mercoledì 6 novembre 2013
amarcord
è un film del 1973 diretto da Federico Fellini.
La notorietà di questo film è tale che lo stesso titolo "Amarcord" (derivante per composizione dall'espressione in dialetto romagnolo "a m'arcord", ossia "io mi ricordo") è diventato un neologismo della lingua italiana, con il significato di rievocazione in chiave nostalgica.
Il film, che uscì nelle sale italiane il 13 dicembre 1973, fu poi presentato fuori concorso al Festival di Cannes 1974. Il film, la cui locandina e i titoli di testa sono opera del grafico statunitense John Alcorn, è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare.
Trama
La vicenda, ambientata dall'inizio della primavera del 1932 all'inizio della primavera del 1933 (riferimento certo visto la corsa della VII edizione della Mille Miglia), in una Rimini onirica ricostruita a Cinecittà, come la ricordava Fellini in sogno, narra la vita nell'antico borgo (o e' borg, come a Rimini conoscono il quartiere di San Giuliano) e dei suoi più o meno particolari abitanti: le feste paesane, le adunate del "sabato fascista", la scuola, i signori di città, i negozianti, il suonatore cieco, la donna procace ma un po' attempata alla ricerca di un marito, il venditore ambulante, il matto, l'avvocato, quella che va con tutti, la tabaccaia dalle forme giunoniche, i professori di liceo, i fascisti, gli antifascisti e il magico conte di Lovignano, ma soprattutto i giovani del paese, adolescenti presi da una prepotente "esplosione sessuale".
Tra questi è messo in particolare risalto il personaggio di Titta Biondi (pseudonimo per Luigi "Titta" Benzi, amico d'infanzia di Fellini) e tutta la sua famiglia: il padre, la madre, il nonno, il fratello e gli zii, di cui uno matto, chiuso in un manicomio. Attraverso le vicende della sua adolescenza, il giovane Titta inizierà un percorso che lo porterà, piano piano, alla maturità.
Scene famose
Il film è divenuto noto per alcune scene memorabili:
la scena d'apertura con la fugaraza, ossia il falò della "vecchia" per festeggiare l'arrivo della primavera;
la vita scolastica dei protagonisti;
la parata fascista per il Natale di Roma, filmato nel retro dell'ingresso degli stabilimenti di Cinecittà;
la confessione di Titta con il parroco don Balosa;
la danza onirica al Grand Hotel;
la sortita notturna in mare aperto per salutare il passaggio del transatlantico Rex;
l'incontro dell'avvenente Ninola con il Principe Umberto, dal quale per un equivoco sarà chiamata "Gradisca";
l'esternazione di Teo, lo zio matto, interpretato da Ciccio Ingrassia e inspiegabilmente doppiato, sulla cima di un albero urlando disperatamente al mondo il suo desiderio di amore, con il celebre grido "Voglio una donnaaa!";
l'incontro di Oliva, disperso nella nebbia, con un "mostro misterioso" e che si rivela un innocuo bue;
il volo del pavone del Conte di Lovignano, in mezzo a una battaglia a palle di neve;
il traumatico incontro di Titta con una giunonica tabaccaia in pieno trasporto affettivo.
La panoramica di vicende si conclude in aperta campagna con il pranzo di nozze della "Gradisca". Si vede Titta amareggiato scrutare in lontananza i convenuti, il fisarmonicista cieco mormorare il titolo del film, il venditore di sementi, dalla dizione incomprensibile, che sembra salutare il pubblico. Il tempo si guasta, gli sposi partono e la musica interminabile per fisarmonica si affievolisce.
Amarcord e l'elemento autobiografico
Amarcord è senza dubbio il più autobiografico dei film del regista riminese: il titolo stesso è un'affermazione e una conferma di ciò, "a m'arcord", "mi ricordo" ed è proprio questo che Fellini ricorda attraverso gli occhi del suo alter ego (che per una volta non è Mastroianni, ma Bruno Zanin), il suo paese, la sua giovinezza, i suoi amici e tutte le figure che gli giravano attorno.
L'elemento autobiografico nell'arte di Fellini, comunque, è senza dubbio quello preponderante, basti pensare a Intervista, Roma ed a I Vitelloni: quest'ultimo caso, può essere considerato il "seguito" di Amarcord: i ragazzi sono cresciuti, i problemi sono altri, ma possiamo sempre riconoscere in Moraldo, il giovane che alla fine del film abbandona il paese natale per andare a vivere in una grande città, il giovane Fellini, che abbandona Rimini verso Roma. Un'ulteriore vena di "passato" la troviamo nelle musiche del maestro Nino Rota: musiche dolci, leggere come i ricordi che accompagnano e mostrano agli occhi degli spettatori.
Il ritorno di Fellini in Romagna si celebra dunque attraverso i piccoli accadimenti di una Rimini in pieno trionfalismo fascista tutt'altro che esaltato. Il ventaglio di una vita si apre nella coralità di un'opera degna del miglior Fellini, non a caso premiato con l'Oscar. Grazie alla collaborazione dello scrittore Tonino Guerra, davanti agli occhi dello spettatore sfila una ricchezza tale di volti e luoghi, divertimenti e finezze, malinconie e suggestioni, da far apprezzare il film a tutto il mondo. Attraverso i toni della commedia venata di malinconia, Amarcord distilla generosamente umori e sensazioni. Tutto ciò è riconoscibile nel film ma, come sottolinea Mario Del Vecchio, è la sostanza poetica che salta agli occhi. I protagonisti di Amarcord, e soprattutto le figure di contorno, non solo sono caricature di altrettante persone colte in un particolare momento storico; piuttosto, sono tipi universali, che vanno oltre la dimensione temporale per diventare immortali come, appunto, la poesia.
Altri interpreti e personaggi
Dina Adorni: Signorina De Leonardis, la professoressa di matematica
Francesco Di Giacomo: Uomo della sicurezza al seguito dell'Emiro
Carmela Eusepi: La figlia del conte
Franco Magno: Il preside Zeus
Citto Maselli: Bongioanni, il professore di scienze
Carla Mora: Gina, la cameriera
Lino Patruno: Bobo
Fides Stagni: La professoressa di belle arti
Fredo Pistoni: Colonia
Fausto Signoretti: Il vetturino Madonna.
Nel film recita in un breve cameo, anche il cantante del gruppo Banco del Mutuo Soccorso, Francesco Di Giacomo. In una particolare scena si nota un carabiniere interpretato da Ciccio Ingrassia (che nel film recita il ruolo di Teo). Il Principe Umberto fu interpretato dall'efebico caratterista Marcello Di Falco divenuto poi Marcella Di Folco.
Il ruolo della "Gradisca" era stato inizialmente affidato a Edwige Fenech, ma poco prima di firmare il contratto Fellini cambiò idea, perché secondo lui Edwige, nonostante la ben nota procacità, era "troppo magra". L'attrice non riusciva a prendere chili, e quindi Fellini scelse Magali Noël, che aveva una fisicità più prorompente, ed era di 16 anni più grande.
Nella scena del lancio di palle di neve, compare tra i bambini il futuro cantante Eros Ramazzotti. Oliva, il fratello di Titta, e altri amici sono interpretati infatti da comparse prese tra i ragazzi del quartiere Cinecittà.
Aristide Caporale (sempre nel ruolo di Giudizio), Dante Cleri, Marcella Di Folco, Francesco Di Giacomo, Donatella Gambini, Franco Magno, Fides Stagni e Alvaro Vitali erano già presenti in Roma, film di Fellini precedente a questo.
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