sabato 10 novembre 2012

Maximilien de Robespierre



« La libertà consiste nell'obbedire alle leggi che ci si è date e la servitù nell'essere costretti a sottomettersi ad una volontà estranea. »
(Maximilien de Robespierre)

Maximilien-François-Marie-Isidore de Robespierre detto l'Incorruttibile è stato un politico, avvocato e rivoluzionario francese. Probabilmente è il più noto e uno dei più controversi protagonisti della Rivoluzione Francese e del Terrore. Gli storici e i contemporanei si sono divisi tra chi lo considerava e lo considera un estremista che causò le numerose esecuzioni di coloro che erano considerati nemici della Rivoluzione, e chi lo ritiene un idealista, cresciuto nelle idee dell'Illuminismo, devoto alla causa rivoluzionaria della Repubblica fino al sacrificio della stessa vita, considerando le leggi speciali del Terrore - tra l'altro non volute da lui ma votate dall'intero Comitato di Salute Pubblica - come una misura necessaria a causa della guerra civile ed esterna al quale era sottoposta la Francia, rimproverando invece gli eccessi ai suoi più accesi seguaci, più che a Robespierre in persona.

Le origini

Maximilien-François-Isidore de Robespierre nacque ad Arras, nel nord della Francia, alle due di notte del 6 maggio 1758, da una famiglia i cui ascendenti paterni esercitavano la professione notarile fin dal XVII secolo e appartenevano pertanto alla nobiltà di toga: il quadrisavolo Robert (1591-1663) fu notaio a Carvin e balivo di Oignies, come il figlio omonimo (1627-1707); il bisnonno Martin (1664-1720) fu procuratore a Carvin ed ebbe quattordici figli. Di questi, il terzogenito Maximilien (1694-1762), dopo la morte del padre si trasferì ad Arras, dove esercitò l'avvocatura, come il figlio François de Robespierre (1732-1777) che il 2 gennaio 1757 sposò Jacqueline Marguerite Carraut (1735-1764), figlia di un birraio, già incinta di Maximilien, il futuro rivoluzionario.
La coppia ebbe altri quattro figli: Charlotte (1760-1834), Henriette-Eulalie-Françoise (1761-1780) e Augustin (1763-1794); un ultimo figlio visse il solo giorno della nascita, il 4 luglio 1764. In conseguenza del parto, dieci giorni dopo morì anche la madre e, se si deve credere alle Memorie di Charlotte, il marito, caduto in depressione, avrebbe abbandonato i figli poco dopo. In effetti, si trovano ancora notizie della sua presenza ad Arras nel marzo 1766 e nell'ottobre 1768 ma due sue lettere, datate giugno 1770 e ottobre 1771, ci informano che egli viveva allora a Mannheim, in Germania. Dopo un ritorno ad Arras nella primavera del 1772, del padre si perdono le tracce, finché un atto d'inumazione, scoperto nel 1958, attesta che egli morì a Monaco di Baviera il 6 novembre 1777.
Dopo la morte della madre, le due figlie furono accolte dalle zie paterne, che le mandarono in un convento di Tournai, e i due figli furono allevati dal nonno materno, Jacques-François Carraut. Maximilien entrò nel 1765 nel collegio di Arras: la sorella Charlotte, nelle sue Memorie, lo descrive come giovane serio e posato. Nel 1769, grazie al suo impegno e alla raccomandazione del canonico Aymé presso il vescovo di Arras Louis-François de Conzié, Maximilien ottenne una borsa di studio di 450 lire annue dall'abbazia di Saint-Vaast e poté così entrare nel Collegio Louis-le-Grand, a Parigi.

Gli studi

Il suo profitto negli studi fu brillante. Nel liceo ebbe per compagni, tra gli altri, Camille Desmoulins, che fu l'unico amico di quel periodo, i futuri ministri Lebrun-Tondu e Duport-Dutertre, e Louis-Marie Stanislas Fréron. Le testimonianze di quest'ultimo e quelle dell'abate Proyart, prefetto del Collegio, concordano nel descrivere Robespierre allievo studioso, assiduo, solitario, poco espansivo e sognatore. Ben voluto dagli insegnanti, nel 1775 fu scelto per pronunciare un elogio in versi diretto al nuovo re Luigi XVI, venuto a visitare il Collegio, il quale espresse parole di elogio al giovane allievo.
I suoi maestri l'avevano introdotto allo studio dell'eloquenza e Maximilien aveva prontamente assimilato lo spirito dell'orazione classica: il suo maestro di eloquenza, l'abate Herivaux, ammirato dalla limpida forma letteraria e dal vigore delle sue orazioni, improntate alla morale stoica, lo aveva soprannominato «il Romano».Come allora era in voga il classicismo nell'arte, così si ammiravano le virtù austere delle figure storiche dell'antichità e le forme politiche della Roma repubblicana, benché incompatibili con l'assolutismo dominante in Francia e nell'Europa intera. Tra i contemporanei, l'uomo che sembrava incarnare virtù antiche era certamente Rousseau che una tradizione vuole aver ricevuto nel 1778 una visita di Robespierre, come sembra confermare la Dedica di Maximilien Robespierre ai Mani di Jean-Jacques Rousseau, un foglio scritto di pugno dal rivoluzionario nel 1791:
« O Rousseau, io ti vidi nei tuoi ultimi giorni [ ... ] ho contemplato il tuo viso augusto [ ... ] da quel momento ho compreso pienamente le pene di una nobile vita che si sacrifica al culto della verità, e queste non mi hanno spaventato. La coscienza di aver voluto il bene dei propri simili è il premio dell'uomo virtuoso [ ... ] come te, io conquisterò quei beni, a prezzo di una vita laboriosa, a prezzo anche di una morte prematura »
Robespierre ottenne il baccellierato in diritto il 31 luglio 1780 e il diploma di licenza il 15 maggio 1781, insieme con la lode e 600 franchi, la somma più alta che fino ad allora un licenziato del Louis-le-Grand avesse mai ricevuto, che Maximilien devolse a favore degli studi del fratello Augustin.

L'avvocato Robespierre

Iscritto al registro degli avvocati del Parlamento di Parigi il 29 maggio, Maximilien tornò ad Arras per esercitarvi la propria professione. La situazione della sua famiglia era mutata: erano morti nel 1775 la nonna, il nonno materno nel 1778, lasciando un'eredità di 4.000 lire, e la sorella Henriette nel 1780. Le due zie paterne si erano sposate entrambe all'età di 41 anni: Eulalie il 2 gennaio 1776 con un anziano notaio dedicatosi al commercio, Robert Deshorties, Henriette il 6 febbraio 1777 con il medico Gabriel-François Du Rut. Domiciliato in un piccolo appartamento di rue Saumon con la sorella Charlotte, Maximilien s'iscrisse l'8 novembre 1781 al Consiglio provinciale di Artois, seguendo così le orme del padre e del nonno paterno, cominciandovi a esercitare l'avvocatura dal 16 gennaio 1782.
Il 9 marzo 1782 fu nominato dal vescovo de Conzié giudice del Tribunale vescovile. La Camera episcopale di Arras, composta da un balivo e da cinque avvocati, assicurava l'alta, la media e la bassa giustizia ad Arras, a Vitry, nel villaggio di Marcœuil e in 26 parrocchie della regione. Si rese conto che la funzione di giudice non faceva per lui: allora contrario per principio alla pena di morte, dovette tuttavia applicarla una volta nei confronti di un criminale e diede subito dopo le dimissioni.
Robespierre continuò pertanto a esercitare soltanto la libera professione di avvocato, distinguendosi nel delicato Affare Deteuf: egli difese una ragazza, Clementine Deteuf, guardarobiera della storica abbazia di Saint Sauveur d'Anchin, a Pecquencourt la quale, invano insidiata dal monaco dom Brognart, per vendetta era stata falsamente accusata di furto da costui, che fu riconosciuto colpevole di diffamazione e condannato a risarcire la giovane Deteuf.
Nel maggio del 1783, Robespierre si distinse nel cosiddetto Affare del parafulmine che il signor de Vissery de Bois-Valé era stato costretto a disinstallare dal tetto della sua casa per ordine delle autorità cittadine, le quali temevano avesse effetti nefasti. Il Bois-Valé, seguace dei Lumi e ammiratore della scienza, fece ricorso al Consiglio superiore dell'Artois e affidò il suo patrocinio a Robespierre, il quale pronunciò un'arringa rimasta famosa che gli valse la vittoria nella causa. Ne scrisse anche il Mercure de France: «Il signor Robespierre, giovane avvocato di raro talento, ha dimostrato in questo affare, che era la causa delle scienze e delle arti, un'eloquenza e una sagacia che danno un'ottima idea delle sue capacità».
Nel 1789 difese un certo Dupont il quale, incarcerato ingiustamente per dodici anni con la semplice emissione di una lettre de cachet, richiedeva di ritornare in possesso di una sua legittima eredità. Nel processo, Robespierre si scagliò contro quell'odioso sistema, richiedendone la soppressione: «Come può ammettere l'autorità regia che dei privati, armati di lettres de cachet in bianco, che possono riempire a loro buon grado con i nomi di presunti criminali, tengano nei propri portafogli il destino di molti uomini, rievocando così il ricordo storico di quei famosi autori delle liste di proscrizione la cui mano tracciava, su tavolette insanguinate, la vita o la morte di una moltitudine di Romani?».

L'accademico Robespierre

Intanto, dalla fine del 1782, Maximilien era andato ad abitare con la sorella in una casa in rue des Jésuites, dove visse fino alla partenza per Parigi. Il 15 novembre del 1783 Robespierre fu ricevuto nell'Académie di Arras grazie ai patrocini del collega Antoine-Joseph Buissart, con il quale aveva collaborato nell'Affare del parafulmine, e di Dubois de Fosseux, amico suo e di Babeuf. Nell'occasione della cerimonia di insediamento, tenuta il 21 aprile 1784, vi lesse la dissertazione su L'origine dell'opinione che estendeva a tutti i componenti di una famiglia parte dell'ignominia associata alla pena infamante subita da un colpevole, che mandò all'Académie di Metz ottenendo il secondo premio, consistente in una medaglia e 400 lire; la memoria fu oggetto della recensione di Pierre Louis de Lacretelle nel Mercure de France.

Robespierre pubblicò anche le memorie Elogio di Gresset, inviata al concorso bandito dall'Académie di Amiens del 1785, nella quale proponeva una legislazione più favorevole nei confronti dei figli illegittimi, e l'Elogio del presidente Dupaty, pubblicato nel 1789 in ricordo di Mercier Dupaty, presidente del Parlamento di Bordeaux, deceduto l'anno prima, un magistrato conosciuto e apprezzato dal Robespierre studente a Parigi, un filantropo avversario della barbarie delle pene in vigore a quei tempi.
Il 15 novembre 1785 fu accolto nel circolo letterario e musicale «Rosati», fondato ad Arras il 15 giugno 1778, che contava tra i suoi soci la migliore società della cittadina: dal capitano Lazare Carnot al musicista Pierre Cot, dal poeta Legay al conte de la Roque Rochemont. Al candidato veniva consegnato un diploma rosa, profumato di rosa, con un timbro a forma di rosa, sul quale erano scritti dei versi, al quale egli era tenuto a rispondere, improvvisando dei versi. E Robespierre improvvisò:
« Je vois l'épine avec la rose
Dans les bouquets que vous m'offrez
Et lorsque vous me célébrez
Vos vers découragent ma prose [ ... ] »
Il 4 febbraio 1786 fu eletto direttore dell'Académie royale des Belles-Lettres di Arras: qui sostenne, seguendo l'opinione razionalista, il principio dell'eguaglianza dei sessi e il diritto delle donne a far parte delle Accademie scientifiche e umanistiche, favorendo così nel febbraio del 1787 l'ingresso nell'Accademia di Arras di due letterate, Marie Le Masson Le Golft e Louise de Kéralio.

Robespierre e le donne

Robespierre non si sposò mai. Ad Arras coltivò tuttavia diverse relazioni femminili: ebbe un idillio con un'amica della sorella, M.lle Dehay, con la giovane inglese Ophelia Mondien, alla quale dedicò un madrigale che si è conservato, e con una certa M.lle Henriette. Tenne anche una corrispondenza con una signora dell'alta società, forse M.me Necker, e frequentò la casa di M.me Marchand, futura direttrice del Journal du Pas-de-Calais.
Secondo la sorella Charlotte, M.lle Anaïs Deshorties, figlia di primo letto del marito di sua zia Eulalie, lo amò e fu ricambiata con un corteggiamento che durò dal 1789 fin verso il 1791: la Deshorties sposò poi, nel 1792, un amico dello stesso Robespierre, l'avvocato Leduc. Pierre Villiers sostiene che Robespierre avrebbe avuto nel 1790 una relazione con una giovane ventiseienne di modesta condizione e che sia stato fidanzato con una delle figlie del padrone della sua casa di Parigi, Éléonore Duplay, la quale sperò di poter sposare Maximilien.
Come molti personaggi di potere esercitò un certo fascino sulle donne. Ne è una testimonianza fra tante la lettera di una giovane di Nantes del 13 pratile anno II (1º giugno 1794): "Dall'inizio della rivoluzione sono stata innamorata di te, ma, essendo sposata, ho saputo vincere la mia passione. Oggi che sono una donna libera, in quanto ho perso mio marito nella guerra in Vandea, voglio dichiararmi, in presenza dell'Essere Supremo".

Deputato dell'Assemblea Costituente

Già al tempo del collegio Robespierre non aveva mostrato interesse per alcuna confessione religiosa, come notarono con scandalo i suoi maestri, ma non per questo si riconosceva con lo scetticismo o il materialismo degli Enciclopedisti. Figlio del proprio tempo, aveva assimilato le idee dei philosophes avvicinandosi con convinzione alle idee di Rousseau, e riteneva che la religione svolgesse un'importante funzione sociale: se essa rappresentava per lui soltanto un'illusione, riconosceva che quell'illusione poteva essere almeno una consolazione per le masse dei diseredati e degli umili. Al servizio di costoro aveva messo le risorse della sua eloquenza «elegante e castigata»: aveva difeso un'inserviente accusata ingiustamente di furto da un abate solo perché non era sottostata ai suoi desideri, e la cameriera di Lazare Carnot che si voleva privare di un'eredità. Con le sue memorie accademiche aveva denunciato i pregiudizi di chi condannava i figli per gli errori dei padri e gli abusi del sistema giudiziario, lassista con i forti e inesorabile con i deboli.
Con tutto ciò, Robespierre sarebbe probabilmente rimasto un illuminato avvocato di provincia se la crisi dell'Ancien Régime non fosse rapidamente precipitata: nel 1788 si aprì la campagna per l'elezione dei rappresentanti agli Stati Generali, convocati per il maggio del 1789 e Robespierre presentò la memoria À la Nation artésienne, sur la nécessité de réformer les États d'Artois, nel quale criticava il sistema elettorale in vigore che non garantiva un'equa rappresentanza dei cittadini, sbilanciata a favore della classe nobiliare. Denunciò anche i tentativi di alcuni nobili di presentarsi candidati per il Terzo Stato e le manovre dei notabili durante le assemblee elettorali con il pamphlet Les ennemis de la patrie démasqués par ce qui s'est passé dans l'Assemblée du Tiers état de la ville d'Arras.
Eletto tra i ventiquattro rappresentanti del Terzo Stato, il 25 marzo 1789 scrisse il cahier de doléances a favore della corporazione dei ciabattini, la più povera e numerosa della provincia e indirizzò un Avis aux habitants de la campagne, garantendosi un appoggio degli elettori della provincia di Arras sufficiente per essere scelto, il 26 aprile 1789, tra i dodici deputati dell'Artois. A Versailles prese alloggio, con tre deputati contadini, nella locanda del Renard, in rue Sainte-Elisabeth.

David: Il giuramento della Pallacorda

Nell'Assemblea costituente, Robespierre perseguì «la realizzazione di un piano accuratamente studiato». Il suo primo intervento dalla tribuna data al 18 maggio 1789 e prese la parola 69 volte in quell'anno, 125 volte nel 1790 e ben 328 nei primi nove mesi del 1791. È presente durante il giuramento della Pallacorda, con il quale il Terzo Stato trasformò l'anacronistica assemblea degli Stati Generali in una moderna Assemblea Nazionale, si iscrive al Club bretone – che diventerà il noto Club dei Giacobini – e il 14 luglio 1789 assiste alla presa della Bastiglia: «Ho visto la Bastiglia, mi ci ha condotto un reparto di quella valorosa milizia cittadina che l'ha presa [...] Non potevo separarmi da questo luogo la cui vista suscita oggi in tutti i cittadini onesti soltanto soddisfazione e il pensiero della libertà».
Nei suoi interventi al riguardo dell'elaborazione della nuova Costituzione si batté perché non fossero concessi privilegi: il 21 settembre 1789 si oppone alla concessione al re del diritto di veto sulle leggi approvate dall'Assemblea e il 5 ottobre dichiara che «nessun potere può stare al di sopra della nazione e nessun potere che emani dalla nazione può imporre la sua censura alla Costituzione che la nazione si è data». Si oppose al sistema elettorale, formulato dall'Assemblea, che divideva i cittadini in «passivi», «attivi», ed «elettori», e richiedeva che il deputato dovesse almeno possedere una proprietà fondiaria e pagasse un contributo di un marco d'argento, sostituendo così all'aristocrazia del sangue l'aristocrazia del denaro, al predominio nobiliare il privilegio borghese. A questo proposito, il 22 ottobre, dichiara all'Assemblea che
« Tutti i cittadini, di qualunque condizione, hanno diritto di aspirare a tutti i gradi di rappresentanza politica. Nulla dovrebbe essere più conforme alla vostra Dichiarazione dei diritti, di fronte alla quale ogni privilegio, ogni distinzione, ogni eccezione deve scomparire. La Costituzione stabilisce che la sovranità risiede nel popolo, in ogni individuo del popolo. Ogni individuo ha dunque diritto di partecipare alla formulazione della legge cui è sottomesso e all'amministrazione della cosa pubblica che è la sua, altrimenti non è vero che tutti gli uomini sono eguali nei diritti e che ogni uomo è un cittadino. »
Quando, nell'ottobre del 1789, l'Assemblea Costituente trasferì la propria sede da Versailles a Parigi, Robespierre prese alloggio in un appartamento sito al terzo piano del numero 9 della rue de Saintonge dove, dal 1790, per circa sette mesi, l'ufficiale dei dragoni e autore drammatico Pierre Villiers lo servì come segretario. Continuò a frequentare il Club bretone di Versailles, che intanto aveva mutato il proprio nome in quello di Société des Amis de la Constitution e si unì anche all'omologa Société di Parigi, più nota con il nome di Club dei Giacobini, per il fatto di essere situata nei locali dell'ex-convento dei Giacobini di rue Saint-Honoré, vicino alle Tuileries. Robespierre divenne presto il maggior animatore delle sedute del circolo e intrattenne rapporti con i gruppi patriottici della provincia parigina.

Il periodo del Terrore

« Nel sistema instaurato con la rivoluzione francese tutto ciò che è immorale è impolitico, tutto ciò che è atto a corrompere è controrivoluzionario. Le debolezze, i vizi, i pregiudizi sono la strada della monarchia. »
Robespierre, nel 1792, chiese la condanna a morte di Luigi XVI (attuata il 21 gennaio 1793) come una misura eccezionale, in quanto egli era al tempo, in linea di massima, contrario alla pena capitale, anche se successivamente si convinse che andasse invece usata nel tempo della guerra e della rivoluzione. Entrato nel Comitato di Salute Pubblica il 27 luglio 1793, in veste di suo rappresentante intraprese un'azione politica volta ad alleviare la miseria delle classi più umili e a recepire le indicazioni dei sanculotti. Seppure contrario alla guerra, fu tra i più attivi nel rafforzare militarmente l'esercito repubblicano attraverso provvedimenti di controllo dell'economia (per esempio, la razione minima sul pane, sul sale e sulla farina). Questi ed altri provvedimenti sarebbero stati ripresi dalla Costituzione del 1793, sebbene questa non sia mai effettivamente entrata in vigore.
Preoccupato dagli eventi bellici, dai tentativi contro-rivoluzionari e deciso a estirpare ogni residuo della monarchia e dell'Ancien régime, decise di sostenere la politica del cosiddetto Terrore, decisa dal Comitato nel suo insieme, nel corso del quale si procedette all'eliminazione fisica di tutti i possibili rivali della Rivoluzione francese.
Il numero delle vittime causate dal periodo del Terrore è quantificabile con difficoltà: Aurelio Musi ne conta 16.594.Secondo altri storici i morti sarebbero stati 70.000, prevalentemente appartenenti alla media borghesia. Altri ancora parlano - con le approssimazioni del caso - di circa 35.000 esecuzioni, delle quali ben 12.000 senza processo. La metodica cancellazione di ogni forma di dissenso fu eseguita anche mediante l'incarcerazione di circa 100.000 persone (alcuni studiosi arrivano addirittura a stimarne 300.000) soltanto perché sospettate di attività controrivoluzionaria.
Va ricordato che la Rivoluzione, secondo la sensazione di molti suoi sostenitori, era attaccata sia dall'estero che internamente e che Robespierre non deteneva affatto un potere assoluto e dittatoriale, ma solo una maggiore autorità morale in quanto leader della fazione maggioritaria: il suo voto personale contava sempre comunque 1/12, in caso i suoi l'avessero messo in minoranza. Queste misure drastiche erano quindi considerate necessarie dall'intero Comitato e anche dalla Convenzione, più che decise dall'Incorruttibile. In particolare fu l'atteggiamento di Jacques-René Hébert, cambiato dopo la morte di Jean-Paul Marat (13 luglio 1793) e la crisi dell'estate che divenne sempre più radicale. Le giornate del 4 e 5 settembre 1793, in cui i sanculotti invasero la Convenzione e le imposero l’applicazione del Terrore, furono un successo personale per Hébert e una sconfitta per il "moderato" Robespierre. Secondo lo storico Albert Mathiez, "Robespierre rappresentò, nel periodo del Terrore, la moderazione, l'indulgenza e l'onestà". Dal settembre 1793 al gennaio 1794, gli Arrabbiati hébertisti sottomisero la Convenzione ad una pressione continua, sollecitando la legge dei sospetti (con cui si poteva condannare a morte senza un vero processo e senza appello) e la legge del massimo generale), mentre i giacobini erano in difficoltà. Robespierre riuscì infine ad imporre la sua linea, e i giacobini fecero eliminare i capi più temuti delle fazioni rivali. Durante il Terrore furono ghigliottinati, tra gli altri, Hébert (accusato di estremismo, con le sue proposte proto-comuniste che allontanavano il sostegno della borghesia, l'asse portante della rivoluzione) - che cadde vittima delle leggi sui processi sommari che lui stesso aveva voluto - e Georges Danton (leader degli Indulgenti, considerato troppo moderato, e favorevole ad una conciliazione con i girondini e i monarchici), popolari capi rivoluzionari, e il duca Filippo d'Orléans, soprannominato Filippo Égalité (uguaglianza), nobile che aveva appoggiato la rivoluzione (e padre del futuro re Luigi Filippo). Per questi eventi si disse che la rivoluzione divora i suoi figli.
Inoltre fu decapitata Olympe de Gouges, fondatrice del Centre Socìal, che si batteva attivamente per i diritti delle donne, mentre il girondino Marchese di Condorcet, matematico e filosofo, venne arrestato e si suicidò in carcere.
Il 4 febbraio 1794 Robespierre riuscì ad ottenere l'abolizione della schiavitù nelle colonie francesi, con un voto della Convenzione, obiettivo che si prefiggeva dal 1789, ma che non era mai riuscito a realizzare. Robespierre riuscì alla fine a ricompattare il governo, ma la situazione gli stava sfuggendo di mano, diventando ingovernabile.
A causa di ciò, Robespierre, che non era mai stato né un estremista né un violento, divenne contrario a ogni affievolimento del processo rivoluzionario e a ogni tentativo moderato (fu per questo soprannominato "l'Incorruttibile"), Robespierre, temendo l'influenza della religione cattolica, proclamò religione dello stato il culto laico e deista dell' "Essere Supremo", basato sulle teorie di Rousseau, ma il suo decreto gli attirò l'ostilità sia dei cattolici sia degli atei. Nelle sue intenzione avrebbe invece dovuto celebrare l'unità nazionale e favorire la pacificazione, con la vittoria in guerra e la fine del periodo di emergenza del Terrore.
Tuttavia, conscio dell'odio che la Convenzione Nazionale arrivò però a provare per lui nel periodo finale del governo montagnardo-giacobino (durante il cosiddetto Grande Terrore), era convinto che il suo destino fosse nelle mani dell'esercito francese, che avrebbe ristabilito l'autorità dei giacobini, dato che avrebbe significato la vittoria della linea di Robespierre e la salvezza della Rivoluzione dai tentativi dei monarchici. Paradossalmente fu invece proprio la vittoria dell'esercito repubblicano a Fleurus (in Belgio) contro l'armata alleata di Inghilterra, Olanda ed Austria, il 26 giugno 1794, a contribuire alla fine dell'Incorruttibile. Finito il clima eccezionale di guerra, si delineò quindi nella Convenzione un complotto per eliminare Robespierre.

La caduta

L'arresto di Robespierre

Venuto meno il pericolo di un'invasione straniera, le misure eccezionali emanate durante il Terrore iniziarono a sembrare eccessive e i loro responsabili a essere malvisti, anche perché il crescente clima di terrore faceva sì che chiunque si sentisse un possibile bersaglio e futura vittima, in particolare dopo che era stato ghigliottinato anche Danton, uno dei capi più accesi e popolari. Tale cambiamento di situazione internazionale assicurò un ampio sostegno al colpo di stato organizzato dagli avversari politici di Robespierre anche all'interno dell'Assemblea della Convenzione.
Dopo quattro settimane di assenza, finalmente, il 26 luglio 1794 Robespierre si presentò alla convenzione dove tenne un discorso di più di due ore. Egli ammonì sulla possibilità di una cospirazione contro la Repubblica, minacciò alcuni deputati che avevano, a suo parere, agito ingiustamente e avevano ecceduto nei loro poteri e che andavano dunque puniti, infine suggerì che il Comitato di Salute Pubblica e quello della Sicurezza generale fossero rinnovati.
Tali velate minacce crearono grande agitazione nella Convenzione, Robespierre non aveva fatto nomi e ci si chiese chi fossero i deputati destinati ad essere puniti. Tutti erano peraltro sorpresi che l'Incorruttibile imputasse il terrore agli eccessi di quel Comitato di Salute Pubblica di cui lui stesso era membro.
La maggioranza del Comitato di Salute Pubblica era determinata ad agire prontamente. La Convenzione, di primo acchito, mossa dall'eloquenza di Robespierre approvò la sua mozione:
« Popolo, ricordati che se nella Repubblica la giustizia non regna con impero assoluto, la libertà non è che un vano nome! »
Il giorno successivo, 27 luglio, o secondo il calendario rivoluzionario 9 termidoro, tuttavia, a dimostrazione che il clima era decisamente cambiato, quando Saint-Just, molto vicino a Robespierre, iniziò a parlare alla Convenzione, fu continuamente interrotto da violente proteste. Jean-Lambert Tallien, Billaud-Varenne e Vadier attaccarono nuovamente Robespierre e numerose furono le grida di "abbasso il tiranno!".
Quando Robespierre esitò nel replicare a questi attacchi, si alzò il grido C'est le sang de Danton qui t'étouffe (è il sangue di Danton che ti soffoca). Robespierre tentò invano di continuare a parlare, ma, alle cinque del pomeriggio, Robespierre, Couthon e Saint-Just, con due altri giovani deputati, Augustin Robespierre (il fratello) e Philippe-François-Joseph Le Bas, gli unici rimasti nella convenzione a sostenere Robespierre, furono arrestati.
Nessuna prigione accettò però di incarcerarlo e nelle ore successive Robespierre si ritrovò libero con gli altri suoi sostenitori e fu condotto dalle truppe della Comune di Parigi all'Hôtel de Ville dove fu raggiunto dai suoi fedeli guidati da Payan e Coffinhal.
Erano tuttavia passati i giorni in cui la Comune poteva dettar legge alla Convenzione. Alla notizia della liberazione di Robespierre la Convenzione si riunì nuovamente e dichiarò fuori legge i membri della Comune e i deputati da questi liberati. La Guardia nazionale sotto il comando di Barras ebbe grandi difficoltà nel raggiungere l'Hôtel de Ville.
Nella mattinata del 28 luglio 1794, le Guardie Nazionali, fedeli della Convenzione, si impadronirono, senza trovare ulteriore resistenza, dell'Hotel de Ville e arrestarono numerosi dirigenti giacobini fedeli a Robespierre, tra cui nuovamente Saint-Just, Couthon, Le Bas e il fratello di Robespierre, Augustin, il quale, nel tentativo di sfuggire alla cattura, si gettò dalla finestra sul selciato, dove fu raccolto moribondo. Su ciò che successe a Maximilien le opinioni degli storici divergono. C'è chi sostiene che egli cercò di opporre resistenza, ma un colpo di pistola, sparato dal gendarme Charles-André Merda, gli fracassò la mascella. Altri storici, fra cui Thomas Carlyle e, soprattutto, Albert Mathiez, accreditano la tesi del tentato suicidio. Altra ipotesi quella dello sparo accidentale dell'arma impugnata dallo stesso Robespierre per propria difesa, nel momento in cui lo stesso cadde in terra nei momenti concitati della tentata fuga per le scale del palazzo.

L'esecuzione di Robespierre e Saint-Just

Tutti i prigionieri catturati, una ventina, vennero condotti alla Conciergerie per un formale atto di riconoscimento e quindi inviati alla ghigliottina, tra la folla esultante per la fine del "tiranno" Robespierre. La stessa sorte toccò il giorno dopo ad altri 80 seguaci di Robespierre, facendo quindi diminuire nettamente l'influenza giacobina in Francia.
Con la morte di Robespierre finì il periodo del Terrore giacobino, iniziò il governo dei Termidoriani, tra cui vi erano molti ex Indulgenti dantoniani, espressione della borghesia moderata, che diedero corso per un certo periodo al cosiddetto Terrore bianco (volto ad eliminare gli oppositori e segnatamente i giacobini), emettendo numerose condanne a morte, come numero quasi pari alle precedenti e diffamando ogni azione politica di Robespierre e dei giacobini; il club venne messo fuori legge, anche se non cessò le sue attività.

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