“Mio padre non solo ha rubato la mia infanzia. Ha rubato la mia vita”. Isabelle Aubry, protagonista della terribile storia di pedofilia che racconta nel suo libro, parla degli abusi subiti da parte di suo padre, delle umiliazioni subite nel momento in cui ha deciso di denunciare e dell’associazione che ha deciso di sostenere per salvare altri bambini.
“Quando si vuole affrontare un tabù, è necessario nominarlo”. “Avevo sei anni. Ricordo che stavo facendo il bagno e che mio padre era con me nella stanza, completamente nudo. Avrebbe continuato a comportarsi in questo modo finché io non arrivai all’età di quattordici anni, trovando il coraggio di parlare. La storia che sto per raccontarvi non è solo mia ma succede ogni giorno a migliaia di bambini, nelle loro case, nel segreto delle loro camerette. Finché questa situazione andrà avanti io non potrò avere pace”.
“TU SEI IL MIO SANGUE” – “Detesto le sue mani sul mio corpo. Ho paura di questi momenti luridi, e ancora di più di chiedergli di fermarsi. Allora non dico niente. Talvolta, qualche lacrima mi scende sulle guance: tutto preso dal suo piacere, lui non si rende conto di niente. Io sono sua figlia e la sua bambolina, docile, silenziosa”. “Renaud, l’uomo che mi stuprava tutte le notti e che mi prestava a tutti coloro che mi desideravano è mio padre“, così racconta all’inizio della sua storia. “E’ l’uomo che, all’età di 12 anni, ha annunciato: “Figlia mia, ora è il momento di sverginarti” .”E che, a 13 e mezzo, mi fece partecipare alla prima orgia,non contento di mettermi nel suo letto, Renaud voleva fare di me, bambina dai capelli scuri e timida una tranquilla puttana redditizia“. Intervistata da El Mundo, alla domanda: “Cosa ne pensi di un simile mostro?”, la Aubry risponde senza esitazione: “E’ contraddittorio. Io l’ho amato perché si interessava di me e al tempo stesso avevo paura di lui. Non mi piaceva quello faceva, ma, come tutti i bambini, avevo bisogno di qualcuno che si prendesse cura di me”.”Sei bella, sei intelligente, tu sei il mio amore, tu sei il mio sangue, darei la mia vita per te … “Non mi diceva mai che mentiva, coltivava questo amore. In modo falso, chiaramente, ma un bambino non sempre sa distinguere il padre perverso da quello buono“, ha affermato la Aubry, che oggi ha 45 anni.
SCOPRIRE L’INFERNO - Attraverso le pagine della sua biografia, si capisce bene il motivo del silenzio della bambina Isabelle.”Mio padre non mi ama come dovrebbe, però almeno mi vuole bene”.”Gli obbedivo perché ero sua figlia, e lui mio padre”. “Se avessi raccontato tutto avrei rovinato la vita di tutti noi e sarebbe stata colpa mia”.”Se lo fa è perché mi ama. Così mi dicevo e mi convincevo che fosse vero”.“Lui mi dice che sono la sua preferita, la sua Isabeau, la carne della sua carne …” Per questo oggi la Aubry insiste sul fatto che un bambino vittima di un abuso, “raramente racconta quello che sta subendo. E’ l’adulto che deve osservare, interrogare, scoprire l’inferno”. Nel suo caso fu la sua vicina di casa, Madame Abeille. “Isabelle, tuo padre fa le cose con te?”. Aveva 14 anni.”Mi fece delle domande e poiché io mi fidavo di lei, raccontai. Nel momento più opportuno lei ne parlò con mia madre“, dice Isabelle. Renaud e sua moglie (“una madre passiva, assente, che non mi voleva“) si erano separati e Isabelle viveva da sola con il suo carnefice.
NESSUNA GIUSTIZIA - L’indagine accertò gli anni di orrore e permise di portare Renaud Aubry alla sbarra. Tuttavia, il processo giudiziario è stato un secondo inferno per Isabelle. “Hanno schiacciato la mia infanzia con due bulldozer. Mio padre è stato il primo, la giustizia, il secondo“, scrive lei nel libro. “Mi hanno chiesto se lo faceva con il mio consenso. E’ abominevole. Quando risposi che non lo sapevo, mi chiesero: “Hai detto di no?” E io risposi: “No, no ho detto di no”.”Poi, lo stupro è stato ridotto a violenza sessuale. Per me la condanna non è stata sufficiente, la società ha ridotto al minimo quello che è successo” (In Spagna, l’abuso di un minore di 13 anni è sempre considerato uno stupro. E la parentela è un’aggravante). A suo padre che ora è morto, diedero sei anni di carcere e quattro anni più tardi, era già libero.”Quando ha lasciato la prigione si considerava una vittima e la pericolosa ero io“, aggiunge, “niente può spingere una vittima a presentare una denuncia. Io non avevo alcun sostegno, né amore, né alcuna possibilità di parlare con nessuno. Era sola, a 15 anni, con tutto questo.Se ci sono le condizioni sì, (si deve denunciare). Ma se non ci sono è troppo pericoloso. Si può anche perdere la vita“, dice, senza esitazione. Durante quel durissimo processo lei stessa tentò il suicidio.
CAMBIARE LA SOCIETA’ - Ma l’idea di aiutare altre vittime l’ha spinta a continuare. “Finché non cambiano le leggi e gli atteggiamenti, bisogna continuare a dare una mano. Finché ci sono bambini che hanno bisogno di aiuto, io non sono autorizzata a spararmi. Poi si vedrà …” Finisce così il suo libro. Suo figlio di 21 anni, e la sua organizzazione sono oggi le sue ragioni di vita. Per Isabelle Aubry, l’Asociación Internacional de Víctimas del Incesto (AIVI) che presiede, è la sua terapia personale. All’inizio di quest’anno, ha ottenuto che il Codice Penale francese includesse l’incesto come un crimine specifico. Con la impietosa storia della sua vita, pubblicata in Francia due anni fa e che esce ora anche in Spagna, spera di aiutare altre vittime: “Se la comunicazione è importante, grazie ai media, parleranno più vittime”.”Ora la mia preoccupazione è la società, proteggere i bambini affinché non vivano quello che ho vissuto io. So che non avrei potuto cambiare mio padre e mia madre, ma la società posso provare a cambiarla”. Per otto anni, non ha avuto nessun contatto con sua madre: “Non ho madre, non ho padre. Non sono nemmeno un’ orfana. Sono come se fossi venuta dal nulla.
fonte: www.giornalettismo.com
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