martedì 28 maggio 2019

il film Videodrome e gli orrori dei Mass Media


Videodrome è un noir canadese il cui personaggio principale è il presidente di una piccola e squallida emittente TV via cavo, il quale intercetta per caso un misterioso segnale che trasmette scene di vere torture e omicidi.


Il fascino esercitato sull’uomo da questi spettacoli si trasforma in ossessione, ed infine in malattia fisica. Il film descrive simbolicamente, attraverso una estremizzazione metaforica, l’impatto della perversione dei mass media sulla psiche umana, così come progettato dalle forze oscure che li controllano.
La strana commistione di gore, argomenti tabù e temi sociali ne fanno un film tanto originale quanto inquietante. Sono felice di non averlo visto da bambino, in quanto probabilmente mi avrebbe provocato decine di incubi notturni.
Sebbene oggi – a distanza di 30 anni dalla uscita – gli effetti speciali di Videodrome risultino piuttosto banali e goffi, una cosa è certa: il messaggio del film non è affatto invecchiato. Il suo significato metaforico resta attuale, pertinente e scioccante come non mai, il che spiega perché sia diventato un film di culto.
Videodrome fu prodotto nel 1983, dunque si potrebbe sostenere che abbia anticipato il futuro. Ha previsto il crescente controllo dei mass media da parte di forze oscure, l’avvento della ‘tv verità’ e la diffusione con vari mezzi – come Internet – di ogni tipo di video estremi e perversi.
Mentre molti percepiscono il film come una critica degli effetti nocivi dei mass media, alcuni sostengono che si sia trattato in realtà di un vero e proprio manifesto con cui la élite ha voluto mostrare il funzionamento della  trappola dei mass media.
“Questo scrittore sostiene in Rivelazione del Metodo, che la criptocrazia abbia recentemente pubblicato una sorta di manifesto rosacroce ove è rivelato esattamente ciò che la televisione ci sta facendo e che genere di futuro è stato progettato per noi. Il nome di questo manifesto è Videodrome, diretto dal canadese David Cronemberg le cui opere includono due film sugli assassinii psichici: Scanner e La Zona Morta.”
Michael A. Hoffman, Società Segrete e Guerra Psicologica
Vediamo la trama del film e come si inserisce nel contesto attuale.

ALLA SCOPERTA DI VIDEODROME.

Max Renn è il presidente di CivicTV 83, una di quelle emittenti TV che si specializzano in contenuti di basso livello come spettacoli erotici e film violenti. E’ convinto che il pubblico abbia fame di esperienze televisive estreme e che la sua rete debba soddisfarla.

Nel corso di una intervista televisiva, Max Renn sostiene che la tv debba ricoprire un ruolo catartico sugli spettatori, come uno sfogo delle esigenze violenti e perversi degli spettatori. Presto sperimenterà in prima persona quanto errata sia tale teoria.
Renn è costantemente alla ricerca di qualcosa di nuovo ed eccitante da proporre ai propri telespettatori. Per favore si appoggia ad un contatto clandestino: un pirata dell’etere di nome Harlan, che con la sua strumentazione è in grado di intercettare segnali via satellite da tutto il mondo. Un giorno Harlan mostra uno spettacolo televisivo che cambierà la sua vita.
Si tratta di un segnale tv attraverso cui vengono trasmesse esclusivamente scene ultra-realistiche di torture, maltrattamenti e omicidi compiuti da individui mascherati. Renn è convinto che si tratti di messe in scena, e conclude che sia proprio il tipo di materiale che ha sempre cercato. In seguito scoprirà che nulla in Videodrome è recitato, e che in realtà si tratta di una snuff tv, la quale trasmette in diretta tutta una serie di veri atti di violenza.

Nel “mondo reale”, il tema degli snuff video è controverso e tabù. Tuttavia alcuni ricercatori hanno messo in evidenza l’esistenza di circuiti via cavo per la distribuzione di video snuff nelle organizzazioni d’elite. Dai rituali di sangue agli abusi perpetrati sugli schiavi psichici ed i minorenni, ogni perversione verrebbe distribuita ad uso e consumo di circoli ‘altolocati’ operanti al di sopra della legge. Anche i crimini di alto profilo commessi per fini ritualistici a volte sarebbero registrati e venduti a caro prezzo.
“Alcuni omicidi del Figlio di Sam furono videoregistrati da cultisti e rivenduti a prezzi esorbitanti.”
Michael A. Hoffman, Società Segrete e Guerra Psicologica
Le masse verrebbero desensibilizzate ed introdotte ai gusti dell’élite occulta attraverso gli spettacoli violenti e perversi mandati dai mass media.
“Niente di quanto detto dovrebbe scioccare un osservatore critico della TV americana, dal momento che tale impostazione può essere verificata nella quantità di cronaca nera e spettacoli raccapriccianti trasmessi dalle principali emittenti tramite i notiziari e gli ‘speciali’. Simulazioni di snuff-video sono già disponibili presso molti nostri allegri video-noleggi di quartiere. Le tv oggi trasmettono una elevata quantità di violenza voyeuristica.”
Ibid.
Nel film, Max Renn personifica in qualche modo le masse. Benché sia consapevole che Videodrome non sia lo spettacolo televisivo più coinvolgente in assoluto, egli continua ad esserne irresistibilmente attratto. Il fascino del sangue e della lussuria è un riflesso umano primordiale e istintivo, per cui viene utilizzato come strumento di distrazione e controllo sociale fin dai tempi antichi (cfr. il Circo e i giochi dei gladiatori dello impero romano). Inoltre, in assenza di freni inibitori, alcuni individui sono propensi a farsi esporre regolarmente a scene davvero maligne e contorte, per soddisfare un desiderio che sovente si trasforma in ossessione.
Nicki – la donna di Max – ricava eccitazione sessuale dalle scene violente trasmesse in Videodrome. Del tutto assoggettati ai loro impulsi più bassi, i due si ‘danno da fare’ durante la visione di un tizio torturato. Mentre violenza e lussuria sono impulsi primordiali in un certo senso finalizzati ad assicurare la sopravvivenza, ci rendiamo conto che possano essere strumentalizzati dai mass media per manipolare le menti più deboli.
L’esposizione alle immagini di Videodrome produce in Renn una serie di effetti negativi. Il suo interesse per lo spettacolo si trasforma rapidamente in una ossessione. La pellicola che dovrebbe
intrattenerlo, inizia presto a consumarlo.


Max comincia a sperimentare intensi stati allucinatori. Non riesce più a riconoscere la differenza tra televisione e realtà. Ben presto realizza che le trasmissioni di Videodrome non siano diffuse solo per fini di ‘intrattenimento.’

MOLTO PIU’ DI UNO SHOW TELEVISIVO

Mentre è impegnato nella ricerca della fonte del segnale per poterlo ritrasmettere sul proprio canale televisivo, Renn intuisce di avere a che fare con qualcosa che va oltre il concetto di intrattenimento. Un amico lo avverte che le trasmissioni di Videodrome non sono affatto innocue messe in scena, e che sarebbero gestite da individui potenti e pericolosi. Sebbene apparentemente lo show sembri solo una rappresentazione della violenza, dietro di esso si cela molto di più.
“Questo show ha qualcosa che non tu hai, Max. Ha una filosofia. E questo è ciò che lo rende pericoloso “.
Tale concetto è particolarmente vero nel mondo reale dei mass media. Mentre la maggior parte delle persone non viva secondo una filosofia specifica e non si preoccupi troppo di ciò che gli viene somministrato per mezzo della televisione, coloro i quali detengono il potere e controllano l’etere risultano spesso guidati ​​da forti motivazioni filosofiche e politiche. Il risultato è che la comunicazione diventa di fatto propaganda assorbita da persone che non si rendono neanche conto di subire una tale manipolazione.
La mente ispiratrice di Videodrome si rivela essere il prof. Brian O’ Blivion (brain oblivion: oblio del cervello – n.d.t.), il quale comunica esclusivamente attraverso schermi televisivi.


“La battaglia per il controllo delle menti americane sarà combattuta nell’arena televisiva. Il Videodrome. Lo schermo televisivo è la retina dell’occhio della mente. Pertanto lo schermo televisivo è parte della struttura fisica del cervello. Pertanto ciò che appare sullo schermo televisivo diventa una esperienza diretta per chi guarda. Pertanto la televisione è la realtà. E la realtà è meno della televisione.”
O’ Blivion è un idealista convinto che la tecnologia, in particolare la televisione, possa condurre l’umanità ad un domani migliore. Egli è il fautore della Cathode Ray Mission, un rifugio per senzatetto che fornisce una “sana dose di televisione a tutti coloro i quali non possano permettersela.


L’ufficio di Oblivion è pieno di oggetti relativi alla religione e alla filosofia. Crede che i mezzi di comunicazione di massa portano alla salvezza quasi spirituale e promettono la vita eterna attraverso la televisione.

Come spesso accade nel mondo reale, il sogno altruistico del professor O’Blivion è stato preso in consegna da persone che fanno sul serio. Il professore viene assassinato da una organizzazione oscura intenzionata ad usare Videodrome per controllare e manipolare le masse. E presto Max scopre chi essi siano.


L’organizzazione occulta controlla Videodrome mediante una società di facciata denominata Spectacular Optical. Il logo con l’occhio e lo slogan “Tenere d’occhio il mondo” è piuttosto Illuminati style.
Quando Renn incontra il capo della Spectacular Optical, gli viene mostrato un video di presentazione che descrive l’organizzazione come una “dinamica multinazionale che produce occhiali a basso costo per il Terzo Mondo e sistemi tecnologici per i missili della NATO”. In altre parole, è il tipo di mega-corporation che fa parte della elite globale del nostro mondo. Tra le tante altre cose essa controlla anche Videodrome.
Il capo della Spectacular Optical, Barry Convex, confida a Max che Videodrome sia estrema in quanto la esposizione alle scene di violenza colpisce il sistema nervoso e “apre i recettori nel cervello e la spina dorsale, consentendo ai messaggi trasportati dal segnale di Videodrome di penetrare in profondità nella mente delle persone.”
Ci si potrebbe chiedere se sussista un qualche fondamento scientifico alla base di tale teoria: sesso e violenza creano nel nostro organismo una reazione primordiale che ci rende più ricettivi ad altri messaggi e segnali? Se anche fossero stati compiuti dei seri studi circa l’argomento, dubito che i risultati sarebbero mai resi pubblici.
Successivamente Max scopre di essere stato ingannato, e che la sua stazione TV era stata prescelta per trasmettere il segnale di Videodrome alle masse. Per fare ciò, Max sarà utilizzato come una sorta di candidato manciuriano per uccidere i propri soci e consegnare il canale 83 nelle mani della Spectacular Optical.

QUANDO IL PROGRAMMA TI PROGRAMMA

Sebbene Max abbia realizzato che stiano accadendo cose molto strane, la sua esposizione a Vidodrome lo ha reso impotente e del tutto alla mercé dei padroni del segnale. Tramite tale allegoria il film allude alla facilità con cui gli individui possono essere alienati e controllati tramite i mass media.


Il capo della Spectacular Optical spara letteralmente un nastro nella pancia di Max, al fine di programmare la sua mente e controllare le sue azioni. Si tratta di un modo allegorico di rappresentare come le elite controllino i telespettatori mediante i mass media.
Guidato dal nastro, Renn entra nell’ufficio della sua stazione televisiva e fa fuori i suoi soci d’affari. Poi gli viene ordinato di prendersi cura di Bianca O’Blivion, figlia del professor O’Blivion. Bianca ricorre ad uno schermo TV per ‘deprogrammarlo’. Tuttavia Renn viene riprogrammato per uccidere il capo della Spectacular Optical, Barry Convex. E’ diventato un automa riprogrammabile a piacimento.


La TV di Bianca punta a Max la pistola che tiene in mano. I media, quindi, sono diventati un riflesso di lui e lui stesso un riflesso dei media. La TV poi spara a Max permettendoli di essere libero dal nastro Videodrome e di “rinascere” in un modo quasi religioso. Il nuovo mantra di Max: “Morte a Videodrome, Lunga vita alla nuova carne”.

Convex si trova presso una mostra nell’ambito di una fiera di occhiali da lettura. Il tema della mostra è ‘Medici, importante dinastia politica di Firenze, famiglia di banchieri e casa reale del 14 °secolo.’
La scelta del tema è piuttosto interessante se si considera che la Spectacular Optical può essere facilmente collegata alla élite occulta che noi chiamiamo gli Illuminati.
La famiglia Medici può essere considerata il prototipo delle famiglie degli Illuminati odierni perché ebbe un forte dominio sugli affari monetari, culturali e anche religiosi dell’epoca (la famiglia ha prodotto quattro papi). Da un punto di vista occulto, i Medici si fecero carico di tradurre diverse opere classiche di radice misterica (come il Corpus Hermeticum), e a essi è ascritto il rilancio dello ermetismo, della Cabala e dello gnosticismoin Europa – tutte dottrine che si pongono alla base delle società segrete di oggi. Il tema della fiera può dunque essere interpretato in tale ulteriore ottica.


Il palcoscenico della fiera contiene due citazioni: “L’occhio è la finestra dell’anima” e “L’amore entra dall’occhio”. Considerando il fatto che questa organizzazione controlla le persone facendole assistere a atti di crudeltà, questi detti nascondono un significato inquietante. Poi di nuovo, il doppio linguaggio è una specialità dell’élite.
Quando Renn spara a Convex, scopriamo che quest’ultimo è una specie di mostro che ricorda un po' gli alieni del film Essi Vivono.
INCREDULO E CONFUSO
Compiuta la propria missione omicida Renn si nasconde in un luogo appartato, e ancora una volta si trova al cospetto di un televisore che gli si rivolge direttamente, assicurandogli che “la morte non è la fine” e che sia in grado di “aiutarlo”. Gli sta proponendo la vita eterna tramite le apparizioni in televisione? Max replica esternando ciò che in molti provano inconsciamente.
“Non so più dove sono. Sto avendo problemi a trovare la mia strada.”
La sua esposizione a Videodrome (mass media) gli ha fatto smarrire i pensieri personali ed il libero arbitrio. La TV, che utilizza l’immagine di Nicki per ammansirlo e ravvivare la sua attenzione, gli risponde:
“Videodrome esiste ancora. E’ qualcosa di molto grande, molto complesso. Li hai colpiti, ma non li hai ancora distrutti. Per farlo devi passare alla fase successiva.”
La TV lo esorta ad andare “fino in fondo” e diventare il New Flesh. Per farlo dovrà suicidarsi. Vediamo qui come i mass media possono riuscire attraverso la seduzione e la retorica ad influenzare il comportamento fino a indurre a spararsi un colpo in testa. Poi, la TV aggiunge: “Ti mostrerò come fare.”


La TV mostra a Max come spararsi

Subito dopo, Max imita ciò che ha appena visto in televisione, proclama “Viva la Nuova Carne”, si spara in testa … e il film termina su questa nota inquietante.
Max ha realmente ‘completato la trasformazione’, diventando il New Flesh? Probabilmente no. Come la maggior parte di ciò che viene detto in televisione, questa storia della Nuova Carne non era che un espediente retorico usato per manipolare la sua mente confusa. Uccidendo Convex, Max è diventato nemico di Videodrome, e come la maggior parte dei capri espiatori controllati mentalmente viene indotto a compiere un atto di auto-distruzione, dopo essere diventato inutile per l’organizzazione.
Su una scala più ampia l’epilogo comunica una forte presa di posizione circa l’influenza nefasta che i mass media proiettano sul mondo. E’ possibile che influenzino i pensieri e le azioni delle persone al punto di farle agire contro i loro stessi interessi? Secondo questo film lo è.
CONCLUDENDO
Benché Videodrome sia uscito come prodotto di fantascienza, i suoi messaggi son più veri oggi di quanto lo fossero nel 1983. Con l’avvento delle nuove tecnologie come Internet e i dispositivi mobili, oggi più che mai siamo assediati da miriadi di segnali che costituiscono il videodrome dei mass media. Immagini e messaggi possono ora raggiungerci in una varietà di modi, e ci seguono ovunque andiamo.
Sebbene non nella maniera brutale ed estrema raffigurata da Videodrome, i mass media odierni continuano a sfruttare per fini persuasivi e distrattivi due istinti umani che sono difficili da reprimere: la aggressività e la riproduzione. Questi due istinti sono stati codificati nel nostro DNA per la sopravvivenza e la propagazione della specie, ma ora sono diventati “punti deboli” facilmente attivabili mediante stimoli specifici, che causano reazioni immediate e potenti.
Dato che progressivamente la gente sta diventando insensibile alle solite immagini sessuali e violente, i mass media devono alzare costantemente il tiro per trovare nuovi modi, perversi e contorti per catturare nuovamente l’attenzione dello spettatore. Pochi decenni fa la esibizione della caviglia di una donna sollevava scalpore, mentre oggi i consumatori di porno sul web hanno bisogno di immagini sempre più estreme e perverse per eccitarsi.
Come dice Max nel film: “Hanno bisogno di qualcosa di scabroso.” Quanto tempo ci vorrà fino a che gli snuff movies saranno sdoganati e considerati accettabili per il consumo di massa? C’è chi sostiene che ci troviamo già in una fase di introduzione al contorto mondo degli Illuminati, e che le scene snuff in realtà siano già presenti in alcuni mass media senza che la maggioranza dei fruitori ne sia consapevole.
Tuttavia, come afferma il film, il sangue e la lussuria non sono affatto il fine ultimo, ma rappresentano solo un veicolo per perseguire l’aspetto più importante del tutto: la agenda. Si tratta di materialismo, superficialità, sessualizzazione di qualsiasi cosa, distruzione dei valori della famiglia e molto altro ancora. Tutti gli articoli di Vigilant Citizen mostrano come dietro una facciata di sensualità e piacere per gli occhi siano veicolati una serie di messaggi funzionali agli interessi della élite. Lady Gaga che in un video musicale indossa un bikini e monta un tizio (situazione che richiama stranamente una scena di Videodrome) è un ottimo catalizzatore di attenzione per far si che alcuni concetti di contorno siano recepiti a dovere. Il segnale di Videodrome che nel film causa allucinazioni e tumori cerebrali è la metafora del condizionamento costante che nella realtà viene esercitato dai mass media per costringere la gente ad abbracciare una specifica visione del mondo, finta come una allucinazione.
Nel Videodrome degli Illuminati le masse devono essere costantemente esposte ai valori funzionali agli interessi delle elite, così come devono abbracciare il loro simbolismo. Dai megarituali occulti mascherati da giganteschi e fastosi eventi mediatici, alla propaganda mascherata da intrattenimento, i telespettatori finiscono per assomigliare a Max Renn, con il nastro del controllo infilato nella pancia. Non ti va a genio che la tua mente faccia la fine di quella Max? Rimuovi il nastro, gettalo nella spazzatura ed inizia a pensare con la tua testa.

venerdì 24 maggio 2019

Federico Caffè fu fatto sparire dai killer di Palme e Sankara

Non abbiate paura, il Deep State non è più un monolite oscuro: tra le sue fila oggi ci sono anche i “buoni”, che vigilano sui politici coraggiosi. Tesi firmata da Gioele Magaldi, frontman italiano della massoneria progressista sovranazionale e autore del saggio “Massoni”, che nel 2014 ha svelato il vero volto – super massonico – dell’oligarchia reazionaria che da decenni regge le sorti del pianeta. In vena di rivelazioni, Magaldi oggi si spinge oltre. Il caso Julian Assange? Aspettate e vedrete: non tutti i mali vengono per nuocere. Può darsi che il suo ruvido arresto non preluda a chissà quale punizione: niente di più facile che si ritorca contro i personaggi messi in imbarazzo proprio dal fondatore di Wikileaks (come Hillary Clinton, accusata di aver truccato le primarie democratiche Usa, che in realtà sarebbero state vinte dall’outsider Bernie Sanders). E non è tutto: il 3 maggio, a Milano, sono in arrivo rivelazioni potenzialmente esplosive sul mistero del professor Federico Caffè, insigne economista keynesiano scomparso da Roma il 15 aprile 1987. Dietro, anticipa Magaldi, c’è la stessa mano che un anno prima aveva assassinato il premier svedese Olof Palme, e che di lì a poco avrebbe ucciso Thomas Sankara, leader rivoluzionario del Burkina Faso. Tre personaggi scomodi, che ostacolavano il dominio globale neoliberista. Oggi però – altra notizia – non sarebbe più possibile eliminarli: «Fare il gioco sporco, ai nemici della democrazia, non conviene più: sanno perfettamente che in quello stesso Deep State ci sono anche elementi progressisti».
Unico indizio a disposizione, per ora: la sicurezza italiana. Tra il 2015 e il 2016, dopo la strage nella redazione parigina di Charlie Hebdo, l’intera Europa sembrava sul punto di trasformarsi in un mattatoio. Eppure, Magaldi annunciò: vedrete che il Gioele Magaldinostro paese non subirà attentati. Motivo: l’antiterrorismo italiano è “pulito” e coopera strettamente con settori della Cia altrettanto leali. Il terrorismo targato Isis, aggiunse, può colpire solo in paesi dove i servizi segreti sono infiltrati dagli agenti della strategia della tensione: la Francia in primis, ma anche – come si è visto – il Belgio e la Spagna, il Regno Unito e la Germania. In altre parole: se i “cattivi” hanno orchestrato il terrore per affermare il loro potere (magari impaurendo Hollande per poi lanciare Macron), sul fronte opposto i “buoni” si sono accordati per unire le forze e proteggere almeno uno Stato europeo: non un paese a caso, naturalmente, ma l’Italia che di lì a poco sarebbe diventata gialloverde. Messaggio: non siete più onnipotenti, se c’è un pezzo di Europa che resta al riparo del vostro stragismo che spara nel mucchio, mietendo vittime tra i passanti. E sarà proprio l’Italia la prima pietra su cui costruire una nuova Europa, finalmente democratica.
Missione compiuta? Solo a metà: gli ultimi anni in Italia sono trascorsi senza sangue, ma il governo Conte si è lasciato ugualmente spaventare da Bruxelles. Colpa del Deep State, ammette il deputato grillino Pino Cabras: al governo, dice, insieme ai 5 Stelle e alla Lega c’è anche un terzo incomodo, lo “Stato profondo” che ha potentissimi terminali persino al Quirinale, e lavora per sabotare il cambiamento. Nel bloccare la nomina di Paolo Savona al ministero dell’economia, Sergio Mattarella spiegò che “i mercati” (veri padroni della situazione, quindi, a prescindere dalle elezioni) non l’avrebbero gradito, quel ministro. Con Savona all’economia, non avrebbero esitato a mettere nei guai l’Italia con il ricatto dello spread. Dal convegno londinese sul New Deal Europeo, organizzato dal Movimento Roosevelt, Cabras ha rincarato la dose: lo “Stato profondo” è insediato ovunque, anche nei ministeri oltre che al Colle, e sta frenando qualsiasi cambio di paradigma: «Lega e 5 Stelle sono Pino Cabrasdivisi su tutto, tranne che su un punto: resistere al Deep State, nel tentativo di dare più soldi agli italiani». Magaldi apprezza il coraggio di Cabras, la cui denuncia – clamorosa – è passata sotto silenzio, letteralmente ignorata dai media. «Il Deep State, però, non può diventare un alibi: perché il governo gialloverde non ci ha nemmeno provato, a rompere le regole Ue con un bel 10% di deficit. Si è limitato a quel misero e inutile 2%, prendendo schiaffoni a Bruxelles e tornando a Roma con la coda tra le gambe».
Poteva andare diversamente? «Doveva», dice Magaldi. Che spiega: tutto sta cambiando, ai piani alti. «E già oggi, i politici intenzionati a lavorare per il benessere della collettività non hanno più motivo di avere paura di essere soli, di fronte a chi vorrebbe delegittimarli con la diffamazione o addirittura ucciderli, come nel caso di Palme e Sankara, o magari farli sparire, come accadde a Federico Caffè». Ed ecco la rivelazione, che Magaldi anticipa il 15 aprile a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming settimanale del lunedì, su YouTube: al convegno milanese del 3 maggio (“Nel segno di Carlo Rosselli, Olof Palme e Thomas Sankara, contro la crisi globale della democrazia”) sarà lo stesso Magaldi a fornire dettagli inediti sui mandanti della sparizione di Caffè. Altre notizie clamorose saranno offerte dall’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt e già allievo di Federico Caffè. Il professore era il più importante economista keynesiano: formò personaggi come Mario Draghi e Marcello De Cecco, Bruno Federico CaffèAmoroso e Ignazio Visco (Bankitalia), Franco Archibugi e Giorgio Ruffolo. E poi Luigi Spaventa, Enrico Giovannini, Ezio Tarantelli (assassinato dalle Br) e lo stesso Alberto Bagnai, ora senatore leghista.
Persino Wikipedia scrive che Federico Caffè fu uno dei principali diffusori della dottrina keynesiana in Italia, occupandosi tanto di politiche macroeconomiche che di “economia del benessere”: «Al centro delle sue riflessioni economiche ci fu sempre la necessità di assicurare elevati livelli di occupazione e di protezione sociale, soprattutto per i ceti più deboli». In altre parole, era il “cervello” dell’economia democratico-progressista: piena occupazione e welfare, cioè l’esatto contrario della politica del rigore che avrebbe preso il sopravvento, diventando un dogma – lo strapotere dei “mercati” – cui sembra piegarsi anche il Quirinale. La sua improvvisa scomparsa è un mistero rimasto irrisolto? Ufficialmente sì, ma non per Magaldi: secondo il presidente del Movimento Roosevelt, il convegno di Milano strapperà finalmente il velo sul caso Caffè. «C’è un filo rosso – avverte – che lega la sua sparizione agli omicidi di Olof Palme e Thomas Sankara». Palme, carismatico leader socialdemocratico svedese, era il faro del socialismo europeo: aveva varato il miglior welfare del continente e stava per essere eletto segretario generale dell’Onu. Una carica che gli avrebbe consentito di vegliare anche sull’Europa, scongiurando l’avvento del feroce ordoliberismo mercantilista che, da Maastricht in poi, ha rimesso in sella l’élite impoverendo il 99% della popolazione.
Quanto a Sankara, parla per lui l’esodo dei migranti che sbarcano in Italia partendo dall’Africa Subsahariana affamata dal neocolonialismo: tre mesi prima di essere assassinato, il giovane leader del Burkina Faso aveva chiesto la cancellazione del debito estero e la fine degli aiuti finanziari all’Africa, vere e proprie catene post-coloniali. Il sogno del socialista Sankara? Un’Africa libera e sovrana, padrona a casa propria, capace di crescere basandosi sulle sue forze. «C’è un nesso che collega l’omicidio di Sankara e quello di Palme alla sparizione di Federico Caffè», insiste Magaldi, preparandosi a fornire dettagli inediti su quegli eventi che, nella seconda metà degli anni ‘80, hanno contribuito a plasmare lo sconfortante scenario di oggi. Un nome esemplare? Mario Draghi: il super-banchiere della Bce «non ha seguito il suo maestro, Federico Caffè, e oggi è nel Thomas Sankaragotha dei burattinai, degli artefici della involuzione post-democratica dell’Europa e del mantenimento del paradigma ideologico neoliberista in Europa e nel mondo». Paradigma spietato, per il quale ha duramente lavorato il Deep State massonico reazionario di cui lo stesso Draghi, secondo Magaldi, è un autorevolissimo esponente.
Si può credere, a Magaldi? Qualcuno, di fronte al saggio “Massoni” (bestseller italiano, ignorato dai media mainstream) si è ritratto, rifugiandosi dietro l’assenza di prove documentali. Falso problema, assicura l’autore, che in premessa avverte: «Chiunque si senta diffamato me lo segnali, ed esibirò le carte che lo riguardano: dispongo di 6.000 pagine di documenti, troppo ingombranti per essere inseriti in un volume». Corollario: nessuno dei tantissimi big menzionati – Napolitano e Monti, lo stesso Draghi – si è azzardato a smentire alcunché. Meglio la consegna del silenzio. Ma il meccanismo innescato da quel libro sembra inesorabile: operazione trasparenza. Nel 2015, Magaldi ha fondato il Movimento Roosevelt. A fine marzo, ha promosso a Londra un confronto strategico tra economisti e politologi per mettere a fuoco un possibile New Deal europeo, basato sul recupero di Keynes (spesa pubblica strategica) per abbattere l’ideologia dell’austerity e restituire benessere alla popolazione. E ora è in arrivo l’assise milanese su Rosselli, Palme e Sankara, con anche le inedite news sulla sorte di Federico  Caffè. «Questo incontro serve a dire: viviamo da decenni sotto la cappa di un’ideologia imperante e pervasiva, egemonizzante – il neoliberismo – che noi adesso chiediamo di smascherare e rifiutare radicalmente».
Il Movimento Roosevelt, continua Magaldi, si ispira alla lezione di Rosselli, Palme e Sankara: «Il nostro è un laboratorio politico che ha iniziato il suo percorso rivoluzionario a Londra, e a Milano affronta la sua seconda tappa». Teoria e pratica del Piano-B: «La nostra è un’ideologia social-liberale, opposta al neoliberismo: vogliamo proporla in Europa e nel mondo, ridando fiato a una corrente di pensiero che è stata rimossa, nei vari centrosinistra e centrodestra di tutto l’Occidente, a favore di una pervasività dogmatica del neoliberismo». Non si scherzava, ai tempi di Rosselli, ucciso su mandato del regime fascista di Mussolini. Ma c’era poco da ridere anche all’epoca di Palme, unico premier europeo assassinato mentre era in carica: freddato nella civilissima Svezia all’uscita di un cinema, nel cuore dell’Europa democratica. Il killer? Rimasto nell’ombra, ma fino a un certo punto: gli svedesi ricordano benissimo la strana morte del giallista Stieg Larsson, che al caso Palme si era interessato svolgendo indagini accurate, fino a consegnare alla polizia svariati documenti. La pista: servizi segreti, Deep State oscuro. Nel Olof Palmesaggio “Dalla massoneria al terrorismo”, uscito nel 2016, Gianfranco Carpeoro – dirigente del Movimento Roosevelt – ricorda che, alla vigilia dell’omicidio Palme, un certo Licio Gelli indirizzò al senatore statunitense Philip Guarino il seguente telegramma: “La palma svedese sta per cadere”.
Se ti metti contro il Deep State, puoi rischiare la pelle: succede spesso, ed è capitato anche a Julian Assange. «Puoi essere fatto fuori con la diffamazione e la delegittimazione, con il fango che ti gettano addosso, oppure puoi essere eliminato». Assange? «Ha avuto coraggio», ammette Magaldi: «C’è dell’eroismo, nel suo agire». Per Magaldi, però, il destino del fondatore di Wikileaks non è segnato: «La questione è estremamente complessa», si limita per ora a dire l’autore di “Massoni”, lasciando capire che attorno al giornalista australiano si muovono forze diverse e opposte, e che l’estradizione richiesta da Trump potrebbe non trasformarsi in una feroce vendetta nei confronti di Assange. Il motivo? Sempre lo stesso: starebbe cambiando la natura del Deep State. O meglio, la sua composizione. «Oggi, se si ha il coraggio di svolgere il proprio mandato democratico – dichiara Magaldi – lo si può fare senza più il timore di essere eliminati, perché nel Deep State c’è stata, è in corso e si sta irrobustendo di mese in mese una riorganizzazione dei circuiti massonici progressisti, i quali non consentiranno – come è stato in passato – che nessun sincero politico democratico venga assassinato o eliminato in modo improprio».
Beninteso: il nemico è ancora molto potente. Uomini che hanno conquistato i posti chiave della finanza, dell’economia, degli Stati. Magaldi li definisce «gli alfieri della massoneria neoaristocratica, i costruttori dell’ideologia neoliberista: quelli che tuttora gestiscono una globalizzazione di merci e capitali che non è fatta anche di diritti, di democrazia e di giustizia sociale». Ma aggiunge: «Credetemi, oggi a quei signori non conviene giocare sporco, nel momento in cui nella questione sono coinvolti anche i massoni democratico-progressisti che hanno la stessa consuetudine con il Deep State. Non gli conviene, è un problema di calcolo». E insiste: «Se c’è qualcuno che vuole agire a beneficio del popolo non abbia paura, non si lasci fermare da minacce o blandizie. Vada avanti per la sua strada, perché c’è chi è in grado, con la sua sola presenza, di frapporsi alle indebiteJulian Assangeinterferenze da parte di rappresentanti del Deep State che vogliono sovvertire le regole del gioco democratico, piegandole a interessi opachi di natura privata». Per questo, aggiunge Magaldi, non hanno più scuse tutti quei politici «divenuti maggiordomi e camerieri, senza più quella forza di elaborazione politica che a molti, nel Novecento, è costata la vita».
Oggi, assicura Magaldi, i politici che volessero davvero «difendere il senso e la dignità del proprio mandato, operando al servizio della collettività», possono evitare di farsi intimidire o corrompere per eseguire gli ordini dei soliti burattinai: «Li invito a cercare proprio nell’ambito del Deep State quei circuiti progressisti che sono impegnati per la difesa della democrazia, e che quindi potranno garantire che il Deep State oscuro non interferisca più con lo svolgimento di una normale dialettica democratica». Magaldi è stato affiliato alla Thomas Paine, la più progressista delle 36 Ur-Lodges che gestiscono il back-office del potere mondiale. Il suo Grande Oriente Democratico, movimento massonico d’opinione, è collegato alle superlogge progressiste. E’ in corso una sorta di guerra inframassonica: dopo decenni di letargo, la componente democratica si starebbe risvegliando. Le prove del contrattacco in corso? Tanto per cominciare, la sicurezza di cui ha goduto l’Italia durante l’ultima stagione dell’infame auto-terrorismo europeo, targato Isis ma gestito da settori inquinati dell’intelligence. E ora, dice Magaldi, i cavalieri oscuri del peggior Deep State si preparino: il convegno di Milano svelerà dettagli clamorosi anche sulla misteriosa scomparsa di Federico Caffè.

fonte: LIBRE IDEE

domenica 19 maggio 2019

consumismo relazionale: non amiamo più le persone, le usiamo


Ogni giorno siamo bombardati da messaggi, pubblicitari e non, che ci dicono come vestirci, cosa mangiare, cosa ci può rendere felici, cosa significa avere una vita di successo e quale tipo di relazione dobbiamo avere.

Amici? Tanti, per uscire fino a tarda mattina (dalla sera prima), per viaggiare in posti di tendenza. Conoscenze? Ancora di più, per fare numero su Facebook, su Instagram, e avere l’impressione di essere popolare, altrimenti non sei nessuno.

Ma quando hai semplicemente bisogno di fare una chiacchierata a cuore aperto, di berti un caffè in compagnia o di stare con qualcuno di fiducia, in mezzo a questi “settordici” mila persone non c’è nessuno.

Ovviamente, tutto questo non ci rende felice e ci spinge semplicemente a muovere verso l’aspetto affettivo una tendenza consumistica che ha già invaso il nostro quotidiano (e non c’è migliore consumatore di un consumatore profondamente infelice) ..


Nel consumismo relazionale, non amiamo più le persone: le usiamo

Stiamo proiettando le nostre abitudini consumistiche sulla sfera affettiva. Mentre compriamo tanto, sprechiamo tanto, buttiamo via tanto e se qualcosa non è perfetto, lo eliminiamo, facciamo la stessa cosa con le persone: ne incontriamo tante, usciamo con tante e appena qualcosa non va, le ignoriamo senza degnarle di una spiegazione. Sembra un’esagerazione ma l’aumento del ghosting ci dimostra che purtroppo non è così.

Non credo che sia colpa dei social quanto dell’uso che ne facciamo: alla fine dei conti siamo noi ad avere la responsabilità dell’uso degli strumenti che abbiamo tra le mani. Ciò che dà da pensare invece è la ragione che ci spinge a comportarci in questo modo. Cosa ci spinge ad avere delle relazioni “mordi e fuggi”?

Le ragioni potrebbero essere molte ma ciò che ci vedo io (ed è solo un’ipotesi), è una ferita di fondo che si tenta di nascondere. Bisogna essere realisti, al tempo dei nostri nonni, quando le cose non si buttavano via ma si aggiustavano, loro riconoscevano forse meglio il valore delle cose e avevano un’idea concreta di come vivere nel mondo.

Ora, il mondo cambia talmente tanto velocemente che ci sfugge dalle mani. Siamo più insicuri rispetto al passato, non siamo nemmeno sicuri che, tra le tensioni internazionali, le crisi economiche e i problemi d’inquinamento, avremo un futuro. Ci sentiamo aggrediti dal mondo, ecco perché vogliamo proteggerci e rinchiuderci dentro l’unica cosa che ci sembra sicura: noi stessi.

Questa paura ci impedisce di aprirci al mondo, agli altri, per paura di soffrire, perché ci sentiamo già abbastanza precari e vulnerabili così, allora cerchiamo l’amicizia effimera purché ci tolga quei brutti pensieri dalla testa. Il problema è che oltre al mondo che non dà certezze, abbiamo anche paura della nostra ombra, di ciò che si nasconde sotto la nostra superficie ed è così che tentiamo di rimanere a galla e molliamo tutto ciò che potrebbe farci andare a fondo (dentro di noi), relazioni in primis.


La conseguenza del consumismo relazionale è l’immaturità affettiva

In mezzo a queste relazioni superficiali, perdiamo di vista la palette di dinamiche che si possono creare tra due persone, perdiamo i problemi, le crisi vere, il perdono, la capacità di vivere assieme, di riaggiustarsi facendo ognuno una dovuta introspezione.

Per esempio, se non m’impegno realmente in una relazione, rinuncio anche alla crescita che questa avrebbe potuto portarmi e rimango ad uno stadio egocentrico: la relazione esiste finché può apportarmi qualcosa di positivo, finché mi “nutre”; ma se emergono alcuni problemi, avrò tendenza a mollare la presa ancora prima di dover affrontare le difficoltà.

La verità è che si cresce anche grazie ai problemi: nel voler trovare una soluzione a delle dinamiche che non vanno per il verso giusto, sono obbligata ad osservare meglio come mi comporto, come si comporta l’altro, e cosa c’è tra di noi; è così che la relazione diventa più profonda, più matura. Anche se occorre interrompere la relazione per il bene di entrambi, dopo un esame di coscienza fatto da tutti i due, se ne capisce il motivo: l’errore diventa allora esperienza e conoscenza, e aiuterà a non ripetere gli stessi errori in una relazione futura.

Tuttavia, in questa società di consumismo relazionale dove vige il “mordi e fuggi”, siamo diventati affettivamente immaturi: ci fermiamo alla superficie delle relazioni senza andare in profondità; non ascoltiamo più l’altro, non cerchiamo di capire (e capirsi), non c’è posto per l’ascolto, per la comprensione, per la compassione, per guardarsi negli occhi. Nelle nostre relazioni, non c’è più posto per le persone, ma solo per ciò che sono in grado di darci.

E d’altronde, come potrebbe essere altrimenti se abbiamo un cerchio di amici di 20- 50 persone? Sarebbe umanamente impossibile tessere un rapporto profondo e sincero con ognuna di loro, ecco che per rispondere a questo bisogno imposto di apparire, siamo diventati quelli di un selfie e via e poi, tutti da soli a casa propria.


E se tornassimo alle relazioni analogiche? (Quelle da sviluppare)

Chi (come me) viene dalla generazione precedente, ricorderà che per vedere le foto scattate, bisognava portarle a farle sviluppare e aspettare. All’epoca, avevi a disposizione circa 24 scatti (se i miei ricordi sono buoni) quindi dovevi scegliere con cura cosa immortalare. Ora, solo nel cellulare possiamo tenere migliaia di foto, ma quante di loro finiscono in cornice?

La differenza tra il digitale e l’analogico è abissale: da una parte abbiamo tutto (quantità, filtri, alta risoluzione, ecc.) ma dall’altro, avevamo non la qualità ma il valore. Un valore che andava oltre le pose, oltre gli effetti visivi, oltre la bravura del fotografo di turno e che permetteva allo scatto di finire incorniciato e messo in bella mostra in salotto.

Forse non ci farebbe male tornare un po’ all’analogico, al poco ma buono. Non dico di tornare alle vecchie polaroid ma di usare meglio ciò che abbiamo tra le mani, di goderci il tempo che abbiamo, di investirlo in ciò che conta davvero per noi.


Perché la vera differenza tra il digitale e l’analogico è il tempo: nel mondo analogico, ogni cosa ha bisogno di tempo per svilupparsi mentre il digitale dà tutto subito. 
Tutto tranne l’essenziale.

mercoledì 15 maggio 2019

Notre-Dame, la pista dei soldi: per trovarli serviva l’incendio

Subito dopo l’incendio di Notre-Dame, accanto alla tesi ufficiale dell’incidente casuale hanno cominciato ad accavallarsi anche le ipotesi complottiste: c’era chi parlava di una mossa di Macron per riunificare la popolazione francese in un momento di forti divisioni sociali, e chi è andato a spulciare tra i possibili simbolismi esoterici di quella chiesa per cercare il significato nascosto di quell’incendio. C’è chi ha tirato fuori le profezie del vescovo Irlmaier, che parlava della grande città con la torre in fiamme. E c’è naturalmente chi ha cercato di gettarla sulle guerre tra religioni, ipotizzando un attacco alle chiese cattoliche da parte dell’Islam (e ovviamente Rita Katz del “Site” non ha perso l’occasione per gettare benzina sul fuoco, facendoci subito sapere che i jihadisti avevano esultato per l’incendio di Notre-Dame). Insomma, nell’arco di poche ore è uscita tutta la gamma di opzioni possibili, che andavano dal puro incendio casuale fino alle tesi complottistiche più contorte ed esasperate.
C’è solo una ipotesi che non mi sembra sia stata molto esplorata, ed è l’ipotesi dei soldi. La chiesa di Notre-Dame è di proprietà dello Stato, che deve mantenerla in buone condizioni. E il budget per le ristrutturazioni intraprese era enorme. Ma a quanto Il rogo di Notre-Damepare, di soldi per mandarle avanti non se ne trovavano. Ascoltate bene questo telegiornale di oggi, 16 aprile, e vediamo se fra le righe delle varie notizie riusciamo a trovare il filo della matassa: «La chiesa più famosa di Francia versava da anni in pessime condizioni: poca manutenzione, strutture quasi pericolanti. I luoghi di culto, secondo una legge del 1905, appartengono allo Stato, che li confiscò alla Chiesa: una conseguenza, questa, dell’atteggiamento laicista della repubblica francese. Dunque Notre-Dame non appartiene al Vaticano ma allo Stato, che non ha colpevolmente curato – come avrebbe dovuto – questo suo patrimonio storico. Lo scorso anno erano stati stanziati 2 milioni di euro per i primi restauri: una goccia nell’oceano, poiché il restauro totale avrebbe avuto un costo di almeno 150 milioni. Qualche tempo fa il governo aveva proposto di istituire una lotteria di beneficenza per recuperare fondi per i restauri delle chiese: una proposta che suona ora come una beffa».
Allora, la chiesa versava da anni in pessime condizioni. La ristrutturazione sarebbe costata almeno 150 milioni di euro. Finora ne avevano trovati soltanto 2, ed erano addirittura arrivati a pensare ad una lotteria di beneficenza per tirare su i soldi del restauro. E adesso guarda un po’ cosa è successo: arriva l’incendio, tutto il mondo si commuove, i parigini piangono per le strade, e cominciano a piovere donazioni dappertutto. Solo con le donazioni arrivate nelle prime 24 ore hanno già superato di diverse volte il budget necessario. La famiglia Pinault, che controlla marchi come Gucci e Balenciaga, ha già donato 100 milioni di euro. La Louis Vuitton, che controlla Fendi, Bulgari e Christian Dior, ha subito raddoppiato la posta, donando 200 milioni di euro. La famiglia Bettencourt, che controlla il colosso dei cosmetici L’Oréal, ha annunciato altri 200 milioni di euro in arrivo. E la gara ormai è aperta a chi fa più bella figura. Entro domani supereranno il miliardo di euro, e andranno avanti a raccogliere soldi per diversi giorni. Con tutti quei soldi, i francesi di cattedrali ne faranno quattro, completamente nuove. E in più aggiusteranno anche tutte le strade di Francia, da Parigi fino alla Normandia. Guarda, a volte, i miracoli che può fare un mozzicone acceso, dimenticato nel posto giusto al momento giusto.
(Massimo Mazzucco, video-intervento “Notre-Dame: la pista dei soldi”, pubblicato su “Luogo Comune” il 16 aprile 2019).

fonte: LIBRE IDEE

domenica 5 maggio 2019

gli eroi sono sempre giovani e belli


Nel cuore di Torino correva veloce, ed accaldata, l’estate del 1939 quando un industriale di nome Ferruccio Novo decise di assumere la presidenza del Torino Calcio, succedendo a Giovanni Battista Cuniberti. Per Novo si trattava di un ritorno a casa poiché da giovanissimo giocò nelle file del Toro, senza mai accedere alla prima squadra.


Le prime attività della nuova dirigenza riguardarono la riorganizzazione della società, sulla base dei suggerimenti pervenuti da Vittorio Pozzo. L’obiettivo era di rendere la gestione simile a quella delle squadre inglesi, all’epoca all’avanguardia nel mondo calcistico. Novo decise di mettere sotto contratto molti ex giocatori, tra i quali spiccano i nomi di Giacinto Ellena ed Antonio Janni. Rinaldo Agnisetta assunse l’incarico d’amministratore delegato della società. Agnisetta aveva un passato da direttore di un’azienda di trasporti. La nuova dirigenza decise di assumere Leslie Lievesley come allenatore delle squadre giovanili. La prima squadra fu affidata ad Ernest Egri Erbstein, allenatore d’origini ebraiche nato, nel 1898, nella parte ungherese dell’Impero Austro-Ungarico. Prima di sedersi sulla panchina del Torino, Erbstein aveva allenato a Vicenza, Bari, Cagliari e Lucca. Nella città toscana era osannato e, quasi sicuramente, sarebbe restato volentieri se non fossero giunte le nefaste Leggi Razziali Fasciste del 1938. Il razzismo di stato mutò radicalmente la vita d’Erbstein, tanto che alle figlie fu negata la possibilità di studiare nelle scuole pubbliche. L’allenatore di origini ebraiche decise di accettare l’offerta del Torino anche per amore delle figlie: nella mente di Erbstein il trasferimento sarebbe servito a giustificare l’iscrizione ad una nuova scuola, chiaramente privata, senza creare preoccupazioni nella mente delle piccole.


Ferruccio Novo, dopo aver modificato l’assetto societario, decise d’intervenire pesantemente sulla composizione della squadra. Il primo acquisto di spessore fu Franco Ossola, attaccante del Varese, che si rivelerà una pedina fondamentale nello scacchiere granata. L’acquisto di Ossola fu caldamente consigliato dall’ex calciatore Antonio Janni. [1]
Nel frattempo Benito Mussolini aveva deciso d’entrare nel conflitto mondiale al fianco della Germania. Mussolini, sicuro che si sarebbe trattato di una guerra lampo, giustificò la scelta di non reclutare soldati tra i calciatori sostenendo che “servono più sui prati che all’esercito”. Nel campionato 1940/41 Ossola iniziò a dimostrare il proprio valore ed il Torino chiuse la stagione al settimo posto, a nove punti dal Bologna campione d’Italia. Nell’estate del 1941, malgrado mancassero soldi da investire, Novo decise di giocare d’anticipo acquistando giocatori che entreranno nella Leggenda Granata. Il primo acquisto fu Pietro Ferraris, comunemente noto come Ferraris II, dall’Ambrosiana (nel 1928 per adeguarsi alle direttive del regime la società, nata con il nome di F. C. Internazionale Milano, fu costretta a fondersi con l’Unione Sportiva Milanese e, sempre per ragioni politiche, fu costretta a cambiare denominazione in Società Sportiva Ambrosiana). [2]
Un secondo fondamentale acquisto fu quello relativo a Romeo Menti dalla Fiorentina. Menti era noto come Menti III, per distinguerlo dai fratelli Mario ed Umberto anch’essi calciatori professionisti. [3]
Dalla Juventus giunsero Felice Borel e Guglielmo Gabetto, uno dei pochissimi italiani ad aver segnato oltre 200 gol nella massima serie. [4]


A ridosso dell’inizio del campionato 1941/42 il Toro decise di modificare il proprio assetto di gioco, aderendo al modulo chiamato Sistema: un 3-4-3, forse sarebbe più precisa l’indicazione di un 3-2-2-3, detto anche WM poiché la disposizione in campo dei giocatori ripeteva idealmente la forma delle due lettere. Quel campionato fu vinto dalla Roma; il Torino giunse al secondo posto anche a causa di una sconfitta contro il Venezia guidato, sul campo, da Loik e Valentino Mazzola. Nel frattempo era cambiato l’allenatore della squadra granata; il ruolo fu assunto da Andras Kuttik che sostituì Erbstein, costretto a collaborare in incognito con il Toro a causa delle leggi razziali persistenti in Italia. All’inizio della stagione successiva, il 1942/43, Novo acquistò dalla squadra del Venezia sia Mazzola che Loik. Il presidente spedì nella città lagunare l’incredibile cifra, per i tempi bui del nostro paese, di 1.200.000 lire. [5]-[6]
Prima della partenza del campionato Ferruccio Novo acquistò, dalla Triestina, Giuseppe Grezar. Tutti i nuovi acquisti facevano parte della nazionale italiana di calcio guidata da Vittorio Pozzo. [7]
Il Toro vinse il campionato 1942/43 lottando, a sorpresa, con la squadra del Livorno. Fu un gol di Valentino Mazzola, sul campo del Bari, che permise alla squadra granata di vincere lo scudetto all’ultima giornata.
L’inizio dell’epopea del Grande Torino fu gravato dall’arrivo del 1944. L’Italia era devastata dalla guerra e spezzata in due dalla Linea Gotica. I campionati, in una situazione surreale ed in seguito ad una decisione quantomeno rivedibile, proseguirono sotto i bombardamenti. Le maggiori squadre di calcio, per evitare la chiamata alle armi dei propri giocatori, strinsero accordi con le industrie più importanti del paese; in questo modo i calciatori divennero indispensabili alla produzione dell’industria bellica nazionale. Il Torino trovò un accordo di collaborazione con la FIAT ed i giocatori furono inquadrati come operai nella casa automobilistica. Malgrado le condizioni assurde fu disputato un campionato di calcio, che alla fine vide la vittoria della squadra dei Vigili del Fuoco di La Spezia.
Dopo la fine della guerra, l’Italia si ritrovò spezzata in due. I combattimenti avevano compromesso le linee di comunicazione sull’Appennino rendendo difficoltosi gli spostamenti. La Federazione decise di far ripartire il campionato con la formula dei gironi. Nel nord del paese tutte le squadre che avevano diritto furono iscritte alla massima serie; nel Sud del paese, data la scarsità di società titolate a disputare il campionato di Serie A, furono incluse alcune squadre che avrebbero dovuto giocare nel campionato inferiore.
Ferruccio Novo diede alla squadra l’assetto definitivo acquistando Bacigalupo, Maroso, Rigamonti e Ballarin. Il campionato fu vinto dal Torino, il terzo della sua storia ed il secondo dell’era Novo.
Il campionato 1946/47 fu largamente dominato dalla squadra granata. L’attacco del Toro concluse la stagione con 104 gol realizzati, alla media di quasi 3 a partita. Valentino Mazzola fu capocannoniere con 29 reti.


La Serie A 1947/48 fu il campionato più lungo della storia del Calcio: fu disputato da 21 squadre per motivi geopolitici (fu recuperata la Triestina che era scesa nella divisione cadetta). La massima serie iniziò a metà settembre e si concluse a giugno inoltrato. Fu l’anno del prezioso rientro di Erbstein come consigliere dell’allenatore Mario Sperone. Il campionato fu vinto dal Torino con 16 punti di vantaggio sulla seconda. La squadra granata concluse con 29 vittorie su 40 partite; 125 gol realizzati e solo 33 subiti.
Nella stagione successiva, l’ultima di questa gloriosa epopea, il Toro si presentò al torneo dopo una lunga tournée in Brasile. In quella Serie A, ridimensionata a 20 squadre dopo le 4 retrocessioni e le 3 promozioni, guidò le operazioni granata Erbstein, come direttore tecnico, con l’inglese Lievesley come allenatore. Il campionato iniziò con alcune difficoltà per il Torino, ma alla fine del girone d’andata prese la testa della classifica. Il vantaggio sulla seconda, l’Internazione – che nel frattempo aveva ripreso l’antica denominazione, salì sino a sei punti. Alla vigilia della trentaquattresima giornata, però, l’Inter si era riportata a quattro punti di distacco. Lo scontro diretto a Milano finì a reti inviolate. A quel punto la squadra granata partì per il Portogallo, dove giocò un’amichevole con il Benfica. Nel viaggio di ritorno l’intera formazione perirà nel disastro aereo di Superga. L’impatto causò la morte istantanea di tutte le trentuno persone a bordo del velivolo.

Per la fama della squadra, la tragedia ebbe una grandissima risonanza sulla stampa mondiale, oltre che in Italia.
Il giorno dei funerali quasi un milione di persone scese in piazza a Torino per dare l’estremo saluto ai campioni granata.
Per finire il campionato il Toro schierò la formazione giovanile. I ragazzi vinsero tutte e quattro le partite rimanenti contro i pari età mandati in campo dagli avversari in segno di rispetto.


Il Torino fu proclamato vincitore del campionato.
Nel disastro di Superga perirono tutti, i cui nomi sono nella leggenda dello sport. Tra loro anche Renato Casalbore, fondatore di Tuttosport, Renato Tosatti, della Gazzetta del Popolo e padre di Giorgio, e Luigi Cavallero, giornalista de La Stampa di Torino.
Pochi conoscono le vicende che consentirono a Vittorio Pozzo e Nicolò Carosio, la celebre voce sportiva, di aver salva la vita.
Luigi Cavallero prese all’ultimo momento il posto sull’aereo di Pozzo, inviato sportivo della Stampa, poiché l’ex allenatore della nazionale di calcio non era gradito alla società granata dopo il recente avvicendamento sulla panchina azzurra ed alcune incomprensioni nate tra lui e Novo. Vittorio Pozzo volerà a Londra a vedere la finale della Coppa d’Inghilterra.
Nicolò Carosio, l’inventore della radiocronaca sportiva, non poté recarsi a Lisbona con l’aereo del Torino poiché fu impossibile far coincidere la trasferta portoghese con la cresima del figlio.
Quel maledetto giorno di maggio, tenebroso e lugubre, arrestò il tempo e la visione delle future generazioni sui calciatori che scrissero una delle più belle pagine della storia sportiva italiana.
Saranno sempre giovani e belli.
Per tutta la tifoseria granata saranno, per sempre, degli eroi.
E sappiamo che gli Eroi sono sempre giovani e belli.

Fabio Casalini

fonte: I VIAGGIATORI IGNORANTI



[1] Franco Ossola giocherà 176 partite con la maglia granata segnando 86 gol.
[2] Pietro Ferraris II giocherà nel Torino sino alla stagione 1947/48 quando fu ceduto al Novara Calcio giocando 168 partire e segnando 55 gol.
[3] Romeo Menti giocherà 131 partite con il Torino segnando 54 gol.
[4] Guglielmo Gabetto giocherà 219 partite con il Torino segnando 122 gol.
[5] Valentino Mazzola giocherà nel Toro 195 partite segnando 118 gol.
[6] Loik giocherà, da centrocampista, 176 partite con la maglia granata segnando 70 gol.
[7] Grezar giocherà 126 partite segnando 16 gol.

sabato 4 maggio 2019

la televisione è la più grande fabbrica di paura

Dan e Sheila Gendron

Se dovessimo individuare l’emozione dominante nella società di oggi, questa sarebbe la paura. 

Ovunque la gente ha paura di tutto, o quasi. Ha paura della polizia. Ha paura dell’IRS, l’ATF, la TSA e di qualsiasi altra sigla che corrisponda a un tipo di polizia. Ha paura di perdere il lavoro.

Ha paura di perdere la casa. Ha paura dell’amministrazione pubblica della propria città o paese. 

Ma la paura di tutte le paure è quella di non trovare più i soldi sufficienti per sostenere l’attuale stile di vita (o per lo meno il ricordo di quello di una decina di anni fa). 
La maggior parte delle persone razionalizza queste paure come normali in quanto “paure di tutti”.

Sin da piccoli siamo abituati ad agire per paura.

Abbiamo paura dei rimproveri dalla maestra, quindi facciamo i compiti. Abbiamo paura del prete, dato che lui deciderà se andremo in Paradiso o all’Inferno, quindi da bravi credenti diciamo il Padre Nostro. Abbiamo paura dei bulli della scuola, quindi gli giriamo a largo. 

Più in là abbiamo paura della scocciatura di dover pagare una multa, quindi ci allacciamo la cintura. Abbiamo paura di perdere la casa, quindi facciamo un lavoro insignificante la cui unica gratificazione che ne ricaviamo è quel giusto di soldi per non rimanere con l’acqua alla gola ...


Provate questo esperimento: Fate l’elenco di tutti gli impegni – lavoro, vita sociale, soldi – che avete nei prossimi 30 giorni, quindi fate un asterisco accanto a quelli che vi mettono pensiero (paura). La maggior parte di chi lo fa scopre che c’è ben più di un fattore nell’immediato futuro che è motivo di paura. Oggi, nel 2012, ci sono motivi a bizzeffe all’infuori della nostra vita quotidiana per aver paura: il mondo finirà il 21 dicembre? Comincerà la Terza Guerra Mondiale in Iraq? L’economia crollerà? I poli terrestri si sposteranno? Il sole (o un altro paese) invierà un impulso elettromagnetico che metterà fuori uso la rete elettrica? Verrà istituita la legge marziale? Siamo stati così stupidi da conferire così tanto potere al Presidente degli Stati Uniti che potrebbe diventare un dittatore? Finiranno le riserve alimentari? Il clima continuerà a presentare anomalie? Le scie chimiche finiranno per avvelenarci? Le colture OGM sostituiranno tutte le altre. Già vi state spaventando?

Molte di queste paure sono costantemente alimentate ad arte da ciò che mi piace chiamare “pop culture”. La televisione è la più grande fabbrica di paura grazie al senso di inadeguatezza che elargisce. Recentemente ho letto che l’Americano medio guarda 34 ore e 39 minuti di TV a settimana. Un bel po’ di più di quanto durerebbe un corso universitario.

E come in un corso universitario, si viene formati e istruiti dalla TV. Il termine “programmazione televisiva” fu coniato da Eward Bernays, e il fondamento logico dell’espressione non lascia spazio a dubbi: la televisione è stata progettata per “programmarci” a diventare felici consumatori. Da felici consumatori veniamo motivati a comprare spazzatura da una forza esterna che fa leva sul nostro senso di inadeguatezza.

Ad ogni pubblicità con il bello di turno seduto accanto ad una ragazza mozzafiato nella sua auto nuova di zecca, dentro di noi ci sentiamo inadeguati per non avere anche noi un’auto nuova. Questo senso di inadeguatezza apre la strada alla paura, soprattutto quando questi desideri non vengono soddisfatti da qualcosa di effettivo valore.

La paura è la scatola degli attrezzi delle “Podestà Che Sono”, le autorità superiori. La paura è la più bassa vibrazione che l’uomo possa percepire o emettere. È l’ostacolo nel cammino verso più alti livelli (vibratori) di coscienza e ascesa come esseri umani. Chi vive in un costante stato di paura è più che mai manipolabile. Le “autorità superiori” sanno che se inculcano la paura nelle persone, le possono indurre a fare qualsiasi cosa. É la paura – paura manipolata – che ci fa mettere in coda come pecore accondiscendenti all’imbarco di un volo, nonostante nessun complotto terroristico sia mai stato scoperto, né tantomeno sventato in questo modo! Sebbene chi si mostra insofferente al servilismo reagisca con ira verso le “autorità superiori”, la vera motivazione alla base dell'accondiscendenza è la paura. Oggi le “autorità superiori” si compiacciono del fatto che la maggior parte di noi cadrà nella loro trappola, senza doversi nemmeno preoccupare di ingannarci.

Come superare questa paura che ci attanaglia? 

Da piccolo avevo paura dei lampi e dei tuoni. Mia madre allora prese l’enciclopedia e scoprimmo come il lampo è lontano più di un chilometro e mezzo ad ogni 5 secondi trascorsi prima del tuono. Da allora non ho più avuto paura dei temporali.

Guardate la realtà dei fatti di ciò che ci fa paura. 

Dobbiamo aver paura di Al-Qaeda per via dell’11 Settembre al punto da aver paura di tutti i musulmani? Non sono stati loro a pianificarlo, ma dei tirapiedi che si sono macchiati di un gesto atroce ai danni di 3000 americani innocenti, un gesto che in essenza è servito come pretesto per privare gli americani della propria libertà. Dopo 11 anni, quell’evento raccapricciante non è stato seguito da nessun altro attentato. Se ci avessero voluto distruggere, perché non ci hanno attaccato mentre ancora eravamo in ginocchio? Dobbiamo avere paura del vicino di casa che discute animatamente al telefono in un centro commerciale da dover chiamare i reparti speciali della polizia? No, se solo facessimo il minimo sforzo di bussare alla porta del vicino, presentarci e farci un’idea di chi si tratta. 

Dobbiamo aver paura dell’ottantenne che prende l’aereo per andare a visitare i nipoti da doverla umiliare all’imbarco del volo? O delle urla di spavento di un bambino di 4 anni? O di un uomo d’affari? O di TE? 

Di cosa avranno paura gli amministratori della sicurezza dei trasporti quando ti afferrano i genitali, ovunque si prendono la briga di umiliarti? La verità è che non hanno paura di te. Hanno paura che fin troppi di noi si possano svegliare, comincino a pensare con le proprie teste e sostituiscano l’autodeterminazione alla paura. 

Le “autorità superiori” hanno paura di chiunque rivendichi il proprio diritto di nascita a vivere la vita che vuole senza danneggiare il prossimo, senza paura. Hanno bisogno che tu abbia paura di loro, altrimenti il loro piano fallirebbe. Non si può controllare 7 milioni di persone con la frusta, ma sì che le si può controllare con la paura. Funziona dai tempi di Nimrod, che convinse la sua gente a custodire tutto il loro grano nel suo granaio per proteggerlo dagli attacchi di immaginari predatori in agguato fuori le mura cittadine.

Scrollatevi la paura di dosso.

Siate gentili l’uno con l’altro. Aiutatevi. Amatevi. In questo modo sarà sempre più difficile che la paura si insinui in voi. Se questo concetto vi è nuovo, cominciate dalle piccole cose. Cominciate con la vostra famiglia, poi con i vostri colleghi, e infine con gli sconosciuti. Una volta sperimentato il piacere di vivere senza paura, potrebbe diventare un’abitudine.
Non sarebbe un bello smacco per i loro piani?

TRADOTTO E RIELABORATO PER ECV DA ALESSANDRO MAMMOLITI

Fonte:
ACTIVE POST
DI DAN E SHEILA GENDRON link

fonte: LA CREPA NEL MURO

mercoledì 1 maggio 2019

la globalizzazione è una catastrofe

Giovanni Zibordi

La nuova Elite Globalista annebbia il cervello della gente innanzitutto con i 200 canali Tv, reality show, porno e il resto dei media spazzatura e poi, quando si parla di cose serie, con tanti sofismi complicati senza senso, tipo la "spread" e tutte le balle che raccontano sul debito pubblico.

La realtà è invece semplice e brutale e se cerchi un poco alcuni te la dicono anche, ad esempio una società inglese di brokeraggio e consulenza, Tullett Prebon, ha questo mese un report terrificante: "Perfect Storm" (1) in cui ha la parte 3 intitolata "The Globalization Disaster" ti spiega la verità: la Globalizzazione è una catastrofe per le economie occidentali.

Perché se sposti la produzione in Asia, produci sempre di meno dovresti logicamente consumare anche di meno. Per consumare come prima allora ti indebiti e quindi tutti i paesi occidentali sono sempre più indebitati, perché importano sempre di più invece di prodursi da soli quello che gli occorre...

Beppe Grillo sembra capirlo quando fa gli esempi come quello della lattina di alluminio per le bibite, che viene prodotta con materiali di tre continenti e una logistica che richiede trasporti dall'Australia al Canada all'Africa, per un oggetto che viene buttato via dopo due minuti. A me viene in mente quando cerco le more al supermercato e provengono dal Messico, un frutto che c'è in tutte le nostre montagne e che si è già rovinato anche se lo tieni in frigo dopo due giorni lo si importa dall'altra parte del pianeta, con costi di trasporto e logistica di 2.10 euro sui 2.40 della confezione.

Il succo del discorso però è: chi lavora al servizio di chi ?...


Da che mondo è mondo chi può cerca di avere dei servi (in certi casi degli schiavi) che lo servano e per poco. 

Da due secoli qui in occidente si è applicata la scienza e la tecnologia che ha fatto moltiplicare di mille volte la produzione a parità di sforzo muscolare. In questo modo un certo benessere si è diffuso finalmente alla maggioranza della popolazione. Tra la fine dell'800 e gli anni '60 o '70 in molti paesi occidentali la differenza tra servi (gente che lavora per altri a stipendio) e padroni (gente che possiede beni e ricchezza) si è ridotta sempre di più.

Ma fuori dall'occidente c'erano ancora quattro miliardi di persone in miseria (per una serie di ragioni non avevano creato e messo a frutto la tecnologia e creato un sistema di diritti civili e stato di diritto...). La nuova élite globalista ha deciso di far invadere l'occidente da milioni di poveri del terzo mondo perché costano meno e simultaneamente di far spostare la produzione nel terzo mondo perché costa meno.

C'è una minoranza di persone in occidente che beneficia di questa immigrazione su scala di massa e di questo spostamento massiccio della produzione in Cina e Asia o Sudamerica. Ma la maggioranza viene progressivamente rovinata.

Per la maggioranza della gente in Occidente l'unica speranza sarebbe un movimento o partito anti-globalista e nazionalista, che affermi gli interessi della propria gente del proprio popolo e della propria nazione. Ma l'élite globalista ha saturato di propaganda i mass media con il concetto che non esistono più popoli e nazioni, ma solo degli individui senza radici e senza identità, di qualunque etnia, razza o paese non importa, che appartengono al mondo globale e hanno in comune tra loro che fanno tutti shopping nei centri commerciali.

Perché l'Elite Globalista è così fanatica nel voler imporre l'Unione Europea a tutti i costi, anche quando il 90% degli economisti come succede ora dice che sta esagerando con l'austerità e la depressione che crea ? 

L'Europa è sempre stata capace di avere tanti regni e repubbliche e città indipendenti invece di essere inglobata in grandi imperi centralizzati come l'Asia. Questa è stata la chiave del successo dell'europa in termini di scienza, libertà, diritti civili e anche del suo successo economico.

Imporre l'Unione Europea è essenziale per omogenizzare e centralizzare anche l'Europa, in modo che sia malleabile alla Globalizzazione come l'America e non ci siano più ostacoli a creare un mondo con una ricca elite globale senza radici e una massa enorme di miliardi di servi intercambiabili.

(1) Perfect storm. Energy, finance and the end of growth