venerdì 23 novembre 2018

la nascita della civiltà egizia


Luca Andrea La Brocca.

Non ho intenzione di puntare il dito contro gli storici ortodossi e le loro inamovibili teorie. I grandi egittologi del passato hanno dato un contributo fondamentale alla comprensione della civiltà egizia nel suo insieme ed io non me la sento di buttare in mare tutta questa mole di lavoro. Questa pagina non vuole neppure cavalcare gli entusiasmi della cultura "new-age", non vuole vedere extraterrestre da tutte le parti, non vuole dar credito a teorie astruse, apparse come funghi negli ultimi tempi.

Non sono il primo a dirlo, ma lo studio di una civiltà complessa come quella egizia va affrontato diversamente da come hanno fatto gli egittologi fino ad oggi. 

C'è bisogno del filologo, dell'archeologo, dello studioso delle religioni, ma c'è bisogno anche di tecnici specializzati, astronomi, architetti, agrimensori, chimici, fisici, nonché studiosi non proprio ortodossi, come esperti in alchimia, in astrologia, e in storia delle società segrete.

Sono convinto che bisogna allargare il campo delle indagini, se si vuole una volta per tutte diradare le nebbie che avvolgono la storia dell'Egitto; se si vuole finalmente avere in mano qualcosa di più di semplici ipotesi che lasciano il tempo che trovano. I professori accademici ne trarranno chiari benefici, in quanto non dovranno più difendere teorie strambe, come quelle che riguardano il complesso di Giza, il periodo di Amarna, la stessa nascita della civiltà egizia, da visionari che vogliono assegnare tutto ciò che di grandioso si è fatto sulla terra ad una civiltà aliena.

In particolare, in questa pagina vorrei esporre alcuni argomenti, che sono poi quelli che riassumo nel titolo. Argomenti che, secondo il mio modesto punto di vista, non sono stati affrontati dagli studiosi in modo approfondito, cosa che ha incoraggiato il proliferare di teorie bizzarre che confondono, piche chiarire, le idee di chi si avvicina all'Egitto. Sicuro che sarete in tanti a sfogliare queste mie pagine, spero che possiate trovarle quanto meno interessanti, magari stimolanti. Spero possano stuzzicare la vostra sete di sapere, e possano spingervi a cercare più in là, ma non troppo, la risposta agli inquietanti interrogativi circa il nostro passato...


Nonostante l'enorme contributo dell'archeologia nell'acquisizione di informazioni che riguardano le origini della civiltà egiziana, "gran parte della storia di questo paese è avvolta nelle nebbie dell'incertezza".

Le tante domande che ancora aspettano una risposta sono state oggetto di speculazioni, cosa che ostacola la ricerca della verità. La mancanza di documenti scritti contribuisce a non rendere chiaro il quadro della situazione nella Valle del Nilo. Sicuramente fu abitata, anche nelle zone oggi aride che un tempo erano occupate da una verdeggiante savana. 

Chiaramente gli uomini erano dediti alla caccia, alla pesca e alla raccolta, almeno fino al 5500 a. C., quando dalla Palestina giunse l'agricoltura.

Questo è in parte vero, anche se gli storici sorvolano su quello che fu il primo caso di "rivoluzione agricola precoce" attestato al mondo, avvenimento che ha per protagonista proprio una cultura indigena della Valle del Nilo. E' un evento per alcuni aspetti misterioso, non ultimo il fatto che si colloca oltre i limiti temporali fissati dalla storiografia ortodossa.

Probabilmente per questi motivi, non ne fanno menzione alcuni dei testi di storia dell'Antico Egitto più famosi. Alcuni studiosi ne parlano comunque nelle loro opere, come Hoffmann in "Egypt before the Pharaohs" e Schild in "Prehistory of the Nile Valley".

Ad un certo punto, tra il 13.000 e il 10.000 a. C. l'Egitto visse per un periodo quello che è stato definito "uno sviluppo agricolo precoce", per mano della cultura Isnan.

In quattro siti sul Nilo superiore, gli archeologi hanno dissotterrato utensili agricoli in pietra, chiaro segno che questo popolo selezionava e coltivava cereali. Non solo, ma sembra che praticasse la domesticazione degli animali e disponesse di un'avanzata tecnologia di lavorazione.

Foto: il raccolto del grano. Da una pittura tombale dell'antico Egitto

Ma sentiamo cosa hanno da dirci gli esperti: - "Poco dopo il 13.000 a. C., mole e lame di falce dai tagli lucidi e brillanti (dovuti all'aderenza di silice degli steli tagliati alla punta affilata della selce) compaiono fra gli arnesi da lavoro del tardo paleolitico... E' chiaro che le mole venivano utilizzate nella preparazione di cibo vegetale..." - "Il declino della pesca come fonte di cibo è legata alla comparsa di una nuova risorsa alimentare rappresentata dai cereali macinati.

Dal pollice associato si evince che con tutta probabilità il cereale in questione era l'orzo e, fatto significativo, questo grande polline di graminacea, ipoteticamente identificato con l'orzo, fa un'apparizione improvvisa nel profilo pollinico nel periodo immediatamente precedente l'epoca in cui i primi insediamenti si stabilirono in questa zona..." - "Altrettanto spettacolare della nascita nel tardo paleolitico della proto agricoltura nella Valle del Nilo fu evidentemente la sua precipitosa fine.

Nessuno sa esattamente perché ma dopo il 10.500 a. C. le antiche lame di falce e la macinatura scompaiono per essere rimpiazzate in tutto l'Egitto da popolazioni paleolitiche di cacciatori, pescatori e raccoglitori che usavano strumenti di pietra."

Così l'agricoltura scomparve dall'Egitto per essere in seguito reintrodotta dalla Palestina intorno al 5000 a. C. Non solo, ma per almeno 1000 anni l'agricoltura non comparve più in nessun altro luogo della terra. 

Gli storici attribuiscono questo cambiamento di stile di vita ai cataclismi e ai mutamenti climatici che annunciarono la fine dell'ultima Era Glaciale. Dalle testimonianze emerge comunque che questa "rivoluzione" non fu un'iniziativa indigena, piuttosto una specie di "trapianto". E' improbabile che gli Isnan appartenessero ad una cultura capace di evolversi più rapidamente di altre culture. E' più facile pensare che acquisirono determinate conoscenze da una cultura più evoluta.


La fine della loro esperienza coincise non con un loro spostamento, o con una loro decisione di abbandonare gli strumenti, ma con il fatto che chi li istruiva abbandonò l'Egitto. Così, incapaci di continuare da soli, ritornarono a forme primitive di caccia, pesca e raccolta.

Purtroppo non abbiamo abbastanza dati a disposizione per poter tentare di seguire una eventuale migrazione, se mai avvenne, di questi primi colonizzatori.
Sembrano sparire nel nulla, motivo per cui gli studiosi negano la loro esistenza. 

Probabilmente i cataclismi che accompagnarono l'ultima de-glaciazione misero in difficoltà questi nostri "antenati", molti dei quali perirono durante quel periodo. Molti di loro, ma non tutti.

Ci sono almeno due validi motivi per affermare che una parte di loro non si spostò mai dall'Egitto: il fatto che la civiltà egizia comparve dal nulla nella sua completezza e il fatto che i primi sovrani egizi appartenevano ad una razza diversa da quella indigena. 

R.A. Schawaller, uno studioso "poco ortodosso" della civiltà nilotica era convinto che l'Antico Egitto si configurava non come uno sviluppo, ma come un'eredità.

Un attento studioso della civiltà egizia non può non rendersi conto che essa è pienamente sviluppata e definita dall'inizio della I Dinastia, circa 5000 anni fa. Ascoltate cosa hanno da dire alcuni famosi studiosi a tal proposito: "All'epoca di Menes" (il leggendario fondatore della I Dinastia), scrive Ignatius Donnelly nel suo Preadamites, "gli egiziani erano già un popolo civile e numeroso. Manetone ci dice che Athotis, il figlio del re, costruì il palazzo di Menfi; che era un medico e che lasciò dei libri di anatomia. Tutte queste affermazioni indicano semplicemente che, già in quell'antico periodo, gli egiziani avevano raggiunto un alto grado di civiltà.

All'epoca di Menes, gli egiziani erano da gran tempo architetti, scultori, pittori, mitologisti e teologi".

"L'Egitto" afferma il professor Richard Owen "appare dai documenti come una comunità civile e organizzata ancora prima del tempo di Menes. 

La comunità pastorale di un gruppo di famiglie nomadi ritratta nel Pentateuco può essere accettata come un primo passo nella civilizzazione. Ma quanto è avanzata rispetto a questo stadio una nazione amministrata da una monarchia, composta di diverse classi e strutturata secondo una divisione del lavoro, dove ai sacerdoti era assegnato il compito di registrare e di ordinare cronologicamente i nomi e le dinastie dei re, insieme alla durata e agli eventi principali dei loro regni!". "

L'Egitto" osserva Ernest Renan "fin dall'inizio, appare maturo, vecchio, senza periodi mitici o eroici, come se il paese non avesse mai conosciuto la giovinezza. La sua civiltà non ha alcuna infanzia, ne la sua arte alcun periodo arcaico. La civiltà dell'Antico Regno non appare nella sua infanzia. Era già matura".


Prendiamo come esempio per avvalorare questa ipotesi la sofisticata scrittura geroglifica. 

Gli egittologi dispongono di poche prove per poter seguire una eventuale linea di sviluppo della scrittura dai primi rozzi ideogrammi ai geroglifici completi di fonogrammi, ossia di segni con valore di suono.
Ma l'assurda teoria dello sviluppo crolla davanti ai famosi "Testi delle Piramidi". 

La particolarità di questi testi è che furono redatti durante un periodo di poco superiore ai cento anni, dalla fine della V Dinastia alla fine della VI, nelle camere funerarie delle piramidi di alcuni famosi faraoni. Il motivo di questa scelta non ci è noto, anche se probabilmente si volle creare un registro geroglifico di letteratura sacra.

Secondo R.O.Faulkner, professore di lingua egizia presso l'University College di Londra, i Testi sono "il corpus piantico di letteratura religiosa e funeraria pervenuto fino a noi" e "sono fra tutte le raccolte simili i meno corrotti". Secondo J.H.Breasted "ci svelano vagamente un mondo scomparso di pensieri e parole, l'ultima delle innumerevoli eternitper le quali passato l'uomo preistorico, prima...di fare il suo ingresso nell'era storica". Wallis Budge, ex sovrintendente alle antichità egizie presso il British Museum, e autore di un dizionario di geroglifici, con questa dichiarazione conferma l'ipotesi di un'eredità culturale: "I Testi delle Piramidi sono pieni di difficoltà di ogni genere.

Foto: alcuni TdP incisi nella camera funeraria della piramide di Unis a Sakkare, risale alla 5a dinastia

Non si conoscono i significati esatti di un gran numero di parole ivi contenute...

Spesso la costruzione della frase impedisce ogni tipo di traduzione, e quando contiene parole assolutamente sconosciute diventa un enigma insolubile. Sarebbe logico supporre che questi Testi venissero frequentemente utilizzati in occasione dei funerali, ma è evidente che furono impiegati in Egitto per un periodo di poco superiore ai cento anni. Perché il loro impiego iniziò repentinamente alla fine della V Dinastia per poi cessare alla fine della VI è un fatto inspiegabile.

Vari passi provano che gli scribi che redassero le copie su cui si basarono gli incisori delle iscrizioni non capivano quel che scrivevano. L'impressione generale è che i sacerdoti che stilarono le copie presero degli stralci da componimenti diversi di epoche diverse e di contenuti diversi..."

E' chiaro che i documenti sorgente o erano scritti in una forma arcaica della lingua egiziana - cosa che fa retrodatare la comparsa della scrittura egizia di parecchi secoli - o, probabilmente, erano scritti in una lingua diversa, che comprendeva terminologie tecniche e riferimenti a manufatti e a concetti per i quali non esistevano termini equivalenti nella lingua egizia. In entrambi i casi c'è la conferma che la scrittura egizia o la sua antenata erano antichissime e che, o si svilupparono in un arco di migliaia piuttosto che di centinaia di anni - cosa piuttosto improbabile - oppure che fu introdotta, completamente sviluppata, da una cultura superiore a noi sconosciuta.

In precedenza ho affermato che i primi sovrani egizi appartenevano ad una razza diversa dalla popolazione locale. Anche se l'affermazione può sembrare assurda, troverete conforto nelle parole del famoso professor W.B.Emery, autore id Archaic Egypt: "...verso la fine del IV millennio a.C., il popolo noto tradizionalmente con il nome di "Seguaci di Horus" ci appare come un'aristocrazia altamente civile o una razza dominante che governa tutto l'Egitto.

La teoria dell'esistenza di questa razza è confortata dalla scoperta, nelle tombe del tardo periodo predinastico nella parte settentrionale dell'Alto Egitto, dei resti anatomici di individui con un cranio e una corporatura di dimensioni maggiori rispetto agli indigeni, con una differenza così marcata da rendere impossibile qualsiasi ipotesi di ceppo comune.

La fusione delle due razze deve essere assai stretta, ma non così rapida che, al tempo dell'Unificazione, si potesse considerarla in qualche modo compiuta, dato che, per tutto il periodo arcaico, la distinzione fra l'aristocrazia civilizzata e la massa di indigeni è assai pronunciata, specialmente per quanto riguarda le usanze funerarie.

Solo alla fine della II Dinastia troviamo prove che dimostrano come le classi inferiori avessero adottato l'architettura funebre e il tipo di sepoltura dei loro governanti. L'origine razziale di questi invasori è ignota e ugualmente oscura rimane la via che seguirono nella penetrazione dell'Egitto". Gli stessi egiziani nel corso della loro storia fanno riferimento a coloro che li precedettero nel governo del paese: gli dei, i semidei, gli spiriti dei morti, e i re mortali, tra i quali i "Venerabili di Menfi", "I Venerabili del Nord" e gli "Shemsu Hor" o "Compagni di Horus", che regnarono sul paese durante un incredibile numero di anni. Per gli egittologi questi sono miti, ma per gli antichi egizi questa era storia, tant'è che tali dati comparivano sempre in liste di re contenenti anche i nomi di quei sovrani cosiddetti "storici", dei quali abbiamo prove certe di un'esistenza.

Sui miti egizi vi rimando ad una prossima trattazione. Vorrei ora soffermarmi su una argomento che reputo interessante: le conoscenze tecnologiche degli egiziani nei primi secoli della loro millenaria storia.

Per strane circostanze, oserei dire misteriose, non giunto fino ai nostri giorni nessuno strumento "tecnologico" egizio.

Di più non conosciamo descrizioni o rappresentazioni dei medesimi su testi o raffigurazioni pittoriche, e quindi non conosciamo nemmeno i termini con cui questi strumenti venivano designati. Lo studio della tecnologia egizia si basa quindi su mere congetture, partendo dalla osservazione del prodotto finito e dei resti della lavorazione. Per questo motivo si sono formulate le conclusioni più azzardate, e spesso l'analisi tecnologica stata influenzata dalle generali conclusioni archeologiche.

Ciò non sarebbe un problema nel caso in cui analisi tecnologica e archeologica giungessero a comuni risultati. Ma nell'ambito dell'egittologia accade il contrario, e così mentre l'analisi archeologica mostra una linea ascendente di evoluzione culturale dalla I Dinastia all'Era Tolemaica, l'analisi tecnologica segnala una leggera involuzione dalla I Dinastia sino alla IV Dinastia, per mostrare poi un processo di evidente declino nei tre millenni successivi, fino all'epoca dei Tolomei.

In effetti, il grado di perfezionamento, tanto rimarchevole quanto improvviso e senza precedenti che lo facciano presagire, nell'arte della costruzione nella III Dinastia e la risaputa incapacità dei costruttori dell'ipostilo di Karnak, che 1500 anni dopo non sapevano che gli edifici richiedevano di fondamenta, un mistero del tutto inspiegabile. Dobbiamo chiederci se l'assoluta inesistenza di riferimenti alla scienza e alla tecnologia egizia puramente casuale.
Gli egittologi attribuiscono effettivamente al caso la mancanza di reperti tecnologici.

Uno strumento molto usato dagli antichi egizi fu il trapano, che funzionava pio meno come il nostro. Abbiamo molti resti di perforazioni, ma nessun reperto dello strumento. Siccome i resti che possediamo di queste perforazioni sono una minima parte dei lavori che poteva produrre un tale strumento, gli egittologi affermano che in questo modo si riducono ancor di pile possibilità di rinvenire lo strumento. Anche se vogliamo condividere questa affermazione, essa non ci può spiegare allora perché nelle iscrizioni, pitture e papiri rimasti, non compaiono mai riferimenti, o almeno allusioni, alle conoscenze tecnologiche di questo popolo. Siamo ancora in presenza del caso?

Lo stesso discorso vale per le minuziose osservazioni astronomiche, comprovate dalla perfezione del calendario e dal preciso orientamento degli edifici, ma delle quali non ci rimasto nessun reperto. D'altronde, prima di noi, furono i classici a sorprendersi nell'osservare vicino alle grandi costruzioni la mancanza di qualsiasi reperto archeologico relativo agli strumenti che servirono alla loro costruzione.

Per concludere, gli egizi delle prime Dinastie costruirono la Grande Piramide, incisero geroglifici su pietre di inaudita durezza come la diorite, lo scisto metamorfico, il basalto e il cristallo di quarzo, con le quali crearono sculture incredibilmente perfette, con le sole mani, perché non conoscevano la ruota, il diamante, il ferro, e nessuno tipo di strumento.
Vi pare una affermazione logica? 

Può darsi, ma andate a guardare i recipienti di pietra, quasi 30.000, trovati sotto la Piramide di Gioser, vasi alti con lunghi colli esili, urne monolitiche con delicati manici ornamentali lasciati attaccati dagli intagliatori, coppe con colli stretti, coppe aperte, addirittura fiale microscopiche ed altri oggetti non meglio identificati, tutti rigorosamente levigati e lucidi, realizzati con pietre che nei secoli successivi gli egiziani non sapranno più usare.

O provate ad osservare la famosa statua del faraone Chefren (foto), in diorite, la più alta espressione dell'arte scultorea egizia. Sono opere che nemmeno i più bravi scalpellini attualmente in circolazione, con le migliore tecnica a disposizione, sarebbero in grado di eguagliare.

La massima espressione architettonica degli egizi il complesso di Giza. Esso comprende tre piramidi attribuite ad altrettanti faraoni della IV Dinastia, con i relativi templi funerari collegati con strade rialzate ai templi a valle, nonché la famosissima Sfinge. La Grande Piramide, l'unica delle sette meraviglie ancora in piedi, la Prima Piramide di Giza, per usare un termine tecnico, in realtà aveva un nome più poetico: "La Piramide che il luogo dell'alba e del tramonto" o anche "L'Orizzonte di Cheope". 

Gli egittologi la attribuiscono appunto a Cheope, il secondo Faraone della IV Dinastia, il cui nome egizio Khufu (hwfw) significa "Che Egli (il dio sole Ra) mi protegga". Non ho intenzione in questa sede di annoiarvi con la sfilza di dati che provano la straordinaria perfezione di questo monumento, ma voglio soffermarmi su particolari sui quali bisogna riflettere. La piramide priva di qualsiasi iscrizione, una caratteristica della necropoli di Giza, rispetto alle altre settanta piramide egizie tappezzate di geroglifici. Purtroppo non possono essere considerati originali i "marchi di cava", geroglifici errati o di epoca successiva, che furono trovati in alcune delle camere di compensazione sopra la Camera del Re dal Vyse, una specie di pseudo-archeologo che probabilmente fu l'autore del falso. 

Il monumento non quindi "firmato", per usare un termine moderno, fatto inusuale nella storia dei re egizi. Pensate, il grande Cheope realizzò l'opera più incredibile che si sia mai vista sulla terra, senza farne un motivo di celebrazioni, senza una parola di auto elogio, priva persino di quei testi funerari che avrebbero dovuto accompagnare il re defunto nel viaggio verso l'aldilà. Purtroppo non ci sono indizi che possano provare che Cheope fu sepolto proprio lì e la storiella che ci raccontano circa una profanazione da scartare per vari motivi, non ultimo il fatto che di tale furto non ci sono rimaste tracce, tipo un brandello di stoffa, un coccio rotto o qualche piccolo oggetto di poco valore. Reperti che collegano Cheope con la Grande Piramide sono stati trovati all'interno e all'esterno delle piramidi satellite che fiancheggiano il monumento, tra cui, ironia della sorte, l'unica statua che conosciamo del più famoso re d'Egitto.

Se scartiamo le notizie che ci giungono dai classici greci, i quali non avevano accesso a determinate informazioni, possiamo soltanto affermare che la Grande Piramide intimamente connessa con il faraone Cheope, ma non abbiamo uno stralcio di prova che dimostri che fu proprio lui a costruirla.


La Seconda Piramide di Giza la piramide attribuita a Chefren, "La Grande Piramide" o "Cheope Grande", come la chiamavano gli egizi. Chefren, il Khafra' o Rakhaef egizio (R'khaef), era il figlio di Cheope, che regnò dopo un suo fratellastro, Gedefra', il quale stranamente costruì la sua piramide lontano da Giza.

Anche questa piramide priva di iscrizioni e, manco a dirlo, fu trovata vuota. Nel Tempio a Valle, sepolte sotto metri di sabbia, furono trovate alcune statue del faraone, tra cui quella di diorite-gneiss di cui vi parlavo in precedenza. La Terza Piramide di Giza la piramide attribuita a Micerino, "La Piramide Divina" o "Micerino Divino". Questo faraone, chiamato dagli egizi Menkaura' (R'mnk3w), "La potenza di Ra stabile", fu dei tre il più ricco: di qui la stranezza della decisione di costruire la sua piccola piramide vicino ai giganti dei suoi predecessori. Avrebbe potuto benissimo scegliere un altro sito, vista comunque la perfezione del suo monumento. Anche questa piramide priva di iscrizioni, ma fu trovata nella Camera del Re una sepoltura intrusiva di un epoca successiva. Probabilmente il sarcofago era di Micerino, ma andò perso in mare. Di lui ci rimangono delle bellissime statue che lo ritraggono in trittici con altre divinità trovate sepolte all'interno del Tempio a Valle.

Avrete sicuramente notato la mia pignoleria quasi ossessiva nell'indicarvi i nomi esatti dei faraoni con il loro significato. In questo cerco di imitare gli stessi egizi, i quali davano molta importanza al nome (rn). Questa parola si scrive con due semplici simboli: il primo chiaramente la bocca, con la quale si pronunciano i nomi; il secondo un rivolo di acqua, un simbolo che in geroglifico significa energia, in quanto nominare qualcosa voleva dire dargli forza.

Chiusa questa parentesi, chiaro che gli egittologi non hanno elementi che possano provare chi furono i costruttori di tali monumenti.

Hancock e Bauval, rivolgendo lo sguardo in cielo sono riusciti in parte a diradare le nebbie del mistero che avvolgono questo sito. Le loro idee sono rivoluzionarie, ma penso che con il tempo verranno accettate dall'ortodossia. Chiarito che molto probabilmente la piramidi di Giza non furono costruite come tombe, lo stesso vale per le altre settanta piramidi sparse sul suolo egiziano. Per esempio Snefru (Snfrw), il padre di Cheope, costruì ben tre piramidi, e a tal proposito viene da chiedersi cosa doveva farci questo faraone con tre tombe. Era forse un megalomane?

Se le piramidi egizie non furono costruite per preservare i corpi mummificati dei faraoni, per quale motivo furono erette?

Adesso introduciamo un argomento "tabù", quello del ringiovanimento che i faraoni riuscivano ad ottenere mediante l'utilizzo delle piramidi, costruite a tale proposito. La cosa più sorprendente è che tutte le piramidi egizie furono costruite con questo obbiettivo. 

Tale recente conquista della scienza archeologica non viene divulgata perché si contrappone all'idea stereotipata secondo cui la finalità delle piramidi era di servire da tombe ai sovrani. Gli egittologi, dichiarando che lo scopo delle piramidi risiedeva nel ringiovanimento dei faraoni, non solo negano una "verità" accettata ormai da tempo, ma affermano un concetto apparentemente assurdo: chi può accettare una teoria secondo cui un faraone poteva ringiovanire solo sistemandosi all'interno della piramide? 

Nonostante possa sembrare sorprendente, questa è la tesi accettata ufficialmente dalla scienza archeologica per spiegare la finalità di questi monumenti. Sentiamo cosa hanno da dirci in merito alcuni affermati egittologi: "In alcune tribù nilotiche" afferma A.Fakhry "ancora oggi un re può prolungare il proprio regno con metodi magici e cerimonie rituali. Agli albori della storia gli egizi probabilmente eseguivano pratiche simili. I faraoni celebravano l'Heb Sed (hb-sd) come mezzo per preservare il proprio vigore giovanile e prorogare nel tempo il loro regno. La pratica dell'Heb Sed continuo fino alla fine della storia egiziana."..."

Nelle pareti dei templi si trovano numerose rappresentazioni di tali cerimonie. Sfortunatamente, anche se conosciamo questi rilievi e possiamo tradurre i testi geroglifici che li accompagnano, dobbiamo ammettere che l'obiettivo fondamentale di queste pratiche ci sfugge ancora." "Tutti i re egizi", dichiara I.E.S. Edward nel suo libro "Le Piramidi d'Egitto","dovevano celebrare l'Heb Sed dopo aver regnato per un certo numero di anni. L'origine di questa festa è molto oscura, ma risale ad epoche lontane, quando il re, dopo un certo periodo, doveva morire ritualmente. 

E' evidente che il significato di questa tradizione consisteva nella convinzione che la felicità del regno potesse venir assicurata solamente da un re che fosse riuscito a mantenere intatto il proprio vigore fisico."..."Uno degli elementi più importanti dell'Heb Sed consisteva nella legalizzazione dell'incoronazione. Durante questa cerimonia una processione guidata da un sacerdote giungeva al tempio dell'atrio dell'Heb Sed, dove si trovavano gli dei delle "monarchie" dell'Alto Egitto. Dopo aver ottenuto da ogni dio il consenso per il prolungamento del regno, il re veniva condotto al trono sud, un complesso di due troni collocati sotto un baldacchino, per essere incoronato con la corona bianca dell'Alto Egitto. Una cerimonia simile si verificava nei templi degli dei delle monarchie del Basso Egitto prima che il re ascendesse al trono nord per ricevere la corona rossa del Basso Egitto." Edward dedica molte pagine del suo libro alla descrizione dell'enorme e complessa architettura costituita da decine di immensi templi, corridoi, gallerie, patii situati a diversi livelli, che costituiscono un complesso monumentale di strutture che erano, come già assicurava Erodoto, ancora più importanti della stessa piramide. Se si considera che la finalità della piramide era l'Heb-Sed , è logico che anche i templi dell'Heb-Sed addossati alla piramide fossero edifici monumentali.

E' possibile ricostruire, in linea generale, la successione delle cerimonie dell'Heb-Sed. Secondo i testi e i disegni egizi, la prima fase costituiva la morte rituale del faraone, il cui corpo veniva collocato in un lussuoso sarcofago all'interno della piramide. Non sappiamo quanto tempo durava la permanenza del faraone nel sarcofago, e non sappiamo nemmeno se ciò avveniva per catalessi, ipnosi, o altro. Tale morte veniva accompagnata dalle cerimonie del dolore, e questo spiega perché parte degli impianti dell'Heb-Sed è puramente funeraria. Trascorso il tempo necessario, il faraone resuscitava.

Pur non avendo testimonianze dirette di questa fase, possiamo immaginare la festosità e l'allegria che accompagnavano la resurrezione del re. Poteva accadere che il sovrano uscisse dal sepolcro con tutti gli acciacchi di prima, per cui erano previste, prima dell'incoronazione, minuziose e prolungate "prove di gioventù”. Le prove di gioventù sono la dimostrazione che il processo di ringiovanimento era preso in seria considerazione. Una rappresentazione molto comune mostra il faraone mentre corre rapidamente con una stanga da trebbiatura in una mano e un piccolo oggetto nell'altra. Sul suolo si nota la traccia di un circuito che corre tra due file di pietre a forma di tronco di cono che il sovrano doveva percorrere quattro volte. Chiaramente solo un re rinvigorito poteva superare una tale prova.

La stanga da trebbiatura evidenzia un'altra prova di forza, perché quando le messi si trebbiavano a mano, solo i giovani vigorosi erano capaci di sgranare i covoni, non di sicuro un faraone anziano. Ignoriamo la natura di una successiva prova collegata al piccolo oggetto che il re porta in una delle mani.
In una delle sale dell'Heb-Sed compare la figura del dio Min, il dio della fertilità spesso rappresentato come un toro bianco con il fallo eretto. 

Ciò a testimoniare una prova associata al vigore sessuale, della quale ci sfugge il senso. Alcuni testi menzionano altre prove di gioventù come violare una fortezza o distruggere una città a dimostrazione che la cerimonia del Giubileo si sviluppava in un tempo molto lungo. 

Appare chiaro dalla complessità della festa e dall'enorme sforzo economico richiesto per la costruzione di templi e edifici, che il contenuto dell'Heb-Sed era in qualche modo reale. Una festa che risaliva all'Egitto predinastico e che non subì variazione nei tremila anni della civiltà egizia.

Fino a poco tempo fa era impossibile spiegare il problema del ringiovanimento del faraone utilizzando le conoscenze della biologia. In nostro aiuto sono giunte due nuove teorie, una del chimico fiorentino Piccardi e l'altra del professore di informatica russo Trincher, entrambe basate sulla scoperta di alcune proprietà dell'acqua un tempo sconosciute. Prima di affrontare questi studi e' bene spendere due parole in favore di questo liquido. L'acqua è un composto chimico totalmente anomalo, tant'è che non si concilia con le usuali regole della fisica e della chimica. Il grande idrologo fiorentino Piccardi era solito affermare che "l'acqua è il liquido più misterioso della creazione".

D'altronde l'intima relazione tra acqua e vita è tale che si può affermare che "la vita è una delle proprietà anomale dell'acqua". 

Se fosse una sostanza come le altre, dovrebbe bollire a 230ー sotto zero, ma per comparazione tra H2O e H2S, l'acqua bolle a 100ー gradi sopra lo zero.

Tutte le sostanze, raffreddate, contraggono il proprio volume, e cosi metalli non fusi rimangono nel fondo, mentre il ghiaccio galleggia sull'acqua. Essa inoltre ha un potere dielettrico di 80, altissimo se confrontato alla media delle altre sostanze, che arriva a 10. Ed è quest'ultima anomalia ad originare tutte le altre. Ciò avviene perché l'acqua presenta "valenze deviate".

L'angolo delle valenze dell'ossigeno nell'acqua è 104ー, per cui l'acqua non H2O, ma e' formata da cinque H2O. A tal proposito il premio Nobel Pauling afferma che "L'acqua è un polimero costituito da cinque molecole di H2O collocate in cinque angoli di una piramide di base quadrata, il cui angolo di 52ー. Anche la Grande Piramide ha la base quadrata con gli angoli di 52ー, per cui si può affermare con certezza che il monumento egizio non è altro che il simbolo dell'acqua.

Piccardi collocò in una provetta una soluzione di cloruro di bismuto, aggiunse acqua e scoprì che la soluzione si intorbidiva producendo un liquido biancastro. In particolare scoprì che il grado di precipitazione variava con le ore del giorno, con i mesi dell'anno e ogni undici anni, seguendo il ciclo del giorno, delle stagioni e delle macchie solari.

Piccardi scoprì anche che il composto precipitava più rapidamente in una provetta collocata sotto un recipiente di metallo, la quale evidentemente non subiva l'influenza delle onde elettromagnetiche che, al contrario, acceleravano il processo di precipitazione nella provetta sistemata all'aperto. La cosa sorprendente è che in una provetta collocata sotto una piramide che abbia le stesse proporzioni della Grande Piramide, la decantazione, nel caso del cloruro di bismuto, avveniva addirittura con quindici minuti di ritardo.

Questa è la prova che esistono radiazioni universali che provocano il ritardo della precipitazione, radiazioni che vengono ottimamente captate dalla piramide. 

l processo di invecchiamento è noto come un aumento di entropia, per cui con la creazione di anti-entropia tale processo viene ritardato. Il biologo russo Trincher riuscì a fare misurazioni dell'anti-entropia dell'acqua interstiziale dei globuli rossi, la quale risiede "in stati cristallini metastabili dell'acqua". 

Da questa scoperta e da quella del Piccardi alcuni ricercatori hanno preso spunto per effettuare esperimenti circa l'influenza che la forma piramidale esercita sul comportamento di enzimi e ormoni.

Questi avvennero nello IEA, l'Istituto di Studi Avanzati dell'Argentina. Sappiamo che gli enzimi hanno la capacità, agendo come catalizzatori, di accelerare diversi processi di trasformazione chimica che avvengono nel nostro organismo. La piramide ha la proprietà di modificare questa capacità. Gli esperimenti all'IEA consisterono nel collocare provette contenenti un enzima e un substrato all'aperto, in un cubo e in una piramide. Si effettuarono esperimenti con tutti gli enzimi riscontrando trasformazioni con alte percentuali di rendimento sotto la piramide: il 150% per l'ureasi, che trasforma l'urea in ammoniaca; il 70% per i lipasi, che sdoppiano i grassi in acidi grassi e glicerina; il 50% per l'invertasi, che trasforma il saccarosio in glucosio; anche una diminuzione del 42% per l'amilasi, che sdoppia l'amido in glucosio. Con gli ormoni si ebbero variazioni qualitative, non quantitative, per cui si affermò il carattere puramente enzimatico dell'azione piramidale.

Purtroppo gli esperimenti, suggeriti dal biochimico Varela, furono arrestati, non essendo stati giudicati interessanti dagli scienziati.

fonte: https://crepanelmuro.blogspot.com/

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