martedì 4 giugno 2013
Simonetta Cesaroni
Il delitto di via Poma è il nome con cui storicamente si ricorda l'assassinio di Simonetta Cesaroni, un fatto di cronaca nera avvenuto martedì 7 agosto 1990 nel palazzo di via Carlo Poma n° 2 a Roma.
Nel corso degli anni furono svolte svariate indagini e ipotizzate varie piste investigative, e ha visto tre persone accusate del delitto tra il 1990 ed il 2011: dapprima Pietrino Vanacore (Monacizzo, 1932 - Torre Ovo, 2010), portiere dal 1986 al 1995 del palazzo teatro dell'omicidio, poi Federico Valle (Roma, 1972), nipote dell'architetto Cesare Valle che viveva nel palazzo, ed infine Raniero Busco (Roma, 1966), all'epoca dei fatti fidanzato di Simonetta Cesaroni, che all'epoca del processo, vent'anni dopo il delitto, sarà sposato con Roberta Milletarì e padre di due bambini.
Il delitto di via Poma appare all'opinione pubblica come un caso di cronaca nera che per troppi anni è stato segnato da errori gravi che ne hanno compromesso le indagini, impedendo di scoprire l'autore dell'omicidio. Si sarebbero dovuti approfondire alcuni immediati elementi oggettivi, non era chiaro infatti si trattasse di un delitto passionale, attuato da qualcuno che Simonetta conosceva bene, oppure di un delitto casuale, attuato per ragioni istintive da qualcuno che la vittima non conosceva. Non si è mai avuta alcuna certezza che l'assassino fosse conosciuto dalla vittima, cosicché questa resta solo una delle tante supposizioni. Uno dei tanti misteri che hanno sempre circondato il caso fu il fatto che nessuno abbia visto l'assassino entrare nella scala B e poi uscirne, dal momento che per farlo doveva per forza passare dall'ingresso principale del palazzo.
I protagonisti
Simonetta Cesaroni
Nata a Roma il 5 novembre 1969, Simonetta Cesaroni era una ragazza romana che viveva con la sua famiglia nel quartiere di Don Bosco, a Roma. Era fidanzata dall'estate del 1988 con Raniero Busco, un ragazzo di tre anni più grande di lei, che viveva nel quartiere di Morena. Nel gennaio del 1990 Simonetta aveva trovato lavoro come segretaria contabile presso la Reli Sas, studio commerciale sito in zona Casilina a Roma. La Reli Sas, che era gestita da Ermanno Bizzocchi e Salvatore Volponi, annoverava tra i suoi clienti la A.I.A.G. Associazione Italiana Alberghi della Gioventù.
Salvatore Volponi aveva proposto a Simonetta di prestare lavoro come contabile presso gli uffici dell’A.I.A.G. a partire dal 1º luglio del 1990. La settimana lavorativa di Simonetta si svolgeva quindi il lunedì, il mercoledì ed il venerdì dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 19.30 presso la Reli Sas. Nei pomeriggi di martedì e giovedì, invece, dalle 16.00 alle 19.30, doveva recarsi presso gli uffici A.I.A.G., che si trovavano in via Poma 2, quartiere Della Vittoria.
La famiglia di Simonetta
Il padre di Simonetta, Claudio Cesaroni (Roma, 1939-2005), lavorava presso l’A.co.tra.l, azienda tranviaria di Roma e del Lazio, ed è morto all'età di 66 anni il 20 agosto 2005 a causa di una forma acuta di pancreatite. La madre di Simonetta, Anna Di Giambattista (Roma, 1941), all'epoca del delitto era casalinga. L'unica sorella di Simonetta, Paola (Roma, 1963), di 6 anni maggiore di lei. Nessuno dei più stretti congiunti di Simonetta era a conoscenza dell’ubicazione degli uffici dell'A.I.A.G.: Simonetta, infatti, pur avendo ottimi rapporti con loro, non parlava ai suoi familiari neppure delle telefonate anonime provocatorie che riceveva, e lavorava con molta riservatezza.
Via Carlo Poma
L'edificio dove era ubicato l'ufficio dell'A.I.A.G. è uno stabile di prestigio costruito negli anni trenta, con un cortile che ha nel centro una fontana. È formato da sei palazzine con i portoni ai lati del cortile e si trova nella zona elegante del quartiere Della Vittoria, a pochi passi da piazza Mazzini. Nel 1990 il portiere dello stabile era, dal 1986, Pietro Vanacore, detto Pietrino, e abitava lì con la seconda moglie, Giuseppa De Luca, detta Pina. Gli uffici dell'A.I.A.G. si trovavano nella scala B, al terzo piano, nell'appartamento numero 7.
Nella stessa scala B abitava Cesare Valle, l'architetto che aveva disegnato l'edificio, morto nel 2000 all'età di 98 anni. Cesare Valle era anziano, aveva bisogno di assistenza, e a fornirgliela era lo stesso portiere dello stabile, Pietrino Vanacore. Nel 1984 nello stabile era stata trovata morta Renata Moscatelli, un’anziana donna benestante, soffocata con un cuscino sul viso, nel cui appartamento non era mai stato trovato alcun segno di scasso; l’inchiesta seguita al suo omicidio non riuscì mai ad accertare chi l'avesse uccisa.
Il delitto
L'ultimo giorno di lavoro di Simonetta
La mattina di martedì 7 agosto 1990 in via Maggi 406, nella sede della Reli Sas, Salvatore Volponi discute delle ferie con Simonetta Cesaroni. Resta come ultimo impegno il pomeriggio da passare all’A.I.A.G. per sbrigare alcune pratiche. Simonetta è d'accordo che verso le 18.20 farà uno squillo a Volponi per dirgli come proceda il lavoro. Lui sarà nella tabaccheria che gestisce con la moglie alla stazione Termini. All'incirca alle ore 15.00 Simonetta esce dalla sua abitazione in via Filippo Serafini numero 6, insieme a sua sorella Paola a bordo di una Fiat 126C per recarsi alla fermata metropolitana Subaugusta, distante poco più di un chilometro. La metropolitana di Roma impiega circa quaranta minuti nel tragitto che compie Simonetta, ovvero tra la fermata Subaugusta e Lepanto.
Calcolando i tempi impiegati nel tragitto in metropolitana e dalla stazione agli uffici di via Poma, gli inquirenti sono arrivati a stabilire che Simonetta è entrata in ufficio alle 16.00 o poco prima. L’ufficio quel giorno è chiuso al pubblico. Lei usa un mazzo di chiavi che le è stato dato da Volponi per aprire il portone. Alle 17.35 risale l’ultimo indizio che Simonetta Cesaroni sia ancora viva. Le viene fatta una telefonata da Luigia Berrettini riguardo informazioni sul lavoro. Alle 18.20 ci dovrebbe essere la telefonata a Volponi per aggiornarlo sullo stato dei lavori, ma Simonetta non lo chiamerà. I familiari la attendono a casa per le 20.00. Alle 20.30 la sorella Paola si preoccupa e cominciano le ricerche.
Viene contattato Salvatore Volponi per sapere il numero di telefono degli uffici A.I.A.G. per sincerarsi che Simonetta stia bene. Volponi non conosce tale numero e a questo punto Paola Cesaroni, accompagnata dal fidanzato Antonello Barone, preleva Volponi e suo figlio dalla loro abitazione e i quattro si dirigono insieme nello stabile di via Poma numero 2. Qui, alle 23.30 circa, si faranno aprire il portone degli uffici A.I.A.G. dalla moglie del portiere e troveranno Simonetta morta.
Il 7 agosto 1990 in via Poma 2
Dalle 16.00 alle 20.00 i portieri degli stabili di via Poma numero 2 si riuniscono nel cortile a parlare e mangiare cocomero, come riferiranno agli inquirenti. Saranno tutti concordi nel riferire che non hanno visto entrare nessuno dall’ingresso principale in quell’orario. Dopo le 17.35, ultimo contatto di Simonetta, inizia la tragedia. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, c’è con ogni probabilità un uomo negli uffici A.I.A.G. ed è pericoloso, perché Simonetta gli sfugge, dalla stanza a destra dove lavora, fino a quella opposta a sinistra, dove verrà ritrovata.
Qui viene immobilizzata a terra, qualcuno è in ginocchio sopra di lei e le preme i fianchi con le ginocchia con tanta forza che le lascerà degli ematomi. La colpisce con un oggetto, oppure le sbatte la testa violentemente a terra, ad ogni modo per via di questo trauma cranico Simonetta sviene. A questo punto l’assassino prende un tagliacarte e inizia a pugnalarla a ripetizione. Saranno 29 alla fine i colpi inferti, di circa 11 centimetri ciascuno di profondità. Sei sono i colpi inferti al viso, all’altezza del sopracciglio destro, nell’occhio e poi nell’occhio sinistro. Otto lungo tutto il corpo, sul seno e sul ventre.
Quattordici dal basso ventre al pube, ai lati dei genitali, sopra e sotto. Alcuni abiti di Simonetta, fuseaux sportivi blu, la giacca e gli slip vengono portati via assieme a molti effetti personali che non saranno mai ritrovati, tra cui: gli orecchini d'oro, un anello d’oro, un bracciale d’oro e un girocollo d’oro, mentre l’orologio le viene lasciato al polso. Lei viene lasciata nuda, con il reggiseno allacciato, ma calato verso il basso, con i seni scoperti, il top appoggiato sul ventre a coprire le ferite più gravi, quelle mortali. Porta addosso ancora i calzini bianchi corti, mentre le scarpe da ginnastica sono riposte ordinatamente vicino alla porta. Le chiavi dell’ufficio, che aveva nella borsa, vengono portate via.
La scena del delitto
Simonetta Cesaroni, venti anni e mezzo, è stesa nuda negli uffici della A.I.A.G. di via Poma numero 2, supina con le gambe divaricate e le braccia aperte, in posizione scomposta, la testa inclinata verso destra. Sul petto porta vistosi segni delle coltellate intrise di sangue. Altri colpi sono su giugulare, cuore, aorta, fegato e occhi. Le coppe del reggiseno , di tipo a balconcino di pizzo leggero fanno vedere i capezzoli . Su uno dei capezzoli c’è una ferita che sembra un morso. Nella porta d’ingresso della stanza del delitto viene ritrovato del sangue sulla maniglia. Il sangue analizzato dirà che appartiene ad un uomo.
Nelle altre stanze non vi sono tracce di colluttazione, tutto è ordinato e non c’è alcun segno che possa far pensare che il corpo sia stato trascinato dove si trova. Gli inquirenti credono che nella stanza dove Simonetta viene trovata, si sia consumato il delitto. Viene comunque rilevata una minima traccia di sangue anche nella stanza di Simonetta, sulla tastiera del telefono.
Sempre nella stanza di Simonetta, viene rinvenuto anche un appunto, su un pezzo di carta. C’è scritto “CE” poi c’è disegnato un pupazzetto a forma di margherita e in basso a destra, c’è scritto “DEAD OK”. A lungo si speculerà su questo disegno e sul suo significato finché il programma televisivo "Chi l'ha visto?" rivelerà, nell'ottobre 2008, che a fare quel disegno e a scrivere la frase DEAD OK fu uno degli agenti di polizia che intervennero la notte del 7 agosto in via Poma. Dopo aver disegnato e scritto sul foglio, l'agente dimenticò il pezzo di carta sulla scrivania dove c'era il computer da lavoro di Simonetta.
L’autopsia
Simonetta Cesaroni è stata colpita da un’arma bianca da punta e taglio, con lama bitagliente, ma non dotata di azione recidente. I lati della lama sono bombati, curvi, non affilati, la penetrazione è avvenuta per la pressione inflitta e per la punta aguzza. Il corpo è disteso sul pavimento, capo spostato verso la destra, braccio sinistro esteso verso l’alto, braccio destro piegato leggermente, con le dita della mano flesse, ad artiglio.
Rivoli di sangue scorrono verso le spalle, verosimilmente per deflusso, che testimonierebbe l’avvenuto accoltellamento quando era già stesa in terra. Alle spalle un ampio versamento di sangue ai cui bordi sono trovate impronte rosacee nastriformi. L’emivolto destro è omogeneamente bluastro, una infiltrazione ecchimotica con componente tumefattiva. Il padiglione auricolare della stessa zona del volto appare anch’esso tumefatto da ecchimosi bluastra. Il volto presenta sei ferite della stessa arma bianca, ferite curve e oblique in corrispondenza delle strutture ossee orbitali.
Una ferita al collo è trasfossa, entrata e uscita. Sono otto le ferite in zona toracica e quattordici quelle in zona pubico genitale. Non risulta alcun segno di violenza sessuale. Escoriazione profonda presente sul capezzolo sinistro. Le mani sono pulite, le unghie sono lunghe, curate e intatte, niente segni di graffi dati. Non sono trovati alcol né stupefacenti nel corpo.
Non viene indagata una ferita particolare, sotto i genitali, di tipo bifido, ovvero con un'estremità, quella inferiore, doppia, a forma di Y rovesciata. Non vengono analizzati eventuali ritrovamenti di saliva attorno al capezzolo sinistro, posto che la sua escoriazione sia dovuta ad un morso.
Le indagini
I tre accusati nel corso degli anni
Pietrino Vanacore
La mattina dell’8 agosto 1990 la polizia sveglia tutti gli occupanti dello stabile di via Poma 2. Vengono interrogati i portieri, il caso punta verso una soluzione semplice. I quattro portieri assieme ai loro famigliari sostengono di essere rimasti attorno alla vasca del cortile per tutto il pomeriggio del 7 agosto, dalle 16.00 alle 20.00. Stando a ciò che dicono, l'assassino non può essere entrato nella scala B senza essere stato visto. I poliziotti setacciano l’intero palazzo alla ricerca degli indumenti che mancano a Simonetta, ma non trovano niente. Gli investigatori ricostruiscono i fatti. Dalle testimonianze si deduce che Simonetta è sola il 7 agosto 1990. La sorella l’ha lasciata alla metropolitana, lei è andata in ufficio come programmato, nessuno è stato visto entrare nella scala B e l’ultimo contatto risale alle 17.35 per la telefonata di lavoro.
Da ciò che gli psicologi della polizia hanno constatato sulla scena del delitto, l’assassino presumibilmente avrebbe tentato di violentarla, ma all’atto non è riuscito ad avere un'erezione e in questo status di frustrazione ha sfogato con colpi violenti la sua ira. Resosi conto dell’accaduto, ha tentato di pulire tutto, riordinare l’ufficio e far sparire il corpo. Qualcosa o qualcuno lo hanno interrotto. Dalle voci raccolte dalla polizia, Pietrino Vanacore non era con tutti gli altri portieri giù nel cortile nell’orario che va dalle 17.30 alle 18.30, cioè l’orario in cui Simonetta è stata uccisa. C’è uno scontrino sospetto, Vanacore ha comprato dal ferramenta, alle 17.25 un frullino. È testimoniato che alle 22.30 Vanacore si è diretto a casa dell’anziano architetto Cesare Valle, che si trova più su dell’ufficio incriminato, per fornirgli assistenza. Cesare Valle però dichiara che il portiere è arrivato a casa sua alle 23.00.
Questa mezz’ora di intervallo tra le due testimonianze porta gli investigatori a sospettare del portiere cinquantottenne. In un paio di suoi calzoni vengono trovate macchie di sangue. Nella scala B il pomeriggio del 7 agosto 1990 ci sono solo due persone, Cesare Valle e Simonetta Cesaroni. Nessun estraneo è stato visto entrare. Vanacore, il portiere dello stabile B, si assenta dalle 17.30 alle 18.30, orario dell'omicidio. Questa per gli inquirenti è la soluzione del caso. Pietrino Vanacore passa 26 giorni in carcere, poi il suo avvocato convincerà i giudici a farlo uscire. Ad un esame approfondito, le tracce di sangue sui pantaloni risultano essere dello stesso Vanacore, che soffre di emorroidi. Inoltre viene sostenuta la tesi che chiunque abbia pulito il sangue di Simonetta si sia sporcato gli abiti dello stesso. E poiché Vanacore ha indossato gli stessi abiti per tre giorni di fila - dal 6 agosto all'8 agosto 1990 - ed essi sono esenti del sangue di Simonetta, allora non può essere stato lui. Le circostanze assai sospette lo fanno rimanere comunque l’obiettivo numero uno della polizia, ma accertamenti sul DNA del sangue ritrovato sulla maniglia della porta della stanza dove è stato rinvenuto il corpo, scagioneranno ulteriormente Pietrino Vanacore.
Il 26 maggio 2009 viene archiviata una indagine della Procura di Roma a carico di Pietrino Vanacore: i pm della Capitale avevano infatti supposto che qualcuno poteva essersi introdotto nell'appartamento del delitto Cesaroni (ad omicidio già avvenuto e dopo la fuga dell'assassino), inquinando inconsapevolmente la scena del crimine. I magistrati avevano aperto quindi un fascicolo su Vanacore, e il 20 ottobre 2008 avevano disposto una perquisizione domiciliare nella sua casa pugliese di Monacizzo (Taranto), alla ricerca di una sua agenda telefonica del 1990. Ma la perquisizione non aveva portato a nessun risultato.
A 20 anni di distanza dal delitto Cesaroni, il 9 marzo 2010 Pietrino Vanacore è stato trovato morto in mare: si è legato ad un albero per una caviglia e si è gettato in acqua in località Torre Ovo, vicino Torricella, dove viveva da anni. Vanacore ha lasciato una scritta su un cartello: "20 anni di sofferenze e di sospetti ti portano al suicidio". Il 12 marzo 2010 avrebbe dovuto deporre all'udienza del processo per l'omicidio della ragazza in cui compariva come unico indagato l'ex fidanzato Raniero Busco.
Secondo il legale di Raniero Busco: "La morte di Vanacore è troppo vicina alla scadenza processuale per non essere collegata. E sicuramente lui non se l'è sentita di testimoniare. Lui ha vissuto con rimorso sulla coscienza questa storia, e non perché lui fosse l'autore dell'omicidio, ma perché sapeva chi fosse il vero colpevole. Evidentemente, però, non poteva parlare neanche a distanza di anni. Non se l'è sentita, insomma, di affrontare i giudici, gli avvocati e la testimonianza in aula".
L'8 marzo 2011, dopo un anno di indagini, il sostituto Procuratore di Taranto Maurizio Carbone ha deciso di archiviare il fascicolo d'inchiesta (a carico di ignoti) sull'ipotesi di reato di aiuto e istigazione al suicidio in riferimento alla morte di Pietrino Vanacore, che si tolse la vita il 9 marzo 2010. L'inchiesta ha stabilito che Vanacore si uccise di sua spontanea volontà e che lo fece perché non sopportava più l'invadenza del caso di via Poma nella sua vita privata.
Federico Valle
Nel marzo del 1992 un austriaco di nome Roland Voller afferma di sapere chi ha ucciso Simonetta Cesaroni. Racconta che nel maggio 1990, durante una telefonata in una cabina telefonica, a causa di un malfunzionamento è stato messo accidentalmente in contatto con una donna anch'essa al telefono. Chiarito l’incidente, tra i due nasce un'amicizia. Lei è Giuliana Ferrara, ma da sposata si faceva chiamare Giuliana Valle perché è la ex moglie di Raniero Valle, il figlio dell'architetto Cesare Valle che risiede nel condominio di via Poma. Giuliana confessa a Voller di essere preoccupata poiché suo figlio Federico soffre per il divorzio e non mangia. Il 7 agosto 1990 alle 16.30 Voller e Giuliana Ferrara si parlano al telefono e lei mostra forti preoccupazioni per il figlio, che è andato a fare visita al nonno Cesare Valle in via Poma, ma non torna.
La sera dello stesso giorno i due si parlano nuovamente, lei è sconvolta perché Federico è tornato sporco di sangue dappertutto e ha un taglio alla mano. Giuliana Ferrara, dopo pochi giorni, decide di interrompere le conversazioni con Voller. La testimonianza di Voller è l’unica novità in due anni di vuoto e gli inquirenti indagano sul giovane Federico Valle. L’ipotesi lo vuole accecato dalla rabbia per la relazione che suo padre avrebbe con la giovane (ventenne) Simonetta Cesaroni. Federico Valle si rivolge al suo legale e, proclamandosi estraneo ai fatti, dispone che venga esaminato il suo sangue. Pubblicamente Giuliana Ferrara Valle smentisce Roland Voller. Asserisce di conoscerlo, ma di non essersi mai confidata con lui e di non avergli mai parlato al telefono in data 7 agosto 1990. Intanto il test del DNA scagiona Federico Valle, non è suo il sangue sulla maniglia. Tre persone gli forniscono un alibi, suo padre afferma di non aver mai conosciuto Simonetta Cesaroni ed esclude così una qualsiasi relazione con lei.
Il magistrato Catalani, che ha in mano l’inchiesta, decide di proseguire ordinando una perizia sul corpo di Federico Valle, affinché siano individuate cicatrici o tagli che possano testimoniare la difesa di Simonetta. Alcuni esperti affermano che il sangue sulla maniglia corrisponde ad un DNA diverso da quello di Federico Valle. Altri dicono che potrebbe essere una commistione del sangue di Valle e di quello di Simonetta, sebbene in dosi particolari. Altri ancora fugano ogni dubbio, non è di Valle il sangue sulla maniglia. Catalani e il sostituto procuratore generale Calabrese non si arrendono, attaccano l'alibi di Valle che sarebbe viziato da falsa testimonianza della sua vicina di casa, Anna Maria Scongnamiglio. La donna giurò infatti di aver visto il Valle riverso sul suo letto il giorno del delitto, e di aver saputo dello stesso dall'edizione del giorno dopo dei quotidiani che però,secondo Calabrese, non riportarono la notizia,scopertosi il delitto a mezzanotte. L'infermiera del dentista del ragazzo ricorda di averlo visto con un braccio fasciato i giorni dopo l'omicidio. Viene poi ascoltata una donna, Rosaria de Familiis, che racconta al pm Catalani di pressioni ricevute dalla madre di Federico Valle per fornire un falso alibi al figlio. Entra nuovamente in scena Vanacore, stavolta nei panni del complice di Federico Valle. L’ipotesi è che lui e la moglie Giuseppa De Luca fossero stati chiamati da Cesare Valle dopo l’assassinio, per pulire tutto e far sparire il corpo, in modo da proteggere il nipote Federico e non creare uno scandalo.
Vanacore smentisce e mancano le prove. Il pm Catalani cerca di perseguire Pietrino Vanacore e Federico Valle, ma le prove sono insufficienti per procedere e con questa formula il giovane Valle è prosciolto da ogni accusa nel giugno del 1993. Roland Voller si scoprirà essere un truffatore di professione che ha contatti con l'alta finanza, diventato poi informatore della polizia di Roma in cambio di piccoli favori. Le informazioni che ha venduto su via Poma, però, si rivelano false.
Raniero Busco
Nel giugno del 2004, i carabinieri del RIS di Parma vengono inviati dal pm Roberto Cavallone nel lavatoio condominiale della scala B di via Poma. Vengono individuate tracce, che sono analizzate: non è sangue e non sono tracce collegate al delitto Cesaroni. A febbraio 2005 viene prelevato il DNA a 30 persone incluse in una lista di sospettati per il delitto. Tra loro anche Raniero Busco (fidanzato di Simonetta Cesaroni ai tempi del delitto). I DNA vengono messi a confronto con la traccia biologica repertata dal corpetto e dal reggiseno di Simonetta Cesaroni. Un anno e mezzo dopo, nel settembre 2006 vengono sottoposti ad analisi il fermacapelli, l’orologio, l’ombrello, l'agenda, i calzini, il corpetto, il reggiseno e la borsa di Simonetta Cesaroni; in aggiunta il quadro e il tavolo della stanza in cui avvenne il delitto; più ancora un vetro dell’ascensore della scala B, trovato sporco di sangue nel 1990. Il corpetto e il reggiseno della Cesaroni daranno un risultato utile: un DNA di sesso maschile, rinvenuto in tracce di saliva su entrambi.
A gennaio 2007 su 30 sospettati, 29 soggetti vengono scartati alla prova del DNA. Le tracce di saliva trovate sul corpetto e il reggiseno di Simonetta Cesaroni (che lei indossava quando fu uccisa) corrispondono solo al DNA di Raniero Busco (la polizia scientifica ha prelevato per sicurezza due volte il suo DNA e per due volte lo ha analizzato e confrontato: il DNA di Busco è emerso per 6 volte su entrambi gli indumenti). Raniero Busco diviene ufficialmente un indiziato per il delitto di Via Poma. Nel settembre dello stesso anno viene iscritto nel registro degli indagati per il delitto di Via Poma, con l’ipotesi di reato di omicidio volontario, divenendo formalmente un indagato.
Nella primavera 2008 Paola Cesaroni (la sorella di Simonetta) dichiara ai Pubblici Ministeri Roberto Cavallone e Ilaria Calò che Simonetta aveva indossato indumenti intimi puliti il giorno in cui fu uccisa. La polizia scientifica sottopone poi ad analisi una traccia di sangue trovata sulla porta della stanza in cui Simonetta fu uccisa. Si tratta di una commistione: la traccia contiene il sangue di Simonetta e quello (cui si è mischiato) di un soggetto di sesso maschile, dunque l’assassino. La componente maggioritaria però riguarda il sangue di Simonetta: la traccia organica riferita all’assassino occupa un profilo minoritario. Nella traccia di sangue analizzata dalla scientifica vengono isolati 8 alleli che coincidono con il DNA di Raniero Busco misto a quello di Simonetta Cesaroni (per 8 volte, dunque, emerge un profilo biologico che in modo compatibile coincide con il corredo genetico di Busco misto a quello di Simonetta). Gli 8 alleli sono stati confrontati anche con i DNA degli altri 29 sospettati dell'inchiesta: sono risultati incompatibili con tutti gli altri 29 DNA.
Nell'aprile 2009 la nuova indagine sul delitto di Via Poma si conclude. A maggio il Pubblico ministero Ilaria Calò deposita gli atti di chiusura dell'indagine, chiedendo il rinvio a giudizio di Raniero Busco per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà. L'udienza preliminare per decidere sul rinvio a giudizio di Raniero Busco si terrà il 24 settembre 2009, dinanzi al GUP Maddalena Cipriani. Il GUP decide di spostare l'udienza al 19 ottobre, per poter prima ascoltare i cinque consulenti che hanno eseguito la perizia sull'arcata dentaria di Busco e il confronto tra l'arcata dentaria dell'imputato e il morso al capezzolo del seno sinistro di Simonetta Cesaroni. Sarà convocato anche il dottor Emilio Nuzzolese (dentista esperto in odontologia forense) consulente tecnico di Raniero Busco. Il GUP ascolta la relazione dei cinque consulenti (due medici legali, due odontoiatri, un capitano dei RIS: Ozrem Carella Prada, Stefano Moriani, Paolo Dionisi, Domenico Candida, Claudio Ciampini) del pubblico ministero Ilaria Calò. I periti espongono i risultati della loro analisi sull’arcata dentaria di Raniero Busco e dimostrano, anche attraverso prove fotografiche, la perfetta compatibilità tra i segni del morso sul capezzolo del seno sinistro di Simonetta Cesaroni e i denti dell’imputato. Il GUP ascolta anche la relazione del consulente nominato dalla difesa di Busco, il dottor Emilio Nuzzolese (odontoiatra forense). Il perito Nuzzolese definisce la lesione sul capezzolo della vittima come suggestiva di un 'morso parziale' e più precisamente come il possibile risultato di segni lasciati da alcuni denti, compatibile solo con l'azione di un 'morso laterale' per il quale non è possibile giungere ad alcuna attribuzione. Peraltro evidenzia, dopo un'analisi odontologico-forense della dentatura di Raniero Busco, che le incisioni dentali di quest'ultimo, se di morso si tratta, sarebbero state completamente differenti, escludendo quindi che sia il Busco l'autore della lesione sul capezzolo.
L’udienza preliminare viene aggiornata al 9 novembre 2009: in quella data, il GUP accoglie la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal PM Ilaria Calò nei confronti di Raniero Busco. Busco deve quindi sostenere un processo per l'omicidio della sua ex fidanzata Simonetta Cesaroni. Viene stabilito che il dibattimento si aprirà il 3 febbraio 2010 nell'aula bunker del carcere di Rebibbia dinanzi alla terza sezione della corte d'assise del tribunale di Roma, presieduta dal giudice Evelina Canale, giudice a latere Paolo Colella, sei giudici popolari. L'accusa è di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà.
Su Raniero Busco emergono anche delle lacune sull'alibi per il primo pomeriggio del 7 agosto '90: dell'alibi non c'è traccia scritta in nessun documento investigativo dell'agosto 1990; nel 2005 Busco ha dichiarato di aver trascorso le ore del delitto assieme ad un suo amico, al quale stava riparando il motorino in una piccola officina sotto casa sua. Chiamato a dare la sua versione dei fatti, l'amico di Busco lo smentisce: il pomeriggio del 7 agosto 1990 non era nell'officina vicino casa Busco per la riparazione del motorino (questo episodio era successo il pomeriggio prima, il 6). Si trovava in una casa di cura per anziani a Frosinone, perché era deceduta una sua zia. Il teste mostra anche il certificato di morte della zia che dimostra la verità del fatto. Quel giorno incontrò Busco fuori da un bar del quartiere Morena solo tra le 19:30 e le 19:45, al suo rientro a Roma da Frosinone.
Viene presa nuovamente in considerazione anche una testimonianza, già rilasciata negli anni Novanta da Giuseppa De Luca, la moglie del portiere Pietrino Vanacore. Giuseppa De Luca raccontò alla polizia di aver visto uscire dalla scala B di via Poma, la sera del 7 agosto 1990 alle ore 18, un giovane con un fagotto sul lato sinistro. Procedeva verso l'uscita del palazzo a testa bassa, era alto sul metro e 80 e indossava pantaloni grigio scuro, una camicia verde scuro e un cappello con la visiera. La De Luca disse che questa persona (da lei vista da 10 metri di distanza) le sembrò essere il ragionier Fabio Forza, un inquilino del palazzo. Che si trattasse del ragionier Forza è, però, impossibile: il 7 agosto 1990, Forza era in vacanza all'estero, per la precisione in Turchia. Anche se si trattò di uno sbaglio di persona, una sentenza giudiziaria ha stabilito che il racconto della portiera De Luca ha un suo fondo di verità e che i due coniugi Vanacore non avevano motivo di mentire per attuare eventuali depistaggi d'indagine.
Il 26 gennaio 2011, al termine del processo di primo grado, Raniero Busco viene riconosciuto colpevole dell'omicidio di Simonetta Cesaroni e condannato a 24 anni di reclusione. Il 27 aprile 2012, al termine del processo di secondo grado, Busco viene assolto dall'accusa del delitto Cesaroni per non aver commesso il fatto.
Le piste alternative
La pista del Videotel e i presunti segreti dell'Aiag
Poche settimane dopo il proscioglimento definitivo di Pietrino Vanacore e Federico Valle, avvenuto il 30 gennaio 1995, arriva in Procura, a Roma, una lettera anonima, che suggerisce di indagare sulla pista del Videotel: una chat line alla quale si poteva accedere con il computer all'inizio degli anni '90, attraverso un servizio simile all'odierno Internet. La pista, battuta per alcuni anni dagli inquirenti, suggeriva l'ipotesi che Simonetta aveva fatto uso del computer dell'ufficio di via Poma per entrare in contatto, attraverso la rete, con altri utenti. Così, casualmente, poteva aver conosciuto il suo assassino, al quale lei aveva dato un appuntamento per quel pomeriggio del 7 agosto 1990.
C'è chi dice anche di aver riconosciuto Simonetta in una interlocutrice del Videotel che si firmava con il soprannome Veronica. Altra testimonianza afferma di un utente del Videotel che si firmava Dead (come la frase trovata scritta sul foglio accanto al computer di via Poma) e che, entrando in rete dopo il 7 agosto, affermò di aver ucciso la Cesaroni, rivelandolo a tutti gli utenti. Ma la pista si è scoperto essere infondata: il computer da lavoro di Simonetta era solo di videoscrittura (non c'era la possibilità di accedere a servizi Videotel) e Simonetta, a casa sua, non disponeva di un computer.
Prima della svolta investigativa ultima, quella del giugno 2004, sono emersi anche alcuni fatti misteriosi collegati alla sede Aiag di via Poma, presieduta all'epoca dall'Avvocato Francesco Caracciolo Di Sarno. Sono girate notizie in base alle quali l'ufficio di via Poma sarebbe stato un luogo di copertura per alcune attività dei servizi segreti italiani. Dettagli collegati al fatto che Roland Voller, il commerciante austriaco informatore della polizia, che accusò falsamente del delitto Federico Valle, risultò essere un personaggio con probabili collegamenti anche in ambienti di servizi segreti (fu trovato in possesso anche di alcuni documenti riservati sul delitto dell'Olgiata, avvenuto vicino Roma nel luglio del 1991). Questi misteri non hanno trovato tuttavia nessun legame e nessun riscontro con i fatti del delitto Cesaroni.
I presunti intrecci con la Banda della Magliana ed il SISMI
Tra le piste alternative seguite subito dopo l'omicidio vi è anche quella di un omicidio voluto e poi effettuato da parte della Banda della Magliana. Si dice infatti che Simonetta Cesaroni avesse scoperto quasi per caso negli archivi della stessa A.I.A.G. degli importantissimi e segretissimi documenti che testimoniavano dei presunti favori fatti dalla stessa A.I.A.G. ed altri enti edili a favore della Banda della Magliana con il benestare del Vaticano, territorio in cui vi erano alcuni edifici "prestati" alla banda, con la complicità del SISMI. La pista in un primo momento sembrava la più "veritiera" soprattutto quando alcuni testimoni dissero di aver notato poco dopo l'omicidio 3 personaggi (mai identificati) esattamente sotto la palazzina della Cesaroni che per il loro modo di fare e per il loro abbigliamento potevano essere membri del SISMI. Infatti pochissimo tempo prima vennero scoperti i legami tra la Banda della Magliana ed i servizi segreti dove fu rilevato come il SISMI ormai aveva dei forti rapporti con la banda.
Questa pista successivamente venne gradualmente abbandonata in quanto le indagini non portarono a nulla di provato e questi eventuali documenti trovati dalla Cesaroni non sono stati mai trovati. In aggiunta questi eventuali edifici utilizzati dalla Banda della Magliana in territorio Vaticano non sono mai stati rintracciati ed identificati. Altre ipotesi per avvalorare la nullità della pista sono un'incongruenza di date tra il declino definitivo della Banda della Magliana che viene fatto coincidere con l'omicidio di Enrico De Pedis avvenuto il 2 febbraio 1990 e la data dell'omicidio di Simonetta Cesaroni avvenuto il 7 agosto 1990. Più precisamente si crede che ormai la banda non avesse più potere influente sui servizi segreti rendendo impossibile una commissione per un omicidio.
I processi
Il processo di primo grado (3 febbraio 2010 - 26 gennaio 2011)
Calendario delle udienze del processo di primo grado - (Pubblico ministero: sostituto procuratore della Repubblica Ilaria Calò; Presidente della III sezione della Corte d'Assise del Tribunale di Roma: giudice Evelina Canale; Giudice a latere: Paolo Colella; 6 giudici popolari):
3 febbraio 2010: apertura del processo contro Raniero Busco. Il Comune di Roma si costituisce parte civile ed è rappresentato dall'avvocato Andrea Magnanelli.
16 febbraio 2010: deposizioni di Anna Di Giambattista, madre di Simonetta Cesaroni; Paola Cesaroni, sorella di Simonetta Cesaroni; Antonello Barone, fidanzato nel 1990 di Paola Cesaroni; mostrate in aula, attraverso tre cassette vhs e un dvd, alcune interviste televisive degli anni '90 rilasciate dai familiari di Simonetta Cesaroni e da Antonello Barone; ricostruzione degli ultimi mesi di vita della vittima e dei suoi rapporti con l'imputato; lettura in aula del contenuto delle ultime lettere private scritte da Simonetta Cesaroni. Conferito al perito Mario Franco l'incarico di trascrivere delle intercettazioni telefoniche.
24 febbraio 2010: deposizioni di Marco Santangelo (capo della Volante 11), Luigi Piccinini (capo della Volante 12), Cherubino Gagliardi (ispettore della Squadra Mobile della Questura di Roma), Ciro Solimene (sovrintendente di Pubblica Sicurezza), alcuni dei poliziotti responsabili del sopralluogo nell'appartamento del delitto la notte dell'8 agosto 1990; mostrate le fotografie scattate durante il sopralluogo; deposizioni di Franco Martinelli (agente di polizia che con il collega Antonio Gaccetta eseguì un sopralluogo in via Poma il 27 agosto 1990, effettuando rilievi nella cabina dell'ascensore della scala B e prelevando tracce dalla pulsantiera, da un vetro dell'ascensore e da un frammento d'intonaco), Laura Nardi (agente di polizia che con il collega Antonio Gaccetta eseguì un sopralluogo in via Poma il 30 agosto 1990, effettuando rilievi nell'ufficio dell'ex AIAG e prelevando tracce da un poster appeso ad una parete, da un mobiletto d'alluminio e dal davanzale di una finestra), di Sergio Salis (agente di polizia che con i colleghi Laura Nardi e Umberto Minatore eseguì un sopralluogo in via Poma il 28 settembre 1990, effettuando rilievi nell'ufficio dell'ex AIAG e prelevando tracce dal termosifone della stanza del delitto); deposizioni di Luigi Mattiacci e Fabrizio Brezzi, rispettivamente l'agente e l'ispettore di polizia che interrogarono in Questura l'imputato il 10 settembre 1990.
12 marzo 2010: deposizioni di Luca Volponi, figlio di Salvatore Volponi; deposizioni di Ali Ben Musba (agente di polizia che il 21 agosto 1990 sequestrò nella portineria della scala B di via Poma un mazzo di chiavi di riserva dell'ufficio dell'ex AIAG) e di Danilo Gobbi (agente di polizia che il 28 agosto 1990 fu presente ad accertamenti svolti sul computer da lavoro di Simonetta Cesaroni, che si occupò della verifica-alibi di Ermanno Bizzocchi e di un interrogatorio di Luciano Menicocci e che si occupò di una agenda telefonica di Pietrino Vanacore consegnata per errore, dalla polizia, ai Cesaroni il 6 settembre 1990). In questa udienza si sarebbero dovuti ascoltare anche gli ex portieri della scala B di via Poma Pietrino Vanacore (che però è stato trovato morto suicida il 9 marzo) e la moglie, Giuseppa De Luca. Quest'ultima e il suo figliastro Mario (anche lui convocato come testimone al processo) hanno preferito non presentarsi in aula nel giorno indicato, dopo la tragica vicenda personale. Salvatore Volponi, datore di lavoro di Simonetta Cesaroni alla Reli S.a.s. nel 1990 (anch'egli convocato) ha inviato un certificato medico al tribunale di Roma per giustificare la sua assenza al processo. Il presidente della terza corte d'assise Evelina Canale dispone alla fase finale del dibattimento il termine per le deposizioni di Giuseppa De Luca e Mario Vanacore e al 7 aprile, salvo nuova indisposizione, il termine per la deposizione di Salvatore Volponi.
16 marzo 2010: deposizioni di Nicolino Grimaldi, portiere di via Poma 4; di Virginia Rotti, portiera di via Andreoli 1; di Manlio Giammona Indaco, proprietario fino al 19 dicembre 1991, assieme al fratello Ferdinando, dell'appartamento affittato all'ex AIAG per stabilirvi la sede d'ufficio; di Anna Petrillo, l'incaricata delle pulizie nell'ufficio dell'ex AIAG; di Ottavio Saviane, inquilino di via Poma 4; lettura in aula di una intervista di stampa e di un verbale d'interrogatorio del deceduto architetto Cesare Valle, inquilino della scala B di via Poma nel 1990; lettura in aula dei verbali d'interrogatorio del 1990 di 5 testimoni anch'essi deceduti nel corso dei 20 anni d'indagine. Tra questi, il colonnello dei carabinieri Giovanni Danese.
7 aprile 2010: deposizioni di Anita Baldi, direttore amministrativo dell'ex AIAG; di Luciano Menicocci, dipendente amministrativo dell'ex AIAG e tutor di Simonetta Cesaroni in via Poma; di Maria Luisa Sibilia, dipendente dell'ex AIAG e colei che ha riconosciuto il mazzo di chiavi sequestrato nell'agosto 1990 nella portineria della scala B di via Poma come quello di riserva in uso all'ufficio; di Giuseppina Faustini, dipendente dell'ex AIAG; di Riccardo Sensi, dipendente amministrativo dell'ex AIAG dal luglio 1987 all'aprile 1990. In questa udienza doveva essere ascoltato anche Salvatore Volponi, ma il teste ha nuovamente inviato un certificato medico al tribunale di Roma per giustificare ancora una volta la sua assenza (il legale di Volponi, avvocato Maria Antonietta La Mazza, ha chiesto alla corte di far calendarizzare la deposizione del teste verso la fine del dibattimento); lettura in aula di alcuni passaggi del verbale del deceduto Salvatore Sibilia, funzionario e ispettore regionale dell'ex AIAG e marito di Anita Baldi.
9 aprile 2010: deposizioni di Francesco Caracciolo di Sarno, presidente dell'ex AIAG; di Giulia Caracciolo di Sarno, figlia di Francesco Caracciolo di Sarno; di Luigina Berrettini, responsabile dell'ufficio personale dell'ex AIAG; di Mario Macinati, ex giardiniere delle fattorie di Tarano [Rieti] del presidente dell'ex AIAG Francesco Caracciolo Di Sarno; di Giuseppe Macinati, figlio di Mario Macinati.
7 maggio 2010: deposizioni di Flora De Angelis e Luigino Prili, marescialli dei carabinieri in servizio presso la sezione di Polizia giudiziaria del tribunale di Roma; ascoltata in aula una intercettazione telefonica del 23 ottobre 2008 tra Giuseppa De Luca, ex portiera di via Poma, e Anna Vanacore, la sua figliastra; ascoltate in aula una intercettazione ambientale ed una telefonica del 2007 riguardanti due testimoni citati dalla difesa dell'imputato; ricostruzione delle testimonianze del 2004-2007 sui tre alibi differenti dell'imputato; mostrate in aula due foto (una dell'imputato, datata 1990; l'altra, sempre datata 1990, di Fabio Forza, un inquilino della scala B di via Poma che l'ex portiera [della scala B di via Poma] Giuseppa De Luca credette d'aver visto uscire dal palazzo il pomeriggio del delitto); ripercorse le posizioni dei 29 ex sospettati, tutti scagionati dal test del DNA; dimostrata l'infondatezza di una telefonata anonima (opera di un poliziotto) nella quale si era parlato di un litigio tra Simonetta Cesaroni e un amico dell'imputato; smentite le vecchie ipotesi degli anni '90 sul coinvolgimento dei servizi segreti nel caso; chiarito un episodio riguardante un mazzo di fiori e uno sconosciuto.
12 maggio 2010: deposizioni di Simone Palombi, amico dell'imputato (primo testimone chiamato in causa da Busco nel 2004 a sostegno del suo primo alibi); Donatella Villani, amica di Simonetta Cesaroni; Sergio D'Aquino, fidanzato nel 1990 di Donatella Villani; Anna Rita Testa, amica di Simonetta Cesaroni; Marco Giusti, fidanzato nel 1990 di Anna Rita Testa; Nazzareno Fiorucci, amico di Simonetta Cesaroni; Francesca Persico, amica di Simonetta Cesaroni; Rita Surace, titolare nel 1990 del "Bar centrale ai Portici" (nel 1990 luogo di ritrovo dell'imputato, di Simonetta Cesaroni e dei loro amici). Acquisite agli atti un'intervista televisiva del 31 agosto 1990, rilasciata dall'ex portiere di via Poma Pietrino Vanacore, e una intervista audio pubblicata su un giornale il 4 settembre 1990, rilasciata da Raniero e Giuseppina Busco il 3 settembre 1990.
20 maggio 2010: deposizioni di Luigi Poli, amico dell'imputato (secondo testimone chiamato in causa da Busco nel 2007 a sostegno del suo secondo alibi, fornito dall'imputato dopo aver appreso, da una trasmissione televisiva del 2007, della smentita del primo alibi da parte di Simone Palombi); Fabrizio Priori, amico dell'imputato (indicato nel dicembre 2008, attraverso una segnalazione confidenziale anonima fatta dal fratello [un poliziotto] della moglie (Roberta Milletarì) dell'imputato, come il protagonista di un litigio con Simonetta Cesaroni; poi terzo testimone chiamato in causa nel 2007 a sostegno del secondo alibi di Busco); Franco Brucato, amico dell'imputato (indicato nel febbraio 2005 da Busco, assieme a Massimo Iacobucci e Marco Cappelletti, come una persona interessata a Simonetta Cesaroni); Vanessa Canali, cugina di Roberta Foschi (Roberta Foschi era nel 1990 la fidanzata di Fabrizio Priori); Pietro Camolese e Stefano Carucci, nel 1990 tecnici della ditta Insirio (ditta che nel 1990 forniva i programmi per computer in uso all'ex AIAG); Valerio Franchina e Piero Marinetti, esperti informatici che, su incarico conferito dalla Procura della Repubblica di Roma il 7 dicembre 2005, hanno esaminato il computer in uso nel 1990 a Simonetta Cesaroni nell'ufficio ex AIAG di via Poma.
7 giugno 2010: deposizioni di Giuseppa De Luca, ex portiera della scala B di via Poma e vedova di Pietrino Vanacore[37]; Mario Vanacore, figliastro di Giuseppa De Luca; Salvatore Volponi, datore di lavoro di Simonetta Cesaroni alla Reli S.a.s. nel 1990 (a causa delle sue gravi condizioni fisiche, dovute a marcata depressione e ad ansia, la sua convocazione si è limitata alla formalità di una questione procedurale in merito al suo esame, sollevata dal suo avvocato difensore, Maria Antonietta La Mazza. La deposizione di Volponi è stata posticipata all'udienza processuale del 19 luglio); Maria Di Giacomo e Anna Rita Pelucchini, amiche di Giuseppina Busco, la madre dell'imputato (quarto e quinto testimone chiamati in causa da Raniero Busco nel 2007 a sostegno del suo terzo alibi. Nei confronti di entrambe il Pubblico ministero Ilaria Calò ha chiesto alla corte di procedere per l'accusa di "Falsa testimonianza"); Giuseppina Busco, madre dell'imputato; Mauro Busco, fratello maggiore dell'imputato; Paolo Busco, fratello minore dell'imputato; Paola Lopizzo, una ginecologa che visitò Simonetta Cesaroni il 3 agosto 1990 prescrivendole una confezione di "Securgin" (pillole anticoncezionali). Rese pubbliche due denunce del 2000 a carico dell'imputato: il 18 marzo 2000, Raniero Busco colpì alla testa una sua vicina di casa nel corso di un litigio (denuncia per aggressione); il 16 dicembre 2000, Raniero Busco aggredì verbalmente la cognata (un'agente di polizia, moglie del fratello maggiore Mauro) nel corso di un litigio, tirandole poi sulla mano una insalatiera che le lasciò una cicatrice (denuncia per minacce e aggressione).
7 luglio 2010: deposizioni del generale dei carabinieri Luciano Garofano, comandante del R.i.s. (Reparto investigazioni scientifiche) dal 1994 al 2009 e del maggiore dei carabinieri Marco Pizzamiglio, comandante della sezione di biologia del R.i.s. (i due periti della Procura della Repubblica di Roma incaricati di svolgere perizie genetiche sui reperti del delitto Cesaroni); del professor Stefano Moriani, medico legale presso l'istituto di medicina legale dell'università degli studi di Roma (il perito della Procura della Repubblica di Roma incaricato di rielaborare la relazione autoptica del 1990 sul delitto Cesaroni, all'epoca firmata dal professor Ozrem Carella Prada, medico legale).
19 luglio 2010: deposizioni dei professori Ozrem Carella Prada e Stefano Moriani, medici legali; dei dottori Paolo Dionisi e Domenico Candida, odontoiatri; del capitano del R.i.s. Claudio Ciampini (i cinque periti della Procura della Repubblica di Roma incaricati di ricostruire il morso al capezzolo del seno sinistro di Simonetta Cesaroni, di analizzare l'arcata dentaria di Raniero Busco e di confrontare i segni del morso dato alla vittima durante il delitto con la struttura dell'arcata dentaria dell'imputato). Il datore di lavoro di Simonetta Cesaroni alla Reli S.a.s. nel 1990, Salvatore Volponi (nuovamente convocato, dopo le mancate deposizioni del 12 marzo-7 aprile-7 giugno), non si è presentato in aula per la terza volta e non ha testimoniato al processo per la quarta volta. Il suo avvocato, Maria Antonietta La Mazza, ha presentato un quarto certificato medico del suo cliente (nel quale si fa riferimento, come le volte precedenti, a marcata depressione e ansia e nel quale si consiglia di evitare qualsiasi situazione che possa creare stress). Il presidente della terza Corte d'Assise, Evelina Canale, calendarizza al 1 ottobre la nuova convocazione di Volponi ma contemporaneamente stabilisce che, in caso di nuovo impedimento, sarà applicato l'articolo 512 del codice di procedura penale, che prevede l'acquisizione delle dichiarazioni del testimone rese prima del processo, per sopravvenuta impossibilità di ripetizione.
1 ottobre 2010: deposizioni del generale dei carabinieri Luciano Garofano, comandante del R.i.s. dal 1994 al 2009, del maggiore dei carabinieri Marco Pizzamiglio, comandante della sezione di biologia del R.i.s. e del professor Vincenzo Lorenzo Pascali, direttore dell'istituto di medicina legale dell'università degli studi di Milano (i tre periti della Procura della Repubblica di Roma incaricati di svolgere una perizia genetica su tracce di sangue presenti sulla porta della stanza del delitto Cesaroni. Il professor Pascali aveva eseguito una prima analisi su un tassello della porta già nell'agosto del 1990). Presentati i risultati peritali su altri 7 reperti prelevati in via Andreoli e di fronte al civico 2 di via Carlo Poma rispettivamente l'8 ed il 16 agosto 1990; depositata la perizia della dottoressa spagnola Maria Victoria Lareu Huidobro, docente universitaria di medicina legale e studiosa di biologia, sulle macchie di sangue trovate sulla porta della stanza del delitto Cesaroni. Il datore di lavoro di Simonetta Cesaroni alla Reli S.a.s. nel 1990, Salvatore Volponi, è risultato nuovamente assente in aula a causa delle sue condizioni di salute. La terza Corte d'Assise, dopo essersi riunita in camera di consiglio, ha deciso di sospendere l'applicazione dell'articolo 512 del codice di procedura penale per accogliere la richiesta dell'avvocato Paolo Lorìa (legale dell'imputato) di disporre una perizia per accertare le condizioni di salute di Volponi e stabilire se il teste può o meno recarsi al processo per deporre. La perizia è stata affidata al professor Piero Rocchini (neuropsichiatra), il cui incarico verrà formalmente ufficializzato nell'udienza del 7 ottobre.
7 ottobre 2010: deposizioni del professor Giuseppe Novelli (ordinario di genetica presso l'università degli studi di Roma), del dottor Emiliano Giardina (assistente di genetica presso l'università degli studi di Roma), del dottor Emilio Nuzzolese (odontologo forense), del professor Giancarlo Umani Ronchi (dipartimento di medicina legale dell'università degli studi di Roma), i quattro consulenti dell'avvocato Paolo Lorìa (legale dell'imputato). Il dottor Emilio Nuzzolese, pur ipotizzando che la lesione sia suggestiva di un 'morso parziale', sottolinea che il fermacapelli rotto ritrovato sulla scena del crimine accanto alla vittima potrebbe essere uno dei possibili agenti causali della lesione sul capezzolo. Ufficialmente conferito al professor Piero Rocchini (neuropsichiatra) l'incarico di eseguire una perizia su Salvatore Volponi, al fine di accertare le condizioni di salute del teste e stabilire se questi potrà o no presentarsi al processo a deporre. La perizia si svolgerà l'11 ottobre e le conclusioni saranno esposte dal professor Rocchini alla terza Corte d'Assise nell'udienza del 20 ottobre.
20 ottobre 2010: deposizione del professor Piero Rocchini, neuropsichiatra, sulla perizia del Tribunale riguardante lo stato di salute mentale del teste Salvatore Volponi. Il perito della Corte conclude che Volponi, nonostante è affetto da depressione bipolare, è in grado di testimoniare al processo, poiché ha una buona lucidità, una buona capacità rievocativa, una buona capacità di ribattere e una buona capacità empatica. Il professore ha però sottolineato che Volponi dovrà essere sentito facendo in modo da evitargli sovraccarichi emotivi (viene consigliata la presenza di un medico nell'aula processuale), poiché il disturbo bipolare di cui soffre e una componente fobico ossessiva che è in lui presente dall'età di 30 anni lo rendono un soggetto particolarmente fragile. La terza Corte d'Assise fissa la deposizione di Salvatore Volponi all'udienza del 12 novembre e aggiorna alla stessa data la ripresa del dibattimento processuale, in seguito al mancato raggiungimento di un accordo, tra il Pubblico ministero Ilaria Calò e l'avvocato Paolo Lorìa, sulle deposizioni odierne dei testi citati dalla difesa.
12 novembre 2010: deposizione di Salvatore Volponi, datore di lavoro di Simonetta Cesaroni alla Reli S.a.s. nel 1990; interrogatorio processuale di Raniero Busco, l'imputato.
17 novembre 2010: deposizioni di Nicola Cavaliere, capo della Squadra Mobile della Questura di Roma nel 1990; di Antonio Del Greco, capo della Sezione Omicidi della Squadra Mobile della Questura di Roma nel 1990; di Corrado Carboni, direttore di segreteria del comitato regionale Lazio dell'ex AIAG; di Anna Angelone, moglie di Mario Macinati (l'ex giardiniere delle fattorie di Tarano [Rieti] del presidente dell'ex AIAG Francesco Caracciolo di Sarno); di Giuseppe Carrino e Raffaello Lisi, colleghi di lavoro dell'imputato; di Giulia Pierantonietti, vicina di casa dell'imputato e madre di Alessandro Biancini (un amico dell'imputato, convocato all'udienza del 29 novembre).
29 novembre 2010: deposizioni di Alessandro Biancini, amico dell'imputato; di Giampiero Marzi, giornalista di una radio privata, autore di una intervista audio (pubblicata su un giornale il 4 settembre 1990) rilasciata da Raniero e Giuseppina Busco il 3 settembre 1990.
21 dicembre 2010: discussione finale del Pubblico ministero Ilaria Calò [illustrati i primi 12 punti della relazione conclusiva].
7 gennaio 2011: discussione finale del Pubblico ministero Ilaria Calò [illustrati gli ultimi 6 punti della relazione conclusiva; esposta la richiesta di condanna dell'imputato; esposta la richiesta della pena da applicare].
14 gennaio 2011: discussione finale dell'avvocato Lucio Molinaro (legale di parte civile di Anna Di Giambattista).
19 gennaio 2011: discussione finale degli avvocati Federica Mondani e Massimo Lauro (legali di parte civile di Paola Cesaroni).
20 gennaio 2011: discussione finale dell'avvocato Paolo Lorìa (legale dell'imputato).
26 gennaio 2011: controrepliche del Pubblico ministero Ilaria Calò; dell'avvocato Lucio Molinaro (legale di parte civile di Anna Di Giambattista); dell'avvocato Federica Mondani (legale di parte civile di Paola Cesaroni); dell'avvocato Paolo Lorìa (legale dell'imputato). Ingresso della terza Corte d'Assise di Roma in Camera di consiglio.
Sentenza di primo grado: Raniero Busco viene dichiarato colpevole dell'omicidio di Simonetta Cesaroni e condannato a 24 anni di reclusione e al pagamento delle spese processuali e del risarcimento, in separata sede, delle parti civili.
Il processo di secondo grado (24 novembre 2011 - 27 aprile 2012)
Calendario delle udienze del processo di secondo grado - (Pubblico ministero: sostituto Procuratore generale della Repubblica Alberto Cozzella; Presidente della I sezione della Corte d'Assise d'Appello del Tribunale di Roma: giudice Mario Lucio D'Andria; Giudice a latere: Giancarlo De Cataldo; 6 giudici popolari):
24 novembre 2011: apertura del processo. Il Comune di Roma, costituitosi parte civile, è rappresentato in udienza dall'avvocato Enrico Maggiore (in sostituzione temporanea dell'avvocato Andrea Magnanelli). Il collegio difensivo dell'imputato Raniero Busco (avvocati Paolo Lorìa e Franco Coppi) chiede alla Corte d'Appello di disporre il rifacimento di quattro perizie, inerenti: l'accertamento dell'orario della morte di Simonetta Cesaroni; la definizione della lesione riscontrata sul capezzolo del seno sinistro della vittima; l'interpretazione di alcune tracce di sangue di gruppo ematico A, oggetto di precedenti analisi (4 aprile 1991/28 aprile 1992: medici legali Angelo Fiori-Vincenzo Lorenzo Pascali-Laura Cortese, biologo Giovanni Destro Bisol; 1 giugno 1992: medico legale Bruno Dallapiccola, biologo della Polizia criminale Aldo Spinella; 2 ottobre 1999: generale dei carabinieri Luciano Garofano, R.i.s. [Reparto investigazioni scientifiche], tenente colonnello dei carabinieri Giampietro Lago, R.i.s. [Reparto investigazioni scientifiche]); la valutazione dello stato di conservazione dei reperti (dunque la sicura interpretazione e attribuzione delle tracce rilevate sui medesimi); chiede inoltre di acquisire agli atti del dibattimento una lettera inviata dal professor Angelo Fiori (medico legale) al collegio difensivo di Busco a fine novembre 2011 e chiede di ascoltare in aula il professor Fiori e tale Paolo Gugliotta (una persona informata sui fatti, interrogata durante l'istruttoria del 1990). Chiede anche di riascoltare Donatella Villani (un'amica di Simonetta Cesaroni). I legali di parte civile di Paola Cesaroni (la sorella di Simonetta Cesaroni), gli avvocati Massimo Lauro e Federica Mondani, chiedono alla Corte d'Appello di consentire una perizia psicologico-giuridica volta ad accertare la personalità della vittima, la qualità del rapporto privato tra Simonetta Cesaroni e Raniero Busco, il profilo psicologico-analitico della personalità di Busco. La perizia è a firma della dottoressa Laura Volpini: docente di Psicologia sociale e giuridica presso l'Università "La Sapienza" di Roma; Psicoterapeuta; Psicologa giuridica e forense. La Corte d'Appello, dopo essersi riunita in camera di consiglio, accoglie la richiesta della difesa sulle quattro perizie e acquisisce agli atti del dibattimento la lettera del professor Angelo Fiori mentre respinge la richiesta inerente alle deposizioni dei testi Gugliotta e Villani. La Corte d'Appello si riserva di decidere, invece, sulla richiesta di deposizione processuale del professor Angelo Fiori. La Corte d'Appello, inoltre, respinge la richiesta presentata dalla parte civile. La Corte d'Appello fissa al 5 dicembre la data di nomina dei periti del Tribunale di Roma che dovranno occuparsi delle nuove perizie richieste dalla difesa dell'imputato.
5 dicembre 2011: l'avvocato di parte civile di Anna Di Giambattista (la madre di Simonetta Cesaroni), Lucio Molinaro, lascia il suo incarico all'interno del dibattimento d'Appello. Al suo posto subentra (come legale di parte civile di Anna Di Giambattista) l'avvocato Massimo Lauro; l'avvocato Federica Mondani continua invece a tutelare legalmente Paola Cesaroni, la sorella di Simonetta Cesaroni. La Corte d'Appello nomina i periti del tribunale di Roma che dovranno occuparsi delle 4 perizie richieste dalla difesa dell'imputato e che sono volte a stabilire nuovamente: l'accertamento dell'orario della morte di Simonetta Cesaroni; la definizione della lesione riscontrata sul capezzolo del seno sinistro della vittima; l'interpretazione di alcune tracce di sangue di gruppo ematico A, oggetto di precedenti analisi, tra il 1991 ed il 1999; la valutazione dello stato di conservazione dei reperti (dunque la sicura interpretazione e attribuzione delle tracce rilevate sui medesimi). I periti sono: il dottor Corrado Cipolla D'Abruzzo (Medico legale - Università degli studi di Chieti), il dottor Carlo Previderè (Ricercatore universitario di genetica forense - Università degli studi di Pavia), il professor Paolo Fattorini (Medico legale - Università degli studi di Trieste). Le perizie inizieranno il 20 dicembre 2011 e avranno luogo presso il dipartimento di Medicina legale dell'Università degli studi di Pavia; i consulenti avranno 90 giorni di tempo per depositare le loro relazioni. Nominati anche alcuni periti di fiducia dell'accusa, della difesa e della parte civile per i Cesaroni e per il Comune di Roma, richiesti dalle quattro parti per seguire i lavori sulla maxiperizia. Per il Pubblico ministero (il sostituto Procuratore generale Alberto Cozzella): il professor Giovanni Arcudi (Medico legale - Università degli studi di Roma Tor Vergata), il professor Ozrem Carella Prada (Medico legale - Università degli studi di Roma La Sapienza), il dottor Domenico Candida (odontoiatra), il maggiore dei carabinieri Marco Pizzamiglio (R.i.s., Reparto investigazioni scientifiche - sezione di biologia). Per la difesa (avvocati Paolo Lorìa e Franco Coppi): il professor Giancarlo Umani Ronchi (Medico legale - Università degli studi di Roma La Sapienza), il professor Giuseppe Novelli (Responsabile dei laboratori di genetica medica - Università degli studi di Roma Tor Vergata), il dottor Emiliano Novelli (genetista forense), il dottor Emilio Nuzzolese (odontologo forense). Per la parte civile dei Cesaroni (avvocati Massimo Lauro e Federica Mondani): il generale dei carabinieri Luciano Garofano (biologo), la dottoressa Chantal Milani (odontologo forense), l’ingegner Fabio Boscolo (ingegnere forense); per la parte civile del Comune di Roma (avvocato Enrico Maggiore): il dottor Andrea Turchi (medico legale). La prossima udienza è fissata per il 27 marzo 2012.
27 marzo 2012: deposizioni del dottor Corrado Cipolla D'Abruzzo (Medico legale - Università degli studi di Chieti), del dottor Carlo Previderè (Ricercatore universitario di genetica forense - Università degli studi di Pavia), del professor Paolo Fattorini (Medico legale - Università degli studi di Trieste), periti della Corte d'Assise d'Appello del Tribunale di Roma. Interventi del dottor Domenico Candida (odontoiatra) e del maggiore dei carabinieri Marco Pizzamiglio (R.i.s., Reparto investigazioni scientifiche - sezione di biologia), periti del Pubblico ministero Alberto Cozzella. Intervento del generale dei carabinieri Luciano Garofano, consulente biologo della parte civile dei Cesaroni (avvocati Massimo Lauro e Federica Mondani).
23 aprile 2012: discussioni finali del Pubblico ministero Alberto Cozzella [esposta la richiesta di condanna dell'imputato; esposta la richiesta della pena da applicare; chiesto, in subordine, un nuovo rinnovo del dibattimento con una nuova perizia per il Tribunale d'Appello ], dell'avvocato Federica Mondani (legale di parte civile di Paola Cesaroni, la sorella di Simonetta Cesaroni), dell'avvocato Andrea Magnanelli (legale di parte civile del Comune di Roma).
26 aprile 2012: discussioni finali dell'avvocato Massimo Lauro (legale di parte civile di Anna Di Giambattista, la madre di Simonetta Cesaroni) e degli avvocati Franco Coppi e Paolo Lorìa (legali dell'imputato).
27 aprile 2012: controrepliche del Pubblico ministero Alberto Cozzella, dell'avvocato Massimo Lauro (legale di parte civile di Anna Di Giambattista, la madre di Simonetta Cesaroni), dell'avvocato Federica Mondani (legale di parte civile di Paola Cesaroni, la sorella di Simonetta Cesaroni), dell'avvocato Andrea Magnanelli (legale di parte civile del Comune di Roma), degli avvocati Franco Coppi e Paolo Lorìa (legali dell'imputato). Ingresso della prima Corte d'Assise d'Appello di Roma in Camera di consiglio.
Sentenza di secondo grado: Raniero Busco viene assolto con formula piena dall' accusa di aver ucciso Simonetta Cesaroni, per non aver commesso il fatto.
I ricorsi in Corte di Cassazione
Il 18 ottobre 2012 il sostituto Procuratore Generale della Repubblica di Roma Alberto Cozzella (Pubblico ministero del dibattimento di secondo grado) deposita il ricorso, presso la Corte di Cassazione, verso la sentenza d'Appello del 27 aprile 2012 del processo Busco. La settimana successiva, ricorrono anche gli avvocati Massimo Lauro e Federica Mondani (legali di Parte civile di Anna Di Giambattista e Paola Cesaroni. Rispettivamente la madre e la sorella di Simonetta Cesaroni).
L'udienza in Corte di Cassazione
Il 23 maggio 2013 viene fissata la data di udienza pubblica, in Corte di Cassazione, per l'esame tecnico del processo Busco e per l'esame dei ricorsi presentati dalla Procura Generale di Roma e dalla Parte civile: 26 febbraio 2014.
Le polemiche del 2007
Sul caso del delitto di via Poma sono nate alcune polemiche nel gennaio 2007, quando il giornalista Enrico Mentana, attraverso due puntate della trasmissione Matrix dedicate alla vicenda, rivelò in anticipo l'identità della persona (che poi si è scoperto essere Raniero Busco) cui appartenevano le tracce di DNA maschile isolate dagli indumenti di Simonetta Cesaroni. Il pm titolare della nuova inchiesta, Roberto Cavallone, ritenne grave la fuga di notizie, tale da aver compromesso l'indagine. Enrico Mentana, la giornalista Ilaria Cavo (che ha curato i reportage di Matrix sugli ultimi sviluppi dell'indagine) e un medico legale consulente per l'istruttoria, Roberto Testi, furono iscritti nel registro degli indagati per fuga di notizie. Mentana si difese in diretta tv, affermando e mostrando che in ordine temporale, prima della trasmissione del suo programma, già alcune agenzie d'informazione avevano iniziato a diffondere su Internet la notizia della nuova traccia di DNA isolata e l'identità di colui alla quale la stessa appartenesse.
Simonetta Cesaroni riposa nel piccolo cimitero comunale di Genzano di Roma.
Il Film Tv sulla vicenda
Dal 7 agosto al 15 settembre 2011 si svolgono a Roma le riprese de Il delitto di via Poma, un film tv che ricostruisce il caso dal giorno del delitto di Simonetta Cesaroni all'apertura del processo Busco (citando il suicidio di Pietrino Vanacore). La fiction è prodotta dalla società Taodue del gruppo Mediaset ed è diretta dal regista Roberto Faenza, consulente criminologo il dott. Carmelo Lavorino in qualità di esperto del caso. Nel cast, Silvio Orlando (è l'ispettore di polizia Niccolò Montella, unico personaggio di fantasia nella sceneggiatura), Giulia Bevilacqua (Paola Cesaroni), Astrid Meloni (Simonetta Cesaroni), Imma Piro (Anna Di Giambattista Cesaroni), Giorgio Colangeli (Pietrino Vanacore), Rosa Pianeta (Giuseppa De Luca), Fabrizio Traversa (Raniero Busco).
Il film tv è stato accompagnato da problemi tecnici e da polemiche: il condominio di via Poma 2 ha impedito le riprese all'interno del palazzo (su richiesta di un magistrato, padre di un ragazzo che nel 1990 fu coinvolto nelle indagini), l'avvocato Paolo Lorìa (uno dei legali di Raniero Busco) ha contestato il film tv manifestando l'intenzione di volerne bloccare la programmazione televisiva.
La trasmissione in onda viene inizialmente prevista tra dicembre 2011 e gennaio 2012 e poi per il 23 novembre 2011. Poi viene calendarizzata da Mediaset per il 30 novembre 2011, ma anche questa data viene ritirata dalla stessa azienda. La causa civile si chiude presso il Tribunale civile di Roma il 5 dicembre 2011. Il Tribunale civile è subentrato infatti per un esposto d'urgenza (ex articolo 700 del Codice di procedura civile) depositato dall'avvocato Paolo Lorìa, legale di Raniero Busco, il 26 ottobre 2011 (esposto ritirato il 16 novembre a seguito di accordo tra la difesa di Busco e la società Taodue di Mediaset, che ha deciso di sospendere anche per il 30 novembre la trasmissione in onda della fiction). Mediaset opta come data definitiva per il 6 dicembre (giorno in cui il film tv parte senza più problemi). Il 2 dicembre viene organizzata una conferenza stampa presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza e il 5 dicembre presso l'Università degli studi di Milano.
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per comprendere meglio suggerisco di leggere PAOLO FRANCESCHETTI e GABRIELLA PASQUALI CARLIZZI
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