domenica 18 agosto 2013

Mery per sempre




 è un film del 1988 diretto dal regista Marco Risi, ambientato a Palermo e basato sull'omonimo romanzo di Aurelio Grimaldi.
Il titolo prende spunto dalla storia di uno di questi ragazzi, un travestito che si fa chiamare Mery, e che un giorno viene arrestato per il tentato omicidio di un cliente mentre si prostituisce.
Il film ha avuto anche un seguito in Ragazzi fuori del 1990, diretto ancora una volta da Marco Risi.


Palermo. Il professor Marco Terzi appena trasferito da Milano, accetta il poco ambito incarico al carcere minorile Malaspina. Il primo impatto con gli allievi è particolarmente duro perché i ragazzi vedono in lui un'espressione del potere.
Ognuno ha dietro di sé una storia amara: Natale è il più grande, condannato per l'omicidio dei killer del padre e incattivito contro tutti. Ci sono poi Antonino, Matteo, Giovanni (detto "King Kong"), Claudio, che è appena entrato ed è stato duramente picchiato dai poliziotti, Pietro, arrestato dopo un lungo inseguimento nella Vucciria, il quale dice bugie alla sua fidanzata, e Mery, un travestito che si innamora di lui ed è anche una prostituta. Poco alla volta, il professore riesce a conquistare tutti i ragazzi – sia sul piano didattico che umano – diventando loro amico anche al di fuori delle ore di lezione, cosa che gli aliena però le amtipatie del direttore, che lo accusa di interessarsi di cose che non gli competono. Due episodi sconvolgono l'equilibrio creatosi: la fuga di Pietro e il trasferimento di Claudio in un altro istituto dopo uno scontro con Carmelo che lo vorrebbe possedere. Pietro si rifugia a casa di Terzi, ma il giorno dopo viene ucciso durante una rapina. Prima di morire, Terzi gli parla. Sconvolto, riconquista i ragazzi che lo credevano colpevole dell'atmosfera repressiva creatasi nel carcere. Così, quando arriva la sua lettera di trasferimento ad un liceo, la straccia. Il suo posto è lì.

Traccia tematica

Il carcere minorile è un'istituzione assolutamente inadeguata a realizzare la finalità del recupero dei reclusi che ospita, anzi, la brutalità delle guardie, l'assurdità dei regolamenti e il sostanziale disinteresse del paternalistico direttore non fanno che rinforzare nei giovani detenuti quella cultura della violenza e dell'omertà nella quale sono cresciuti. La stessa immagine che il film propone della degradata società esterna offre una spiegazione dell'ineluttabilità del destino di devianza di questi infelici (se escono dalla prigione è quasi sempre per tornarci). Prigionieri di un arcaico codice d'onore, che si collega al modello mafioso, ignoranti, se non addirittura analfabeti, esprimono sfiducia nello Stato e nelle autorità, diventando essi stessi complici della spirale che li travolge.
Il professor Terzi incarna la coscienza democratica e la passione civile che ha ancora la forza di indignarsi e di reagire. Non è con la trasmissione delle conoscenze che riesce a far breccia nel compatto muro del rifiuto, ma comunicando ai ragazzi la sua sincera solidarietà e la sua umana partecipazione nei loro confronti. Terzi ne conquista la fiducia perché essi comprendono che nel professore hanno trovato l'unico riferimento positivo in grado di comprenderli e di aiutarli. Probabilmente non si convertiranno alle regole della legalità e rimarranno vittime della subcultura delinquenziale che domina nel carcere ma forse l'albero che chiude il film potrà dare qualche frutto.

Valutazione critica

A proposito di Mery per sempre la critica ha parlato di neo-neorealismo per sottolineare il collegamento del film di Risi con i canoni espressivi e stilistici del neorealismo italiano degli anni quaranta. L'uso di attori non professionisti (anche se in questo caso affiancati da attori affermati), il ricorso alla lingua siciliana, l'ambientazione in luoghi assolutamente autentici (ad eccezione degli interni carcerari, in un ospedale del Lazio non ancora operativo), l'attenzione a realtà sociali di emarginazione e miseria (qui in particolare culturale e morale oltreché materiale), la denuncia dei limiti, se non dell'assenza, dello Stato ad affrontare i problemi evocati, sono le principali caratteristiche della corrente neorealista che il film ripropone. Il film è palesemente ispirato a La scuola della violenza di James Clavell (1966) e in particolare il finale è praticamente identico.

Curiosità

In una scena del film Claudio (Maurizio Prollo) Canta il brano Chiamate Napoli 081 di Mario Merola
Quando Pietro è al cinema compare sullo schermo il film Lo studente di Nino D'Angelo.

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