Ci sono cose di fronte alle quali, al di là dei libri di storia e delle critiche d’arte, si può solo tentare di narrare…
Entri e fai il biglietto. Come in tutti i musei.
(Come sempre... serve sempre un biglietto... per qualunque viaggio...)
Lasci borse e borsette e macchine fotografiche. Come in quasi tutti i musei.
Consulti la piantina, e scopri che devi andare al secondo piano. Allora prendi l'ascensore e vai. Un po’ come in tutti i musei.
Ma è un illusione.
Per un po’ continuerai ancora a credere di stare semplicemente visitando un museo.
E invece no.
La storia la sai, o credi di saperla.
Spagna tra le due guerre, dittatura fascista, guerra civile perché gli spagnoli democratici (anche i comunisti, pensa un po’) cercano di resistere. Per reprimere la ribellione nel paesino di Guernica nel nord della Spagna il caro e cattolicissimo "generalissimo" Franco chiede aiuto ai suoi amici nazisti, all'aereonautica del terzo reich, per la precisione. E un aiuto ad un amico non si nega mai.
E allora via. 26 Aprile 1937. Ecco che arrivano fischiando gli stukas, e giù bombe. E Guernica rasa al suolo. Un paesino qualunque, sconosciuto al mondo. Pure col nome un po’ strano. Vattene a ricordare.
Allora ci pensa Picasso, a svegliarsi quella mattina e a decidere che te ne saresti ricordato. Tu e tutto il mondo, per sempre.
E non pensa più ad altro. Si butta giù a disegnare disegnare disegnare. E poi inizia a dipingere su una tela gigantesca. E disegna e dipinge e ci ripensa e cancella.
Finisce tutto in due mesi. Presenta il suo urlo contro la violenza nazifascista davanti a tutto il mondo durante l'esposizione universale a Parigi, nello stesso 1937.
E lascia anche disposizioni ben precise: il quadro deve essere messo al sicuro, prestato a New York. Ma solo prestato. Dovrà tornare in Spagna, ma ci dovrà tornare solo e soltanto dopo che in Spagna sarà tornata la democrazia.
Così accadrà, ma Picasso non la vedrà mai la democrazia nella sua Spagna. Il quadro ci torna nel 1992.
Questa è la Storia, ma è davvero solo la storia.
Ora tu cammini per il corridoio di quello che ancora ti sembra un museo come tanti altri e pensi che conoscere un po’ la storia ti serva ad essere minimamente preparato per ciò che stai per vedere.
E' un'illusione. Non sai ancora nulla, e non ne hai idea.
Poi cominciano i disegni.
Riconosci già alcune cose... il cavallo... lo vedi nascere e contorcersi cercando l'urlo migliore... con i denti, senza i denti, con gli occhi in dentro, poi in fuori.
Poi il toro. Poi una mano che stringe una spada... solo la mano... bellissima, contorta, tutti i disegni sono bellissimi, inquietanti, ma non sono ancora nulla.
Poi d'improvviso te lo trovi davanti. Guernica. Il quadro.
Non ti aspettavi di trovarlo già lì, non ti sentivi ancora preparato, ma in realtà non lo saresti stato mai.
E' enorme.
Tre, quattro metri di altezza, sette, forse otto di lunghezza... sconfinato.
Ma non è solo quello.
Ci sono quadri la cui luce esce dalla tela e invade la stanza e il tuo sguardo e tutto il resto, altri che ti catturano lo sguardo e te lo fanno viaggiare da un angolo all'altro.
Guernica ti inghiotte. Ma non solo lo sguardo. Ti inghiotte fisicamente.
E la prima cosa che capisci, oltre che vederla la capisci, è che quella non è la guerra, è una cosa molto più semplice, anzi molte più cose semplici messe tutte insieme.
E' violenza. Ferocia. Disperazione. Urlate senza pietà da triangoli grigi e neri. Il cavallo è tutti i cavalli del mondo, la mamma col bambino massacrato è tutte le mamme disperate del mondo, l'uomo a terra fatto a pezzi è tutta l'impotenza di tutti gli uomini del mondo di fronte alla violenza.
E l'urlo ti fa male alle orecchie, e ogni tanto devi distogliere lo sguardo perché non ce la fai...
E a forza di restarci dentro, perché ti ha inghiottito davvero, piano piano capisci e vedi altre cose... capisci che sei in un interno... c'è una lampada appesa al soffitto che ancora fa luce, ma sei anche all'esterno... c'è un palazzo che crolla, o forse brucia, e capisci allora che molto più semplicemente il mondo si è frantumato, le pareti sono andate in pezzi, e ciò che fino ad un attimo prima era ancora domestico, privato, personale, ora è improvvisamente scaraventato all'esterno, è in strada, è davanti agli occhi di tutti, è squarciato in un attimo, e in quell'attimo lo è per sempre.
Ti giri... guardi altri quadri, altri disegni preparatori, le foto della realizzazione... fai un giro e poi c'è una forza centripeta che ti riporta lì, e ti inchioda di nuovo lì davanti.
E ti ributti dentro, ti tira di nuovo dentro, anche se non lo volessi... fino a farti male. Hai il petto oppresso, il respiro più pesante. Non è una visione, non ti cattura solo la vista. Non è un museo, è un luogo storico, geografico e al tempo stesso mentale, immaginario.
Cerchi di riallontanarti ma non ce la fai... guardi altri quadri, cose importanti... Dalì, Mirò.... niente da fare... ti sembrano disegni di bambini... ritorni indietro e ti fissi di nuovo davanti a quel rettangolo enorme che sfonda la parete e ti proietta nell'incubo. Non vuoi e non puoi svegliarti, non ci si sveglia da una cosa così.
Capisci anche che l'arte è prima e dopo Guernica, e forse anche la storia è prima e dopo Guernica, il mondo è prima e dopo Guernica.
Bisognerebbe portarci chiunque. Le scuole dovrebbero organizzare gite soltanto per andare a Madrid e piazzarsi lì, in quella stanza. Verrebbero fuori generazioni migliori, sono sicuro che verrebbero fuori generazioni migliori.
Continui a visitare il museo praticamente solo per disintossicarti... per riuscire ad uscire poi fuori, al sole, senza sentirti male, senza sentirti in un mondo dove c'è qualcosa di sbagliato. Perché c'è qualcosa di sbagliato, da dimenticare almeno un po’ per poterci restare davvero.
Infine esci al sole. Madrid in pieno Agosto.
Ma non basta a svuotarti la mente e neanche lo sguardo.
C'è un cavallo che urla, c'è un ronzio nelle orecchie, c'è un muro che si apre come la bocca di uno squalo e inghiotte un uomo che alza le braccia disperate al cielo, c'è un lampadario che cerca di far luce e taglia solo il nero, c'è una mamma con un bambino a pezzi fra le braccia che piange con tutte le lacrime possibili, ci sono pezzi di uomini, pezzi di case, pezzi di vita che esplodono insieme al sole...
Non è solo l'arte o la storia o il mondo, sei anche tu... anche il tuo sguardo e il tuo modo di vedere le cose. Anche tu da ora in poi hai un prima e un dopo Guernica... e in mezzo un istante infinito.
Alessandro Borgogno
fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/
fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/
ALESSANDRO BORGOGNO
Vivo e lavoro a Roma, dove sono nato il 5 dicembre del 1965. Il mio percorso formativo è alquanto tortuoso: ho frequentato il liceo artistico e poi la facoltà di scienze biologiche, ho conseguito poi attestati professionali come programmatore e come fotoreporter. Lavoro in un’azienda di informatica e consulenza come Project Manager. Dal padre veneto ho ereditato la riservatezza e la sincerità delle genti dolomitiche e dalla madre lo spirito partigiano della resistenza e la cultura millenaria e il cosmopolitismo della città eterna. Ho molte passioni: l’arte, la natura, i viaggi, la storia, la musica, il cinema, la fotografia, la scrittura. Ho pubblicato molti racconti e alcuni libri, fra i quali “Il Genio e L’Architetto” (dedicato a Bernini e Borromini) e “Mi fai Specie” (dialoghi evoluzionistici su quanto gli uomini avrebbero da imparare dagli animali) con L’Erudita Editrice e Manifesto Libri. Collaboro con diversi blog di viaggi, fotografia e argomenti vari. Le mie foto hanno vinto più di un concorso e sono state pubblicate su testate e network nazionali ed anche esposte al MACRO di Roma. Anche alcuni miei cortometraggi sono stati selezionati e proiettati in festival cinematografici e concorsi. Cerco spesso di mettere tutte queste cose insieme, e magari qualche volta esagero.
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