lunedì 18 novembre 2013

la monnezza del doman è una certezza

La gente che a migliaia ieri ha invaso Napoli e sotto la pioggia ha gridato “assassini, assassini” brandendo le gigantografie di politici, uomini di governo e commissari straordinari che hanno avvelenato la Campania, ha ragione. Quelle mamme con le foto dei loro figli sorridenti morti di tumore a Caserta, Giugliano, Villa Literno, Caivano, “La Terra dei fuochi”, hanno rabbia e ragioni da vendere. Perché da anni in Campania tutti sapevano tutto. Politica e istituzioni, autorità sanitarie e università: tutti sapevano che le terre della Campania felix erano state ingravidate e compromesse per sempre dai veleni del Nord, dal morbo dell’Acna di Cengio, dalle vernici e dagli acidi che le industrie dell’Italia che produce smaltivano con la complicità di camorra e malapolitica qui, in queste lande senza futuro, perché costava poco e i controlli erano meno di zero. Tutto scritto in uno studio, questo sì scientifico e con il timbro della Procura di Napoli, dal geologo Giovanni Balestri. Trecento pagine di analisi dei suoli a ridosso delle discariche, delle coltivazioni e soprattutto delle falde acquifere. L’inquinamento non è cosa di oggi, né degli anni Novanta o Ottanta del secolo scorso. No, queste terre hanno cominciato ad ucciderle agli albori degli anni Settanta. I risultati dello studio concluso il 1 giugno 2010 sono drammatici, soprattutto quando si analizza la “durata della contaminazione della falda acquifera”. Il culmine “è stato calcolato avrà luogo non più tardi di 50 anni, nel 2060, coprendo così un arco temporale di 80 anni dalla prima contaminazione avvenuta negli anni Settanta. Per quanto riguarda il biogas, senza interventi di bonifica vi sarà una forte migrazione nel sottosuolo e dispersione in atmosfera per almeno altri 10-15 anni”. Veleni che dureranno nel tempo e che si espandono su tutto il territorio dalla Piana Giuglianese. “La contaminazione futura della falda acquifera – scrive il geologo Balestri – si estenderà fin oltre i confini della provincia di Napoli”. Arsenico, cadmio ad elevate concentrazione, zinco, sono già nel ventre della terra e nell’acqua a ridosso delle discariche della camorra e di quelle “ufficiali”. Quando la falda e i pozzi verranno sfruttati al massimo “c’è il rischio della risalita degli inquinanti cancerogeni”. E’ acqua usata per irrigare i campi (qui la terra è da sempre fertile e si arriva fino a tre raccolti l’anno), per allevare bestiame: tutto avvelenato. Nelle melanzane, nei pomodori rossi e grossi di queste terre, si trova zinco e in contenuti elevatissimi. Tutti sapevano e tutti hanno chiuso gli occhi trasformando queste terre in una gigantesca pattumiera di veleni. C’è una discarica per ogni mille abitanti, 40 in un solo chilometro quadrato, 15 milioni di rifiuti solidi interrati, 30700 tonnellate di veleni provenienti dalla bonifica dell’Acna di Cengio, 5 milioni di tonnellate di “ecoballe” stazionano da anni a Giugliano. Sono quei contenitori enormi di rifiuti che furono trattati per poi essere bruciati nell’inceneritore di Acerra, e che inchieste giudiziarie, analisi degli esperti e giudizi della gente del posto, dicono che furono trattati male, al punto che per bruciarle senza danni bisogna riaprirle. Un lavoro immane. La gente che ieri gridava il proprio sdegno per le strade di Napoli e che da anni fa battaglie per salvare la Terra dei fuochi, chiede la bonifica. Un’operazione costosa, che richiederebbe scelte coraggiose da parte delle istituzioni e della politica. “Perché qui, come si legge negli atti della Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti, “è in atto una catastrofe ambientale che costituisce un pericolo di portata storica, paragonabile soltanto alla peste settecentesca”. “Ci vorrebbero i soldi di una finanziaria”, dichiarò nell’ottobre scorso al nostro giornale Mario De Biase, Commissario di governo per le bonifiche in Campania, “ma poi come si fa a riportare alla luce acidi, veleni, percolato inquinato. Dove smaltiamo tutta questa roba?”. Per la messa in sicurezza delle discariche più a rischio si spenderanno 6 milioni e mezzo, una goccia nel mare che però fa già gola alla camorra e alle imprese che in questi anni si sono arricchite mettendo le mani sull’affaire monnezza. Lo Stato non c’è, e quando si fa vivo propone per la gente della Terra dei fuochi, altra monnezza, nuovi inceneritori. A Giugliano ne vogliono costruire uno destinato a bruciare la montagna di eco balle, spesa prevista 356 milioni. Così la Campania avrà due inceneritori, Giugliano e Acerra, in un raggio di 25 chilometri, in totale bruceranno 1 milione di tonnellate di rifiuti, più dei nove termovalorizzatori della pulitissima Austria.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 17 novembre 2013)
fonte: www.malitalia.it

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