sabato 7 settembre 2013

il gladiatore




Gladiator è un film del 2000 diretto da Ridley Scott, interpretato da Russell Crowe, Joaquin Phoenix, Connie Nielsen, Richard Harris, Oliver Reed e Tomas Arana. Crowe interpreta il fedele generale Maximus (italianizzato in "Massimo"), che viene tradito quando Commodo, l'ambizioso figlio dell'imperatore, assassina il padre e s'impossessa del trono. Ridotto in schiavitù, Massimo ricompare nell'arena tra le file dei gladiatori per vendicare l'assassinio della sua famiglia e del suo imperatore.
La pellicola uscì nelle sale cinematografiche il 5 maggio 2000 negli USA, il 12 maggio in Gran Bretagna e il 19 maggio in Italia; il film ha ottenuto un grosso successo al botteghino, ottenendo recensioni generalmente positive e risultando vincitore di cinque Premi Oscar e di molti altri riconoscimenti.


Nell'anno 180 d.C., il valente generale Massimo Decimo Meridio guida l'esercito romano alla vittoria durante la guerra contro i Marcomanni in Germania, guadagnandosi ancora di più la stima dell'anziano imperatore romano Marco Aurelio, gravemente malato. Marco Aurelio, che sente prossima la fine, sceglie, in luogo del figlio Commodo, considerato inadatto al ruolo, il generale Massimo come proprio successore al quale affidare il compito di far tornare Roma ad essere una repubblica, restituendo il potere al senato, ovvero al popolo romano, come era prima dell'avvento dell'età imperiale.
Inizialmente riluttante, Massimo chiede tempo per decidere e si ritira in tenda a pregare gli Dei affinché lo aiutino a decidere per il suo futuro e proteggano la sua famiglia, idealmente rappresentata da due statuette della moglie e del figlio, che Massimo porta con sé. Nel frattempo Marco Aurelio comunica la sua decisione al figlio, che era giunto da Roma insieme alla sorella Lucilla. Commodo, deluso e afflitto per la scelta del padre, lo uccide soffocandolo con il proprio petto prima che renda pubblica la sua decisione. Massimo capisce che l'imperatore non è morto per cause naturali, ma è stato ucciso dal figlio, dunque rifiuta di sottomettersi a Commodo, che allora dà ordine a Quinto, nominato prefetto del Pretorio, che non essendo resa pubblica la scelta di Marco Aurelio, credeva Massimo un traditore, di far uccidere lui e la sua famiglia. Successivamente viene incoronato imperatore a Roma.
Massimo viene immobilizzato e condotto in mezzo alla foresta, dove sono ben visibili i segni della battaglia, per essere giustiziato; inginocchiatosi davanti al boia riesce, dopo aver finto di accettare il suo destino, ad afferrarne la spada e ad uccidere, uno dopo l'altro, tutti i pretoriani del manipolo. Gravemente ferito a un braccio nell'azione, s'impossessa di due cavalli e intraprende il lungo viaggio verso casa, ma giunge troppo tardi: Massimo vede alcuni suoi amici morti, e poi scopre la moglie e il figlio crocefissi tra le rovine fumanti della propria abitazione. Disperato, piange i suoi cari, infine si accascia straziato dal dolore e sfinito dalla stanchezza.
Catturato da un mercante di schiavi viene venduto a Proximo, un ex gladiatore divenuto lanista, che proprio Marco Aurelio aveva affrancato insignendolo del rudis, la spada di legno. Massimo è portato in Africa ed è costretto a combattere nell'arena, dando presto prova delle sue eccellenti qualità di guerriero, che gli fanno accrescere la popolarità tra gli spettatori e il rispetto degli altri combattenti; l' Ispanico, come è conosciuto nella familia gladiatoria, stringe amicizia con Juba, un cacciatore numida e con Hagen, un combattente germano che, fino alla comparsa di Massimo, era il più valoroso dei gladiatori di Proximo. Durante le pause degli spettacoli Juba e Massimo, parlando delle rispettive famiglie e della vita che conducevano prima di divenire schiavi, rinsaldano la loro amicizia traendo coraggio, di fronte alla prospettiva della morte in combattimento, dalla speranza che avrebbero rincontrato i loro familiari nell'aldilà.
Quando Commodo, soprattutto per conquistare la folla, ordina che per un lungo periodo, 150 giorni, si tengano a Roma dei giochi gladiatorii in memoria del padre, proprio colui che cinque anni prima ne aveva disposto l'interruzione, anche i gladiatori di Proximo vengono affittati per lo spettacolo. A Roma i gladiatori di Proximo vengono destinati a rievocare la battaglia di Zama della seconda guerra punica, rappresentando le truppe di Annibale, l'orda barbarica, schierate contro le legioni di Scipione l'Africano. Massimo, che indossa una maschera che ne cela le sembianze, assume il comando del gruppo e disponendo i propri compagni a testuggine al centro dell'arena riesce a sovvertire l'esito di un incontro in cui erano storicamente destinati alla sconfitta. Impossibilitato a uccidere Massimo, guadagnatosi il sostegno della folla che chiede incessantemente la grazia, Commodo, amareggiato, solleva la mano e protende il pollice verso l'alto, lasciando infine l'arena mentre la folla riecheggia e osanna il nome di Massimo.
Lucilla, dopo aver visto Massimo in vita, s'incontra segretamente con lui in una delle celle in cui si trovano i gladiatori. Durante il loro colloquio Massimo l'accusa con rabbia di aver partecipato agli omicidi del padre e della sua famiglia, ma lei lo nega decisamente, dichiarandosi a sua volta terrorizzata e vittima del fratello. Lucilla confida a Massimo di disporre di potenti alleati in Senato che vogliono detronizzare Commodo e lo invita ad allearsi con loro per rovesciare il fratello, ma Massimo rifiuta e le chiede di dimenticarlo, chiudendo bruscamente l'incontro.
Il giorno dopo Massimo deve fronteggiare l'unico gladiatore imbattuto che ritorna nell'arena cinque anni dopo il suo ritiro, Tigris delle Gallie. Durante il combattimento più volte da botole che si aprono nell'arena balzano fuori delle tigri incatenate che si avventano, trattenute a stento dagli addetti, contro Massimo. Una delle tigri riesce ad atterrarlo, ma viene trafitta da Massimo che riesce, pur sotto il peso della fiera, a colpire ripetutamente Tigris, che si abbatte in terra sconfitto. Tigris, condannato a morte dal pollice verso di Commodo, viene graziato da Massimo che si rifiuta di ucciderlo, sfidando deliberatamente l'ordine dell'Imperatore. La folla lo acclama come "Massimo il misericordioso" mentre Commodo, abbandonato il palco, lo raggiunge nell'arena e insulta la memoria dei cari di Massimo con lo scopo di farlo combattere contro di sé: senza perdere la calma, Massimo si volge e si allontana, sottolineando ancora una volta la sua volontà a non riconoscere Commodo come imperatore.
Mentre viene riaccompagnato alla scuola dei gladiatori Massimo viene informato da Cicero, il suo fedele servitore, che il suo esercito, accampato ad Ostia, gli è rimasto fedele. Riesce a incontrarsi nelle celle dei gladiatori con Lucilla e il senatore Gracco, al quale chiede di farlo uscire da Roma e ricongiungere col suo esercito col quale tornerà a Roma e rovescerà Commodo. Sospettando il tradimento della sorella, Commodo minaccia indirettamente il figlio Lucio, costringendola a rivelare il complotto. I pretoriani arrestano immediatamente Gracco e prendono d'assalto la caserma, combattendo contro i gladiatori di Proximo mentre Massimo scappa. Hagen e Proximo vengono uccisi durante l'assedio, mentre Juba e i superstiti vengono imprigionati. Massimo fugge attraverso un tunnel dalle mura della città, ma assiste impotente alla morte di Cicero, trafitto dalle frecce dei pretoriani, e viene catturato da una coorte della guardia pretoriana.
Massimo, incatenato nei sotterranei, riceve la visita di Commodo che lo sfida a duello nell'arena. Per essere certo della vittoria, prima di affrontarlo gli infligge a tradimento una pugnalata sotto l'ascella con uno stiletto e ordina a Quinto di celare la ferita. Condotto nell'arena, ove lo attende Commodo, Massimo raccoglie la spada da terra e inizia il duello, mentre i pretoriani si dispongono a cerchio attorno ai combattenti. Dopo alcuni scambi di colpi Massimo, pur indebolito dalla ferita, riesce a disarmare Commodo ma a sua volta, prostrato dallo sforzo, lascia cadere la sua spada. Commodo chiede un'altra spada, dapprima a Quinto, che capendo finalmente la natura abietta e subdola di Commodo non acconsente, e poi ai pretoriani che però, su ordine di Quinto, non intervengono. Commodo estrae allora uno stiletto nascosto e si getta su Massimo che contrattacca, colpendolo con pugni violenti. I due lottano avvinghiati per alcuni secondi, fino a che Massimo riesce a spingergli la mano indietro e affondare lo stiletto nella gola di Commodo, che cade senza vita in un Colosseo avvolto dal silenzio. A Massimo, ormai morente, appaiono la sua casa e la sua famiglia, ma viene riportato alla realtà dalla voce di Quinto che gli chiede indicazioni.
Massimo chiede a Quinto di liberare Juba e gli altri gladiatori di Proximo sopravvissuti e di restituire alle sue mansioni il senatore Gracco, al quale chiede di restaurare a Roma il governo repubblicano, proprio come voleva Marco Aurelio. Dopo l'affermazione di Quinto ed un'ultima e più nitida visione dei suoi cari, che lo stanno aspettando, Massimo, per la ferita, crolla pesantemente a terra morendo tra le braccia di Lucilla, inginocchiatasi accanto a lui. Dopo avergli chiuso gli occhi si rialza come donna fedele alla repubblica e ricorda a tutti che Massimo è stato un uomo buono e un soldato di Roma e che la sua memoria va onorata. Il corpo di Massimo viene sollevato e portato fuori dal Colosseo, seguito da tutto il popolo, mentre il cadavere di Commodo resta abbandonato nell'arena. Quella stessa notte Juba ritorna libero nel Colosseo vuoto e seppellisce, nella sabbia intrisa di sangue dov'era caduto Massimo, le statuine della moglie e del figlio di Massimo, dicendo la storica frase: "Ci rivedremo un giorno... ma non ancora".

Produzione

Le riprese del film iniziarono a gennaio del 1999. Gli esterni furono girati in Marocco, Tunisia, Italia e Malta; gli interni invece interamente a Los Angeles negli studi cinematografici della Universal Pictures.
Il regista Ridley Scott e la produzione chiesero al comune di Roma di poter realizzare alcune scene dei duelli dentro il vero Colosseo. Il comune rifiutò tuttavia la proposta poiché l'anfiteatro era in fase di restauro accurato. Così le scenografie del Colosseo (solo il primo giro di tribune, il resto fu creato con la tecnica digitale) furono ricostruite a Malta in 19 settimane.
Le riprese del film in generale terminarono a maggio del 1999. Il budget stimato per la realizzazione del film fu di 103.000.000 $.
Le scene iniziali (la battaglia di Vindobona) sono state girate in tre settimane in Gran Bretagna nelle Bourne Woods a Farnham, nella contea di Surrey, approfittando di una disposizione dello Stato per il disboscamento dell'area.
L'attore Oliver Reed (Proximo) è morto poco prima del termine delle riprese del film, che di conseguenza è stato a lui dedicato. Le scene che non è riuscito a recitare sono state create con la tecnica digitale grazie a spezzoni di scene tagliate.

Cast

Russell Crowe: Massimo Decimo Meridio, generale romano, fedele all'imperatore Marco Aurelio, che si rifiuta di assecondare il tradimento di Commodo e per questo sarà condannato a morte; riuscirà a sfuggire ma non ad evitare l'omicidio della moglie e del figlio. Raccolto in fin di vita da Proximo diverrà gladiatore, ottenendo la sua vendetta verso Commodo in un combattimento nel Colosseo dove egli stesso troverà la morte.
Joaquin Phoenix: Commodo, principe divenuto imperatore dopo l'uccisione del padre, il quale aveva scelto il generale come successore al trono dell'impero di Roma; dopo il ritorno di Massimo contrasterà inutilmente il suo tentativo di restaurare la Repubblica.
Connie Nielsen: Lucilla, sorella di Commodo ma innamorata di Massimo, del quale sarà alleata nel cercare di salvarlo e di realizzare la volontà del padre.
Richard Harris: Marco Aurelio, anziano imperatore che intende restaurare a Roma la Repubblica ma il suo desiderio sarà bloccato da Commodo che, frustrato nella mancata stima del padre verso di lui, lo ucciderà incolpandone Massimo.
Oliver Reed: Proximo, ex-gladiatore che si era guadagnato la libertà, divenuto mercante di schiavi; riscatterà il suo apparente cinismo favorendo la fuga di Massimo e per questo morirà ucciso dai pretoriani.

Accoglienza

Incassi

Il film si è rivelato uno dei maggiori successi della sua annata cinematografica. Nel 2000 a livello internazionale ha incassato circa 457.640.000 $, secondo solo a Mission: Impossible II.
Negli Stati Uniti, dove è stato distribuito in oltre tremila sale e per oltre cinquanta settimane, è stato il quarto incasso stagionale con circa 187.705.427 $.
In Italia ha incassato complessivamente oltre venti miliardi di lire: con 16.337.604.000 £ è stato l'undicesimo incasso della stagione cinematografica 1999/2000, con 5.239.764.000 £ il quarantanovesimo incasso della stagione cinematografica 2000/2001. Considerando l'intero incasso può essere inserito fra i primi dieci incassi dell'una o dell'altra stagione.

Edizione home video

Il film fu distribuito inizialmente in VHS e successivamente riprodotto in DVD. La prima emissione in dischetto digitale era una confezione di 2 dvd di cui il secondo interamente dedicato ai contenuti speciali. Nel 2005 la Universal ha messo in commercio l'edizione del film extended version con tre dischi di cui 2 con contenuti extra. Questa versione del film offre circa 16 minuti in più rispetto alla versione cinematografica, diverse scene inedite, il dietro le quinte, il documentario sulle arti gladiatorie "Roman Blood Sport", la colonna sonora, i bozzetti di lavorazione, la galleria fotografica, i trailer, le note di produzione, il diario di produzione di Spancer Treat Clarck e il commento del regista Ridley Scott.

Verosimiglianze e incongruenze storiche

Benché la verosimiglianza dell'ambientazione storica sia stata oggetto di molta cura, il film ha spesso interpretato in modo molto libero quanto tramandato dalle fonti storiche e vi sono vari dettagli che presentano incongruenze e numerosi falsi storici. Il periodo nel quale il film viene ambientato, rappresenta la fine del regno dell'imperatore romano Marco Aurelio e quello successivo del figlio Commodo, ultimo princeps della dinastia degli Antonini (dal 180 al 192 d.C.). Un esempio di queste incongruenze è, per esempio, la morte di Marco Aurelio, padre di Commodo, che nel film muore soffocato dal figlio; nella realtà storica, invece, Marco Aurelio muore a causa di una malattia (forse della stessa peste antonina che flagellò l'Impero romano per un ventennio) nella fortezza legionaria diVindobona o nella città di Sirmium, il giorno 17 marzo 180 d.C.
Questi errori, più evidenti forse per gli storici, si riscontrano anche negli equipaggiamenti, nelle armi usate e nelle vesti dei soldati e dei vari personaggi del film; e ancora nel film Massimo il gladiatore combatte con le tigri, ma il combattimento con le bestie feroci era compito dei venatori.

La battaglia

Il film resta memorabile per la meticolosa ricostruzione delle scene della battaglia (dal lancio di dardi degli arcieri ausiliari di chiara origine orientale, alla carica compatta e ordinata delle legioni, a quella della cavalleria pesante romana). Questa la famosa frase prima dell'inizio della battaglia:

« Al mio segnale: scatenate l'inferno! »

(Massimo Meridio rivolto a Quinto, prima dell'inizio della battaglia {doppiato da Luca Ward}.)

Queste prime sequenze rispecchiano, in maniera sufficientemente fedele, la tattica bellica dell'epoca e il contesto storico della fine del II secolo, preludio alle prime grandi invasioni barbariche e denominato dalla stessa Historia Augusta, il periodo delle guerre marcomanniche, così ben rappresentate sul monumento della Colonna di Marco Aurelio di fronte a Palazzo Chigi. Ci sono però delle precisazioni da fare:
All'inizio del film appare "Germania 180 d.C.". La battaglia è ambientata in Marcomannia (a nord del Danubio). Il termine Germania in questo caso rappresenterebbe però in modo molto generico tutti i territori dei "liberi" Germani della Germania Magna, da non confondere con le Province romane della Germania Superior e Inferior, che oggi si trovano tra la Francia e la Germania lungo il corso dei fiumi Reno e Mosella.
La reale location delle riprese della battaglia è, invece, avvenuta in Inghilterra (molto simile ai territori dell'antica Germania Magna), nella foresta di Farnham (in località Bourne Woods), e che doveva essere secondo la "Commissione di vigilanza delle foreste inglesi", in parte disboscata. Sembra che lo stesso regista Ridley Scott, abbia affermato:

« Così io dissi, che lo avrei fatto io. Avrei bruciato tutto fino al terreno. E la Commissione rispose: "Bene". »

(Ridley Scott & Walter Parkes, Gladiator: The Making of the Ridley Scott Epic, p.68.)

La rappresentazione della battaglia, che lo storico romano Cassio Dione Cocceiano sembra descrivere nella sua Storia romana,

« Egli [nel 178] diede una grossa armata a Paterno [prefetto della guardia pretoriana] e lo inviò sul fronte [pannonico] a combattere. I barbari combatterono per un'intera giornata, ma alla fine furono sconfitti dai Romani e Marco fu salutato imperator per la decima volta. »

(Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXXII, 33.3.)

si articola in tre differenti fasi:

Una prima, che vede impegnata l'artiglieria romana in un lancio continuo di dardi incendiari attraverso tutta una serie di macchine belliche (in latino tormenta) come catapulte, "scorpioni" e baliste (affidate ai cosiddetti ballistarii) e a reparti di arcieri (sagittarii) di tipo orientale (come ad es. la cohors I equitata milliaria Hemesenorum sagittaria civium Romanorum, a quel tempo in Pannonia).

Una seconda, affidata all'attacco delle popolazioni germaniche dei Quadi e dei Marcomanni (popolazioni suebe che si trovavano a nord del Danubio, nel tratto che va dalla fortezza legionaria di Vindobona a quella di Aquincum), e al successivo contrattacco della fanteria legionaria.

Una terza, dove si vede l'attacco della cavalleria romana sul retro o lungo un fianco della fanteria germanica, in una manovra "a tenaglia". Qui ci sembra siano state utilizzate delle selle provviste di staffe, d'invenzione medievale. Le selle romane avevano due perni all'altezza delle ginocchia tramite i quali, stringendo le gambe, il cavaliere si teneva in equilibrio.

La guardia dell'imperatore, il corpo dei pretoriani (compresi gli equites singulares di istituzione flavia), inquadrato sin dalle primissime sequenze e distribuito attorno alla persona di Marco Aurelio, indossa un'armatura con elementi di stoffa di colore viola, mentre nella realtà storica i pretoriani vestivano una tunica di colore bianco (candida). Come afferma lo stesso Tacito, i pretoriani erano muniti di un equipaggiamento quasi del tutto assimilabile a quello degli altri legionari ed erano dotati di armi di diverse epoche e di foggia variegata. Nel film i pretoriani risaltano sugli altri soldati per un abbigliamento spiccatamente diverso, oltre ad una forse eccessiva cura delle componenti dell'armamento.
Prima della battaglia, i Germani lanciano alte grida (il cosiddetto barritus), tipiche delle popolazioni del Nord, il cui scopo principale era quello di terrorizzare il nemico prima dello scontro. I romani lo conoscevano bene fin dai tempi delle guerre cimbriche (113-101 a.C.).
Nel film non si vede la "mutatio", cioè l'alternanza di schieramento tipica dei combattimenti legionari, in più si vede lo schieramento romano aprirsi al primo assalto dei marcomanni, se questo fosse veramente accaduto sarebbe stato possibile perdere la battaglia, in quanto lo schieramento compatto era una componente determinante per la tattica della stessa legione.
La legione Felix rappresentata sui vessilli legionari nelle prime sequenze del film, potrebbe identificarsi o con la legio III Gallica Felix (a quel tempo di stanza a Samosata in Siria, ma con vexillationes inviate lungo il fronte pannonico), oppure con la IV Flavia Felix (di stanza a Singidunum, in Mesia superiore, con vexillationes inviate anch'esse lungo il tratto di limes pannonico[18]). Altre legioni Felix furono: la II Augusta[19] e la VI Victrix Felix, a quel tempo dislocate in Britannia (dove è stato girato il film); la VII Gemina Felix Pia di stanza in Hispania; mentre la II Parthica Felix fu costituita vent'anni più tardi al tempo dell'imperatore Settimio Severo, dislocata presso Roma, nei Castra Albana.
I Romani non facevano uso di proiettili incendiari (paglia greca) nelle battaglie campali, bensì in quelle navali o negli assedi, mediamente non incendiavano dove poi avrebbero dovuto combattere.
Durante la battaglia iniziale (e poi anche nell'assalto delle guardie pretoriane alla palestra dei gladiatori) si vede chiaramente che i soldati usano il pilum come una lancia, mentre è noto che fosse invece un giavellotto, utilizzato poco prima dello scontro "corpo a corpo", al fine di danneggiare il nemico senza che poi lo stesso potesse reimpiegarlo in un lancio successivo contro i legionari stessi.
Il film sembra seguire, inoltre, quanto narrato dallo storico romano Aurelio Vittore, secondo il quale Marco Aurelio sarebbe morto a Vindobona in Pannonia superiore (lungo il fronte marcomannico, durante la secunda expeditio germanica), il 17 marzo del 180; al contrario Tertulliano, contemporaneo agli avvenimenti, pone il luogo di morte nei pressi di Sirmium in Pannonia inferiore, sul fronte sarmata.
Sappiamo da numerosi passi della Historia Augusta che le armate imperiali al tempo di Marco Aurelio, tornati dall'Oriente al termine delle campagne partiche di Lucio Vero (degli anni 161/2-166), portarono in tutto l'Impero, compreso il limes danubiano, un'epidemia di peste (la cosiddetta "peste antonina"), che sembra abbia mietuto vittime per circa un quarto dell'intera popolazione nel solo mondo romano nei vent'anni successivi. Dell'epidemia nel film, però, non sembra esservi traccia, con l'esclusione di un breve accenno fatto da Gracco in Senato.
Una delle scene chiave del film (la scoperta della famiglia massacrata dopo la lunga e estenuante corsa di Massimo verso la sua casa in Iberia) potrebbe presentare una evidente incongruenza, ovvero la superiore velocità dell'ordine impartito da Commodo rispetto a quella del viaggio di Massimo. In realtà questo è possibile, in quanto, fin dall'epoca augustea, nell'Impero romano esisteva un rapido ed efficiente servizio postale (il Cursus publicus) adibito (con rare eccezioni) al servizio esclusivo delle istituzioni, con "corrieri" che cavalcavano instancabilmente facendo sosta in stazioni di posta che avevano l'obbligo di rifocillare il messaggero (mansio) e fornirgli un cavallo fresco (mutatio). Considerato che Massimo si è fermato durante la notte e per un tratto di strada ha proseguito a passo lento, essendo stremato dal dolore, si può giungere alla ragionevole conclusione che l'ordine imperiale sia arrivato effettivamente prima di lui.

L'imperatore Commodo

Commodo succedette sul trono a Marco Aurelio nel 180 d.C. e, dodici anni dopo, fu effettivamente ucciso da un gladiatore, anche se non nell'arena: fu strangolato nel bagno dal suo istruttore, il maestro di gladiatori Narcisso, coinvolto in una congiura in cui ebbe un ruolo chiave la cristiana Marzia, cugina e amante di Commodo.
È vero che il regno di Commodo fu contrassegnato dall'accentuarsi dell'assolutismo imperiale, e che Commodo stesso si appoggiò direttamente al popolo di Roma, compiacendone i gusti, per scardinare quel poco che ancora restava delle antiche istituzioni romane, ponendo così fine a una serie di cinque imperatori saggi e illuminati. Insieme a Nerone, Eliogabalo, Domiziano e Caligola, Commodo subì la cosiddetta damnatio memoriae, ovvero la cancellazione del suo nome da molti monumenti, come ci racconta la Historia Augusta:

« Che il ricordo dell'assassino e del gladiatore sia cancellato del tutto. Lasciate che le statue dell'assassino e del gladiatore siano rovesciate. Lasciate che la memoria dell'osceno gladiatore sia completamente cancellata. Gettate il gladiatore nell'ossario. Ascolta, o Cesare: lascia che l'omicida sia trascinato con un gancio, alla maniera dei nostri padri, lascia che l'assassino del Senato sia trascinato con il gancio. Più feroce di Domiziano, più turpe di Nerone. Ciò che ha fatto agli altri, sia fatto a lui stesso. Sia da salvare invece il ricordo di chi è senza colpa. Si ripristino gli onori degli innocenti, vi prego. »

(Historia Augusta, Commodo, 19.1.)

Lo stesso Commodo, al culmine del suo regno, decise di ribattezzare la città Colonia Commodiana e si autodefinì l'Ercole Romano, ma di ciò nel film non v'è traccia. È vero anche che Commodo scese personalmente in campo contro gladiatori in battaglie manipolate a suo favore (gli avversari erano armati di spade di legno) e che sua sorella Lucilla cospirò contro di lui.
Non vi sono invece prove che Commodo abbia avuto un ruolo nella morte del padre Marco Aurelio, il quale invece sembra sia morto di peste o malattia tumorale nella Pannonia inferiore, non molto lontano da Sirmio (l'odierna Sremska Mitrovica) come ci tramanda Tertulliano.
Come testimoniato dalle sculture che lo raffiguravano, Commodo, come il padre, portava una folta barba, mentre nel film è sempre perfettamente rasato.
Nella scena del trionfo di Commodo è possibile contare il numero dei soldati stimandolo dal numero di "quadrati". Essendo ogni quadrato composto da 16x25=400 soldati, ed essendo rappresentati almeno 50 quadrati, il totale ammonterebbe ad almeno 20.000 uomini, pari a quattro intere legioni. Se da un lato è vero che al tempo di Commodo ormai la regola che vietava di portare armi all'interno del Pomerium era un debole residuo di epoche antiche, d'altro canto quattro legioni sembrano davvero un eccesso inaccettabile.
La figura storica di Commodo era già stata trattata al cinema: era accaduto nel film peplum italiano del 1964 di Mario Caiano I due gladiatori, ma soprattutto nel film gemello (che può considerarsi la prima versione de Il gladiatore) di Anthony Mann del 1964 La caduta dell'impero romano, con Sofia Loren, Stephen Boyd, Alec Guinness e Christopher Plummer rispettivamente nelle parti di Lucilla, del generale Livio (il protagonista al posto di Massimo), di Marco Aurelio e di Commodo.

I giochi gladiatorî

Come mostrato nel film, i gladiatori erano sì schiavi, ma anche uomini ammirati e ossequiati, che in tal caso godevano di condizioni privilegiate e dell'accesso alle attrazioni più prestigiose della civiltà romana. Ogni gladiatore aveva la facoltà di ritirarsi dall'incontro a propria discrezione; inoltre, nel momento in cui uno dei duellanti prevaleva sull'altro, la folla esprimeva effettivamente il proprio volere circa la sorte dello sconfitto. L'ultima parola spettava all'imperatore, ma raramente questi ne decretava l'esecuzione: in tal caso, infatti, era tenuto a pagare un consistente risarcimento. Il gladiatore prossimo alla morte a causa di ferite gravi esponeva coraggiosamente il petto al vincitore.
Il gesto dell'imperatore che ordinava la morte dello sconfitto non era il pollice abbassato (il proverbiale pollice verso), ma il pollice alzato, simbolo della spada sguainata (il gesto contrario, cioè il pollice richiuso nel pugno, indicava la spada rimessa nel fodero). Sebbene Scott fosse stato informato di questo, ha preferito usare il gesto classico per non confondere gli spettatori.
In uno dei combattimenti nel Colosseo, mentre Massimo affronta un erculeo gallico, alcuni schiavi fanno uscire dalle grate intorno all'arena, tenendole al guinzaglio con delle catene, delle tigri che tentano di azzannare i due: questo tipo di combattimento non era tipico dei gladiatori (che combattevano solo tra di loro), bensì dei giochi venatorii (le venationes); inoltre, in questi combattimenti, venivano perlopiù usati i leoni importati a questo scopo in grande quantità dal Nord Africa (dove tale commercio contribuì alla loro estinzione) e solo assai più di rado le tigri.
Nella scena della distribuzione del pane all'inizio dei giochi ci si potrebbe riferire alla celebre frase "panem et circenses": tuttavia è errato interpretarla come desiderio del popolo, poiché la frase era riferita ai depositi portuali nelle odierne Libia e Tunisia, da dove partivano le navi cariche di grano e animali per i giochi circensi.
Il popolo non gridava "A morte!" nei confronti dello sconfitto, ma "Jugula!" ("Tagliagli la gola!"): questo, infatti, era il sistema più rapido per uccidere lo sconfitto. Spesso però, se questo si difendeva bene e con valore, veniva risparmiato.
In uno degli epici scontri ambientati nel Colosseo, nell'arena fanno la loro comparsa anche balestre a ripetizione, che al tempo della storia narrata non esistevano. Inoltre, nella scena con le bighe che corrono nell'arena, durante il rovesciamento a terra di una di queste (quella che finisce contro il muro) si vede al suo interno, nascosta goffamente da un panno, una bombola di aria compressa (con manometro e valvola di regolazione) per gli effetti speciali di ribaltamento.

Il Colosseo

Nel film si indica la famosa arena con il nome di "Colosseo"; tale denominazione risalirebbe, tuttavia, solo all'XI secolo. In precedenza la struttura era chiamata "Anfiteatro Flavio", sebbene tale aspetto sia tuttora controverso. In età medievale contava quasi 80.000 posti, e non i "soli" 50.000 dichiarati da Proximo. Dopo incendi e terremoti fu utilizzato come arena fino al IV secolo e poi come cimitero.
Inoltre, nella Roma ricostruita al computer per qualche scena grafica, a fianco del Colosseo appare un lago, che era il lago della Domus Aurea di un altro imperatore, Nerone: l'errore storico consiste nel fatto che questo lago della Domus Aurea venne prosciugato proprio per la costruzione dell'Anfiteatro Flavio.
Falsa anche la data dell'inaugurazione del Colosseo, fatta risalire al secondo secolo, mentre in realtà venne costruito dall'imperatore Vespasiano e inaugurato dal figlio Tito nel corso del primo, intorno all'80 d.C.

Architetture di Roma

Nella visione aerea di Roma sono riconoscibili la basilica di Massenzio e l'arco di Costantino, edifici costruiti però nel IV secolo d.C., quindi più di un secolo dopo l'epoca di Marco Aurelio e Commodo.
Nelle panoramiche appaiono inoltre cupole proprie dell'architettura rinascimentale e successiva, simili a quelle di Sant'Andrea della Valle o di Santa Maria di Loreto, nei pressi del Vittoriano e della Colonna traiana.
Nella scena del trionfo di Commodo appare quello che dovrebbe essere il Foro, di dimensioni enormi e completamente diverso dalla realtà.

Altre

I senatori, i generali e i personaggi illustri si salutavano chiamandosi solo per nome proprio (ad esempio "Ave Caio", "Ave Massimo", "Ave Giulio") e non anteponendo il titolo o il ruolo sociale.
La provincia dello Zucchabar, in cui sono ambientate le prime battaglie tra gladiatori prima che i personaggi arrivino a Roma, non è mai esistita. In verità Zuccabar era una piccola cittadina situata nella provincia romana della Mauretania Cesarensis, l'odierna Algeria settentrionale mediterranea. Sorgeva lungo la lunghissima strada romana che collegava Tingis (Tangeri in Marocco, che era la provincia della Mauretania Tingitania) fino a Cartagine, l'attuale Tunisi. Zucchabar era situata a sud della città costiera, di fondazione romana, di Cesarea, mentre Zucchabar stessa era di probabili origini numide: infatti verso est, lungo la strada che arrivava fino a Cartagine, sorgeva Cirta, la capitale del regno numida ancestrale, alleato dei Romani fin dagli albori della repubblica e acerrimo nemico di Cartagine (la terza guerra punica si ebbe, in un certo senso, grazie a loro).
La frase "Ave, Caesar, morituri te salutant" non veniva pronunciata dai gladiatori, ma dai condannati a morte come ci racconta Svetonio.

Colonna sonora

La colonna sonora del film spesso è stata erroneamente attribuita alla famosa cantante celtica Enya Brennan, meglio conosciuta solo come Enya, mentre in realtà è stata composta da Hans Zimmer e cantata da Lisa Gerrard. È stata pubblicata in due album usciti alla distanza di un anno l'uno dall'altro.

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