Sgranocchii lievi e fruscii rompevano il silenzio, Folate di zucchero e abbondanza erano nell'aria, in filigrana.
sono rimasta stregata alla presentazione del libro a Book City, con la lettura di Anna Nogara di pezzi tratti dal testo, nel cortile del Teatro Grassi.
sono rimasta stregata alla presentazione del libro a Book City, con la lettura di Anna Nogara di pezzi tratti dal testo, nel cortile del Teatro Grassi.
una situazione cortese, gaia, piena di grazia.
ma il libro, Tra un atto e l'altro, è un libro difficile, scritto in modo difficile, alla Woolf, ma senza nessuna pietà. non c'è nulla che vada liscio, tanto meno nella lettera, nella scrittura, è un testo pieno di punte e di artigli, sul presente, sulla mancanza di grazia della vita quotidiana, su quel tempo che sta in mezzo alla rappresentazione, tra un atto e l'altro, il tempo del reale. libro inedito, non approvato dalla Woolf e, forse, per un buon motivo. il giorno prima aveva scritto di non volerlo pubblicare perché troppo “sciocco e frivolo”. il testo era lì, sulla sua scrivania, mentre, poco dopo la sua stesura, si suicidava.
c'è una pagina:
La sguattera, prima di portare i piatti in tavola, si rinfrescava le guance nello stagno delle ninfee. C'erano sempre state ninfee, là, cresciute spontaneamente, con i semi portati dal vento, galleggiavano rosse e biancge sui dischi verdi delle foglie. L'acqua, per centinaia di anni, si era fermata in quel buco e ristagnava, profonda quattro o cinque piedi, su un nero cuscino di fango. Sotto lo spesso disco di acqua verde, glassati nel loro mondo egocentrico, i pesci nuotavano- rosi, screziati di biancostriati di nero e d'argento. In silenzio, guizzavano nel loro mondo d'acqua, sospesi nella toppa azzurra formata dal cielo, o si lanciavano, in silenzio, verso la sponda dove l'erba, che tremava, formava una frangia d'ombra oscillante. A pelo d'acqua, i ragni stampavano le impronte delle loro zampe delicate. Un granello cadde disegnando una spirale. Un petalo cadde, si riempì d'acqua e affondò. Al che, la flotta di corpi natanti si fermò, attese, si preparò e in un baleno di scaglie, con un guizzo ondulato scomparve.
Era in quel centro profondo, in quel cuore nero, che la donna era annegata. Dieci anni prima avevano dragato lo stagno e trovato l'osso di un femore. Ahimè, era di una pecora, non di una donna. E una pecora non ha un fantasma, perché una pecora non ha un'anima. Ma la servitù insisteva, doveva essere un fantasma. E il fantasma doveva essere di una donna. Che si era annegata per amore. Per questo nessuno di loro passeggiava intorno allo stagno delle ninfee di notte, ma solo quando il sole era alto, come adesso, e i signori erano a tavola.
Il petalo affondava.
Era in quel centro profondo, in quel cuore nero, che la donna era annegata. Dieci anni prima avevano dragato lo stagno e trovato l'osso di un femore. Ahimè, era di una pecora, non di una donna. E una pecora non ha un fantasma, perché una pecora non ha un'anima. Ma la servitù insisteva, doveva essere un fantasma. E il fantasma doveva essere di una donna. Che si era annegata per amore. Per questo nessuno di loro passeggiava intorno allo stagno delle ninfee di notte, ma solo quando il sole era alto, come adesso, e i signori erano a tavola.
Il petalo affondava.
si parlava, in quell'incontro, di una vena comica della Woolf, presente in questo libro. io invece avverto la tragedia, avverto che sotto il suolo c'è un'inondazione, un'acqua irrequieta che affiora di continuo, che la parola non argina. le parole della Woolf hanno smesso di adeguarsi nelle frasi, fanno a pugni tra loro, mentre il suo petalo, la sua vita, affonda.
fonte: nuovateoria.blogspot.it
Nessun commento:
Posta un commento