domenica 14 maggio 2017

la misteriosa scomparsa del popolo degli Anasazi


I primi contatti dell'uomo moderno con l'antico popolo degli Anasazi è recente, malgrado sia una storia di prima del motore.
Nel 1832 un commerciante, J. Gregg, fu il primo a raccontare e descrivere le rovine di un luogo misterioso e denso di fascino conosciuto come Chaco Canyon. Gregg parlò dei luoghi da lui visitati con ammirazione, specificando che erano costruiti con fine arenaria.
Nel 1849, un distaccamento dell'esercito statunitense visitò le rovine. Gli antichi insediamenti era lontani dalla vita dell’epoca, distanza che comportò il fatto che le rovine restarono praticamente isolate per quasi mezzo secolo. I primi scavi ufficiali iniziarono nel 1896. Gli esploratori restarono 5 anni, riportando a New York oltre 60.000 artefatti.
Del popolo degli Anasazi non si conosce praticamente nulla.
Secondo gli archeologi questo popolo ebbe il momento di massimo splendore nelle terre del Nord America in un periodo compreso tra i primi secoli dopo la nascita di Cristo e la fine del 1300. Tracce archeologiche di questa cultura si trovano già nel 1500 avanti Cristo in tutta la zona che corrisponde al confine incrociato di Utah, Colorado, Arizona e Nuovo Messico.
Non siamo nemmeno in grado di affermare se potessero conoscere la scrittura, come la intendiamo noi uomini moderni.
Conosciamo il fatto che fossero in grado di incidere la roccia. Nel 2006 un archeologo dilettante scoprì una serie di petroglifi che raffiguravano scene di caccia e di raccolto. I petroglifi sono delle incisioni rupestri ovvero dei segni scavati nella roccia con strumenti appuntiti di vario genere. Per completezza d'informazione devo aggiungere che l'interpretazione di queste figure è da sempre discussa in ambito accademico, dove alcuni ritengono siano legate a rituali religiosi di tipo sciamanico e altri che fossero il passatempo di pastori fermi a guardia delle greggi. Chiaramente la mia posizione privilegia la prima ipotesi poiché in molti luoghi ove sono state riscontrate incisioni rupestri sono regioni o valli, parlando dell'Italia, dove il cristianesimo faticò ad esprimere il suo credo a causa del perdurare di antichi riti agresti.


Il termine Anasazi fu istituito nella terminologia archeologica nel 1927. L'archeologo Linda Cordell riportò che «il termine Anasazi significa “antenati nemici” nella lingua Navajo. La parola Navajo è anaasazi che deriva da anaa, nemico, e sazi, antenata».
Perché si è utilizzato un nome Navajo per identificare questi antichi popoli?
I Navajo sostituirono gli Anasazi nelle terre da loro calpestate nei secoli precedenti. Definirono “antenati nemici” o “antenati diversi da noi” con rispetto ed ammirazione gli antichi popoli che furono in grado d'erigere le costruzioni che loro sfruttarono negli anni successivi all'insediamento.
Vi sono diversi altri nomi per identificare queste popolazioni: i nativi americani Hopi li chiamarono Hisatsinom, che significa “coloro che sono venuti prima”.
Ancora oggi non siamo in grado di specificare come le antiche popolazioni usassero definirsi.
Non sappiamo neppure se decisero di farlo.
Un punto centrale di questa narrazione riguarda i petroglifi.
Le incisioni rupestri rinvenute un decennio addietro cosa rappresentano?
Le immagini sono dense di scene di caccia e di raccolto. Le figure incise sulla pietra rappresentano la vita di una civiltà sviluppata, in grado di costruire edifici che rimasero le più alte costruzioni erette dall'uomo sino all'avvento dei grattacieli.
I petroglifi ricordano che il popolo degli Anasazi aveva una buona conoscenza dell'astronomia. Su una collina di Chaco Canyon, nello stato del New Mexico, tre blocchi di arenaria determinano una fessura attraverso la quale passano i raggi del sole che raggiungono due spirali scavate nella roccia. Questi raggi indicarono al popolo, con esattezza, i solstizi e gli equinozi.


Gli Anasazi erano ossessionati dai fenomeni celesti?
Una delle incisioni rupestri rappresenta una mezzaluna insieme ad un disco munito di raggi. Nelle vicinanze sono visibili una mano e un punto circondato da due cerchi. Alcuni astronomi ritengono che queste incisioni possano rappresentare un fenomeno celeste, l'avvicinamento di Venere alla Luna.
Un aspetto enigmatico di questo antico popolo riguarda l'interesse manifestato per il contatto con le forze della Terra. Questo coinvolgimento è rappresentato dai Kiva, stanze circolari presenti in tutti gli insediamenti Anasazi. Il più grande ha un diametro di 20 metri e una profondità di 5. Sono tutti coperti da tetti in legno e presentano un foro al centro. Secondo gli studiosi l'ipotesi più accreditata è che i Kiva fossero usati per le cerimonie sacre.
Il foro posto al centro di questi cerchi a cosa poteva servire?
Forse ad entrare in contatti con le forze della terra, forse.
L'antico popolo realizzò delle architetture sorprendenti. Gli antichi centri abitati, Chaco Canyon o Mesa Verde, hanno portato notorietà agli Anasazi poiché sono costituiti da complessi di appartamenti simili, costruiti con pietre o mattoni di fango. Destano meraviglia le strutture scolpite ai lati delle pareti dei canyon, alcune delle quali sono raggiungibili esclusivamente calandosi dall'alto o arrampicando dal basso. I centri abitati erano collegati da strade. Attraverso le immagini satellitari, gli archeologi hanno individuato almeno 8 strade principali che corrono per più di 300 km e che sono larghe oltre 10 metri. Le vie di comunicazione sono state scavate e livellate nella roccia, in altri casi fu asportata la vegetazione per permettere la costruzione. Ai lati delle strade sono stati rinvenute delle semplici costruzioni, come terrapieni o piccole pareti.


Le vie di comunicazione mettevano in contatto i vari centri abitativi?
Non sempre. Alcune strade portano a luoghi naturali come sorgenti, laghi, cime delle montagne o pinnacoli. Secondo una parte degli archeologi, queste strade avevano la semplice valenza di mettere in contatto le varie popolazioni sparse nel territorio di appartenenza. Altri studiosi avanzano la teoria che lo scopo principale del sistema stradale sia da ricercare nella religione, poiché forniva il percorso per pellegrinaggi periodici. Dato che alcuni rami stradali sembrano non portare da nessuna parte, gli archeologi hanno avanzato la teoria che possano essere collegati ad osservazioni astronomiche.
Siamo in presenza di un popolo con elevate capacità costruttive, una solida religione ed un sistema stradale sviluppato.
Perché e come questo antico popolo scomparve nel nulla? 
Per una volta la conquista delle terre da parte dell'uomo bianco non ha colpe.
Perché gli Anasazi lasciarono le loro case abitate stabilmente nei secoli compresi tra il XII e il XIII non è chiaro. Fattori esaminati e discussi comprendono il cambiamento climatico globale, o locale, periodi prolungati di siccità, il degrado ambientale, la deforestazione o l'ostilità dei nuovi popoli che si erano stabiliti nelle vicinanze. Interessante la teoria che questo antico ed enigmatico popolo abbia potuto subire l'influenza delle culture mesoamericane.
Secondo coloro che potrebbero essere i moderni discendenti degli antichi popoli, gli odierni nativi americani Hopi, gli Anasazi non scomparvero nel nulla ma emigrarono in zone del sud-ovest dove vi erano precipitazioni più intense e corsi d'acqua perenni. Gli antichi Anasazi si fusero con altre popolazioni, e i discendenti popolano oggi l'Arizona e il New Mexico. Questa teoria fu avanzata agli inizi del XX secolo da diversi antropologi, tra cui Cushing e Kidder.


Per quanto concerne la teoria che i componenti di questo misterioso popolo scomparvero in seguito all'afflusso di popolazioni meno stanziali, Shoshone o Utes che potrebbero aver avuto origine in quella che è oggi la California, si possono analizzare i risultati di scavi compresi tra la fine del XX secolo e gli inizi del XXI. Nel 1997 furono trovati i resti di 24 scheletri umani, che evidenziarono segni di violenza o smembramento, con forti indicazioni di cannibalismo. Il luogo nelle vicinanze di Dolores in Colorado fu abbandonato nello stesso periodo di tempo. Nel 2010 uno studio sostiene che nelle vicinanze di Durango, sempre in Colorado, furono rinvenute prove fisiche che, secondo Potter e Chuipka autori di vari scritti che seguirono gli scavi archeologi, possono essere interpretate come pulizia etnica.
Le tesi legate al cannibalismo e alla pulizia etnica sono oggetto di accesi dibattiti.
Perché un popolo con avanzate conoscenze costruttive e con una solida presenza abitativa dovrebbe ricorrere al cannibalismo?
Le alternative includono il fatto che una comunità possa soffrire la pressione psicologica e fisica della fame, lo smembramento come rituale in risposta ad un conflitto religioso o l'invasione di popoli che praticavano il cannibalismo come atrocità calcolata per la soppressione di un altro popolo.


Le prove del pasto cannibalico?
Il ritrovamento di coproliti, escrementi fossili di buone dimensioni, umani contenenti mioglobina, oltre a femore e altre ossa lunghe umane spaccate per estrarne il midollo.
Il rinvenimento di questi resti potrebbe essere motivato dal fatto che nella fase di decadimento della società degli Anasazi per sopravvivere ricorressero al cannibalismo?
Mangiare il proprio simile per sopravvivere.
Secondo un recente studio, però, questa popolazione, come quella dei Maya, fu sterminata dalla siccità causata dal riscaldamento globale. Infatti, dopo essere migrata verso terre migliori, la siccità dovuta al caldo eccessivo le ha impedito di rifornirsi di acque e di fare lunghi tragitti. Questa scoperta è stata confermata dallo studio dei tronchi d'albero: infatti gli studiosi hanno analizzato gli anelli dei tronchi di quella zona e hanno notato che il periodo piovoso, umido, era quello degli anelli spessi, mentre quelli più fini indicavano un'annata secca; nel periodo dell'estinzione di questa civiltà gli scienziati hanno notato un susseguirsi di molti anelli sottili. L'evoluzione della vegetazione presente durante la civiltà degli Anasazi e il progressivo disboscamento sono stati dimostrati tramite lo studio delle tane dei ratti del deserto.


Il forte impatto della misteriosa scomparsa di questo popolo è ritrovabile anche in un numero speciale del fumetto Tex, uscito nel novembre del 2015 e intitolato "Il segreto degli Anasazi". L'edizione speciale è basata su una missione archeologica guidata dal professor Lovestock che si avventura nelle terre degli Hopi alla ricerca dell’antico popolo scomparso degli Anasazi. Ma il giovane capo Tumak non accetta l’idea che i bianchi calpestino le tombe degli antenati sepolti in quella valle ed è pronto a scatenare un massacro. Tex, chiamato in causa dallo stregone Tasupi, dovrà impedire che nella valle scorra il sangue. Nel frattempo, la spedizione di Lovestock giunge al villaggio fantasma degli Anasazi, e inizia una pericolosa ricerca della “camera sacra”, dove dovrebbe celarsi un favoloso tesoro.

Molte sono le ipotesi, che restano sempre tali. 
Certezze non ne abbiamo se non forse collegandoci a quanto scrisse un giorno Douglas Adams: “esiste una teoria che afferma che, se qualcuno scopre esattamente quale è lo scopo dell'universo e perché è qui, esso scomparirà istantaneamente e sarà sostituito da qualcosa di ancora più bizzarro e inesplicabile. C'è un'altra teoria che dimostra che ciò e già avvenuto”.

Fabio Casalini


Ringrazio Sergio Amendolia per alcune fotografie, le altre sono rintracciabili sui siti di wikipedia. 

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/

Bibliografia

Jared Diamond – Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere – Einaudi, 2005 

Giuseppe Meloni – Sul tema dei villaggi abbandonati. Gli insediamenti Anasazi – Annali Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Sassari – 2009 

Childs Craig – House of Rain: Tracking a Vanished Civilization accross the american southwest – Litte, Brown and Company, 2007 

Giulio Magli – Misteri e scoperte dell'archeoastronomia. Il potere delle stelle, dalla preistoria all'isola di Pasqua – Newton-Compton, 2006 

Linda Cordell – Ancient pueblo peoples – St. Remy Press and Smithsonian Institution, 1994 

Fabio Civitelli e Claudio Nizzi – Tex. Il segreto degli Anasazi – Sergio Bonelli editore, 2015


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