domenica 10 marzo 2019

Joy Division (la divisione della gioia)


Il 18 maggio del 1980 moriva, suicida, Ian Curtis, il cantante del gruppo musicale Joy Division. Il ragazzo, all’epoca dei fatti aveva solo 23 anni, s’impiccò ad una rastrelliera nella cucina della propria casa di Macclesfield, nel Regno Unito. Il gruppo formatosi nel 1976 come Stiff Kittens, modificò il proprio nome in Warsaw nei mesi successivi l'ingresso di Curtis. Raggiunta una certa popolarità nell’underground inglese, nel 1978 Ian Curtis decise di modificare nuovamente il nome della band, anche per evitare confusione con un gruppo londinese noto come Warsaw Pakt. Curtis scelse come nome del gruppo Joy Division ispirandosi al romanzo del 1955 La casa delle bambole di Ka-Tzetnik 135633. Il termine fittizio designava, nei lager nazisti, le donne prigioniere destinate all’intrattenimento sessuale di soldati tedeschi e prigionieri collaborazionisti. Ka-Tzetnik 135633 fu uno pseudonimo utilizzato dallo scrittore polacco, poi naturalizzato israeliano, Yehiel Feiner. KZ sono le iniziali di Konzentration Zenter (campo di concentramento). Ogni prigioniero di un KZ aveva un numero personale di matricola tatuato sul braccio sinistro. Alla Casa delle bambole sono seguiti altri libri, tra cui Piepel e La fenice venuta dai lager. Non mancarono le critiche riguardo alla crudezza delle sue opere e ad un certo indulgere sugli aspetti sessuali, quali la prostituzione e gli abusi sui bambini. Non apparve mai in pubblico sino al 1961, quando fu testimone chiave al processo Eichmann. In quella circostanza, ricordando le vittime dell’Olocausto, lo scrittore svenne.

Nel libro La casa delle bambole, Ka-Tzetnik 135633 utilizza il termine fittizio di Joy Division, Freudenabteilung nell’edizione tedesca, per identificare i bordelli dei campi di concentramento nazisti. I luoghi per la fornitura di servizi per la concessione di benefici ai detenuti, abbreviato in KZ-System, all’interno dei lager esistettero dal 1942 al 1945. I bordelli, tecnicamente Sonderbauten ovvero edifici speciali, furono attrezzati nel 1942 a Mauthausen e Gusen, nel 1943 a Buchenwald, Auschwitz, Birkenau e Monowitz e nel 1944 a Dachau e Mittelbau-Dora.
L’idea di istituire bordelli nei campi di concentramento risale ad una visita del capo delle SS, Himmler, a Mauthausen. Il gerarca nazista ritenne assai scarsa la produttività dei prigionieri nelle cave circostanti il lager e pensò d’incrementarla offrendo un incentivo: la possibilità di visitare l’edificio speciale, il Sonderbauten. Secondo i gerarchi nazisti, la bassa produttività dipendeva anche dalla scarsità di cibo, dalle violenze quotidiane e dalle cattive condizioni igieniche.


Pensarono di risolvere il problema sfruttando le donne come incentivo.
Himmler dispose che tutti i principali lager fossero forniti di donne da impiegare come prostitute. La gran maggioranza delle ragazze proveniva dai lager di Ravensbruck ed Auschwitz. Secondo alcune stime, il 70% delle donne costrette a prostituirsi era d’origine tedesca, le altre provenivano dai paesi occupati come la Polonia o l’Ucraina. Le italiane e le ebree erano escluse dalla prostituzione all’interno dei campi di concentramento poiché ritenute contaminanti per il loro sangue non ariano. Le prescelte erano tutte sotto i 25 anni d’età e costrette a prostituirsi dopo aver subito violenze e stupri a ripetizione. Alle ragazze fu promessa la concessione della libertà dopo sei mesi d’attività.
Inutile aggiungere che nessuna di loro ottenne quanto promesso.
L’istituzione dei bordelli fu propagandata anche con la giustificazione morale che in questo modo si evitava il più possibile la degenerata omosessualità diffusa nei campi tra i prigionieri, e non solo tra loro. 



Chi erano gli utilizzatori degli edifici speciali?
I bordelli dei lager potevano essere utilizzati dal personale di guardia al campo, dagli internati criminali comuni ed in generale dai prominenti di razza ariana. Da quest’utilizzo erano esclusi gli ebrei ed i prigionieri di guerra russi.
I Sonderbauten avevano un regolamento per la concessione d’agevolazioni per i prigionieri, introdotto nel maggio del 1943. Secondo tale regolamento, le donne destinate a prostituirsi avevano ritmi di lavoro più blandi rispetto alle altre internate ed erano impiegate in lavori leggeri sino alle 20, orario destinato alla prostituzione. 
Le ragazze, in cambio dell’attività nei bordelli, ricevevano razioni di cibo più sostanziose, aumentando in questo modo la possibilità di sopravvivere alle durissime condizioni di prigionia.
Le gravidanze erano del tutto assenti poiché le ragazze erano, normalmente, sterilizzate, senza anestesia, sin dall’arrivo nei lager. Nel caso in cui la ragazza rimanesse incinta, il personale medico del campo ricorreva immediatamente all’aborto.
Secondo Robert Sommer, autore del libro Das KZ bordell, nonostante il panorama di bestialità nascevano dei sentimenti perché “per i prigionieri la motivazione alla base della visita non era necessariamente quella di fare sesso, bensì quella di sentirsi di nuovo come una persona; alcuni facevano regali alle ragazze e c’è anche un caso in cui un uomo e una donna conosciutisi in un simile bordello si sono poi sposati dopo il 1945”.


Secondo Alessandra Chiappano, autrice di Essere donne nei lager, dopo la fine della seconda guerra mondiale si tentò di far passare sotto silenzio la prostituzione nei campi di concentramento, anche per la mancata testimonianza delle vittime che si ritenevano in qualche modo colpevoli di essere sfuggite alla sorte delle altre donne prigioniere. 
In questo contesto, entrambi gli stati tedeschi, supponendo la complicità delle ragazze, si trovarono concordi nel negare alle donne sia la condizione di vittime che il risarcimento per gli enormi dolori provati all’interno dei lager.
Solo negli ultimi vent’anni i Lagerbordell iniziarono ad essere conosciuti al grande pubblico grazie all’opera di alcuni scrittori che rilevarono quest’ulteriore forma di tragedia della Germania nazista. 

Fabio Casalini

fonte: I VIAGGIATORI IGNORANTI

Bibliografia

Alessandra Chiappano, Essere donne nei lager, Istituto storico della Resistenza e dell'età contemporanea in Ravenna e provincia, Casa Editrice Giuntina, 2009

Robert Sommer, Das KZ Bordell, Schöningh, Paderborn 2009

Helga Schneider, La baracca dei tristi piaceri, Ed. Salani, 2009

FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.

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