venerdì 28 giugno 2013
c'eravamo tanto amati
« Nocera è inferiore perché ha dato i natali a individui ignoranti e reazionari come voi tre! »
(Nicola Palumbo in una scena del film)
C'eravamo tanto amati
è un film del 1974, diretto da Ettore Scola e interpretato da Stefania Sandrelli, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Stefano Satta Flores, Giovanna Ralli e Aldo Fabrizi.
Tra i più memorabili esempi di commedia all'italiana, rende anche omaggio ad altri generi cinematografici, in virtù della trama che percorre circa 30 anni di storia italiana, e soprattutto attraverso una serie di intuizioni filmiche che pagano dazio a maestri del calibro di Roberto Rossellini e Alain Resnais, includendo anche numerosi omaggi alle altre arti.
La pellicola si aggiudicò il Gran Premio al Festival cinematografico internazionale di Mosca, un premio César per il miglior film straniero e tre nastri d'argento. Il film è stato successivamente inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare, "100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978".
Trama
Gianni, Antonio e Nicola sono tre partigiani divenuti amici durante i giorni della guerra di liberazione che, dopo la fine del conflitto si dividono: Nicola ritorna a Nocera Inferiore dove svolge la professione di insegnante, Antonio a Roma dove riprende il lavoro di portantino in un ospedale, e Gianni a Pavia per terminare gli studi di giurisprudenza.
Qualche tempo dopo, Gianni e Antonio si ritrovano casualmente in una trattoria di Roma. Gianni è ora un avvocato tirocinante, mentre Antonio si è fidanzato con Luciana, aspirante attrice della provincia udinese ("son di Trasaghis, vicino Peonis") conosciuta in corsia. Gianni è ambizioso, ma con i piedi per terra. Tradisce il suo amico, portandogli via proprio Luciana, ma il suo arrivismo lo porta a cogliere l'occasione di lasciare Luciana per Elide, figlia semianalfabeta di Romolo Catenacci, ex capomastro rude, disonesto e senza scrupoli, nostalgico fascista divenuto ricco palazzinaro. Diventerà anche il suo avvocato, aggirando la legge al fine di proteggerne i loschi affari, ormai parte dei suoi stessi interessi. Elide, nonostante gli sforzi di diventare una persona colta ed elegante per compiacere il marito, trova la morte in un incidente stradale in odore di suicidio. Abbandonata da Gianni, avuto poi un breve flirt anche con Nicola, Luciana tenta quindi il suicidio, soccorsa in extremis da Antonio, che però respinge, rompendo i legami con i tre amici.
Antonio rimane quindi fedele alle sue idee politiche e per queste viene discriminato in ospedale dove combatte le sue battaglie che hanno perso di novità e si devono misurare con gli orizzonti molto più ristretti della vita quotidiana rispetto alle prospettive palingenetiche per le quali aveva rischiato la vita da partigiano. Nicola, insegnante del liceo classico Giambattista Vico, ha pretese intellettuali ed è attivo nel cineforum: proprio a causa dei film da lui proposti, tra i quali Ladri di biciclette è la goccia che fa traboccare il vaso, subisce l'ostracismo della classe dirigente locale, filo-democristiana, da sempre avversa ai film del neorealismo.
Escluso dall'insegnamento, lascia Nocera Inferiore, e abbandona moglie e figli, per cercare fama a Roma in campo culturale. Tenta anche la fortuna a Lascia o raddoppia?, perdendo in extremis il massimo della somma messa in palio, andando fuori tempo massimo per aver voluto rispondere in maniera involuta e contorta ad una semplice domanda che conosceva, per poi tirare a campare firmando articoli di cinema con lo pseudonimo di "Vice", assumendo sempre più il ruolo caricaturale dell'intellettuale che da "voce critica e coscienza della nazione" diviene un inutile e misconosciuto orpello della società, un personaggio impegnato in sterili polemiche e battaglie fini a se stesse.
Quindi Antonio rincontra casualmente Gianni e propone una rimpatriata con Nicola. I tre amici si ritrovano a cena nella stessa trattoria di tanti anni prima (Dal re della mezza porzione) e tracciano il bilancio della propria vita. Il solo dei tre che non l'ha sprecata e non se ne deve vergognare, Antonio, riserva una sorpresa agrodolce agli amici di un tempo, accompagnandoli a un presidio notturno presso una scuola dove li fa incontrare con Luciana che, nel frattempo ritrovata e diventata sua moglie, sta in coda per iscrivere i loro due figli. Antonio e Nicola finiscono poi per litigare fino a venire alle mani. Gianni, nel tentativo di assumersi la colpa morale di tutto, prima di andare via, stanco di fare da paciere, perde la propria patente: i due, con Luciana, la ritrovano e gliela riportano al suo indirizzo, sorprendendolo, a sua insaputa, mentre sta per tuffarsi nella piscina della sua lussuosa villa: scoprono così la vita agiata che Gianni non aveva avuto il coraggio di rivelare ai due amici.
Analisi del film
Il titolo è il verso iniziale di una celebre canzone de Armando Gill de 1918, quella Come pioveva che era stato anche un cavallo di battaglia del giovane Vittorio De Sica. Scomparso mentre il film era in montaggio, è ricordato dagli autori con una dedica finale.
Gianni, Antonio e Nicola si innamorano tutti a turno di Luciana e mediante l'amore per lei percorreranno la storia di trent'anni del dopoguerra italiano, vivendone le speranze e le delusioni di un futuro migliore che non si realizzerà come lo avevano sognato ai tempi delle lotte partigiane. Scoperta è l'intenzione degli autori di identificare in Antonio, colui che non svende i propri ideali a costo di emarginazione e sacrifici, il partito comunista dell'epoca, e in Nicola i movimenti intellettuali del dopoguerra, privi di base popolare e politicamente inconcludenti.
Gianni rappresenta invece l'idealismo che viene a compromessi con il potere e che a esso si vende per denaro, accusa che allora veniva rivolta dalla sinistra ai partiti che governavano insieme alla Democrazia Cristiana. Luciana, infine, è l'Italia, da tutti e tre amata e da due di loro delusa, che alla fine rimarrà con chi non l'ha mai tradita e cioè Antonio (che non ha tradito neanche i suoi principi).
Sullo sfondo, scenario del trentennio narrato (1945-1974), l'Italia trasformista e democristiana, intrallazzi e villa all'Olgiata compresi, efficacemente impersonata da Aldo Fabrizi, in una delle sue ultime interpretazioni cinematografiche. Romolo Catenacci, per il simbolismo che incarna, assume i caratteri dell'immortalità, a dispetto delle mire di Gianni Perego che vorrebbe diventare erede delle sue fortune. Il film è una fotografia, vista con l'occhio della sinistra dell'epoca (1974), delle occasioni mancate, delle energie sciupate, delle speranze e degli ideali traditi e lascia l'amaro in bocca per ciò che avrebbe potuto essere e non è stato, dove il fallimento dei protagonisti è anche quello di un intero Paese. Tra i propri film, è stato uno dei pochi che Gassman ricordava volentieri.
L'inizio della storia è filmato in bianco e nero per poi passare al colore nell'ultima inquadratura del primo tempo, in una scena che corrisponde al commiato dei tre protagonisti da Luciana, all'indomani delle prime elezioni del dopoguerra. Il commiato è anche quello dei tre amici l'uno dall'altro, destinati a ritrovarsi solo dopo 25 anni. Il passaggio al colore avviene sull'inquadratura di una Sacra Famiglia dipinta sul pavimento di una piazza da un madonnaro, e simboleggia la rapida e traumatica trasformazione in atto in quel periodo di storia dell'Italia, da paese agricolo e arretrato a paese industriale e moderno. Interpretazione corale, compresi gli attori di seconda fila, sceneggiatura navigata con citazioni appassionate del neorealismo di Vittorio De Sica, ma anche di Federico Fellini mentre gira la scena della Fontana di Trevi de La dolce vita con Marcello Mastroianni: i due appaiono nel ruolo di loro stessi, al pari di Mike Bongiorno nella ricostruzione di Lascia o raddoppia?. Alla colonna sonora fa spicco il genio di Armando Trovajoli.
Curiosità
Inizialmente, nel progetto degli sceneggiatori doveva esserci un solo protagonista, Gianni, avvocato corrotto che osservava il degradare della società italiana. Successivamente, sono stati introdotti e ampliati i ruoli dei due amici e co-protagonisti.
Il debito del film nei confronti del Neorealismo e in particolare di Vittorio de Sica è consistente. Oltre alla dedica finale al regista, sono presenti al suo indirizzo numerose citazioni e omaggi. Il film amato e recensito da Nicola nel suo cineforum è Ladri di biciclette; e proprio di De Sica Nicola è un appassionato ammiratore. Inoltre, in una delle sequenze finali, si vede sempre Nicola partecipare ad un incontro pubblico con Vittorio De Sica nel quale questi rivela il trucco (vero) che ha utilizzato durante le riprese di Ladri di biciclette per far piangere il piccolo protagonista durante la scena dell'arresto del padre, e che era stato l'oggetto della domanda contestata dallo stesso Nicola durante la sua partecipazione a Lascia o raddoppia?.
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