lunedì 30 giugno 2014

affari di gioco


Più che mai lo sport contraddistingue il nostro spazio e il nostro tempo. Malgrado le centinaia di milioni di tesserati sul pianeta, i miliardi di telespettatori, la sua importanza nel commercio mondiale, le sue complicità politico-finanziarie ed il suo potere egemonico sul corpo, lo sport viene presentato come un innocuo e piacevole passatempo. 

Ma se ci si intendesse una volta per tutte sul significato di questo termine, se si smettesse di confondere una partita fra amici che corrono dietro a una palla con una finale di Coppa del Mondo, o una corsa fra i campi con una finale olimpica dei 100 metri, la questione dello sport non apparirebbe più così innocente e risibile. 

Lo sport non è un gioco, né un’attività fisica. Religione dei tempi moderni, i suoi valori sono indiscutibili e le sue pratiche universali. Nato con il capitalismo, ne difende l’ideologia e i principi. Regno del corpo e del pensiero unico, lo sport riflette e diffonde una visione del mondo. E poiché l’intelligenza tende a diventare pigra al cospetto del consenso, è il caso di porsi alcuni interrogativi. 


Perché mai lo sport occupa un posto così considerevole nella nostra società? Come spiegarsi che tanti poveri si identifichino con atleti che guadagnano in pochi mesi quello che loro non guadagneranno in tutta la vita? Perché le diseguaglianze, le menzogne e la corruzione tanto condannate altrove vengono tollerate in ambito sportivo? Perché questo «fatto sociale totale» resta impensato?

Con occhi ingenui o interessati, lo sport viene visto per lo più come un universo incantato e incantevole di pratiche che mirano al superamento di sé, dei propri limiti, che nulla ha a che vedere con progetti politici, programmi economici o fedi religiose. Lo sport è considerato fondamentalmente neutro, apolitico, al di sopra di ogni conflitto sociale. Questa pretesa neutralità nega il ruolo dello sport nell’impresa di abbrutimento, indottrinamento e cloroformizzazione di massa, e si manifesta essenzialmente in due modi. 

Il primo consiste nel sostenere che lo sport, se organizzato in maniera “progressista”, può contribuire al miglioramento del mondo: all’emancipazione delle donne, alla lotta contro la tirannia, all’integrazione razziale, nonché alla promozione della “cultura”. Ci sarebbe quindi uno sport vero, educativo, puro, dal volto umano, insomma un’essenza o idea platonica dello sport in aperta contraddizione con i deprecabili eccessi, gli abusi, le degenerazioni dello sport che conosciamo. Ma la brutale realtà dell’affarismo, del doping, dei risultati truccati e della corruzione avrebbe dovuto già fare piazza pulita di simili illusioni.

L’altro modo per sostenere la neutralità dello sport, ancor più diffuso, trae spunto dall’unanimità del suo consenso. Considerato il prolungamento professionale di pratiche dilettantistiche diffuse ovunque, lo sport è talmente popolare da risultare intoccabile e da consigliare agli eventuali critici un cauto silenzio. Il gregarismo, la massificazione, la mobilitazione totale - se non totalitaria - delle folle che le favolose imprese degli idoli degli stadi mandano in delirio, confermano in effetti l’universalismo dell’ideale sportivo, ma in quale maniera? 

Nelle estasi nazionali che affollano la piazza in caso di vittoria, gli amici dello sport riconoscono la manifestazione di una unione sacra rigeneratrice. I campioni diventano quindi l’avanguardia di una società riconciliata con se stessa. Come ebbe a dire il capitano di una nazionale campione del mondo, «il calcio è un mezzo che permette di cancellare le differenze razziali, sociali o politiche». Ma la civile concordia auspicata da questa affermazione, per altro indicativa del potere anestetizzante dello sport, risulta puntualmente smentita dalle violenze che sempre più spesso accompagnano gli incontri. 

Sebbene queste violenze siano presentate come tragici «incidenti» causati da qualche balordo, si tratta in realtà dell’ovvia conseguenza del trionfo della logica competitiva - della vittoria ad ogni costo - che prevale nello sport come in ogni ambito della società. Da molti anni siamo costretti a subire l’inflazione dello spettacolo sportivo su tutti i canali di comunicazione. I campioni dello sport sono sul punto di sostituire le stelle della canzone e del cinema sul podio delle icone moderne. I tiracalci a palloni di cuoio fanno parte delle personalità predilette dal pubblico, sono diventati i modelli pubblicitari da imitare, quelli con cui i giovani devono identificarsi. 

Eppure, durante le loro innumerevoli ed insopportabili interviste, essi appaiono altrettanto vuoti dei loro omologhi della musica o del piccolo e grande schermo. Il loro successo deriva soltanto dall’enfasi di cui lo sport gode nell’universo mediatico. La loro immagine viene costruita, uniformata e diffusa: stesso linguaggio demenziale, stessi hotel di lusso, stessa passione per la automobili di grossa cilindrata, stesse relazioni sentimentali con soubrette dello spettacolo, stesse droghe, stesso interesse per i conti bancari. Arruolati da squadre in mano a potenti interessi finanziari, questi pochi eletti passano il tempo a incontrarsi in giro per il globo, dando spettacolo di fronte a una immensa platea di diseredati e oppressi ridotti ad essere telespettatori fanatici, mere macchine da applausi. 

Gli atleti sono trasformati in uomini-sandwich, i loro attrezzi da lavoro e i loro corpi vengono ricoperti di pubblicità e durante le interviste non mancano di esibire i marchi degli sponsor e un adeguato sorriso promozionale. Lo stesso vale per i luoghi dove avvengono le competizioni sportive, spazi traboccanti di annunci pubblicitari posizionati ad uso delle telecamere. Si tratta di fare audience e di vendere con ogni mezzo.  Gli sport-spettacoli dominanti vengono declinati in tutte le forme fino allo sfinimento, mentre si avvicendano altri mercati sportivi. Non esiste ormai più alcuna interruzione, ogni stagione ha il suo “avvenimento” sportivo (quando non diversi contemporaneamente) in un’autentica frenesia competitiva.

I giochi circensi degli antichi romani erano innocenti bambinate a confronto delle odierne manifestazioni sportive. Ma com’è possibile che uno spettacolo così idiota e cretinizzante appassioni miliardi di persone? È stato detto che la sua potenza si fonda sulla moltiplicazione infinita delle immagini, mediata solo da banali commentari. Questa teletrasmissione permanente, offerta in tutte le salse (in diretta, in differita, alla moviola, da più angolazioni) trasforma la passione sportiva in passione dell’immagine («l’iconomania» di cui scriveva Günther Anders). 

La contaminazione generale delle coscienze deriva da questo martellamento continuo. Infatti il tifo sportivo (all’origine della parola “tifosi”) è un’autentica pandemia che ha trasformato ogni individuo in un potenziale sostenitore. Al punto che per molte persone lo sport è diventato un bisogno essenziale, lo spazio-tempo quasi esclusivo delle folle solitarie che abitano il mondo moderno. Insomma, i tifosi delle competizioni sportive sono del tutto permeabili alle tecniche di manipolazione mentale del mercato. Consumano beatamente tutto ciò che viene loro chiesto di consumare e ne domandano ancora, al di là di ogni più rosea speranza. 

D’altronde trovano nello sport un ottimo fattore di socializzazione e di calore umano, con un terreno comune per sfogare il proprio bisogno relazionale. Poco importa che i loro argomenti di conversazione siano patetici e i loro slanci collettivi da stadio ridicoli. Sono comunque contenti di stare insieme e di vibrare per la medesima “causa”. Ciò li conforta un poco dall’atomizzazione fredda e implacabile dell’abitudinaria vita quotidiana. Gli spettacoli sportivi ricreano una comunione nel bel mezzo degli odierni rapporti terra terra, perciò i tifosi sono felici di urlare all’unisono negli stadi, in una sorta di corale virile. All’uscita possono raccontarsi le partite e fare pronostici sul prossimo incontro. Il chiacchiericcio sociale, questo intralcio permanente al pensiero, viene continuamente alimentato dai commenti sportivi. È facile rilevare l’effetto gregario di tutto ciò. Dato che la maggioranza delle persone si entusiasma davanti allo sport, quelli che temono di sentirsi esclusi seguono la tendenza collettiva, anche se non ne sono attratti allo stesso modo. Avrebbero paura di perdere il calore del gregge, qualora ignorassero gli ultimi risultati. 

Non ci si pone troppe domande, ci si comporta come fanno tutti. Come si fa sempre. L’idolatria sportiva può diventare una forma di affermazione identitaria (più o meno violenta). Le mentalità sanguinarie comuni ai pre-umani trovano qui un accettabile surrogato della guerra. Gli scontri a colpi d’ascia o di bazooka vengono sostituiti dalle scazzottate fra tifosi di squadre avversarie, che talvolta finiscono con feriti e anche morti. Gli stadi diventano campi di battaglia dove non a caso si odono le medesime urla eccitate (nel corso degli ultimi mondiali di calcio, un commentatore sportivo affermò che l’Italia aveva «annichilito» gli avversari, ripetendo l’espressione usata poche settimane prima dai cecchini italiani in Iraq per indicare l’eliminazione degli insorti). 

Sebbene altri sport, a differenza del calcio, scatenino meno gli istinti bellicosi - almeno qui in Italia -, ciò non toglie che la mentalità di fondo sia la medesima. Le competizioni sportive sono occasioni per dimostrazioni virili esacerbate, dove comuni spettatori hanno l’illusione di esistere attraverso colpi di mano e l’adesione a qualche gruppo. Onore insperato, possono addirittura arrivare anche loro in televisione!

Un’altra forma di identificazione è quella che spinge il tifoso ad “attribuirsi” le vittorie della sua squadra o del suo beniamino. Un misterioso transfert di energia passa dal campione ai suoi tifosi. Tipico il caso del tifoso che, sparapanzato nella sua poltrona, imbottito di birra, esulta davanti allo schermo televisivo: «abbiamo vinto!». Coi suoi incoraggiamenti verbali a distanza, ha persino l’impressione di aver contribuito alla vittoria, di aver egli stesso segnato dei punti. Lui che per lo più si spacca la schiena per un salario da fame, diventa il cortigiano di persone diventate ricche e celebri solo grazie alla sua creduloneria volontaria. 

Invece di provare disprezzo per le stelle dello sport e di ignorarle fino a farle scomparire nel buco nero dell’oblio, si getta ai loro piedi elemosinando un autografo. Adora pensare alla notorietà e alla fortuna degli altri, a cui orgogliosamente ritiene di contribuire col proprio sostegno. È più facile vivere delle “imprese” degli altri che fare da sé degli sforzi, nello sport o altrove. Il tifoso più accanito non vive che attraverso la sua squadra o il suo campione preferito, rinunciando ad una personalità originale per annegare nell’ebbrezza allucinatoria sportiva. È il perfetto esempio del piccolo uomo descritto da Wilhelm Reich, qualcuno che «dissimula la sua piccolezza e ristrettezza mediante grandezza e forza illusorie, grandezza e forza altrui». 

Quando si ha già il pane, i giochi sono il complemento indispensabile per dimenticare la propria condizione di docili schiavi. A volte, fra i più poveri, lo sport riesce a far dimenticare anche la mancanza di pane. Lo spettacolo diventa cibo.

Un’altra delle ragioni del successo dello sport è rintracciabile nella mitologia della sua purezza. Ci troviamo in un’epoca sempre più oscura, nonostante le dichiarazioni di continuo progresso, in cui dovunque dilagano conflitti d’interesse, compromessi e trame più o meno occulte; il solo ideale diffuso è quello del massimo arricchimento. Nel mondo della dittatura dell’economia, le “imprese sportive” appaiono come antidoti, boccate d’aria purificatrice. Si fanno indossare allo sport indumenti iridescenti e gli si attribuiscono tutte le virtù. 

Esso incarnerebbe la cavalleria, il rispetto dell’avversario, la fine delle ostilità (la famosa tregua olimpica), la fratellanza e la solidarietà internazionale, la festa della gioventù… tutte cose assenti nella vita reale. Ci vengono narrate eroiche vittorie sugli elementi contrari e sui limiti fisiologici. Gli atleti diventano eroi, saggi, icone, statue d’oro, santi da venerare senza riserva e di cui bisogna seguire l’esempio. Nell’entusiasmo ci si scorda semplicemente che i loro candidi mantelli sono ricoperti di pubblicità e che lo sport è la fedele immagine della società, vale a dire è completamente marcio (basterebbe pensare al pugilato - la «nobile arte» -, al suo ambiente particolarmente corrotto, ai 400 pugili morti sul ring dal 1945). Non appena entrano in gioco la minima somma di denaro o il più infimo onore, si scatena l’avidità. 

Truffe, doping, sfruttamento, disparità uomo/donna e paesi ricchi/poveri, spirito di odio e di conquista… le turpitudini sono le medesime che si trovano dappertutto nel mondo della merce e del potere. Fin dal 1894, e per più di trent’anni, lo stesso de Coubertin aveva definito il denaro «il grande corruttore, l’eterno nemico», denunciando la «fabbricazione del purosangue umano» e l’avvento dei «meticci dello sport, giornalisti in cerca di copie, medici in cerca di clienti, ambiziosi in cerca di elettori, fannulloni in cerca di distrazioni, gente di ogni risma in cerca di notorietà». Il barone era sì reazionario ma, a modo suo, preveggente. Il suo difetto è di aver creduto possibile costruire una «società umana» sul culto del più forte, sulla concorrenza generalizzata e la competizione permanente, sull’apologia della virilità, sulla reificazione dei corpi, sulla cloroformizzazione delle coscienze, sui deliri patriottardi.

Allo stadio come altrove, la funzione essenziale dello spettacolo sportivo è la manipolazione delle emozioni di massa. È attraverso il gioco delle identificazioni collettive e della contemplazione passiva che opera questo “oppio del popolo”. Lo sport consola, pacifica, fa volatilizzare ogni conflitto sociale e di classe. Ecco perché, oltre ad essere una inesauribile fonte di guadagno, è anche un potente strumento di controllo e di pacificazione sociale. Durante le competizioni, infatti, si dimenticano la miseria della propria esistenza e le drammatiche condizioni in cui versa il mondo. Senza il minimo sforzo, i flussi di immagini e di commenti sportivi imbottiscono il cervello e dispensano dal riflettere sulle cause e i possibili rimedi delle questioni sociali che ci affliggono.

Non solo lo sport non ha limitato la tirannia, ma anzi ne è sempre stato il complice. I regimi democratici contemporanei seguono il modello totalitario, riproducendolo in maniera molto più estesa e sofisticata. E che lo sport sia un potente strumento di pacificazione sociale non l’hanno capito solo i politici, ma anche gli industriali. Non avendo i grandi manager più nulla da dimostrare nel mondo degli affari, vale la pena chiedersi cosa li spinga ad investire in squadre la cui redditività rimane alquanto dubbia. Sebbene gli sponsor vengano presentati come uno strumento recente del mercato sportivo, la storia dei club sportivi mostra il contrario. Quante squadre di calcio sono controllate da industriali? 

Il caso della Juventus è esemplare. Così come Peugeot controlla il FC Sochaux dal 1925, Philips controlla il PSV Eindhoven e Bayer il Bayer Leverkusen dal 1904, la Fiat possiede dal 1923 la squadra bianconera di Torino. Passatempo? Opera sociale? 

In tempi in cui il concetto di «cultura d’impresa» non era ancora sorto mentre erano diffuse forti tensioni sociali, il padronato ha subito colto l’interesse implicito nello sport e le sue potenzialità. L’obiettivo è duplice: tenere occupati i lavoratori durante il tempo libero e assicurar loro una migliore identificazione con l’impresa attraverso un sistema di valori e di comportamenti, uno spirito di squadra e di competizione che renda più efficiente lo sfruttamento. Il successo finanziario passa anche per la soddisfazione dei salariati, facendoli sentire fieri di appartenere a una impresa «vincente», sul campo come in economia.

Machete

Tratto fa Finimondo

fonte: freeondarevolution.blogspot.it

i bambini di Fukushima stanno morendo di cancro

Trentanove mesi dopo le varie esplosioni di Fukushima, il tasso di cancri della tiroide tra i bambini che vivono intorno si è elevato più di 40 volte oltre il normale. Più del 48% dei 375.000 giovani – quasi 200.000 bambini – esaminati dall’Università Medica di Fukushima nei dintorni dei fiammeggianti reattori soffrono di disturbi pre-cancerosi alla tiroide, soprattutto noduli e cisti. Il tasso va accelerando. Sono stati registrati più di 120 cancri infantili dove prima se ne registravano solo 3, dice Joseph Mangano, direttore esecutivo del Progetto Salute Pubblica e Radiazioni. L’industria nucleare e i suoi difensori continuano a negare questa tragedia della salute pubblica. Alcuni sono arrivati a dichiarare che «nessuna persona» è stata colpita dalla liberazione massiccia di radiazioni di Fukushima che, in relazione ad alcuni isotopi, ha superato quelle di Hiroshima per quasi 30 volte.
Ma l’epidemia mortale di Fukushima è similare agli impatti sofferti dai bambini nei dintorni di Three Miles Island quando successe l’incidente del Fukushima bambini1979, e dell’esplosione di Chernobyl del 1986, e come rilevato in altri reattori. La Commissione di Sicurezza Nucleare del Canada ha confermato la probabilità che l’energia atomica possa causare questo tipo di epidemie, affermando che in caso di un disastro in un reattore si produrrebbe «un aumento del rischio di cancro alla tiroide infantile». Nel valutare le prospettive di costruzione di un nuovo reattore in Canada, la Commissione dice che il tasso «aumenterebbe dello 0,3% ad una distanza di 12 chilometri» dall’incidente. Questo presuppone la distribuzione di pastiglie protettrici di ioduro di potassio e una rapida ed efficiente evacuazione, niente di quanto è successo nei casi di Three Mile Island, Chernobyl o Fukushima.
Mangano ha analizzato le cifre. A partire dal decennio 1980, ha studiato gli impatti delle radiazioni prodotte da un reattore sulla salute umana; ha cominciato i suoi lavori con il leggendario radiologo Ernest Sternglass e lo studioso di statistica Jay Gould. Nelle dichiarazioni fatte nel Green Power & Wellness Showin, Mangano conferma anche che la salute in generale delle popolazioni umane situate nella direzione del vento migliora quando i reattori vengono chiusi e declina quando questi vengono aperti o riaperti. I bambini delle vicinanze di Fukushima non sono le uniche vittime. L’operaio dell’impianto Masao Yoshida è morto a 58 anni per un cancro all’esofago. Masao rifiutò eroicamente di abbandonare Fukushima nel peggior momento della crisi, salvando probabilmente milioni di vite. Ai lavoratori del reattore Joseph Manganoimpiegati dai subappaltatori – molti dominati dal crimine organizzato – nessuno controlla l’esposizione alle radiazioni.
E l’indignazione della gente aumenta a causa dei piani del governo per obbligare le famiglie – molte con bambini piccoli – a ritornare nella regione, fortemente contaminata, che attornia l’impianto. Dopo l’incidente del 1979, i proprietari di Three Miles Island negarono che il reattore si fosse fuso. Ma una telecamera-robot confermò più tardi il fatto. Lo Stato della Pennsylvania perse misteriosamente il suo registro dei tumori e in seguito disse che «non c’erano prove» che qualcuno fosse morto. Ma un gran numero di studiosi indipendenti confermano l’aumento dei tassi di mortalità infantile e di eccesso di cancri nella popolazione in generale. Il Dipartimento dell’Agricoltura della Pennsylvania e giornalisti locali hanno confermato anch’essi l’eccesso di morti, mutazioni e malattie tra gli animali locali.
Nel decennio 1980, la giudice federale Silvia Rambo bloccò una causa collettiva presentata da 2.400 persone che vivevano in zone raggiunte dalle radiazioni portate dai venti, affermando che non erano state liberate radiazioni tanto importanti da danneggiare qualcuno. E, dopo 35 anni, nessuno ancora sa quante radiazioni sfuggirono né dove finirono. I proprietari di Three Miles Island hanno pagato silenziosamente le vittime in cambio del segreto completo. A Chernobyl un insieme di più di 5.000 studi ha prodotto una cifra di morti di più di un milione di persone. Gli effetti delle radiazioni sui più giovani nelle zone situate nella scia dei venti della Bielorussia e dell’Ucraina sono state orrende. Secondo Mangano, circa l’80% dei “bambini di Chernobyl” nati dopo l’incidente  in quelle zone hanno sofferto un’ampia gamma di problemi che vanno da difetti congeniti e cancri Ernest Sternglassalla tiroide a malattie delle coronarie, respiratorie e mentali di lunga durata. I risultati indicano che solo 1 su 5 dei giovani può essere considerato sano.
“Medici per la Responsabilità Sociale” e il ramo tedesco dell’Associazione Internazionale dei medici per la Prevenzione della Guerra Nucleare hanno avvertito di problemi simili nei dintorni di Fukushima. Il Comitato Scientifico sugli Effetti delle Radiazioni Atomiche delle Nazioni Unite (Unscear la sigla in inglese) ha recentemente emesso vari rapporti che minimizzano l’impatto umano del disastro. L’Unscear è legato all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica dell’Onu, il cui mandato è promuovere l’energia atomica. La Aie ha il vincolo della segretezza sulle scoperte dell’Onu circa gli impatti sulla salute provocati dal reattore. Per decenni l’Unscear e l’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno impedito che si conoscessero gli estesi danni alla salute dell’energia nucleare. Fukushima ha dimostrato di non essere un’eccezione.
In risposta, i “Medici per la Responsabilità Sociale” e il ramo tedesco dell’Associazione Internazionale dei Medici per la Prevenzione della Guerra Nucleare hanno confutato in dieci punti quelle affermazioni, avvertendo il pubblico che la credibilità delle Nazioni Unite è ormai compromessa. Il disastro «continua ad andare avanti», dicono questi gruppi, e bisognerà controllarlo per decenni. «Le cose potrebbero peggiorare» se i venti che hanno soffiato verso Tokyo tornano verso il mare (e verso gli Stati Uniti). C’è un rischio in corso a partire dai prodotti irraggiati e tra i lavoratori del luogo perché non si stanno controllando né le dosi di radiazioni né il loro impatto sulla salute. Le stime delle dosi attuali non sono affidabili e bisogna tener conto con attenzione dei gravi impatti delle radiazioni sull’embrione umano. Gli studi dell’Unscear sulla radiazione di fondo sono anch’essi «ingannevoli»,Harvey Wassermandicono i gruppi, e vanno portati a termine nuovi studi sugli effetti delle radiazioni in genetica e nelle “malattie non cancerose”.
L’affermazione dell’Onu, secondo cui «non ci si aspetta effetti conoscibili sulla salute in relazione con le radiazioni tra le persone esposte» è «cinica», dicono questi gruppi. Aggiungono che le cose possono peggiorare, dato il rifiuto ufficiale di distribuire pastiglie di ioduro di potassio, che avrebbero potuto proteggere le persone dai danni alla tiroide causati dalla liberazione massiva dell’elemento radioattivo I-131. Ma le orribili notizie di Fukushima possono solo peggiorare: le radiazioni dei tre nuclei difettosi si stanno ancora riversando nel Pacifico. Il controllo delle barre di combustibile danneggiate nelle piscine sospese in aria e sparse attorno al luogo continua ad essere molto pericoloso. Il regime pro-energia atomica di Shinzo Abe vuole riaprire i 48 reattori che restano in Giappone. E sta facendo gradi pressioni sulle famiglie fuggite dopo il disastro perché tornino ad occupare le case e le città irradiate. Ma Three Mile Island, Chernobyl e il disastro di morte e malattie che si sta manifestando attorno a Fukushima rendono molto chiaro che il costo umano di queste decisioni continua ad aumentare e che sono i nostri bambini quelli che per primi ne soffrono il peggio.
(Harvey Wasserman, “I bambini di Fukushima stanno morendo”, da “Counterpunch” del 16 giugno 2014, ripreso da “Come Don Chisciotte”. Analista e scrittore, Wasserman è un organizzatore del movimento antinucleare negli Stati Uniti).

fonte: www.libreidee.org

sabato 28 giugno 2014

gli omosessuali in Iran


Una ragazza iraniana di 20 anni, conosciuta come Sara, ha raccontato di essere stata costretta, dalle autorità del suo Paese, a cercare di porre rimedio alla sua omosessualità, sottoponendosi ad una “psicoterapia” . Tutto è accaduto dopo il suo coming out in famiglia.
Sara ha dichiarato alla Reuters: “All’inizio è stato difficile. Hanno cercato di convincermi che ero sbagliata e mi hanno mandato da una psicologa”. La psicologa le ha spiegato che lei era in realtà “un uomo nel corpo di una donna” e che pertanto doveva cambiare il suo corpo, per assecondare la sua personalità.
Una sorella di Sara aveva fatto avere alla psicologa un’immagine di Sara bambina (5 anni circa) nella quale indossava abiti da uomo (ma quali saranno in Iran gli “abiti da uomo”?) e giocava con una pistola. La psicologa ha ritenuto questa foto una conferma della sua diagnosi.
Sara dice di esserci rimasta malissimo, perché lei in realtà ama il suo corpo e non ha mai desiderato essere un uomo. L’unica cosa che le accade è quella di provare emozioni e sentimenti nei confronti di altre ragazze, e non dei maschi. In ogni caso, Sara desidera amare la sua partner da donna e non da uomo.
Secondo uno studio di Justice for Iran e 6Rang, questa pratica è assolutamente comune in Iran e le lesbiche sono costrette a subire un intervento chirurgico per il cambiamento di sesso. Anche i medici e gli psicologi in Iran sono convinti che l’omosessualità sia una malattia mentale, dice  la fondatrice di 6Rang, Shadi Amin,  e tutt’ora viene loro diagnosticato il disturbo di identità di genere (anche se l’omosessualità è ormai sparita dal DSM, la “bibbia” degli psichiatri usata in tutto il mondo).
Ancor più grave è che questi omosessuali non vengono affidati alle cure di specialisti per il cambiamento di sesso, ma qualsiasi chirurgo o ginecologo può operare la “trasformazione”.
Il problema principale è che l’omosessualità in Iran è fondamentalmente un peccato: se ami una donna, evidentemente sei un uomo, perché non è previsto alcun altro genere di relazione. Anche le famiglie meno religiose si attengono agli usi e costumi e, sempre nel racconto di Sara, i genitori potrebbero arrivare perfino a uccidere una ragazza lesbica, per evitare lo scandalo.
L’omosessualità in Iran è illegale per le donne, ma anche per gli uomini. Per gli uomini in realtà va anche peggio, visto che il reato di sodomia è punito con la pena di morte (alle donne questa pena viene applicata solo in caso di reiterazione del reato).
Dr. Giuliana Proietti
Fonte:
Iranian lesbian: Authorities tried to ‘fix’ my sexuality by forcing me to have gender reassignment surgery, Pink News
fonte: ilsessoelamore.it

i vestiti nuovi dell'imperatore



The Emperor's New Clothes è un film del 2001 diretto da Alan Taylor e co-prodotto da Italia, Germania e Regno Unito.

Narra la storia immaginaria di Napoleone Bonaparte successiva all'esilio sull'Isola di Sant'Elena. Benché ambientato a Parigi, il film è stato in gran parte girato a Torino.

Trama

« All'ambasciatore inglese ho detto che se il suo re idiota voleva essere il primo a sguainare la spada, io sarei stato l'ultimo a rinfoderarla. E' stato magnifico. Spade e baionette danzavano nel sole sopra le loro teste, la vecchia guardia, la guardia imperiale, ventimila uomini facevano quadrato intorno a me. Ho pizzicato la corda della loro fedeltà:
Giurate di morire, per difendere il vostro imperatore?
E come il fragor del tuono giunse la risposta:
Noi, giuriamo! »

(Napoleone Bonaparte)

Un ragazzino, sta osservando alla lanterna magica la storia di Napoleone, quando entra un uomo che alla vista della scena della morte sentenzia: "Non è andata affatto così!", e comincia a raccontare.

Napoleone esiliato a Sant'Elena sembra tranquillo mentre detta le sue memorie ma in realtà medita la fuga, i suoi collaboratori trovano un mozzo di una nave commerciale che gli somiglia molto: Eugene Lenormand. Napoleone critica la scelta il suo nome ("Non sarebbe meglio un nome più maschio, per esempio Alessandro?"), dice che non gli somiglia e ne critica la qualifica (mozzo di terza classe, il più basso grado della gerarchia); questo mozzo prende il suo posto mentre Napoleone sotto il falso nome di Eugene Lenormand fugge. La nave dovrebbe approdare in Francia e permettere a Napoleone di tornare trionfalmente al potere, invece il capitano conduce la nave in Belgio aggiungendo che ad lì la Melassa viene pagata meglio. Napoleone manca quindi l'appuntamento con i cospiratori francesi e sbarca ad Anversa qui cerca inutilmente un contatto (la frase "L'Aquila vola da un campanile all'altro fino alle due torri di Notre-Dame" fu realmente usata come codice dai bonapartisti nella cospirazione del 1815,) egli quindi deve riuscire a tornare in Francia con i suoi soli pochi mezzi (la paga da mozzo di terza di Eugene) prima adopera una chiatta fluviale e poi una corriera espressa). La corriera transita per il campo di battaglia di Waterloo (già diventato meta di pellegrinaggi turistici), Napoleone ripercorre il campo di battaglia della sua ultima sconfitta e si ferma alla fattoria di Le Calliou (quella che fu il suo quartier generale durante la battaglia) insieme ad un gruppo di turisti dove una targa su un letto dichiara: "Napoleone ha dormito qui", al che Napoleone spiazzato commenta: "Non ho mai dormito in questo posto" poi però, stanco, si addormenta sul letto e perde la corriera per Parigi. La sera dichiara alla padrona della locanda di aver trovato il campo di battaglia di Waterloo: "Molto cambiato". Su consiglio della donna, il mattino seguente prende uno scomodissimo postale per Parigi, ma alla frontiera francese viene fermato da un gruppo di soldati. Napoleone si crede perduto e viene messo in guardina; fortunatamente a riconoscerlo è stato solo il bonapartista Sergente Bommel della Vecchia Guardia. Questo lo aiuta a passare la frontiera e se ne accomiata calorosamente, sperando nel prossimo ritorno al trono dell'Imperatore.

Napoleone giunge così finalmente a Parigi e si reca da un certo Tenente Truchot, vecchio camerata bonapartista del Sergente Bommel, ma arrivato alla casa di Truchot scopre che il Tenente è morto da poco. Nel frattempo a Sant'Elena il vero Eugene le Norman si trova un po' in difficoltà nei suoi nuovi panni di imperatore, ma si cala nella parte quando un ufficiale inglese gli rivolge la parola, e almeno inizialmente sembra voler seguire il piano concordato (ovvero di rivelare al momento giusto di essere un impostore). Napoleone a Parigi si ferma a dormire dalla vedova di Truchot, madame Pumpkin la quale però si trova in grandi difficoltà economiche e i creditori le portano via tutti i mobili. Napoleone resta indifferente a questi fatti, perché è troppo impegnato a cercare di trovare contatti, in particolare spera nel Dottor Lambert, amico stretto di Pumpkin, che dice di conoscere tutti i vecchi camerati di Truchot. Napoleone però non ha notizie dei cospiratori, né i giornali riportano la notizia della sua fuga, e rimane perciò particolarmente irritato dal fatto che Eugene non abbia ancora deciso di svelare la sua vera identità. Litiga quindi con Pumpkin, ma mentre sta per andare via scivola sul gradino della porta e cade; quando Pumpkin e il Dottor Lambert vanno a soccorrerlo, gli chiedono se si ricorda il suo nome e Napoleone, ancora intontito, dichiara placido: "Imperatore Napoleone". Viene messo a letto, perché guarisca dalla distorsione alla caviglia, ma il Dottor Lambert comincia a nutrire qualche dubbio sulla sua identità quando nota la ferita sul tallone, ferita che Napoleone aveva ricevuto nella battaglia di Austerlitz (in realtà Napoleone fu ferito a Ratisbona). Nel frattempo Eugene si è calato perfettamente nella parte dell'Imperatore, detta le "sue" memorie di Napoleone (molto più piccanti di quelle del vero imperatore), mangia, beve, si concede le abluzioni quotidiane, e quando i cospiratori gli ordinano di dire la verità Eugene fa orecchie da mercante e afferma: "Quell'uomo è stato imperatore per 18 anni, 18 anni!, mentre io lustravo il ponte delle sue navi, bé ora è il mio turno!".

Napoleone si riprende dalla distorsione con straordinaria velocità, viene quindi condotto dal Dottor Lambert dai vecchi compagni d'arme di Truchot e cerca di galvanizzarli, ma li trova piuttosto depressi e abbastanza freddi all'idea di nuove guerre. Quindi prova a recarsi alla guarnigione per parlare con il Comandante, ma l'udienza gli viene sempre negata; scopre però che il Sergente Bommel verrà di lì a poco a prendere servizio, quindi si contenta di aspettare di reincontrarlo. Tornato a casa, Napoleone osserva i vani tentativi dei mercanti di meloni (tra cui anche Pumpkin) di vendere il loro prodotto e decide di coordinarli, alla sera li raduna tutti in una stanza e organizza il piano per la vendita strategica dei meloni come se si trattasse di una battaglia. Il Dottor Lambert osserva l'ombra di Napoleone che si ingigantisce sul muro fino a dominare la scena e lì capisce chi ha davanti.

Coordinati da Napoleone i mercanti di meloni ottengono uno straordinario e insperato successo di vendite. Il Dottor Lambert continua ad avere sempre più dubbi sul sedicente Eugene, nota la straordinaria velocità di ripresa e accenna alla sua forza di volontà, ma Napoleone non si scopre, però alla fine notando il sentimento affettuoso che Pumpkin e Napoleone stanno maturando reciprocamente, si decide a frugare tra i bagagli di Eugene-Napoleone: qui dopo una lunga ricerca trova il ritratto del Re di Roma, il figlio che Napoleone ha avuto con Maria Luisa d'Austria e comprende che Eugene è Napoleone. Nel frattempo Pumpkin e Napoleone intensificano la loro relazione, roso dalla gelosia il Dottor Lambert critica la donna per la velocità con cui ha sostituito il defunto Truchot e alla fine le svela i suoi sentimenti, ma Pumpkin lo gela dicendo di considerarlo solo un buon amico. Il Dottor Lambert decide però di non svelare la vera identità di Eugene per rispetto nei confronti di Pumpkin, infatti la donna ha sempre dimostrato ben poca considerazione (se non addirittura disprezzo) nei confronti di Napoleone, le cui campagne militari hanno sempre tenuto lontana da lei il suo defunto marito, costringendola ad una vita di solitudine. Nel frattempo il vero Eugene, ancora nei panni di Napoleone mangia talmente tanto che ha un malore e muore. L'ufficiale inglese che comanda la guarnigione decide per non fare brutte figure e non esporsi a critiche sul suo operato di non svelare l'identità del morto, e di seppellire Eugene Lenorman come Napoleone Bonaparte; è il 5 maggio 1821: il mondo e anche Napoleone viene a sapere della morte dell'"Imperatore" a Sant'Elena.

Napoleone viene attraversato da una gravissima crisi d'identità in cui cerca di convincere almeno Pumpkin di essere il vero e vivente Napoleone, ma lei ovviamente non gli crede; Napoleone vaga per Parigi e cerca di convincere chiunque che è il vero Imperatore, infine trova il Dottor Lambert in un bar. Napoleone sa o ha intuito che il Dottor Lambert lo ha riconosciuto ma questi invece finge di non averlo riconosciuto, e per sbarazzarsi di lui lo conduce in un manicomio affollato da pazzi megalomani, contando di lasciarlo tra di essi e avere così campo libero con Pumpkin. Napoleone tuttavia capisce il tranello, e prima che gli infermieri possano trovarlo, fugge dal manicomio scavalcando il muro di cinta. Soltanto il Dottor Lambert lo vede mentre scappa, ma ancora una volta colpito dalla forza di volontà dimostrata da Napoleone, non lo insegue né gli impedisce la fuga; estrae da tasca il ritratto del figlio dell'Imperatore, precedentemente trovato e sottratto dalle cose di Napoleone, e forse vinto dal rimorso o dalla pietà al pensiero di aver tentato di separare un padre dal figlio, rinuncia completamente ad ostacolare il suo rivale, mentre il ritratto gli scivola di mano e si perde definitivamente in un tombino.

Napoleone torna a casa da Pumpkin, e il film si ricongiunge alla scena iniziale perché il ragazzino è il trovatello "adottato" dalla donna e benvoluto anche da lui. Qui, finalmente, davanti al focolare domestico, Napoleone capisce quanto di importante ha rischiato di perdere per le proprie manie di grandezza, e per il volersi a tutti i costi far riconoscere come Imperatore in un mondo che ormai può fare a meno di lui. Decide allora di restare accanto a Pumpkin, e, affinché il Sergente Bommel, ovvero l'unica persona in Francia che sa con certezza della sua vera identità ed esistenza si metta l'anima in pace e non lo cerchi, gli manda a riferire che Eugene Lenorman è morto, anzi, "passato a miglior vita", e gli lascia le proprie cose e la propria uniforme.

Il film si conclude dichiarando che alle Domme des Invalides dove c'è la tomba di Napoleone ,riposa il mozzo di terza Eugene Lenorman,mentre il vero Napoleone Bonaparte riposa nella tomba di Eugene Lenorman accanto a Pumpink.

ridicule




è un film del 1996 diretto da Patrice Leconte, nominato all'Oscar al miglior film straniero.

È stato presentato in concorso al 49º Festival di Cannes.

Trama

Nel 1780 il marchese Grégoire Ponceludon de Malavoy arriva alla corte di Versailles con l'intenzione di trovare i finanziamenti per bonificare le paludi della sua zona d'origine che sono causa di malattie ai danni della popolazione locale. Incontra quindi il marchese de Bellegarde che gli suggerisce di usare la sua abilità oratoria e la sua abilità nel creare motti di spirito per farsi strada fino al re Luigi XVI. Conosce nel frattempo Mathilde, la figlia del marchese de Bellegarde, della quale si innamora, tuttavia la giovane è già fidanzata con un ricco aristocratico.

Durante gli incontri dell'alta società il marchese de Malavoy riesce a distinguersi per la sua arguzia anche ai danni dell'abate di Vilecourt, protetto di Madame de Blaya. Dopo la caduta in disgrazia dell'abate il marchese de Malavoy diventerà l'amante di Madame de Blaya che riuscirà a portarlo al cospetto del re. La giovane Mathilde intanto capisce di amare il marchese e rompe il fidanzamento con il ricco aristocratico, il marchese de Malavoy e Mathilde iniziano quindi una relazione amorosa che fa ingelosire Madame de Blaya.

Quando ormai è imminente l'incontro del marchese e il re per discutere sulla bonifica delle paludi il marchese partecipa ad un ballo in cui Madame de Blaya riesce a vendicarsi, il marchese cade a terra in seguito ad uno sgambetto e viene canzonato. Consapevole che una così grande figuraccia gli avrebbe precluso la possibilità di incontrare il re, il marchese amareggiato accusa i presenti del loro disinteresse verso le vite umane che la mancata bonifica della palude stroncherà e dell'arrivismo a discapito degli altri che imperversa nella corte, Madame de Blaya non trarrà dunque alcuna gioia dalla propria vendetta.

Tempo dopo il marchese de Bellegarde rifugiato in Inghilterra in seguito alla rivoluzione francese rivela che sua figlia e il marchese de Malavoy si sono sposati e sono rimasti in Francia per proseguire il progetto di bonifica.

venerdì 27 giugno 2014

Ustica


STRAGE DI USTICA: LASCIATI MORIRE DAL GOVERNO ITALIANO

DC 9 Itavia


di Gianni Lannes



34 anni dopo, a livello ufficiale, per la strage di 81 civili, inclusi due neonati, non ha pagato ancora nessuno. Inoltre, sono state assassinate dai servizi segreti un'altra ventina di persone che sapevano i fatti. E pensare che il maggiore responsabile italiano - per non dire degli stranieri (Israele, Francia, Stati Uniti d'america) - Francesco Cossiga (membro dell'organizzazione terroristica Bilderberg, come Prodi, Monti, Letta e tanti altri traditori della Patria) è all'altro mondo, ma prima di tirare le cuoia ha depistato ancora una volta, mentre l'Aeronautica militare tricolore, seguita ad attentare alla vita del popolo italiano, consentendo alla Nato di bombardare con le irrorazioni chimiche i centri abitati dello Stivale. L'Italia non ha alcuna sovranità e ogni giorno la sicurezza nazionale è messa a repentaglio dagli esperimenti bellici dei padroni "alleati" di Washington. 

Infine, prendete tutto quello che vi hanno inculcato sulla vicenda e buttatelo via. Tutte balle.


POST SCRIPTUM

Ho lavorato dieci anni a questa inchiesta e il frutto sconvolgente di questo lavoro di indagine sul campo, non trova un editore che abbia il coraggio civile di pubblicarlo.



fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it

orgoglio...




SHOWS OFF NEW ALBUM IN SCOTLAND

domenica 22 giugno 2014

il mio nome è Nessuno



« Pensa che bello... centocinquanta figli di puttana scatenati a cavallo, e tu là, davanti, solo... »

(Nessuno a Jack Beauregard)

 è un film western del 1973, diretto da Tonino Valerii.

Trama

Alla fine dell'Ottocento, l'era romantica del Selvaggio West si avvia alla conclusione. Un giovane vagabondo che si fa chiamare "Nessuno" (il quale dimostra fin dal principio della pellicola di possedere riflessi eccezionalmente rapidi), trascina la sua vita in maniera spensierata, selvaggia e "anonima". Nessuno (Terence Hill) si imbatte nel leggendario cacciatore di taglie Jack Beauregard (Henry Fonda), ormai anziano e desideroso di rifugiarsi in Europa. Beauregard è l'idolo d'infanzia di Nessuno, cresciuto nel mito delle sue imprese; ma il vecchio pistolero è ormai incattivito e disilluso, consapevole della fine della "sua" era. Nessuno, da perfetto fan di Beauregard, cercherà in tutti i modi di fargli finire la carriera con un'ultima, memorabile, impresa: Jack dovrà sconfiggere da solo il mucchio selvaggio, la leggendaria carica di 150 cavalieri, che in tutto il film appare e scompare periodicamente come fosse una visione.

Nessuno riuscirà infine a far scontrare Jack con il mucchio selvaggio. Sembra uno scontro impossibile, ma al momento giusto Jack si ricorderà che ci sono candelotti di dinamite nascosti nelle selle di alcuni dei centocinquanta. Concluso l'epico scontro, Nessuno organizza per Jack una perfetta uscita di scena per un grande eroe: la sua morte. Secondo Nessuno un eroe, per far in modo che le sue gesta finiscano trascritte nei libri di storia, deve assolutamente morire. Così, dopo un finto duello tra loro, organizzato in pieno centro a New Orleans, Beauregard rimane (fintamente) ucciso, lasciando a Nessuno la sua pesante eredità di "Giustiziere", oltre che lo stuolo dei suoi nemici accumulati in vita. Facendo leva sul suo curioso nome, sulla lapide di Beauregard viene scritto: "Nessuno è stato più veloce di lui", facendo quindi intendere che fosse veramente il migliore. Alla fine Beauregard, finalmente libero poiché tutti lo credono morto, dal battello che lo porterà in Europa scrive malinconicamente al suo giovane ammiratore, arrendendosi al passaggio del tempo e alla necessità di andare via da un luogo, il West, che non è più quello violento ma schietto e sincero che lui aveva conosciuto.

Accoglienza

Uscito nelle sale italiane il 21 dicembre del 1973, prodotto da Sergio Leone (che ne diresse anche alcune scene) e sceneggiato da Ernesto Gastaldi, il film ebbe un grande successo di pubblico che già avevano conosciuto in quegli anni i western all'italiana lanciati proprio dallo stesso Leone con il suo Per un pugno di dollari del 1964.

Citazioni e riferimenti

Una certa continuità con i capolavori leoniani si evince dall'atmosfera crepuscolare tipica di C'era una volta il West del 1968 di cui uno degli straordinari protagonisti, Henry Fonda, rappresenta la malinconica filosofia di un'epoca al suo tramonto, rovinata dalla modernità inarrestabile del progresso che non lascia più spazio agli antichi eroi-pionieri, dagli epici valori morali ormai svaniti.

Le musiche di Ennio Morricone sono un altro trait-d'union con il celebre regista, la cui mano si può intravedere in molti tratti del film, dai divertenti dialoghi inframezzati da profondi silenzi, alle famose inquadrature in primissimo piano degli occhi degli attori. Ma l'opera possiede anche quell'allegria scanzonatoria e quella ironia che sfocia in una più aperta comicità che è tipica del filone del western comico appena nato proprio dall'accoppiata Bud Spencer-Terence Hill con i due celeberrimi Lo chiamavano Trinità del 1970 e ...continuavano a chiamarlo Trinità del 1971.

Nel film infatti non mancano le impareggiabili scazzottate inaugurate nel 1967 con Dio perdona... io no! di Giuseppe Colizzi, il primo dei 18 lungometraggi del duo.

Il mio nome è Nessuno appare dunque come una vera e propria fusione tra lo stile leoniano e quello di E.B. Clucher e Colizzi, gli scopritori dell'accoppiata comica Spencer-Hill (alias Carlo Pedersoli e Mario Girotti).

Il film fu venduto ai produttori, come ha ricordato Leone, raccontando i primi tre minuti, senza sapere come poi sarebbe proseguito. La pellicola fu un grandissimo successo di pubblico, tra i primi tre incassi del 1973.

Curiosità

Il noto regista statunitense di western Sam Peckinpah viene citato da Terence Hill in una scena del film: il suo nome è scritto su una tomba in un cimitero indiano.
La miniera che appare attraverso la vetrata è quella della città fantasma di Bodie, California.

Colonna sonora

Curata da Ennio Morricone, vede la partecipazione di alcuni tra i più noti collaboratori del musicista.

Tracce

1. Il mio nome è Nessuno
2. Buona fortuna Jack
3. Il Mucchio selvaggio
4. Se sei qualcuno è colpa mia
5. Con i migliori auguri
6. Uno strano barbiere
7. Più delle valchirie
8. Un'insolita attesa
9. Balletto degli specchi
10. La favola dell'uccellino
11. Il mio nome è Nessuno (ripresa)
12. Buona fortuna Jack (ripresa)
13. Il Mucchio selvaggio (ripresa)
14. Uno strano barbiere (ripresa)
15. Il mio nome è Nessuno (ripresa Nr°2)
16. Se sei qualcuno è colpa mia (ripresa)
17. Buona fortuna Jack (ripresa Nr°2)
18. Il Mucchio selvaggio (ripresa Nr°2)
19. Uno strano barbiere (ripresa Nr°2)
20. Il Mucchio selvaggio (ripresa Nr°3)
21. Il mio nome è Nessuno (ripresa Nr°3)
22. Il Mucchio selvaggio (ripresa Nr°4)**
23. Se sei qualcuno è colpa mia (ripresa Nr°2)

I musicisti

Bruno Nicolai: direzione d'orchestra
Edda Dell'Orso: voce solista
Franco Cosacchi: voce solista
Alessandro Alessandroni: fischio
I "Cantori Moderni" di Alessandroni: cori
Bruno Battisti D'Amario: chitarra classica e acustica
Silvano Chimenti: chitarra elettrica e acustica 12 corde
Arnaldo Graziosi: pianoforte, tastiere
Enzo Restuccia: batteria
Gino Agostinelli: tromba
Marianne Eckstein: flauto
Giorgio Carnini: synth


FILM COMPLETO

venerdì 20 giugno 2014

la cuccagna



 è un film drammatico italiano del 1962 diretto da Luciano Salce.

Trama

Rossella è stanca di stare in casa con i genitori. Ha una sorella che sta per diventare madre e un fratello molto problematico. Decisa a cercare lavoro, risponde a un annuncio come dattilografa. Da qui in avanti, percorrerà diverse strade senza però riuscire ad ottenere la gratificazione che cercava. Alla fine riuscirà almeno a trovare amore e comprensione nel giovane Giuliano.

Produzione

Nel film compaiono in un cameo: Ugo Tognazzi nel ruolo di un automobilista, Liù Bosisio (futura signora Pina Fantozzi) nel ruolo di una suora, e lo stesso Salce nel ruolo di un comandante dell'esercito.

Distribuzione

Il film è stato proiettato per la prima volta in pubblico il 29 settembre 1962 (Visto Censura n. 38262 del 15 settembre 1962).


QUELLO CHE CONTA

sgnali nucleari

SEGNALI CHE IL PENTAGONO STA PIANIFICANDO UN ATTACCO NUCLEARE CONTRO LA RUSSIA

Di Eric Zuesse Obama sta apportando gli ultimi ritocchi alla forza di primo attacco nucleare disegnata per eliminare la Russia prima che questa abbia la possibilità di contrattaccare. La “mutua distruzione assicurata” è finita. L’Ucraina ha un ruolo centrale. Mercoledì 11 giugno, la CNN ha titolato “Gli USA
inviano in Europa bombardieri stealth B-2″, e ha riportato che “sono arrivati in Europa questa settimana per gli addestramenti”. Wikipedia scrive che i B-2 sono concepiti primariamente come bombardieri nucleari, e che sono gli unici aerei in grado di trasportare grandi armi aria-terra in modalità stealth. In altre parole, il vantaggio principale della nuova versione stealth del B-2 è la sua capacità di attacco nucleare a sorpresa. Questo è l’aggiornamento: l’abilità dell’arma di volare senza farsi rilevare sul paese bersaglio e distruggerlo prima che questo abbia modo di lanciare a sua volta le proprie armi atomiche. Il vantaggio dello stealth è di costituire un arsenale nucleare con lo scopo di vincere la guerra atomica, anziché di assicurare la pace attraverso la “mutua distruzione assicurata”. [...] In precedenza ho riportato come l’elite americana abbia un grande bisogno di riprendere la guerra alla Russia, per mantenere il dollaro quale moneta di riserva mondiale, cosa che beneficia l’elite americana enormemente. Di conseguenza, per esempio, un recente sondaggio della CNN ha trovato che negli ultimi 2 anni la paura degli americani verso la Russia è molto cresciuta. I nostri media mettono Putin in pessima luce, a dispetto dei fatti. Così ora la situazione è piuttosto simile a quella immediatamente precedente la prima guerra mondiale, quando l’elite americana decise che bisognava trovare un pretesto per muovere guerra alla Germania. [...] Nel 1917, dopo quasi due anni di intensa propaganda anti-tedesca nella stampa statunitense, che aveva costruito un supporto schiacciante a favore dell’interventismo, il Congresso scoprì che a marzo del 1915 la J.P. Morgan aveva comprato 25 dei principali giornali americani, e vi aveva piazzato i suoi redattori. Mentre allora per trovare il pretesto per dichiarare guerra veniva provocato il leader tedesco, questa volta viene demonizzata e punzecchiata la Russia di Putin, sebbene Putin, al contrario del Kaiser tedesco, finora si sia astenuto dal fornire il pretesto di cui Obama ci avverte continuamente. Di conseguenza, il popolo di Obama sta aumentando la pressione su Putin bombardando le aree dell’Ucraina dove vivono i russofoni che hanno famigliari appena oltre il confine, nella stessa Russia. Ancora qualche settimana così, e il supporto pubblico interno di Putin potrebbe venire eroso, se Putin lascerà che il massacro continui senza inviare truppe per contrastare i bombardamenti dei surrogati di Washington a Kiev. Ciò fornirebbe il pretesto cercato da Obama. Ho anche scritto perché la guerra civile ucraina è di importanza storica. Un’enorme importanza storica, perché fa ricominciare la guerra fredda, questa volta non più sotto la foglia di fico della battaglia ideologica tra “capitalismo” e “comunismo”, ma come conflitto più crudo tra l’elite statunitense-occidentale e l’emergente elite di Russia e Cina. L’origine del conflitto risale al 1990, quando Gorbachev permise la fine della guerra fredda senza che venisse fornita alcuna assicurazione che la NATO non si sarebbe allargata fino al confine della Russia e non l’avrebbe circondata con una capacità di primo attacco, privandola della capacità di rispondere. Il vecchio sistema di “mutua distruzione assicurata” è finito. Gli USA stanno acquisendo sempre più il primato nucleare (o così almeno credono, ndt). Mentre noi americani non siamo circondati dalle armi russe, loro sono circondati dalle nostre. Al contrario di loro, noi abbiamo la capacità di eliminarli prima che abbiano modo di rispondere. L’articolo “Conseguenze ambientali della guerra nucleare”, pubblicato a dicembre 2008 su “Physics Today”, concludeva che gli effetti indiretti (inverno nucleare) probabilmente eliminerebbero la maggior parte della popolazione umana. Tuttavia, l’elite si considera separata dagli altri, e quindi la sua prospettiva non è necessariamente quella comune. La prospettiva che J.P. Morgan aveva nel 1915 non era quella dell’opinione pubblica americana, e nemmeno quella del presidente Wilson. Obama sta ora cercando di persuadere i leader dell’UE ad unirsi al piano per rimpiazzare la mutua distruzione assicurata con la capacità di primo attacco nucleare, che eliminerebbe del tutto la Russia dal teatro mondiale. Come ho già documentato, il FMI appoggia in pieno questo piano per rimuovere la Russia, e il primo maggio, appena un giorno prima del nostro massacro degli indipendentisti a Odessa, ha annunciato che, a meno che vengano sconfitti e/o uccisi tutti gli indipendentisti in Ucraina meridionale e orientale, il FMI staccherà la spina all’Ucraina e la costringerà all’amministrazione controllata. Obama chiaramente fa sul serio, e così il governo che abbiamo installato a Kiev sta bombardando in tutta l’Ucraina sudorientale, per convincere i residenti che la resistenza è vana. Un obiettivo di breve termine è di far assorbire dalla Russia le perdite per tutti i debiti ucraini non pagati, affinché diminuiscano di molto i debiti ucraini verso il FMI, gli USA e l’UE. In pratica è un procedimento di bancarotta internazionale, ma senza tribunale, usando al suo posto i mezzi militari. E’ come se dei creditori esigessero il pagamento da un fallito, e quello con più pistoleri venisse pagato e gli altri no. Questo è il motivo per cui il FMI ha ordinato ai leader a Kiev di reprimere la ribellione nel sud-est ucraino. Ciò che conta per il FMI è che il governo di Kiev continui a controllare le risorse della parte di Ucraina ribelle, risorse che varranno qualcosa nelle privatizzazioni e svendite per ripagare i debiti. Per Obama, tuttavia, ancora più importante dei debiti è che il dollaro continui a dominare. Ne ha bisogno Wall Street. Altri segnali che gli USA stanno preparando un attacco nucleare contro la Russia si trovano in un articolo del 23 maggio, http://rickrozoff.wordpress.com/2014/05/23/u-s-tests-advanced-missile-for-nato-interceptor-system/ e anche in un resoconto del 10 giugno http://www.strategic-culture.org/news/2014/06/10/place-of-ukraine-in-us-military-planning.html di un sito con buone fonti di intelligence russa, che afferma che il presidente ucraino Petro Poroshenko ha incontrato segretamente una delegazione americana guidata dal direttore del Servizio Nazionale Clandestino della CIA, Frank Archibald, e che comprendeva anche l’ex capo della CIA in Ucraina, Jeffrey Egan, il capo attuale, Raymond Mark Davidson, Mark Buggy della CIA di Istanbul, Andrzej Derlatka, agente CIA nei servizi polacchi, e Kevin Duffin, agente CIA e vice presidente delle assicurazioni Brower. Poroshenko e Archibald hanno firmato un documento intitolato “Accordo di Cooperazione Militare tra USA e Ucraina”. Inoltre, appena un mese prima che la CIA e il Dipartimento di Stato rovesciassero il presidente Yanukovych, il governo olandese aveva deciso, dopo 18 mesi di titubanza, di permettere agli USA di armare gli F-35 in Olanda con bombe nucleari. E questo dopo che il parlamento olandese in novembre aveva autorizzato l’acquisto di 37 F-35A per sostituire la flotta obsoleta di F-16. Si ritiene che l’Olanda ospiti circa due dozzine di bombe B-61 statunitensi alla base aerea di Volkel, come parte della politica NATO di “condivisione del peso”. Ancora, Obama non sta solo rinforzando la nostra capacità di primo attacco nucleare, ma sta anche costruendo qualcosa di nuovo, chiamato “Attacco globale immediato” a supplemento della forza nucleare, per mezzo di un “attacco con armi convenzionali di precisione” che, se lanciato sulla Russia dalla vicina Ucraina, potrebbe spazzare via le armi atomiche russe in un minuto o giù di lì. Potrebbe essere una posizione di ripiego, per Obama, nel caso i leader dell’UE (esclusa l’Olanda e forse un altro paio) decidessero di non partecipare alla nostra invasione nucleare della Russia. Certamente Obama fa sul serio, ma la domanda è se sarà capace di convincere i leader delle altre nazioni “democratiche” ad unirsi al piano di primo attacco. Le due cose con la maggiore probabilità di fermarlo, in questa fase, sarebbero: o una rottura della NATO, o la decisione di Putin di accettare un attacco politico interno in seguito al rifiuto di rispondere alle crescenti provocazioni. Forse Putin deciderà che un imbarazzo temporaneo in patria (per essere un “rammollito”) sarà meglio dell’annientamento della sua intera nazione. E forse, se Obama giocherà troppo la carta della superpotenza indubitabile, sarà messo in difficoltà da questo conflitto ancora più di Putin. Dopotutto, cose come questa http://www.washingtonsblog.com/2014/05/videos-photos-odessan-massacre-done.html e questa http://www.smirkingchimp.com/thread/eric-zuesse/56334/what-our-tax-dollars-are-buying-for-the-residents-of-southeastern-ukraine non faranno brillare la reputazione di Obama nei libri di storia, sempre che la cosa gli interessi. Ma forse è soddisfatto di essere considerato George W. Bush II, solo un bugiardo più avvincente dell’originale. Tuttavia, se si arriverà a un’invasione nucleare, forse gli americani arriveranno a pensare che George W. Bush dopotutto non è stato il presidente peggiore. Forse la seconda metà della presidenza Bush-Obama sarà ancora peggiore della prima. Fonte: Opednews Traduzione: Anacronista


fonte: terrarealtime.blogspot.it

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