martedì 13 novembre 2012
Toni Bentley
“Prendendolo nel culo ho imparato davvero tanto, forse la cosa più importante di tutte: come abbandonarmi. Dall’altro buco, invece, ho imparato solo come sentirmi usata e poi lasciata.
La mia fica fa la domanda; il mio culo risponde.”
“Il suo è stato il primo. Nel mio culo.
Non so qual è la sua lunghezza esatta, ma è decisamente troppo grande: perfetto.”
“Io sono atea di famiglia. Sono arrivata a conoscere Dio in modo empirico, facendomelo sbattere nel culo, una volta dopo l’altra. Sono lenta nell’apprendere, e sono anche un edonista insaziabile. Dico sul serio. Molto sul serio.”
“Vedete, secondo me, mi sono imbattuta per caso nella grande barzelletta dell’universo, l’ironia suprema di Dio.
Entrate dall’uscita. Il paradiso vi attende.”
“Ho imparato a fare attenzione agli uomini che non amano il proprio pene, ad essere circospetta riguardo alla miriade di modi, fisici e psicologici, in cui compenseranno.”
“Non mi venne mai e poi mai in bocca. Posso stare lì a succhiargli l’uccello per quaranta minuti, e lui si trattiene per tutto il tempo, permettendomi di dargli di più, permettendomi di amarlo. Il suo modo di accogliere quell’atto per me è un vero e proprio dono. Non sapevo che arte meravigliosa potesse essere succhiare l’uccello, o quanto potessi praticarla bene, finché non ho trovato un uomo che riusciva a tollerare soglie così alte di piacere, tanto a lungo.”
“Sono vittima della deprecabile e noiosa situazione di tante donne: il papà non mi ha amata abbastanza quando avrebbe dovuto.”
“Più cattiva sono e meglio gli succhio l’uccello, più divento migliore, finché arrivo ad essere la bambina più buona del mondo. Finalmente sono amata. Il sollievo che mi da è davvero profondo.”
“Prima, dubito sempre.
Dopo, non dubito mai.
Duecento volte mi è entrato nelle viscere, duecento volte ho dubitato e poi creduto.
Cosa ci vorrà mai? La duecentounesima.”
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