lunedì 26 maggio 2014

Giovanni e Paolo


GIOVANNI FALCONE: "PER ESSERE CREDIBILI BISOGNA ESSERE AMMAZZATI IN QUESTO PAESE"






di Stefano Cucchetti


Caro Gianni,

innanzitutto rinnovo la mia solidale vicinanza e il mio disgusto verso quanto accaduto. L'élite ha dimostrato ancora una volta che, quando messo alle strette, non sa fare altro se non opprimere, minacciare, terrorizzare, per mantenere il proprio status quo.
Ieri ricorreva l'anniversario dell'omicidio di Giovanni Falcone, della moglie e degli agenti della scorta.

L'enorme quantità di esplosivo usato per far saltare in aria l'autostrada a Capaci, con un'evidente azione paramilitare, è direttamente proporzionale al fango e al sangue che grondano dai più alti scranni del potere istituzionale italiano.
Non c'è bisogno di alcun processo di tempi biblici, né vili leggine ad personam che ordinano la distruzione di intercettazioni telefoniche.
Dentro ogni cittadino italiano con un po' di coscienza e di occhi aperti sulla realtà dei fatti, esiste già la convinzione e la certezza matematica che mafia, istituzioni, politica, banchieri, massoneria, servizi segreti, sguazzano nella stessa melma nera, esoterica, satanica.

Nel gennaio 1992, Giovanni Falcone intervistato da Corrado Augias diceva: "Per essere credibili bisogna finire ammazzati in questo Paese".
Cosa manca allora all'Italia se dopo 22 anni, nulla sembra cambiato, anzi tutto fa pensare di non aver ancora toccato il fondo?

Cosa manca all'italiano perché si decida a partecipare per cambiare le cose e si riprenda in mano la situazione?
Io penso che manchi la fede; la fede in se stessi, negli altri, nel credere di essere un popolo unito e veramente sovrano.

Forse aveva ragione Falcone nella stessa intervista, in cui diceva che la cultura mafiosa è dentro ogni italiano. L'idea che ognuno debba farsi i fatti propri; fare il gioco delle tre scimmie; non vedo, non sento, non parlo.

"Ubi fides, ibi libertas" (dove c'è fede, c'è libertà) diceva Sant'Ambrogio, vescovo e patrono di Milano, parlando della fede cristiana.

Ma se non c'è nemmeno una fede civile, di popolo, di patria, allora è inutile ricordare uomini come Falcone, Borsellino, Livatino, Dalla Chiesa, Tobagi, Bachelet, D'Antona, Biagi, Moro, Peppino Impastato,  Piersanti Mattarella, Mino Pecorelli, don Puglisi, don Peppe Diana,  Pasolini, Matteotti, Mattei, le troppe vittime delle stragi di Stato, i troppi martiri delle foibe e della guerra civile post armistizio del 43-46 e mi scuso per quanti non ho citato.

"Gli uomini verranno giudicati dai fatti e non dalle parole" disse Giovanni Falcone.

Un abbraccio.

fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it

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