseppe Conte (e ai suoi consigliori ancor più
stralunati, tanto per le questioni comunicative che per quelle
economiche e legislative), quella storia avrebbe dovuto consigliare di
scegliersi un altro titolo, per questa convocazione», aggiunge Magaldi.
«Ma credo ci sia una sorta
di “cupio dissolvi”: ognuno persegue il proprio destino – e questo vale
anche per Giuseppe Conte e i suoi, che avranno un destino di disfatta.
Dunque, se ci sono gli Stati Generali, andranno a finire come nel caso
della Rivoluzione Francese. E’ davvero uno scivolone clamoroso:
significa quasi attribuirsi in partenza un esito catastrofico, come
quello degli Stati Generali parigini».
Magaldi annuncia un ultimatum che il Movimento Roosevelt presenterà a
Conte entro una decina di giorni: «Faremo una proposta precisa, facile
da attuare in tempi brevissimi, per ognuno degli attuali ministeri: c’è
bisogno di sostenere gli italiani, subito, con azioni chiare e
immediate». Precisa Magaldi: «Noi siamo laici, non “tribali”: non ci
interessa chi fa le cose che servono, l’importante è che le faccia».
Conte? «Deve liberarsi – testualmente – di tutte le pervicaci e rapaci
cazzate che vengono anche dal piano Colao». Privatizzare quel che ancora
ci resta: «Tutte storie già viste, stroncate molto bene da Giulio
Sapelli, ottimo economista italiano che tiene alta la fiaccola
keynesiana: Sapelli ha ricordato che le proposte di Colao assomigliano
alle cose che si insegnano nelle scuole per manager, mal digerite e
certamente poco adatte alla realtà concreta». Se il governo si libererà
«dalle elaborazioni irrisorie che verranno da questi Stati Generali»,
tanto meglio: «Non ci sarà bisogno, il 5 ottobre, di scendere in
piazza». Il problema è anche come affrontarla, la piazza: Magaldi sta
creando la Milizia Rooseveltiana, qualcosa che in Italia non s’è ancora
visto.
«Sarà un teatro nonviolento ma fermo, scomodo e inflessibile nel
denunciare quello che non va e nel proporre soluzioni ragionevoli».
Milizia? Ovvio il riferimento, autoironico, al fascismo delle origini,
specularmente capovolto a partire dallo slogan: “Dubitare, disobbedire,
osare”, anziché “Credere, obbedire e combattere”. «Mobilitare il popolo è
un’operazione complicata, difficile: la maggior parte dei manifestanti
sono irrilevanti, nelle loro dimostrazioni di piazza». Magaldi pensa ai
Gilet Arancioni di Pappalardo: «I media
li sfottono, come se ormai fosse una follia il solo fatto di protestare
civilmente. Ma gli obiettivi che indicano – riforme costituzionali,
uscita dall’Ue e dalla Nato – richiedono decenni, a prescindere da come
li si giudichi». Sul fronte opposto, c’è l’increscioso modello-Sardine:
«Molto rumore per nulla: proposte irrisorie se non pericolose per la democrazia,
come la pretesa della censura sui social per i ministri». Magaldi ha le
idee chiare: «Non è più tempo di analisi, ma neppure di manifestazioni
inutili: si sfila e si intonano cori, ma non si porta a casa niente.
Vedrete: finiranno nel nulla anche le manifestazioni contro Trump».
Da dove deriva, Magaldi, le sue sicurezze? Ovvio, dalle informazioni riservate di cui dispone: il back-office del grande potere, che oggi è spaccato in due. Da una parte il “partito del lockdown” e della polizia sanitaria, dall’altra i partigiani della democrazia.
Gli uni hanno usato il sistema-Cina per forzare la mano e deformare
l’Occidente, mentre i loro avversari hanno investito sul più impensabile
degli alleati – l’orco Donald Trump – per sfrattare dai piani alti i
supermassoni “golpisti”, travestiti da democratici. Esempi? I Clinton:
Bill ha regalato i pieni poteri a Wall Street, stracciando il
Glass-Steagall Act (voluto da Roosevelt mezzo secolo prima) che impediva
alla finanza
speculativa di mettere in pericolo in risparmio privato. Quanto a
Hillary, ha orchestrato le bolle di sapone dei vari Russiagate,
obbedendo al “partito della guerra”. Di mezzo c’è stata la strategia
della tensione planetaria gestita, secondo Magaldi, dalla superloggia
“Hathor Pentalpha” creata dai Bush: roba loro, l’11 Settembre. Bottino:
il saccheggio del Medio Oriente, grazie all’alibi del terrorismo
islamico.
«Osama Bin Laden – ricorda Magaldi – fu reclutato da Zbigniew
Brezisinski in funzione antisovietica ai tempi dell’invasione
dell’Afghanistan. Quello che pochi sanno – aggiunge l’autore di
“Massoni” – è che Bin Laden fu iniziato alla superloggia “Three Eyes”,
la stessa di Brzezinski e Kissinger». Poi i Bush lo dirottarono nella
“Hathor”, «che più tardi affiliò anche Abu-Bakr Al Baghdadi, a cui venne
dato il compito di mettere in piedi l’Isis, le stragi in Iraq e in
Siria, i sanguinosi attentati in Europa». Fu lì, dice sempre Magaldi, che la piramide del potere
occulto iniziò a incrinarsi: allo stesso saggio “Massoni”, forte di
6.000 pagine di documenti riservatissimi, hanno contribuito “grandi
pentiti” del fronte oligarchico. Massonicamente, Magaldi li comprende:
«Se sei consapevole del fatto che è stata la tua organizzazione, a
fondare la modernità a colpi di rivoluzioni, un bel giorno
puoi anche pensare di farne quello che vuoi, del mondo che hai
fabbricato». Grave errore: «Noi progressisti li chiamiamo
contro-iniziati: hanno tradito l’impegno massonico, che è per il bene di
tutti, non di pochi. La loro è una filosofia: si sentono appartenenti a
una sorta di “aristocrazia dello spirito”, si credono gli unici
autorizzati a decidere i destini dell’umanità».
Per questo, Magaldi li definisce neoaristocratici: «Vorrebbero ereditare il potere
assoluto dell’aristocrazia di un tempo, che proprio i massoni
abbatterono – in Francia, peraltro, anche con il contributo di elementi
della stessa aristocrazia, e persino del clero: le logge del ‘700 erano
davvero interclassiste». Discorsi che potrebbero sembrare lunari, non
avessimo di fronte un tizio come “Giuseppi”, che qualcuno continua a
scambiare per un politico dotato di un qualche spessore, e che ora s’è
messo in testa di convocare a settembre gli Stati Generali, come quelli
che nel 1789 scavarono la fossa alla corte di Parigi. Magaldi è
drasticamente esplicito: «C’è un lavoro possente, condotto ai piani
alti: aspettatevi di tutto, nelle prossime settimane». Qualcosa, a dire
il vero, s’è già visto: in tempo di pace, non sarebbero mai circolate
intercettazioni come quelle che imbarazzano Renzi (i servizi italiani
utilizzati per fabbricare prove false contro Trump per il Russiagate) e
che travolgono il capo dell’Anm, Palamara, impegnato a trescare col Pd
per tagliare le gambe a «quella merda di Salvini», in una palude
maleodorante di favori. Ma il bello deve ancora arrivare, assicura
Magaldi: crolleranno pezzi interi di establishment.
La partita italiana ha rilievo mondiale, insiste Magaldi: solo da qui
si può pensare di scardinare l’attuale euro-sistema, che lascia Conte
in mutande e gli italiani in bolletta persino di fronte al Covid. «Il
governo va incalzato con proposte che non potrà rifiutare: soluzioni
ragionevoli, da attuare subito». Giorno per giorno, gli italiani vedono
la reale dimensione del dramma: il Mes è un piccolo imbroglio, il
Recovery Fund resta un miraggio. Serve qualcuno che, finalmente, prenda
il toro per le corna e pretenda quello che ci spetta: miliardi, per
uscire dal coma. E non solo: va sfidato, una volta per tutte, il regime
bugiardo dell’austerity. Nessuna legge economica vita di metter mano a
una super-spesa pubblica, in tempi di crisi. Occorre agire. Se non
ora, quando? «Il 5 ottobre, se Conte non ci avrà ascoltato, scenderà in
campo la Milizia Rooseveltiana», annuncia Magaldi. «Le nostre idee
devono camminare sulle baionette (nonviolente) della nostra capacità
rivoluzionaria, pacifica e gandhiana, che però si esercita in piazza».
«Occorre mobilitare sempre più persone, in modo costante e veemente,
che gridino il loro “basta”. Persone accigliate, severe. Persone che non
hanno più voglia di ridere, perché c’è poco da ridere. Questo è un
momento gravissimo, per le sorti dell’umanità e del popolo italiano».
Non è più tempo di blog, non bastano più i video su YouTube, non servono
le manifestazioni innocue e velleitarie. Non sono più sufficienti le
analisi acute e controcorrente. «Il punto vero è che poi, queste cose,
devono diventare azione (nonviolenta), perché solo nell’azione ci si
unisce, e si diventa popolo sovrano». L’azione vera – scandisce Magaldi –
è quella di chi dice, «di fronte al potere,
al popolo e a quei giornalisti che hanno ancora la schiena diritta»,
quali sono le cose che si potrebbero fare in uno, due o tre mesi. «La
soluzione, oggi, non è nell’infinita analisi e nell’infinito racconto:
arriva un momento, che è quello dell’azione». Per inciso: mezzo mondo
sta osservando l’Italia, che finora ha subito ogni imposizione ma sta
cominciando ad agitarsi. Gli Stati Generali a settembre? Brutta storia:
per Conte e Colao finirà malissimo, profetizza Magaldi. A una
condizione: che a scendere in campo, finalmente, siano gli italiani. Non
bastano, le élite democratiche: serve il popolo, per rivoluzionare la
governance. Per chi non l’avesse ancora capito: la sgangherata Italia è
l’epicentro di questo terremoto mondiale.
(Sul blog del Movimento Roosevelt le dichiarazioni integrali di Magaldi sull’ultimatum a Conte, e sul sito MR la Milizia Rooseveltiana)
fonte: LIBRE IDEE
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