lunedì 1 luglio 2013

pensioni

Sessantasei sono troppi: questa riforma s'ha da rifare. Il governo Letta ha tempo fino a settembre per modificare la legge Fornero sulle pensioni. Il provvedimento assicura risparmi ma, come ammesso dallo stesso ministro del Lavoro Giovannini,“prevede un contesto economico in crescita". Per ora non è così. E allora si farà mezzo passo indietro. Sarà possibile andare in pensione prima dei 66 anni previsti dalla riforma Fornero, a patto di aver già versato 35 anni di contributi. Si potrà appendere il cartellino al chiodo anche a 62 anni, ma con una pensione più leggera. Le penalità saranno progressive: prima si va in pensione e più forte sarà il taglio della pensione. Dell'8% a 62 anni, del 6% a 63, del 4% a 64. Per chi, al contrario, decidesse di lavorare oltre i 66 anni, ci sarebbe un premio: pari al 2% a 67 anni e al 4% a 68.
I vantaggi sono essenzialmente due. Il primo riguarda i lavoratori, più liberi di scegliere, seppure influenzati da un sistema di premi e punizioni. Il secondo tocca le aziende. In un momento di crisi, sono molte quelle alle prese con ristrutturazioni e snellimenti che spesso richiedono una maggiore flessibilità in uscita. Flessibilità che la riforma Fornero aveva di fatto cristallizzato e che Letta punta a reintrodurre. Anche perché, senza lavoratori che vanno in pensione, diventa più difficile fare spazio all'occupazione giovanile, bandiera del governo di larghe intese.
I problemi però non mancano, a partire dall'equilibrio dei conti statali. La riforma Fornero ha assicurato risparmi per 80 miliardi. Una penalizzazione dell'8% non basta a mandare in pensione un lavoratore mantenendo inalterati i saldi previdenziali. Su ogni stipendio, azienda e lavoratore pagano un'aliquota complessiva del 33%, per cui se l'uscita anticipata (e quindi la fine dei versamenti) non è sostituita da nuovi posti di lavoro (e da nuovi versamenti), i saldi previdenziali peggioreranno. In altre parole: serviranno altri soldi per coprire le pensioni anticipate se non si vuole pesare su un bilancio che, tra Iva, Imu e vincoli europei, offre margini di manovra risicati.
E poi c'è da considerare la volontà dei lavoratori. Con l'introduzione del metodo contributivo (ti spetta quanto hai versato), l'assegno Inps si è ridotto non di poco. La Ragioneria dello Stato ha sottolineato che, in alcuni casi (come per i lavoratori autonomi), la prima pensione è pari alla metà dell'ultima busta paga. Con un assegno da 1000 euro al mese, la decurtazione dell'8% sarebbe pari a 80 euro. Non poco. Disposti a comprare quattro anni di riposo per un migliaio di euro l'anno?
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fonte: www.affaritaliani.it

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