venerdì 26 ottobre 2018

terrore barbaro, i Macrocephali


I barbari posero nei confini dell’impero romano una minaccia costante di invasione.
Essi terrorizzavano l’impero per i continui flussi di popoli che migravano verso l’impero per sfuggire a fame e miseria e alle continue migrazioni e agitazioni di altri popoli barbari.
Ma spesso anche per sottrarre a Roma terra e ricchezza, con atti di saccheggi e attacchi violenti.


Quando le legioni romane venivano a contatto durante le battaglie con questi popoli, spesso tra i soldati vagava un senso di terrore e sgomento dinanzi a questi uomini, che presentavano una stazza fisica imponente ed una forza bestiale.
Per Roma ed il suo pensiero, questi popoli non erano ritenuti civilizzati. Essi erano lontani dai principi romani, e le loro usanze, spesso erano perfino inimmaginabili al mondo latino ed in precedenza la mondo greco.


Il medico Greco Ippocrate (V-IV sec. a.C) descriveva una popolazione dell’Asia minore con queste parole i Macrocephali: "Non c’è altra razza di uomini che li rassomigli. Pensano che la nobiltà sia proporzionata alla lunghezza del cranio. Allora praticano questa usanza: subito dopo la nascita, mentre le ossa del cranio sono ancora tenere, le modellano con le mani e le costringono ad assumere una forma oblunga applicando bendaggi e altri sistemi di costrizione. In questo modo, la forma sferica della calotta viene distrutta e la testa cresce in lunghezza".



Questa usanza antichissima, si affaccia nell’uomo e nel mondo in molte popolazioni e regioni distanti tra loro; in Asia e in Europa, era legata al potere sociale ed una appartenenza all’élite della società, nell’America precolombiana ed in Africa era simbolo di magia e appartenenza alla sfera religiosa e spirituale.
Per dare forma al cranio dei neonati, si applicavano bendaggi sopra delle tavolette di legno, o con la pressioni delle mani, che con forte pressione davano la forma desiderata al cranio ancor molle, provocando nell’individuo un mutamento completo anche nei tratti del volto.



Questi uomini provocavano sgomento dinanzi al mondo classico,  quasi un senso di terrore, come  se essi non fossero umani, questa tecnica, oltre a modificare i tratti somatici, elevava anche in altezza  di parecchi centimetri questi uomini, spesso già imponenti.
Quando la popolazione degli Unni, si stanziò creando un loro regno nell’Europa centrorientale, portò la diffusione di questo rito nei paesi sottomessi che l’addottorano per assomigliare ai loro dominatori.
Successivamente con i Longobardi, che occuparono i territori dell’ex Impero Romano, questa usanza arrivò in Italia, in Piemonte sono stati trovati i resti di questi crani deformati nel cimitero goto-longobardo di Collegno (Torino) ed a Frascaro (Alessandria) in una necropoli ostrogota.



L’integrazione dei barbari nei corso dei secoli con il mondo appartenente all’ex Impero Romano, portò l’estinzione di questa tecnica, che sopravvisse incredibilmente fino al XIX secolo nella Francia sudoccidentale.
Il fascino di questo strano rito, risiede nel fatto che fu utilizzato da popolazioni, che non si videro mai e che non ebbero mai contatti tra loro, nei secoli e nelle enormi distanze di terra e di mare, di lingue e di scritture, di Dei e di arte e di cultura che per sempre gli separavano.
Come se tutti infondo vengano dallo stesso luogo.

Simone De Bernardin

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/


Simone De Bernardin nasce a Verbania sul Lago Maggiore il due settembre 1989. Fin dalla tenera età, dimostra di essere un bambino molto introspettivo, riflessivo e creativo, passa le sue giornate a inventare, osservare, riflettere e a domandarsi i perché dell’esistenza e tutto ciò che riguarda la vita e la natura. Verso la fine delle scuole elementari, comincia a scrivere appunti, riflessioni e poesie su ciò che gli accade e su ciò che lo circonda raccogliendole tutte in un grosso raccoglitore dove continua tutt’oggi a scrivere. Il primo anno di scuola media riceve la sua prima macchina fotografica con la quale comincia a scattare e a sperimentare la fotografia e da subito s’innamora del bianco e nero per la sua capacità espressiva di cogliere l’essenza delle cose.Studia fotografia e comincia a realizzare immagini e poesie che toccano temi tipici del Romanticismo di cui egli si sente attratto e che ne condivide i principi quali, il tema dell’infinito, il sentimento, il mistero, l’inconscio, la natura e il rapporto tra vita e morte. Nel 2012, realizza la sua prima mostra fotografica, presso il Comune di Verbania, e successivamente partecipa al concorso Il Segno dove viene segnalato come giovane artista, esponendo le sue opere a Venezia presso Palazzo Zenobio e successivamente a Milano presso la Galleria Zamenhof. Nel 2013 raccoglie un'insieme di sue poesie in un libriccino dal titolo Animam Meam. Nel 2014 termina il suo primo romanzo Lettere.

martedì 23 ottobre 2018

Mazzucco: sul web la battaglia contro la Tv delle menzogne

E’ saltato Skype, dice Massimo Gramellini (Rai Tre) mentre la regia sfuma vistosamente, cioè lentamente, l’audio del filosofo-antagonista Diego Fusaro, impegnato nella consueta contestazione universale del sistema, di cui lo stesso Gramellini – scuola Fabio Fazio – è un esemplare altamente rappresentativo. Si infuria, Massimo Mazzucco, in web-streaming su YouTube: com’è possibile che nel 2018 sia consentito raccontare favole così inaudite, per giunta essendo profumatamente pagati dalla televisione di Stato, cioè dai contribuenti? Non si vergogna, l’esimio Gramellini, a trattare i suoi telespettatori come autentici deficienti? Delle due l’una, insiste Mazzucco: Fusaro sarà scomodo, ma se lo inviti poi lo lasci parlare. E se invece lo “tagli”, almeno – per decenza – non ti metti a raccontare che è caduto il collegamento, mentre tutti vedono benissimo che non è crollata nessuna connessione (semplicemente, la regia ha progressivamente silenziato l’ospite). La vera novità? I narratori ufficiali, televisivi, stanno perdendo terreno. L’ha ammesso anche Mentana: la vera sfida, ormai, si combatte sul web. In dieci anni, la visibilità del sito di Mazzucco, “Luogo Comune”, è decuplicata. «Avanti così, e la popolazione disposta a informarsi continuerà a crescere a vista d’occhio».
Lo sa bene il commissario europeo Günther Oettinger, che ha premuto su Strasburgo per far approvare il recentissimo bavaglio al web, in vista delle prossime europee: motori di ricerca e social media eviteranno di far circolare contenutiMassimo Gramellini“scomodi”. Lo stesso Mentana, in una conferenza del ciclo “Ted”, sostiene che la battaglia per la verità ormai si svolge in Rete: un buon giornalista, dice il direttore del Tg de La7, deve saper “scendere” (testualmente) nel web, per contrastare tutte quelle voci liberamente diffuse. Se n’è accorto Mentana, a cui sta franando il terreno (televisivo) sotto i piedi: «State tranquilli che se ne sono accorti in tanti», ribadisce Mazzucco, in diretta online con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «E’ come se Mentana dicesse: se non reagiamo sul web, fra un po’ noi informazione mainstream non contiamo più niente». Oggi, sottolinea il video-reporter, non si fanno più le manifestazioni di piazza. «Tutto avviene su Internet, dove si condividono le informazioni. E quando Mentana (simbolo del giornalismo venduto) dice una scemenza sull’11 Settembre, gli si riversano addosso 150.000 persone che lo coprono di insulti: questo è “scendere in strada”, oggi. La strada, oggi, è la Rete».
Poi, certo, esistono “finestre” televisive come quelle di Gramellini, dove – rarissimamente – la narrazione ufficiale può cedere il posto, per un attimo, a un outsisder come Fusaro, costretto però in condizioni di inferiorità. «Si chiama “gioco del tre contro uno”: la voce dissonante è sempre solo una, e ha contro i tre che stanno in studio». In qualsiasi momento è possibile “silenziare” l’antagonista, ospitato solo per far credere che la trasmissione sia aperta, democratica e trasparente. Nel caso del bavaglio maldestramente imposto a Fusaro, il primo ad apparire sorpreso era proprio Mentana, presente in studio. «E certo: Mentana sa benissimo come si fa a sfumare un filmato», dice Mazzucco. «A me dà fastidio solo una cosa: a questa gente paghiamo noi lo stipendio, e pure caro. Parlo di Gramellini, Alberto Angela e tutti gli altri: non è possibile che questa gente possa andare lì e fare quello che vuole, senza mai avere un contraltare, un dibattito vero». Vale per tutto: scienza, medicina, vaccini. Politica, bilancio, deficit e spread. «I media mainstream liquidano qualsiasi problema. Scie chimiche? Roba da Fusaro tagliato da Gramellinicomplottisti, dicono. Come se il cielo, da qualche anno, non fosse letteralmente invaso da scie persistenti, rilasciate dagli aerei: un fenomeno al quale ci si ostina a non dare nessun tipo di risposta credibile».
Già assistente di Oliviero Toscani e poi sceneggiatore a Hollywood, Mazzucco – autore e regista – ha all’attivo film e documentari importanti, su materie “difficili”: dal successo delle cure alternative per il cancro all’ultimo lavoro, “American Moon”, nel quale i maggiori fotografi internazionali dimostrano che le immagini dello “sbarco sulla Luna” trasmesse in mondovisione nel 1969 sono un clamoroso falso, costruito in studio. Mazzucco ha legato il suo nome soprattutto all’11 Settembre, con i documentari “Inganno globale” e “La nuova Pearl Harbor”, che smontano la versione ufficiale sugli attentati alle Torri Gemelle. Oggi, di fronte all’ordinaria impudenza di un post-giornalista come Gramellini che silenzia Fusaro raccontando al pubblico che “è caduto Skype”, Mazzucco rievoca la data d’inizio dell’era della disinformazione planetaria: proprio dopo l’11 Settembre furono Mazzuccoinviate “lettere all’antrace” a giornalisti americani e senatori, all’epoca intenzionati ad aprire un’inchiesta autonoma.
Quelle lettere, dice, avevano tutta l’aria di essere «una minaccia, destinata a chiunque avesse anche solo un’idea lontana di mettere in discussione la versione ufficiale». Tant’è vero che «poi s’è scoperto che la famosa antrace, anziché dal perfido Saddam Hussein, proveniva da un laboratorio militare americano». Da allora in poi, il mondo ha assistito a un drammatico, progressivo black-out dell’informazione. Secondo un veterano come Seymour Hersh, Premio Pulitzer, avremmo assistito a meno stragi, nel mondo, se i reporter non avessero smesso di fare il loro mestiere. Oggi, la verità su quanto avviene attorno a noi la si trova quasi solo sul web. «Bisogna continuare a usare la Rete per informare l’opinione pubblica, nel modo più organizzato possibile», sostiene Mazzucco. «I tempi sono quelli che sono, e le “forze della reazione” le conosciamo». Sono potenti. «Ma se ognuno di noi fa tutto il possibile per diffondere tutte le informazioni scomode di cui è convinto – dice Mazzucco – poi alla fine il numero di persone informate aumenterà, per forza». Sta già succedendo. Certo, bisogna mettere in conto «la diffidenza di amici e familiari, dei colleghi di lavoro che ti danno del complottista». L’importante è «essere ben preparati sugli argomenti, e proporli in modo chiaro». Chiosa Mazzucco: «Se uno (scusate il termine) rompe i coglioni a tutti, continuamente, su certi temi, poi le persone che si “svegliano” continueranno a crescere di numero».

fonte: http://www.libreidee.org/

domenica 14 ottobre 2018

l’inganno della Croce: storia di una religione “inventata”

Si legge questo libro (“L’inganno della Croce”, di Laura Fezia) e ci si chiede: come non concordare? O, quanto meno, come non cominciare a dubitare seriamente? I contenuti sono accurati, frutto di una ricerca che rispetta le regole di quella scienza che si definisce storiografia: tecnica di composizione di opere storiche, fondata sull’interpretazione critica e sulla rielaborazione scientifico-letteraria dei fatti. Questo libro affronta e narra una serie di vicende che della storia hanno fatto scempio; una successione di atti, decisioni, affermazioni, imposizioni che nulla hanno avuto – e hanno – a che vedere con il desiderio di verità così pomposamente proclamato. L’autrice inizia a ripercorrere qui – e promette di proseguire – la nascita e l’affermazione di una istituzione che si perpetua con lo scopo precipuo di nutrire se stessa, il suo potere, la sua ricchezza, fondandoli in modo pretestuoso su basi che di storico hanno poco o nulla. La falsità creata e posta come base per la creazione di quello che appare come il più duraturo ed efficace sistema di potere mai elaborato e imposto: santaromanachiesa, come la definisce Laura Fezia.
Bene fa l’autrice a ricordare che il cardinale Paul Marcinkus, braccio destro di Giovanni Paolo II, per rispondere a una domanda sulla sua disinvolta gestione, affermò candidamente: «La Chiesa non si può mandare avanti con le Avemarie!». Mauro BiglinoEvviva la sincerità! Ma noi ci chiediamo: la Chiesa non dovrebbe essere la prima ad affidarsi in via esclusiva alla Provvidenza. A quella stessa provvidenza che viene spesso ricordata ai poveri e ai sofferenti per far sì che vivano nella speranza di un paradiso in cui trascorreranno la loro eternità con quel dio che la Chiesa stessa ha inventato? Perché i poveri e i sofferenti devono supplire con le Avemarie mentre la Chiesa provvede molto più opportunamente ed efficacemente a sostentare se stessa con la ricchezza? L’autrice evidenzia chiaramente che qualcosa non torna: «Questa non è che una delle contraddizioni talmente evidenti che dovrebbero saltare all’occhio di chiunque, ma i cattolici praticanti e convinti, indottrinati da un’abile, martellante propaganda subliminale, oggi come un tempo preferiscono fingere di non vedere e non sapere, ostinandosi a identificare fede e Chiesa».
Il dominio sulle coscienze nasce da invenzioni che in una sorta di fabula vengono congegnate e concatenate le une alle altre, appunto come anelli di una catena che imprigiona inesorabilmente chi non vuole, o spesso non può, pensare e agire in conformità a quella autonomia che la nostra struttura intellettuale (presunto dono del presunto dio) consente o consentirebbe, qualora la si volesse esercitare. Le falsità sono tante e Laura Fezia le riporta, evidenzia e sottolinea, con quella determinazione ed efficace capacità di penetrazione analitica che le riconosciamo da sempre. Ci ricorda ad esempio che «di certo, gli evangelisti che ci presenta l’agiografia non sono mai esistiti. L’esigenza di attribuire gli scritti del Nuovo Testamento ad autori Laura Feziaprecisi, nacque dopo la metà del II secolo, per conferire loro maggiore attendibilità: si andarono allora a pescare dei nomi tra quelli presenti nelle lettere di Paolo e nei Vangeli, si fabbricarono dei falsi, affermando, per esempio, che il Matteo e il Giovanni che erano stati testimoni oculari della vita e della morte di Gesù ne avevano poi compilato personalmente la storia».
Tra le tante altre “bufale” – un temine che l’autrice usa nella sua sincera ed efficacissima schiettezza – contenute nei vangeli e che l’autrice esamina con grande capacità di indagine, c’è la prima, fondamento di tutte: «La Fabula Christi che fu inventata scientemente, da quella parte del popolo ebraico che, staccandosi dall’ossessione messianica, ormai chiaramente fallimentare fin dai tempi di Yahweh e Mosè, decise di cambiare registro e sperimentare un altro sistema per liberarsi dalla schiavitù». Una situazione che nasce da lontano, dalla straordinaria “invenzione” del concetto di peccato originale che consentì alla Chiesa di «governare indisturbata le coscienze delle sue pecorelle, sempre più prigioniere di un recinto eretto in maniera tanto astuta da renderle grate al pastore e inconsapevoli della loro schiavitù». Una disamina storica attenta, precisa, documentata ed efficace proprio perché non cede alla facile tentazione del sensazionalismo ma intende portare all’attenzione del lettore una situazione di fatto, evidente e per ciò stesso straordinariamente liberatoria. Questo libro infatti L'inganno della Crocenon è esclusivamente destrutturante, non ha lo scopo precipuo di abbattere, se non nella misura in cui questo è necessario, nella certezza che il nuovo può nascere solo dove le catene del vecchio vengono annullate.
Dichiara esplicitamente Laura Fezia: «Lo scopo del mio lavoro non è quello di distruggere la fede, che rispetto almeno fino a quando non pretende di condizionare le mie libere scelte, ma di spezzare il perverso binomio che la lega indissolubilmente a un’istituzione che ne ha fatto una velenosa pozione con la quale intorpidire le coscienze». Chi rimane legato all’idea di un dio che è stato palesemente inventato si preclude la possibilità di accedere alla ipotetica e agognata conoscenza del “vero”. Con questa convinzione, con questo fine assolutamente positivo e liberatorio va letto – direi anche studiato e poi in seguito magari periodicamente consultato – questo libro, che è scritto per chi vuole avere elementi per riflettere in modo autonomo, nella convinzione che, in assenza e nella difficoltà di conseguire la verità assoluta, la riconquista della verità storica rende liberi almeno dalle palesi falsità su cui si basa la stessa struttura socio-culturale in cui vive l’Occidente.
(Mauro Biglino, “L’inganno della Croce”, dal blog di Biglino del 24 settembre 2018. Il libro: Laura Fezia, “L’inganno della Croce. Come la Chiesa cattolica ha inventato se stessa attraverso menzogne, artifizi e falsi documenti”, UnoEditori – Libri Eretici, 262 pagine, euro 14,90).

fonte: http://www.libreidee.org/

giovedì 11 ottobre 2018

il prezzo dei pixel

rivedo di sfuggita Crozza.
lui mi è francamente simpatico, su chiunque egli ironizzi, ma non sono una fan fissa, lo vedo quando capita.
è capitato.
e parlava di una coppia mediatica, una coppia che  esiste solo perché esistono i social.
la sua ironia era garbata, e lui ci sa fare. io su questa questione ho avuto modo di discutere animatamente, incompresa.
certo, sapessi fare come Crozza, verrei compresa di più, ma non son buona.
la questione riguardava quel povero infante, come nato già messo in vendita, brandizzato.
commercializzazione dell'infanzia, una cosa veramente turpe, raccapricciante.
ma pare di no, per qualcuno no.
ci scandalizziamo per i ragazzini in età scolare mano d'opera nei paesi sottosviluppati, non dovremmo urlare di fronte ai neonati messi in vendita, con tanto di marchio Gucci, sul web?
sono due cose diverse?
la prima non è peggiore della seconda, anzi.
quella povera creatura è già oggetto di scambio, gucci in cambio di soldi, foto e post in cambio di soldi. e c'è anche qualcuna che ha messo la propria, figlia, con tanto di racchetta Wilson in bella mostra, come diceva Crozza, da pagarci la retta dell'asilo per i millenni a venire.
perchè no? che male c'è?
bravi, beati loro, che culo.
ma quello è un bambino neonato, è senza diritto di parola?
o dovrebbe essere preoccupazione di un genitore che che l'abbia, tramite loro?
i simpatici genitori, due venditori d'aria coperti di milioni di euro, una ha  trovato il modo di fare soldi esponendosi, mi metto in mostra e mi pagano, un genio del male compatibile solo con questa epoca di merda che ci tocca vivere altrimenti impensabile in un mondo che paga il valore non il mercato, l'altro pure, ma finge di cantare rap, canta delle cose indegne, una musica orrenda, francamente brutta, un listino di roba in vendita, un elenco di oggetti di consumo, pensano di passare alla storia: la prima lo ha proprio dichiarato in un'intervista. tenera creatura, pensa che i milioni di pixel del web faranno mai la storia di qualcosa o di qualcuno. 
nulla può condannare all'oblio più di un pixel.
quel che fanno è da irresponsabili, quante volte, a vari convegni, ho sentito della questione legale del diritto alla privacy di minori esposti sul web, diritti violati, diritti calpestati, tutti convinti che non c'è alcun male a mettere i propri figli in piazza, sotto lo sguardo di tutti, sotto quella lente virtuale che globalizza tutto, immiserisce tutto, disidentifica tutto.
i due meschini genitori, ho letto, non battezzeranno il figlio perché, insomma, non possiamo violare la sua libertà. non fosse interessato a dio?
i genitori sono una razza straordinaria, e direi estinta. questa razza attualmente sulla terra si preoccupa di non imporre dio ma non della vendita commerciale della carne del figlio con marchio pubblicitario (ma anche non ci fosse il marchio, di esposizione pubblica si tratta, e di introiti si tratta, ormai la coppia è un brand, il figlio partecipa degli utili in qualsiasi foto pubblica compaia), oggetto di compravendita, oggetto svalutato, squalificato, massificato, senza avergli chiesto il permesso, per ovvie ragioni.
dio no, il web si. 
tempi moderni.
questo atto commerciale, questa vita spesa e spendersi sui social, a vendere ogni minuto della propria vita non è gratis. ha un costo. altissimo.
credetemi, e i segnali sono già arrivati, a milioni, quanta gente è finita nelle maglie dell'orrore per essersi venduto, a vario modo, in rete. chiunque passi da questa mercificazione è destinato all'angoscia dell'alienazione. se gli adulti lo fanno, responsabili, risponderanno di persona della loro scelleratezza, se lo fanno con i figli però è colpa grave. 
si colpa, responsabilità non basta.

fonte: http://nuovateoria.blogspot.com/

lunedì 8 ottobre 2018

il Regno di Akakor

Nel cuore delle foreste amazzoniche giacciono incredibili città sotterranee. L’inchiesta di Brugger, pagata con la morte, svela antichissime tradizioni degli indios, ultimi eredi di esseri stellari.

L’avventura di Karl Brugger, giornalista tedesco, ha inizio in un bar di Manaus, in Brasile, il 3 marzo 1972.

(A sinistra: Mappe disegnate nel 1970, si suppone che mostra le due parti di Akakor, a sinistra fuori terra, sulla destra, sotto terra.)

La lunga permanenza nelle foreste amazzoniche e la profonda conoscenza delle tradizioni indios, gli permettono di entrare in contatto con Tatunca Nara, ultimo capo della misteriosa "tribù degli alleati eletti", gli Ugha Mongulala.

Il racconto che segue, conservato nei libri sacri de La Cronaca di Akakor, noti come Il Libro del Giaguaro, Il Libro dell'Aquila, Il Libro della Formica e Il Libro del Serpente d'acqua, segnò per sempre la sua vita.

Nel 13.000 a.C. brillanti navi dorate scesero nelle giungle lussureggianti del Sudamerica guidate da maestosi stranieri con la carnagione bianca, il volto contornato dalla barba, folta chioma nera con riflessi blu, sei dita alle mani e ai piedi.




Dissero di provenire da Schwerta, una costellazione lontanissima con innumerevoli pianeti, che incrocia la Terra ogni 6.000 anni. Sconosciuta la tecnologia in loro possesso: pietre magiche per guardare ovunque nel mondo, arnesi che scagliano fulmini e incidono le rocce, la capacità di aprire il corpo dei malati senza toccarlo.

Con infinito amore donarono agli indios il lume della civiltà e gettarono le basi di un impero vastissimo che comprendeva Akakor, l’imprendibile fortezza di pietra nella vallata sui monti al confine tra Perù e Brasile, Akanis in Messico e Akahim in Venezuela, le grandiose città di Humbaya e Patite in Bolivia, Cadira, Emin sul Grande Fiume e maestosi luoghi sacri: Salazare, Tiahuanaco e Manoa sull’altopiano a sud.

Sotto Akakor, una rete vastissima di tredici città sotterranee, nascoste alla vista degli intrusi, come arterie invisibili percorrono le millenarie foreste brasiliane.
La loro pianta riproduce fedelmente Schwerta, la dimora cosmica degli Antichi Padri. Una luce innaturale le illumina all'interno, mentre un ingegnoso complesso di canalizzazioni porta aria e acqua sin nelle sue profondità.

Il potente dominio, che contava sotto di sè trecentosessantadue milioni di individui, durò tremila anni quando nell'Ora Zero, il 10.481 a.C., gli Antichi Padri ripresero la via del cielo con la promessa di ritornare.

L'INIZIO DI UN CICLO

La Terra parve piangere la loro scomparsa e tredici anni dopo un'immane catastrofe si abbattè sul pianeta e sconvolse il suo aspetto, seminando ovunque morte e desolazione. Gli uomini persero la fede negli dèi, degenerando e commettendo azioni crudeli nei millenni a venire.

Seguì un seconda catastrofe. Una stella gigantesca dalla coda rossa impattò la Terra, provocando un immane diluvio.
Secondo le parole dei sacerdoti: "Quando la disperazione avesse raggiunto il culmine, i Primi Maestri sarebbero tornati". E nel 3.166 a.C. ricomparvero le navi d'oro. Lhasa, il "Sublime", regnò ad Akakor e suo fratello Samon volò sul Nilo per fondare un secondo impero che regolarmente approdava in terra sudamericana a bordo di immense navi.
Reperti di varia natura scoperti dagli archeologi confermano la presenza egiziana in Sudamerica, come la "Roccia delle Scritture" che l'antropologo George Hunt Williamson rinvenne sulle Ande nel 1957, istoriata da geroglifici simili a quelli egizi, venerata dai nativi e collegata alla discesa di antenati spaziali che dimoravano nel Gran Paititi.

Il principe di Akakor governò con saggezza riorganizzando l'impero distrutto ed eresse nuove città come Manu, Samoa, Kin, in Bolivia e Machu Picchu in Perù.
Trecento anni rimase sulla Terra finchè un giorno si diresse sulla montagna della Luna, sopra le Ande e disparve nel cielo in un fuoco. Partenza che riecheggia moltissimo quella di Quetzalcoatl, la divinità messicana.

UN POPOLO PREZIOSO

Millenni di guerre contro le tribù nemiche videro Akakor cadere e risorgere più volte, stringendo anche alleanze con stirpi straniere giunte da lontano. Le tradizioni degli Ugha Mongulala parlavano di popolazioni bianche come i Goti che visitarono le loro terre.
Ancora una volta questo si rivela una conferma notevole alle antiche cronache medievali nelle quali navi vichinghe partite all'esplorazione di mondi lontani, dopo un naufragio, approdarono sulle coste del Sudamerica.
Nella sierra di Yvytyruzu, in Paraguay, l'archeologo Jacques de Mahieu ha scoperto un masso pieno di caratteri runici, disegni dei drakkar, le navi nordiche, e di un uomo barbuto con armatura. Le attuali popolazioni di quei territori possiedono la pelle bianca, un torace sviluppato e la barba.

Ma un evento ancor più strano, preconizzato nelle antiche scritture degli Antenati Divini, è l'arrivo ad Akakor di 2.000 soldati tedeschi che aiutarono gli indios ad armarsi contro i barbari bianchi, senza successo, poiché la Germania perse la Seconda Guerra Mondiale. I nativi ricordano lo stemma cucito sulla giacche delle truppe, identico ai covoni di grano in foggia di svastica, che rotolavano dalle colline durante cerimonie sacre nel solstizio d’estate.

Il Fuhrer era ossessionato a tal punto dalle tradizioni esoteriche da abbracciare le idee della società segreta Thule – nome di un vasto territorio che andava dal Mar del Gobi al Polo Nord (vedi Il mistero degli Etruschi, nella sezione Popoli Italici), abitato dalla civiltà degli Iperborei e conferirle il carattere di un gruppo operativo incaricato di custodire le conoscenze perdute.
L'esistenza di una razza antichissima che viveva in cavità sotterranee stimolò la sua curiosità, spingendolo a inviare numerose spedizioni in tutto il globo per accertare la veridicità dei suoi studi occulti.

Il contingente tedesco partito da Marsiglia verso l'Inghilterra a bordo di un sottomarino era ignaro della vera destinazione e dello scopo della missione: prendere contatto con la "tribù degli alleati eletti".
Un resoconto di viaggio del navigatore greco Pitea di Massalia, nel IV sec a.C., il De Oceano, narra la partenza da Massalia, l'antica Marsiglia, per giungere alla mitica Thule ubicata nei ghiacci remoti nel lontano Nord. Molto probabilmente la città francese custodisce segreti esoterici noti ai nazisti da lungo tempo.

La permanenza dei soldati nella città fece nascere una profonda amicizia con gli indios, che portò all'unione tra i due popoli, i quali ancora oggi vivono in numero di trentamila ad Akakor inferiore, come pure sono abitate le città di Boda e Kish sotto di essa e la poderosa Akahim.


LA DIMORA DEGLI DEI

Il Tempio del Sole di Akakor, vigilato da guardie armate, custodisce mappe segrete vergate dagli Antichi Padri che mostrano il cosmo di millenni prima, con altre lune, un'Isola perduta ad Ovest e una terra nell'Oceano, inghiottite dai flutti nel corso di un'epica battaglia stellare tra due progenie di dèi, le cui conseguenze investirono persino i pianeti Marte e Venere.
I documenti raccontano inoltre che i Signori del Cielo portarono l'uomo da un pianeta all'altro fino a giungere sulla Terra.

Il teorico nazista Hoerbiger aveva postulato l'esistenza di varie lune nelle ère perdute della Terra; le mappe si ricollegano, inoltre, alla carta astronomica del 4.000 a.C. appartenuta al compianto ricercatore britannico David Davenport sulle rotte dei vimana verso il nostro pianeta, provenienti da sistemi stellari lontanissimi.

Fedeli ai desideri dei Primi Maestri, i sacerdoti raccolsero tutto il sapere e la storia della tribù eletta in libri custoditi in una sala scolpita nella roccia all’interno delle dimore sotterranee.
Nello stesso luogo gli enigmatici disegni dei Padri Divini sono incisi in verde e azzurro su di un materiale sconosciuto. Disegni che né l’acqua né il fuoco riescono a distruggere.

Nei sotterranei giacciono anche armi simili a quelle dei tedeschi appartenute agli Dèi, l'astronave di Lhasa, un cilindro di metallo ignoto che volava senz'ali, e un veicolo anfibio che attraversava le montagne.
Tatunca Nara in persona vide una sala rischiarata da una luminosità azzurrina che mostrava in animazione sospesa quattro persone, tra cui una donna, con sei dita alle mani e ai piedi, entro contenitori di cristallo pieni di liquido.

AKAKOR RISORGE

Molti si chiedono se la misteriosa città sotterranea non sia solamente frutto di un racconto fantasioso.

Il ricercatore Antonio Filangeri ha verificato le credenziali di Karl Brugger direttamente dal fratello Benno nel corso di un suo viaggio a Monaco negli anni '50, ottenendo nuove informazioni.
Benno rivelò che dopo la morte di Karl, colpito in circostanze misteriose da una pallottola nel 1984, il Consolato Tedesco aveva perquisito l'appartamento di Karl a Rio de Janeiro, confiscando tutta la documentazione relativa alla spedizione di Akakor. In seguito, le casse con gli incartamenti furono oggetto di diversi tentativi di furto.
Inspiegabilmente, il console di Rio venne trasferito in Costa d’Avorio con i documenti al seguito. Parte del materiale scomparve poi quando giunse in Germania su richiesta di Benno.
Un alone di mistero sembrava aleggiare intorno ad Akakor.

Quando Tatunca Nara avviò delle trattative con alti ufficiali bianchi per fermare lo sterminio indiscriminato degli indios, che prosegue tuttora indisturbato da parte delle autorità, ebbe modo di affidare alcuni scritti degli dèi al vescovo M. Grotti che dopo aver spedito i documenti in Vaticano, perì in un incidente aereo.
Coincidenze?

Tatunca Nara è profondamente disgustato dalla civiltà dei barbari bianchi, con le loro feroci contraddizioni, e afferma con orgoglio: "Ma noi siamo uomini liberi del Sole e della Luce. Noi non vogliamo gravare il nostro cuore del peso della loro fede errata e bugiarda".
Con pazienza attende il ritorno degli dèi. O forse gli dèi, nascosti ad Akakor, attendono con pazienza che gli uomini tornino a loro stessi.

Dino Vitagliano


L'approfondimento

Il Terzo Reich non fu il solo a interessarsi ad Akakor.
La ricerca di un'antica civiltà scomparsa, le cui rovine colossali giacciono sepolte sotto le foreste del Sudamerica, è stato il sogno di numerosi avventurieri nel corso delle varie epoche.
Già nel 1530 l'ufficiale di Pizzarro, Francisco Orellana, favoleggiava di un reame pieno d'oro tra il Rio delle Amazzoni e il fiume Orinoco. I Gesuiti sono in possesso di antichi scritti di viaggio relativi a un'antica popolazione che dimora in una città maestosa nella giungla brasiliana.

Un gruppo di sette uomini, guidato da Hamilton Rice, si spinse nella Sierra Parima, tra il Venezuela e il Brasile nel 1925 alla scoperta di Ma-Noa, la capitale del leggendario El Dorado. Curiosamente il nome ricorda Manu, una delle città costruite da Lhasa.

La documentazione più importante riguardo l'esistenza di scomparse civilizzazioni antecedenti a quelle conosciute proviene del colonnello Percy Harrison Fawcett, cartografo della National Geografic Society.
In Sudamerica si dedicò alla consultzione del Manoscritto dei Bandeirantes, della prima metà del 1700, al Museo dell'Indio di Rio, che descriveva l'esplorazione delle foreste amazzoniche da parte di un gruppo di venti uomini e la scoperta di una metropoli di pietra deserta dalle mura gigantesche.
Organizzata una spedizione del 1925 in Mato Grosso, si inoltrò con il figlio Jack lungo il Rio Araguaia, entrando in contatto con varie tribù di indios che conservavano nelle loro tradizioni il ricordo di una provenienza stellare.
Proprio quando sembrava aver raggiunto le vestigia di remote città illuminate da luci fredde, scomparve misteriosamente in estate nell'alto Rio Xingu.

Nel 1946 è la volta di Leonard Clark, che in un resoconto di viaggio, divenuto poi un libro dal titolo I fiumi scendevano a Oriente (Tea, 2000), narra il ritrovamento di sei delle sette città dell'El Dorado nelle Ande Peruviane.

Undici anni dopo Antonio Filangieri stimolato dai racconti del colonnello Fawcett ricalcò lo stesso itinerario e constatatò che molti luoghi collimavano.
Partì per un secondo viaggio, in modo da verificarne le scoperte archeologiche e raccogliere informazioni sulla sua scomparsa, viaggio da cui dovette desistere, come egli stesso riferisce, "per drammatici eventi sopraggiunti".

L'archeologo brasiliano Roldao Pires Brandao individuò una montagna tra il Brasile e il Venezuela, il Pico De La Neblina, nel 1975 e quattro anni dopo, nello stesso posto, tre piramidi di 150 metri accanto a un complesso urbano nascosto dalla foresta.

Ai giorni nostri il ricercatore Marco Zagni, si è assunto il compito di svelare l'esistenza di scomparse civiltà preincaiche, organizzando una spedizione in Perù, nelle zone di Pantiacolla, del fiume Pini Pini e di Pusharo, dove, in base alle testimonianze di una spedizione francese smarritasi nel 1979, esisterebbero indios di due metri, strane formazioni piramidali, fotografate dal satellite LandSat, e i "Soccabones", fitta rete di cavità sotterranee.

Anche gli archeologi sono propensi nel riconoscere che tra il 6.000 e il 4.000 a.C. sia fiorita una "Civiltà Amazzonica" dei "Mogulalas", formata da numerose città-stato, che si estendeva dal Venezuela alle Ande peruviane.
Una conferma esoterica giunge anche dal libro di Leo e Viola Goldman, I Misteri del Tempio (Edizioni Synthesis, 1998), il cammino iniziatico di una donna nella città nascosta di Ibez, all'interno della montagna sacra del Roncador in Mato Grosso, popolata da Maestri divini che, scampati alla distruzione di Atlantide con i vimana, crearono le civiltà inca, maya e atzeca.

Fonte: www.acam.it

fonte: https://crepanelmuro.blogspot.com/

lunedì 1 ottobre 2018

coglioni di tutto il mondo, unitevi!


di Enrico Galoppini

I lettori più attenti alle parole e alla loro forma educata mi perdoneranno per quest’avvio decisamente un po’ sboccato, ma prima di cominciare quest’articolo una cosa la devo dire: la maggioranza della gente, oggigiorno, è composta da coglioni cui piace essere coglionati.

Detto altrimenti: da babbei che godono nell’essere presi per i fondelli sistematicamente ed in maniera plateale, ma senza che abbiano di ciò alcun sentore.

La certezza inscalfibile che le cose stanno così l’ho maturata nel tempo, sulla base dell’osservazione del comportamento e delle reazioni di molte persone che anche di fronte alle più abbacinanti prove di ciò che di nocivo viene ordito a loro danno dal potere continuano o a far finta di nulla o a ritenere che chi denuncia l’estrema nocività e malvagità di questo potere è un povero “complottista” pazzo. Un autore di “fake news”, per accodarsi al cicaleccio di politici e media.

L’elenco degli argomenti sui quali questi scemi allo stadio terminale della malattia urlano al “gombloddo” è lungo e mette pena passarlo in rassegna, perché si ha la possibilità di scorrere tutto il campionario di raggiri e truffe che questo potere c’impone, grazie e soprattutto alla coglionaggine dei predetti soggetti che col loro comportamento costituiscono la base di consenso di questo regime ...


In ordine d’importanza partiamo con la “truffa del debito”.

Non c’è niente da fare: tu puoi sgolarti e raccontare che la proprietà della moneta dovrebbe essere dello Stato e non di signori privati (i grandi banchieri); che la moneta, in teoria, non è una merce; e che, rebus sic stantibus, le tasse sui redditi sono una colossale rapina e del denaro guadagnato con fatica e del tempo di chi lavora. Con certi soggetti convinti che il problema, dal punto di vista monetario, siano “l’evasione” e “l’inflazione”, per non parlare di chi ancora crede ai “falsari” tipo Totò e Peppino, non vi è alcuna speranza di rinsavimento.

Potresti farli parlare con lo “spirito intelligente” di Hjalmar Schacht, il banchiere coautore del miracolo economico tedesco a partire dal 1933, e quelli continuerebbero a tenersi stretti i loro ridicoli euri, stampati da una tipografia e venduti agli Stati al valore nominale anche se costati pochi centesimi. A questi allocchi che chiedono irrigiditi lo scontrino per il caffè convinti di condurre una battaglia sacrosanta non servirà affatto far leggere i radiodiscorsi di Ezra Pound o le opere di Giacinto Auriti. Anzi, le rigetteranno come la peste, affidandosi piuttosto agli “economisti” telegenici alla moda messi lì apposta per non far capire a nessuno come funziona la truffa del “debito pubblico”.

Come le più remissive pecore da tosare, al momento di acquistare una casa, costoro non si chiederanno se il mutuo sia un meccanismo diabolico fatto passare per “normalità” allo scopo di mettere un giogo sul loro collo con la minaccia di perdere la casa già pagata attraverso il ricatto dell’ipoteca. “Tutti lo fanno…”, e allora dritti in banca a misurare la corda con la quale impiccarsi.

Passando al lavoro, direttamente collegato al problema monetario (perché è il lavoro che crea il denaro, non il contrario), la disperazione nell’osservare le idee della maggioranza dei nostri contemporanei aumenta. 

Essi pensano che l’uomo esista per lavorare, non che il lavoro esista per l’uomo, per fornirgli i mezzi per vivere. Così si accetta qualsiasi contratto capestro, e per motivi di spazio non mi dilungherò ulteriormente su cos’è diventato questo famigerato “mondo del lavoro” da quando sono state diffuse dagli “economisti” di cui sopra le parole d’ordine della “flessibilità”, del “precariato” e della “mobilità”. Basti dire che la famosa “legge della giungla” è, al confronto, un ordinato ed etico sistema di norme e tutele.

“Idioti di tutto il mondo globalizzatevi!”. Questo potrebbe essere lo slogan di successo di un movimento che assomma questa massa di asini a suo modo “rivoluzionaria”. Rivoluzionaria perché col suo comportamento scellerato e la sua ignavia sta picconando letteralmente tutto ciò che di sano e naturale, e dunque degno di essere custodito e rinforzato, sussisteva ancora nei differenti domini dell’esistenza. Si pensi alle feste comandate: sono state talmente svilite e snobbate che alla fine questi pescecani detti “datori di lavoro” hanno colto la palla al balzo mettendo al remo tutti quanti il sabato, la domenica e pure a Pasqua e a Natale. Vi sta bene!

Dal “lavoro” cosiddetto (meglio sarebbe dire servitù della gleba), si passa direttamente ad un altro tema, ad esso strettamente correlato (in realtà tutto lo è, ma alcuni nessi sono senz’altro più evidenti): l’immigrazione di massa.

Gli stessi scimuniti patentati che, va ribadito, rappresentano lo zoccolo duro del consenso residuo di cui gode questo potere illegittimo, sono fermamente convinti che “tutto il mondo è paese”, nel senso che considerandosi “cittadini del mondo” non si chiedono se sia il caso, in mezzo ad una crisi epocale, di “accogliere” migliaia di stranieri al giorno. Ma per questi pifferai dei “mondo unito” la quantità di stranieri da insediare ed accudire di tutto punto, inversamente proporzionale al numero di italiani che vorrebbero vedere ancora vivi e vegeti, non è mai sufficiente. “Straniero è bello” per partito preso, e chi se ne frega se zone intere d’Italia sono stravolte e la sicurezza diventa una chimera: saranno sempre pronti a rispondere a tono brandendo “i delinquenti italiani che già c’erano” ed accusando di “razzismo” l’interlocutore perplesso sullo “ius soli” ed altre manovre tese a stravolgere l’identità di questo paese.

Eh già, perché bisogna tenere sempre a mente che non si ha a che fare con gente che accetta il contraddittorio. No, questi soggetti – con una “cultura”, ed anzi proprio a causa di quella – s’impancano sempre sul pulpito della loro “superiorità morale”. Tu sei “immorale” e loro no. Ma sono i primi a postare sui loro “profili” la celebre frase attribuita a Voltaire sulla “libertà d’espressione”. Che si dimostrerà pura aria fritta al primo contrasto d’opinioni…

Non si provi infatti, con una di queste brillanti ed acute menti, ad esporre le proprie vedute non proprio alla moda su “matrimoni gay” ed “utero in affitto”, pardon su “unioni civili” e “maternità surrogata”. Si rischia il linciaggio, non solo verbale. Come minimo che ci venga tolto il saluto (il che se può talvolta dispiacerci da un punto di vista umano, non può che alleggerire la nostra esistenza).

Ma qui come su altri temi “caldi” se solo questi sciagurati si fermassero a pensare, o meglio ad ascoltare la loro coscienza sommersa da abbondanti strati di “moralmente corretto”, si accorgerebbero che sono caduti nella trappola della propaganda di questo regime, che li gira e li rigira come vuole, facendogli amare quello che fa comodo ad esso per motivi che nemmeno subodorano. 

Così c’è quello che va al “Gay Pride” convinto di fare una cosa “buona” (riecco il moralismo sotteso) e chi non ce la fa a non immaginare un’Italia completamente multietnica, e per ciò stesso “migliore”, per incanto, perché… “basta la parola”.

A suggellare lo stato comatoso di subumani che mettono angoscia al solo pensiero ci si è poi messa l’ultima puntata di questa triste storia di degrado dell’uomo al livello della scimmia antropomorfa che per tal via invera, ma al contrario, la teoria dell’evoluzione. Si tratta delle vaccinazioni obbligatorie, e comunque di tutto ciò che va sotto il nome di medicina (ridotta a tecnica deresponsabilizzata dai “protocolli”) e di quel che dovrebbe essere la salute, ovvero il nostro bene più prezioso.

Ora, non pretendo che questi pitecantropi sappiano che cosa sia la salute integrale (corpo, anima e spirito), ma almeno – sempre che per avventura si ascoltassero una volta, invece di prestare orecchio alla voce del padrone – potrebbero ambire alla sola salute psico-fisica, smettendola di delegare sempre altri a tale imprescindibile compito che grava, provvidenzialmente, su ciascuno di noi. Perché è proprio questo il banco di prova sul quale si misurerà tutto il resto, una volta che lasceremo questo stato dell’essere (ridotto a causa di questi soggetti alla proverbiale “valle di lacrime”).

Invece no, ci si vaccina allegramente, condividendo così il destino del bestiame e dei polli in batteria, e per ogni avvisaglia di malessere c’è sempre la pastiglia, col culmine della superficialità raggiunto quando viene diagnosticato un “tumore” e subito si viene impacchettati per la chemio e la radioterapia. 

Là fuori, nella giungla dei nemici del Progresso, ci sono i “naturisti”, i “vegani”, gli “sciachimisti”. I “no vax”! C’è sempre qualche “nemico” predefinito dal potere per giustificare la propria esistenza piatta e mediocre.

Non pretendo qui di esaurire il campionario di fanfaronate che alberga nelle menti di questa massa informe e bruta che letteralmente ci fa violenza con la sua pura e semplice esistenza insolente ed ingombrante.

Potremmo proseguire illustrando sinteticamente le loro opinioni precotte sulla Storia e la Politica, sulla Geopolitica e le Relazioni internazionali (queste sconosciute: il tutto si riduce a “cattivi” – Russia, Cina, Corea, Iran, Siria, Musulmani eccetera – e “buoni” – America, Israele, Occidentali; a “libbertà” con due B contro “dittatura”). Ne uscirebbe il resoconto di un compitino indegno di un bambino delle elementari, tutto teso a prendere un bel voto ripetendo la lezioncina impartita dalla maestra.

Ecco, questi soggetti non sono mai cresciuti: è una vita che s’illudono di “pensare con la propria testa” ma in verità non l’hanno mai fatto, e si capisce anche perché oggigiorno, dopo che lo smantellamento di un precedente ordine è quasi giunto a compimento, non c’è più alcuna urgenza di ripetere loro che il pensiero autonomo è una cosa positiva.

Di più, è la stessa libertà di pensiero (ché quella della parola divulgata, scritta e parlata, sta svanendo) che viene messa in discussione ogni giorno che passa. Gli psicopoliziotti, telematici e non, sono in crescita esponenziale, arruolati nella “rivoluzione” che, dando la caccia alle “fake news” e agli “untori della rete”, si ripropone di ripulire ogni spazio per preparare finalmente il “mondo nuovo”. Il regno della “tolleranza” e del “rispetto” universali traboccante di “ammore”. Quello delle “notizie vere” e “certificate”. Quello della “scienza” applicata persino alla politica e, perché no, alla religione.

Quello di una “rivoluzione”, definitiva, l’ultima, contro “il passato” e il “vecchiume”, la “superstizione” e il “Medioevo”, condotta da una massa di coglioni col titolo di studio e lo smartphone. Ieri alla Bastiglia, oggi nelle scuole a scovare i non vaccinati e al bar con la carta di credito per pagare il caffè: “Coglioni di tutto il mondo, unitevi!”


fonte: https://crepanelmuro.blogspot.com/